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Surgeon General V: l’assistenza psichiatrica per Asiatici Americani e Isolani del Pacifico

1 Lug 21

A cura di Luigi Benevelli

Premessa:
Il Surgeon General (Chirurgo Generale), il “medico della Nazione”, è l’autorità sanitaria del Governo Federale USA istituita  nel 1871; il Presidente USA, al suo insediamento, ne nomina i vertici. Dal 1953 il Surgeon General  fa parte del Department of Health and Human Sciences.  Il Surgeon General degli Stati Uniti è alla guida del Servizio per la Salute Pubblica (U.S. Public Health Service Commissioned Corps)  ed  ha il mandato di proteggere, promuovere, far progredire la salute e la sicurezza dell’intera Nazione. Quello del Surgeon General è un servizio in divisa; il Surgeon General  ha il grado di vice – ammiraglio. La  rivista ufficiale, Public Health Report (PHR), è  edita dal 1878.
 Nel 1999, con il presidente Bill Clinton al suo secondo mandato, il Surgeon General  David Satcher presentò un rapporto nel quale, per la prima volta nella storia dell’Ufficio, una struttura federale, si riconosceva la gravità delle disparità circa l’uso, la disponibilità, l’accesso, la qualità dei servizi per la salute mentale, la fiducia negli stessi da parte di singoli e comunità. Da tale denuncia nacque il Supplemento Mental HealthCulture, Race and ethnicityA supplement to Mental Health: a Report of the Surgeon General, pubblicato nel 2001 da cui è tratto il capitolo V dedicato all’assistenza psichiatrica per Asiatici Americani e Isolani del Pacifico[1].
Asiatici Americani e Isolani del Pacifico sono due gruppi diversi dal punto di vista etnico e di quello delle esperienze storiche vissute negli USA: immigrati, rifugiati politici e nati negli USA costituiscono 43 gruppi etnici e si sono battuti nel tempo, a partire dalla costruzione della prima ferrovia transcontinentale, perché fossero superati pregiudizi, cessate discriminazioni. Costituiscono il 6% della popolazione, in maggioranza nati oltremare, più di ¼  fuori dai confini degli Stati Uniti. Sono in rapida crescita; nel 2000 se ne contavano 10 milioni, cui andavano aggiunti 350.000 Hawaiani. Parlano più di 100 lingue e dialetti; nel 1990 si è calcolato che il 35% non parlasse la lingua inglese e vivesse isolato linguisticamente, in specie Hmong[2], Cambogiani, Laotiani, Vietnamiti, Coreani.
Contesti storici
Asiatici Americani
I cinesi cominciarono ad arrivare per primi alla fine del ‘700; poi, fra 1848 e 1882 300.00 raggiunsero la California  (febbre dell’oro). Alla fine dell’800 furono i giapponesi ad essere impiegati nelle piantagioni di canna da zucchero delle Hawaii, per poi spostarsi in California dove fecero la fortuna dell’agricoltura di quello Stato.
Il Governo Federale intervenne per controllare i flussi:

  • con il Chinese Exclusion Act del 1882 che poneva limiti all’immigrazione di manodopera non qualificata;
  • con un provvedimento simile nel 1907, 1908  e 1917  per rispettivamente Giapponesi, Coreani e Indiani Asiatici;
  • nel 1934 il blocco riguardò i Filippini (Tydings-Mc Duff Act);
  • nel corso della Seconda Guerra Mondiale 120.000 giapponesi, compresi 70.000 nati negli USA, furono internati in quanto sospettati di essere una minaccia per la sicurezza nazionale;
  • nel 1965 l’Immigration Act favorì la riunificazione delle famiglie. Gli Asiatici passarono dal 7% del totale degli immigrati di quell’anno al 25% nel 1970;
  • nel 1971 furono eliminate tutte le quote e fu fissato un tetto di 290.000 persone immigrate l’anno;
  • fra la fine degli anni ’70 e gli anni ’80, dopo l’esito delle guerre nel Sud Est Asiatico, si afferma il fenomeno dei rifugiati politici, cioè degli Indocinesi  che avevano collaborato con l’esercito Americano.

Per queste ragioni si deve parlare di eterogeneità della popolazione di origine asiatica negli USA e dell’importanza del riconoscimento delle differenze fra i gruppi etnici.
Isolani del Pacifico
Gli Isolani del Pacifico hanno condiviso la storia degli Indiani Americani (v. Surgeon General IV, 01.06.2021) e degli Afro Americani (v. Surgeon General III, 01.05.2021):

  • nel 1760 James Cook sbarcò nelle Hawaii. Il contatto con gli Europei comportò l’aumento della mortalità per malattie infettive. Alla fine del 1840 arrivarono missionari e uomini d’affare americani che ne presero il controllo dell’economia;
  • nel 1898 Guam passò sotto il controllo USA dopo la sconfitta della Spagna
  • nel 1947 fu costituita l’Amministrazione Fiduciaria delle Isole del Pacifico, gestita dal Ministero dell’Interno USA:
  • Isole Marshall, Stato Federale della Micronesia, Isole Caroline sono Stati indipendenti, ma liberamente associati agli USA, e fanno riferimento al Department of Interior.

Distribuzione geografica
Gli Asiatici Americani sono concentrati negli Stati Occidentali per più del 54%, ma gruppi consistenti si trovano anche a New York e nel Sud (17%).
Nel 1999 il 7% viveva nelle Hawaii.
Il 75% degli Isolani del Pacifico vivono nelle Hawaii e in California; 1/10 dei Vietnamiti in Texas; il 96 %, la quasi totalità vive nelle aree metropolitane (censimento 2001).
Struttura della famiglia
La gran parte vive in famiglia, una famiglia “nucleare”, a differenza degli Afro Americani; bassa la percentuale di famiglie a guida femminile (13%) fra Indiani, Coreani, Cinesi, come tra i Bianchi, ma meno che tra Vietnamiti e Filippini (18%). Gli Isolani del Pacifico hanno famiglie più larghe (4,1 membri per famiglia) rispetto al 3,8 membri degli Afro Americani e al 3,2 dei Bianchi.
Le donne hanno figli più tardi (il 6% sotto i 20 anni) e hanno meno figli rispetto ad altri gruppi etnici.
Scolarità
Mediamente gli Asiatici Americani raggiungono una scolarità più alta rispetto a tutti gli altri gruppi etnici USA: nel 2000 il 44% degli Asiatici Americani di 25 anni di età ha un diploma universitario o professionale, contro il 28% dei Bianchi.
Nel 1990 solo il 12% di Hawaiiani con baccalaureato; quasi i 2/3 di Cambogiani e Laotiani non aveva portato a termine la scuola superiore, ma i loro discendenti hanno recuperato posizioni.
Reddito
Molte e importanti sono le differenze legate alle dimensioni della famiglia – nel 1998  il reddito pro-capite era di 18.709 $ contro i 22.952 $ dei bianchi non-ispanici.
Cambogiani, Hmong e Laotiani risultano i più poveri. Nel 1990 circa il 14% degli Asiatici Americani viveva in povertà, il 7% dei Giapponesi, il 6% dei Filippini contro il 26% dei Vietnamiti, il 64% Hmong; il 26% dei Samoani e il 23% dei Tongani.
Stato di salute fisico
Mancano studi e scarse sono le indagini mirate. Quando si dice che gli Asiatici Americani e gli Isolani del Pacifico  muoiono meno di cancro e patologie cardiovascolari, si induce a pensare che Asiatici Americani e  Isolani del Pacifico  godano di miglior salute rispetto agli altri gruppi etnici; ma quando sono state condotte indagini più accurate è risultato che gli uomini Hawaiiani soffrono, rispetto ai Bianchi, di un maggior numero di casi di cancro del polmone e che le donne Vietnamite soffrono 5 volte più delle Bianche di cancro della cervice dell’utero.
Bisogni di salute mentale
Gli immigrati dalla Cambogia in fuga dal regime di Pol Pot hanno sofferto di gravi traumi prima del loro ingresso negli USA: tra 1975 e 1979 3 milioni su più di 7 milioni di abitanti  hanno sofferto di fame, malattie, esecuzioni di massa. Ai traumi “nazionali” vanno aggiunte le fatiche da ambientamento, conoscenza dell’inglese, conflitti culturali.
Somatizzazioni- a differenza della cultura Occidentale, molte culture asiatiche non distinguono la mente dal corpo: ancora, il Confucianesimo, allo scopo di mantenere l’armonia nella famiglia e l’ordine sociale, scoraggia il manifestare emozioni;  ne conseguono una forte stigmatizzazione dei disturbi mentali e dei loro portatori, famiglie comprese. Questo rende più accettabile l’espressione del disagio psicologico attraverso il corpo, ad esempio al posto dei sintomi depressivi, e gli operatori dei Servizi possono non riconoscere le espressioni somatiche del disagio.
Alcune questioni chiave
Nel passato gli studiosi consideravano Asiatici Americani e Isolani del Pacifico come appartenenti a etnie omogenee, con le relative conseguenze circa il riconoscimento dei sintomi e del loro significato, in specie il disconoscimento delle differenze sociali, culturali e psicologiche.
Una seconda conseguenza è che Asiatici Americani e Isolani del Pacifico  possano essere considerati “minoranze modello”, anche in ragione del fatto che hanno alti livelli di scolarità, reddito e manifesterebbero meno di altre etnie problemi di salute. Invece, bisognerebbe combattere gli stereotipi e approfondire gli studi.
Secondo DSM (1994), Asiatici Americani e Isolani del Pacifico manifesterebbero sintomatologie simili a quelle delle società Occidentali. Marsella  (1985)  ha criticato la tendenza a non cogliere le variazioni culturali dei sintomi quando si mettono a punto le categorie nosologiche. I gruppi umani definiscono in modo diverso “distress”, “normalità” con le relative conseguenze nella definizione di salute e di malattia mentale e nella conoscenza dei modi con cui i problemi sono affrontati. Ancora, gruppi culturali ed etnie possono avere modi esclusivi di espressione del disagio mentale: v. la neurastenia (affaticamento, debolezza, difficoltà di concentrazione, perdita di memoria, instabilità, mal di testa, disturbi del sonno) riconosciuta in Cina, nell’ICD 10, ma non nel DSM IV che la classifica fra i disturbi somatici (quando i sintomi durino almeno 6 mesi), mentre alcuni sintomi coincidono con quelli della depressione. Ma nella neurastenia i sintomi somatici sono rilevanti mentre quelli depressivi sono modesti e della durata troppo ridotta per sostenere una diagnosi di disturbo dell’umore.
Acculturazione, ossia adozione delle visioni del mondo e dei modelli della nuova cultura. Gli Asiatici Americani differiscono fra di loro. Sono necessari studi approfonditi dei fattori che tengono legate alle culture di origine: età al momento dell’immigrazione, compresenza di altri immigrati della propria etnia e interazioni con altri. Non si hanno dati attendibili sul peso dell’acculturazione sulla salute mentale.
Disturbi mentali
Sono scarsi i dati su disturbi psichiatrici  secondo le categorie del DSM IV; due le ricerche condotte però su campioni non rappresentativi: il CAPES (Chinese American Psychiatric Epidemiological Study), condotto fra 1993 e 1994 sulla depressione in 1700 Cinesi Americani dli Los Angeles, 90% nati fuori dagli USA, mostra che i Cinesi Americani soffrirebbero di modesti livelli di disturbi depressivi: ne farebbe esperienza il 7%.
Non esistono studi sugli Isolani del Pacifico.
Molto poco si sa dei bisogni  di salute mentale di bambini e adolescenti; dalle poche osservazioni condotte non risulterebbero differenze fra Asiatici Americani e Isolani del Pacifico.
Risulterebbero alti gradi di ansia negli immigrati Cinesi. Ma si tratta di studi poco attendibili.
Sintomi
Si conosce molto di più dei problemi di salute mentale misurati con Scale sintomatologiche anziché con i criteri DSM IV. Vi sarebbe una maggiore esposizione  al rischio di depressione rispetto ai Bianchi in tutti i gruppi provenienti dall’Asia (Cina, Giappone, Filippine, Corea).
Quanto alle Culture bound sindrome, citate la neurastenia e hwa-byung. I professionisti americani usano il DSM che non considera la neurastenia come sindrome a sé; hwa-byung, o sindrome dell’ira soffocata, diffusa fra i coreani (12% immigrati- dato 1990) con sintomi somatici e psicologici: costrizione al petto, palpitazioni, vampate di calore, mal di testa, disforia, ansia, irritabilità, fatica a concentrarsi.
Suicidi
Tassi più bassi rispetto ai bianchi. Le donne Asiatiche-Americane di età superiore ai 65 anni avrebbero i tassi più alti. Esigenza di nuovi studi, in particolare delle correlazioni fra povertà, scarsa salute fisica, salute mentale.
Rifugiati
Gli Asiatici Americani sono poco rappresentati fra i senza casa e costituiscono l’1% della popolazione dei detenuti; rischio minore di dipendenza da sostanze. Problemi nascono dalla scarsa conoscenza dell’inglese, pregiudizi, discriminazioni e violenze razziali con conseguenti disturbi emotivi e del comportamento; PTSD per traumi precedenti l’immigrazione da Vietnam, Cambogia, Laos.
(1989) Studio in Minnesota South East Asian Mental Health usando le linee guida del DSM III: 73% depressione maggiore: 14% PTSD; 6% ansia e somatizzazioni. Chi condurrà nuove ricerche dovrà indagare come i fattori culturali influenzano l’espressione del disagio e della sofferenza. Tre le ipotesi da verificare:
Ipotesi 1- gli Asiatici Americani hanno tassi più alti per le difficoltà di adattamento alla vita americana  e hanno sperimentato discriminazioni e violenze nei paesi di origine.
Ipotesi 2- i tassi di disturbi dell’umore sono più bassi perché i problemi sono espressi in comportamenti e somatizzazioni
Ipotesi 3- i tassi di disturbi mentali sono inferiori per gli immigrati recenti e più alti per i nati all’estero. L’acculturazione è collegata al benessere economico (specie per gli studenti).
Quasi la metà degli  Asiatici Americani e degli Isolani del Pacifico ha difficoltà a usare i Servizi di salute mentale per problemi di lingua e pochi operatori conoscono le loro lingue: alla fine degli anni ’90 vi erano 70 operatori Asiatici Americani per 100.000 pazienti Asiatici Americani.
Ancora, l’accesso alle cure dipende dall’assicurazione e circa il 21% non è assicurato. Anche il programma Medicaid dà una copertura assai inferiore rispetto a quella data ai Bianchi.
Quanto all’uso dei Servizi di salute mentale, mancano studi epidemiologici; comunque pare siano pochi coloro che vi si rivolgono.
Tre studi (1990 e 1997) mostrano che gli Asiatici Americani che usano i Servizi sono malati più gravemente rispetto agli altri Americani. Due spiegazioni:

  • Gli Asiatici Americani sono diffidenti e usano i servizi solo quando stanno molto male per il peso della vergogna, dello stigma
  • Le famiglie scoraggiano l’uso dei servizi  finché il congiunto non diventa difficile da gestire.

Terapie complementari
Il loro uso non è registrato negli studi nazionali; studi locali mostrano un uso superiore o uguale a quello dei Bianchi.
La medicina tradizionale  (erbe, altro) è usata da cinesi, vietnamiti, cambogiani laotiani.
Esiti
Non ci sarebbero differenze rispetto ai Bianchi. Esigenza di nuove ricerche.
La risposta all’assunzione di psicofarmaci appare simile a quella dei Bianchi, ma a dosaggi inferiori. Gli esiti sono migliori se il curante è della stessa etnia; la diversità di etnia aumenterebbe la durata dei trattamenti.
Indicata l’opportunità di azioni di lotta allo stigma tramite l’educazione sanitaria nella comunità e quella di aumentare le assicurazioni e favorire l’azione di gruppi auto-aiuto.

                 Luigi Benevelli (a cura di)
 

Mantova, 1 luglio 2021


[1] pp. 107- 120
[2] popolazioni che abitano la Cina Meridionale e il Nord della penisola Indocinese  che hanno fornito, specie in Laos,  sostegno e combattenti a Francia prima e USA poi nelle guerre contro i Vietcong.

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