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Freud dopo l’ultimo Freud

11 Feb 22

A cura di vastopolis

Ha ragione Antonio Alberto Semi quando scrive nella prefazione che questo è un libro di psicoanalisi. È bene precisarlo e ribadirlo, poiché non sempre i libri che si annunciano di psicoanalisi sono tali. “Freud dopo l’ultimo Freud. Per una psicoanalisi sempre nuova” di Patrizio Campanile, edito da FrancoAngeli, è un libro che gronda passione psicoanalitica da tutti i pori. L’autore, psicoanalista e membro ordinario con funzioni di training della SPI e dell’IPA, è stato anche direttore della “Rivista di psicoanalisi”.
Freud dopo l’ultimo Freud non è un gioco di parole. Campanile ritiene, infatti, “che una lettura attenta e approfondita dell’ultimo Freud possa aprire nuovi orizzonti di riflessione sulla sua opera e, parallelamente, costituire la base per ripensare quanto a essa siano o possano essere legati gli sviluppi, almeno alcuni, della psicoanalisi che a lui ha fatto seguito”.
È “Il disagio della civiltà” a rappresentare il punto di svolta per una teoria dell’aggressività. È forse il capitolo centrale del libro, perché ripercorre il tema partendo dal 1920 con “Al di là del principio di piacere” fino al “Compendio di psicoanalisi” del 1938. Poche pagine, ma fondamentali, per aprire la ricerca, per consentire all’opera di dare conto di ciò che intende esplorare.
Scrive l’autore: “Il disagio della civiltà rappresenta un momento di svolta nel pensiero di Freud sull’aggressività: con quest’opera egli completa la teoria sulle forze che determinano e regolano la vita e la sua distruzione e dà un nuovo e inedito spazio alla riflessione sull’aggressività in quanto espressione di forze distruttive. Questa la tesi che intendo mettere al vaglio sulla base della rilettura dei testi freudiani”. Ed è una rilettura piacevole e fruttuosa, in quanto ne scaturiscono nuove stimolazioni per ulteriori approfondimenti.




È un libro di psicoanalisi, dunque non può non essere un libro sulle pulsioni. Aggiunge Semi: “In questo testo esse vengono esaminate, interrogate, contestualizzate, formulate e riformulate, anche quando riguardano la distruttività e infine la morte propria o altrui. Si potrebbe dire che l’autore ci mostra come il pensiero sulle pulsioni, comprese quelle meno piacevoli, sia il modo umano non per potersene affrancare ma per poterle sentire come proprie e perciò necessarie a consentire l’elaborazione di quella strada complicata, difficile e felice che è la strada alla propria soggettività”.
Ripensare l’odio, che ci fa e ci disfa, il trauma, la sublimazione, l’inconscio rimosso e quello non rimosso, sono passi e tappe del viaggio per continuare a studiare Freud, a farlo parlare con le sue parole, a farlo confrontare con quanto di illuminante è venuto dopo di lui, per dimostrare in fondo che Freud è ancora tra noi.
Fa bene Campanile a chiudere e ad aprire. Ogni libro che si rispetti non può avere un finale, figuriamoci un libro di psicoanalisi: “Dopo questo lungo percorso sono ancor più convinto di quanto già lo fossi prima di avviarlo che indagare l’opera di Freud a partire dall’ultimo Freud e quindi dopo l’ultimo Freud possa essere di aiuto, forse addirittura indispensabile per comprendere il dopo Freud; per indagare i modi in cui ciò che gli ha fatto seguito si lega ai capisaldi del suo pensiero e come e se con esso si può intrecciare, il grado della sua compatibilità o incompatibilità. Da ciò si possono trarre nuovi e fecondi stimoli per lo sviluppo della psicoanalisi”.

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