LA GUERRA DI PUTIN
La banda suona così allegra, con tanta gioia
e pare che tra poco anche noi sapremo
perchè siamo al mondo, perchè soffriamo...
Ah, saperlo, saperlo!
Olga. Tre sorelle. Anton Pavlovic Cechov.
Non tutti possono cadere come una mela
sui piedi degli altri.
Sergej Aleksandrovič Esenin
Quando Putin alle ore 3.35 del 24 febbraio 2022 ha aggredito l’Ucraina col ferale annuncio «Ho deciso di condurre un’operazione speciale. L’obiettivo è proteggere persone che sono state maltrattate ed esposte al genocidio di Kiev per otto anni. Per questo ci impegneremo nella demilitarizzazione e denazificazione dell’Ucraina», siamo stati colti di sorpresa. Almeno gli italiani che leggono i giornali, guardano la televisione e vanno su Internet. Non così, invece, quelli che sapevano perfettamente tutto quello che dovevano sapere. Come per esempio il Pentagono, il Security Service (MI5 e M16, interno/esterno) di sua maestà la regina del Regno Unito, e forse, o almeno mi auguro, tutte le altre “Intelligence” di Francia, Germania e nazioni UE. Invece, a quanto ne so io e, per quel che mi riguarda, in quanto italiano ed europeo, nulla ci è stato fatto pervenire sui prodromi di questa guerra sporca, civile, ibrida e molto pericolosa di Vladimir Putin in Europa. A distanza di 3 settimane, le cose stanno ancora in alto mare, la guerra si è incarognita, il pericolo è aumentato. Abbiamo avuto il bombardamento chirurgico della centrale atomica di Zaporižžja, la più grande d’Europa coi suoi sei reattori. Ma c’è chi sostiene si sia trattato di “bengala” per illuminare la scena agli assalitori, senza alcun pericolo di perdite radioattive. C’è stata la distruzione di un sacrario come il Memoriale per l'Olocausto di “Babi Yar”, per ricordare il massacro nazista del 1941. Abbiamo avuto una guerra, vera, con morti feriti, sfollati, distruzione odiosa di scuole, ospedali, palazzi, musei, case. E ancora sangue sprizzato dal lancio di bombe feroci (quelle “a frammentazione”, “a grappolo”, detestate da Gino Strada). Conflitto - quello di Putin - solo apparentemente “insensato”, ma con uno scopo lucido e ben preciso. Forse non da giocatore di scacchi, ma da biscazziere tipo “L’uomo dal braccio d’oro” [01] certamente si. Senza essere irriverenti verso i caduti di entrambi, si potrebbe azzardare dell’ironia citando il conflitto storico fra bolognesi e modenesi per la famosa “secchia rapita”, dove la posta in palio andava ben oltre una mastella di legno di poco valore [02]. La difesa delle popolazioni russofone è una palla colossale perché ucraini e russi s’intendono benissimo, esattamente come bolognesi e modenesi di cui s’è detto sopra. Uno dei maggiori scrittori russi, Nikolaj Vasil'evič Gogol, era ucraino di Velyki Soročynci, vicino Poltava, ma se avesse scritto la sua immensa e splendida opera in ucraino non avrebbe conosciuto il successo mondiale che ha avuto. Pochi, inoltre, avrebbero apprezzato il suo godibilissimo «pošlost'» parola intraducibile che forse potremmo restituire come turpiloquio popolare dell’intimità, ossia quella capacità di Gogol di usare il linguaggio scurrile della gente comune per tratteggiare inimitabili «guaches» della incommensurabile mediocrità umana. Una infinita galleria di situazioni grottesche e una vivida satira di personaggi men che meschini, si susseguono ne “Le anime morte” (1842), per citare la sua opera più nota.
Ancora la guerra in casa. Dopo il 1945, la guerra in Europa, con morti, feriti, profughi e sfollati, città distrutte e macerie dappertutto - come io ricordo benissimo di aver visto fino alla nausea - si era ripresentata solo in Kosovo (1998-99), per lo smembramento e la dissoluzione della ex-Jugoslavia di Tito (1991-92). Per nostra colpa, grandissima e stupidissima colpa europea, senza rimorso né rimprovero. Poi, fortunatamente, non più! Altrove si, purtroppo! Non più nell’Europa balcanica, tristemente famosa per l’attentato a Sarajevo di Gavrilo Princip del 28 giugno 1914. Storia passata ma non imparata, purtroppo. A tutti i sopravissuti della seconda guerra mondiale, dunque non pacifisti di professione - come chi scrive - sembrava che con la tremenda bestemmia delle guerre jugoslave (Slovenia, Croazia, Bosnia, Erzegovina, Macedonia), sotto copertura Nato, senza beneplacito ONU, si fosse conclusa la stagione delle armi e non si fosse potuta ripetere a meno di 1000 km più ad Est. Anche, e soprattutto perché, tra il 1991 e il 1999, si videro circolare squallidi rigurgiti di sentina, incaricati di comandare truppe assassine, come se ancora credessimo tutti quanti che “la guerra fosse semplicemente un altro modo per continuare la politica”. Invece, Carl von Clausewitz (1780-1831) è morto da quasi due secoli e quelle “sue guerre” non si fanno più. Sono divenute sempre peggiori, perché ora basta solo premere il bottone rosso di una valigetta speciale, che hanno in molti e non tutti democratici e responsabili. Semmai vale sempre il detto francese “à la guerre comme à la guerre”, ripreso anche da Samuel Beckett (Lettere. 1929-1940). Per tutti gli anni Novanta del Novecento, dall’altra parte dell’Adriatico, c’è ancora chi ricorda di aver passato un periodo storico raccapricciante. [03].
I combattenti. Mercenari di tutte le risme, provenienze, campagne, blocchi, ideologie, al soldo del miglior offerente, sarebbero convenuti in Ucraina da ogni parte del mondo, con armi al seguito. Dall’una e dall’altra parte, non è un mistero, c’è l’Internazionale dei mercenari. Ceceni, Georgiani, Turchi, Siriani, perfino Italiani, una piccola Legione Straniera di chi paga meglio. Tutti sanno che ci sono preferenze. L’ex colonnello delle forze speciali russe, Dimitry Utkin, fondatore del gruppo Wagner e amico di Putin, starebbe alle calcagna di Zelensky. Miliziani filo-Assad si sono uniti a lui nella Wagner. Anche volontari, s’intende, e disperati che hanno imparato solo il mestiere delle armi e ci sono Agenzie private che li addestrano e li collocano laddove richiesto. Sul versante ucraino c’è il “battaglione Azov” un gruppo paramilitare di estrema destra (“Pravy Sector” e “Svoboda”, ispirati a Stefan Bandera) che innalza gagliardetti e insegne naziste. Già in passato (2014), quelli della “Azov” avevano messo in fuga Viktor Yanukovich. Mistero dei misteri russo-ucraini, Ihor Kolomoisky oligarca di Zelenski ebreo (ucraino-cipriota-americano) finanzierebbe “Azov”. Non facciamoci ingannare con ruderi ideologici del passato, ancorché storici, che non giustificano niente e chicchessia. Qui la guerra di Spagna del 1936 contro “el caudillo” Franco o a favore del medesimo (quelli con la bustina col ciondolo, io avevo un cugino che c’è andato) non c’entra. Qui mancano del tutto i comunisti! Strano, ma è così. Pare ci sia stato un maldestro tentativo di inviare militari russi di leva, se Putin in persona è dovuto intervenire ufficialmente per rassicurare tutte le mamme della grande Russia che nessun loro figlio sarebbe stato inviato al fronte ucraino (per difendere i loro fratelli buoni filo-putiniani da quelli cattivi filo-zelenskiani). Secondo alcuni, Putin, non ne avrebbe azzeccata una. Tempismo, sorpresa, propaganda, consenso. Secondo altri, di proposito, non avrebbe spinto al massimo l’acceleratore sulla sua guerra ibrida, “civile” a tutti gli effetti. Essenziale pare, per ricostruire l’antico impero russo degli zar, oppure - come si dice abbia in animo di fare - qualcosa di simile al grande sogno dell’euroasiatismo da contrapporre alla talassocrazia filoamericana, senza contare che né Cina nè UE sarebbero condiscendenti. Dunque, attività bellica a bassa intensità, alta spettacolarizzazione, copiosa diffusione mediatica e poi aspettare, vedere che succede, chi ci casca! Si, ma chi, dove, come, quando deve cascarci? Oltretutto in una guerra vera e calda come l’inferno, che ci condurrebbe - “dio n’avvarde!” (Dio ce ne guardi, detto genovese) - dritti alla terza guerra mondiale, dove non ci sarebbero vincitori ma solo la fine del mondo. Forse si vuole dire, con una metafora larga e popolare, che Putin - il soggetto che ha acceso la miccia - vuole “parlare a nuora perché suocera intenda”? Ovvero lanciare messaggi di fumo a chi si cela dietro la NATO (North Atlantic Treaty Organization), l’organizzazione di guerra contro l’URSS creata dagli americani il 4 aprile 1949, mentre il Patto di Varsavia fondato Il 14 maggio 1955 in funzione anti-Nato venne sciolto nel 1989-90 con la fine della “guerra fredda” e il crollo del “muro di Berlino.”
Il Fratricidio. Questione complicata. Difficile stabilire, così su due piedi, nel furore della battaglia e delle vendette chi abbia ragione tra due popoli fratelli. Meglio, per uno come me, mi son detto, ripassare la storia e ragionare con la propria testa, perché Mussolini e Hitler li ha visti per davvero e la seconda guerra mondiale l’ha passata tutta. Anche il seguito, purtroppo! Cominciamo dai due popoli che Putin ha invischiato in una lotta fratricida. Se qualcuno fosse chiamato a fornire un esempio adamantino di cosa s’intenda per «questione di lana caprina» [04], sono sicuro che non andrebbe molto lontano dal vero se indicasse a dito la differenza fra etnia russa e ucraina, come pure la diversità tra le due parlate. Ci sarebbe semmai da aggiungere che il territorio di Kiev è grande, quello di Mosca è esageratamente smisurato. La superficie dell’Ucraina, è due volte l’Italia, con 42 milioni, però rispetto ai 59 tricolori. Quello della Russia è una delle superfici territoriali più estese al mondo. Dunque parlare, discutere, bisticciare, insultarsi perfino, è molto più conveniente che fare la guerra coi carri armati. I contrasti? Partono da lontano e, alla vicenda non sono estranei gli americani con la loro insistenza di continuare ad allargare quel pericoloso ferro vecchio della NATO, con tetano incorporato. La “Santa Alleanza Atlantica” - copywrigt Massimo Fini [05] - com’è sempre stata per noi, dalla parte occidentale della “cortina di ferro”, quella “giusta”, “amica”, “democratica” e “santa”. L’esatto contrario di quelli che si trovavano dall’altra, quella “sbagliata”, “nemica”, “antidemocratica” e “blasfema”, vale a dire i “bolscevichi”, i “rossi”, i russi, quelli cattivissimi di «Quante divisioni ha il Papa?». No! Queste di oggi non sono nè la Russia nè l’Ucraina che si fanno la guerra, anche se, purtroppo, i morti ammazzati con le bombe e le città distrutte coi missili (di Putin entrambi, bombe e missili), sono verissimi ed entrambi ucraini (le vittime incolpevoli e le città polverizzate). C’è gente in buona fede che ha sempre creduto alla faccenda di Russia contro Ucraina, e ancora continua. Ma ci sono lestofanti opportunisti che hanno sempre soffiato sul fuoco di questo fratricidio e ancora continuano spacciandolo per buono, per puro tornaconto. No! L’antico paese degli zar e prima ancora della Rutenia, è la patria di Dostoevskij, Tolstoj, Gogol, Puskin, Checov, Turgenev, Bulgakov ... parte importante e profondissima della letteratura mondiale. Ho già detto che pensare con la propria testa, fa sempre bene, fin che si può. Io, non so niente di politica ma sono un appassionato di letteratura russa e seguo con assiduità le conversazioni che Francesco Bollorino tiene con Igor Sibaldi, slavista eccelso, su Dostoevskij, Tolstoj, Nabokov, nella sua rubrica telematica “POL.it Psychiatry on line Italia” che invito a guardare e ascoltare [06]. Per farsi una pallida idea di quale sia lo spirito della popolazione che abita la Russia sterminata, fin dalle sue antichissime dispute con la “Rus’ di Kiev”, per la primogenitura, è illuminante la frase «Umom Rossiju ne ponjat’» una citazione di Fedor Tjutcev, del 1866 [07], ricordata da Igor Sibaldi in "Dostoevskij e i Karamazov" [08]. «Rossiyu umom ne poniat»., significa letteralmente che la Russia non si può capire con la mente. Allude al fatto che con questa esclamazione, i russi percepiscono quanto loro stessi siano irrazionali o qualcosa del genere. Per molti intellettuali autoctoni, la Russia resterà sempre un enigma. È stato già anticipato che la tanto decantata difesa a oltranza della russofonia di Putin è bugiarda. Un pretesto che rimanda ai «ceci» (i cereali), la parola d’ordine dei partigiani dei Vespri Siciliani per tagliare la testa ai francesi. Da qualche parte ho letto perfino che c’è chi dice che per i troppi nazionalismi individuali, i russi dovrebbero smettere di litigare e cominciare ad ammazzarsi vicendevolmente!
UE e NATO. Pericoloso confondere nonni e nipoti. Inizialmente, da quando venne inventata la NATO, il segretario generale, per i primi 5 anni (dal 1952 al 1957), fu un generale inglese di carriera nato in India (Naintal): Lord Hastings Lionel Ismay (1887-1965), figlio d’arte, se così si può dire. Suo padre, infatti, Stanley Ismay, fu membro del Consiglio legislativo del Viceré dell'India. Aveva una lunghissima esperienza militare nella repressione dei ribelli in India, Afganistan e Somaliland, ma anche una notevole capacità diplomatica. Winston Churchill lo volle con se come consigliere nel gabinetto di guerra (1939) e come accompagnatore ufficiale per le questioni militari alle conferenze di Casablanca e di Teheran. Fonti storiche imprecisate riferiscono che fin dalla prima riunione del 4 aprile 1949 ebbe a dire chiaramente, con l’abituale franchezza che gli valse la stima di Churchill «Lo scopo della NATO è di tenere dentro gli americani, fuori i russi e sotto i tedeschi» [09.]. Non c’è dubbio che Putin sia responsabile dell’aggressione militare all’Ucraina e responsabile dei massacri di civili, ospedali e simboli del popolo della feconda terra nera e delle sterminate distese di cereali, ma quelli che ancora stanno nella NATO (dentro, fuori, sotto, sopra, affianco, avanti e dietro) da 73 anni non hanno mai smesso di gonfiare il pallone. Nel 5° allargamento del 29 marzo del 2004 tirarono dentro Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia, cui seguirono il 6° e il 7°. Si rifecero vivi, però, sempre in Europa, 2 anni fa, per l’esattezza il 27 marzo 2020, con l’8°, allargandosi con la Macedonia del Nord che dista dai confini russi 5490. km. Sempre seguendo la mia testa di vegliardo che certe cose antiche, non le dimentica, tipo le proteste di piazza contro la “legge truffa” del 1953 e il “Movimento dei Partigiani della pace” contro l’atlantismo (1948-1953), non appena ho visto Jens Stoltenberg, questo politicante norvegese capo della Nato, ex banchiere come Draghi, attivarsi sui giornali e sui teleschermi giusto alla fine di febbraio u.s., mi sono chiesto allarmato cosa diavolo stesse brigando. Ce l’avevano mandato gli americani, prima di irrogare le sanzioni contro la Russia? Stava forse preparando la terza guerra mondiale? Si spera tentasse di disinnescarla.
La spia che venne dal caldo. La fretta iniziale di Putin e poi il surplace, di questa sua guerra all’Ucraina dà da pensare. Ma, dopo due settimane di morti, feriti, macerie, profughi e sfollati, non cessa di preoccupare l’Europa. Troppo “sdraiata su Biden” come ha titolato Massimo Fini, eccellente e navigato giornalista di madre russa e di padre toscano [10]. Tutti i piani, a lungo studiati dal freddo calcolatore Putin - personaggio misterioso impenetrabile, nondimeno famoso per fare sempre quello che dice - si sono rivelati clamorosamente sbagliati oppure sbagliamo noi a giudicarli tali? Difficile saperlo, essere nella sua testa. Poco si sa, molto si racconta. Di certo è russo, ma Putin non è la Russia, nè la rappresenta. Tanto meno lo è la sua anima, posto che ne abbia una. Nemmeno la guerra è della Russia alla Ucraina, ma di Putin all’Occidente. Stando alle biografie ufficiali (tutte agiografiche), il personaggiop-Putin, sarebbe nato (il dubitativo è d’obbligo) a San Pietroburgo il 7 ottobre 1952, da genitori legittimi e normali: Maria Ivanovna Putina, prima operaia, poi casalinga, la madre. Vladimir Spiridonovic, sommergibilista della marina militare, comunista esemplare, ateo e militante, il padre. Il nonno paterno, Spiridon Putin, sarebbe stato il cuoco prima di Lenin e successivamente di Stalin. A questo punto ci sono due scuole di pensiero. Chi lo vorrebbe allevato direttamente dal KGB per farne un agente perfetto e dunque passibile della sindrome dell’orfanello paranoico che - tra sè - pensa sempre “la pagheranno cara!” (si dice che da bambino giocasse con ratti e pantegane). Chi, invece, lo vuole ragazzo normale cresciuto in famiglia. Laurea in legge alla “statale” di San Pietroburgo (1975), ad appena 23 anni è gia un promettente funzionario dell'”intelligence” russa. Nella biografia ufficiale che lo elogia, come l’oste fa col vino della propria cantina, si narrano mirabilie, ma non c’è prova del contrario, come capita in tutte le monocrazie. Il ragazzo - si racconta - è sveglio, di rara prontezza e ancor più raffinata intelligenza. Nè alto nè basso (nel senso che, volendo, può anche passare inosservato). Sportivo, eccellente judoka. Si dice anche che ciò che prevale - in quella massa perfetta di 72 Kg per 170 cm di esemplare umano - sia la “ambicij”, parola che significa “ambizione”, una immensa, sfrenata ambizione. Trascorre sedici anni nel KGB salendo molti gradini militari, fino ad essere notato da Boris Eltsin, che lo inquadra come tenente colonnello dei servizi segreti. I servizi cambiano pelle e assumono la sigla FSB, Vladimir ne diviene direttore. Le vicende dell’URSS post-staliniana in dissoluzione sono oscure, non sufficientemente ancora studiate. Corrono veloci e con contraccolpi, com’era logico aspettarsi. Per comodità di chi legge rammentiamo che Michail Gorbaciov, subì il “putsch” dell’agosto 1991 e fu tenuto prigioniero nella dacia presidenziale in Crimea. La dismissione dell’URSS fu un boccone difficile da ingoiare, per taluni, ghiottissimo invece per altri. Chi lo volle cotto, chi crudo, chi intero, chi a pezzetti, le milizie di allora erano diverse feroci e senza scrupoli. Vinse la fazione di Boris Eltsin che depose il rivale e ne raccolse la successione col famoso discorso sul carro armato davanti alla “Casa Bianca” russa [11]. In un sol colpo (26 dicembre 1991) abolì il PCUS e il suo primato, promosse la disgregazione dell’URSS e convalidò l’abolizione del “patto di Varsavia”. Non una rivoluzione, ma un totale “boulversement” all’ombra dei “servizi”. Boris Eltsin, governerà (pur con una salute malferma e una deriva alcolica palese) per 8 anni, finché, nell’agosto 1999 cederà lo scettro a Putin nominandolo premier. Quando Eltsin darà le dimissioni (morirà nel 2007, di cirrosi), Putin, gli succederà e, con vari artifizi, resterà al potere, praticamente senza interruzione fino ad oggi.
Guerra e Pandemia. Come ieri tutti si sentivano virologi e andavano in TV a dire qualcosa di assolutamente inutile, oggi tutti straparlano di Ucraina e Russia, perchè magari hanno una badante in casa e nient’altro. Sia chiaro che con la solidarietà verso profughi, feriti, sinistrati e bombardati di qualunque guerra, non si discute. Ma non si possono omettere, negare o capovolgere le evidenze storiche, come fanno tutti i rendicontisti e non soltanto quelli di Putin. Figuriamoci noi Italiani! Vado a memoria, perché c’ero, bambino, ma c’ero. Non l’ho imparato dai libri di storia! Nell’aprile 1942 - in Russia - vi abbiamo mandato l’ARMIR (Armata italiana in Russia), un’armata con le scarpe di cartone, annientata nel dicembre 1943, sul fronte orientale per affiancare la scellerata “operazione Barbarossa” dei tedeschi nazisti, che nulla avevano imparato dai francesi napoleonici del secolo precedente. Per parte materna, avevo un cugino, Lino, classe 1920, fu rimpatriato con entrambi i piedi congelati. Nella tragica circostanza ebbe fortuna, portando a casa la “ghirba”, fino a Oliero di Sopra, in Valbrenta. Altri scomparvero per sempre. Alcuni di essi, ebbero però fortuna, perchè, fatti prigionieri, conobbero donne russe, misero su famiglia e decisero di restare. Si seppe molto tempo dopo la fine della campagna di Russia. Quelli - come chi scrive - che sopravvissero, tanto ai nazi-fascisti, quanto alla liberazione dei “Liberatori” Alleati (?!?), aspettando il “Piano Marshall” e la “NATO” sia per mangiare che per difendersi dai “rossi senza-Dio”, della Unione Sovietica non hanno mai capito niente! Non solo perchè sono stati per metà democristiani (DC), convinti alle elezioni politiche del 1948, dai "Comitati Civici" (le armate scudo-crociate del comandante Luigi Gedda, un medico razzista veneziano), che i Cosacchi avrebbero abbeverato i loro cavalli alle fontane di Piazza San Pietro. Per l’altra metà comunisti (PCI), un po’ “trinariciuti”, un po’ antiamericani, anti-Nato soprattutto e molto pacifisti. Peppone-Gino-Cervi e Don Camillo-Fernandel (1952) furono una parentesi amena di Giovannino Guareschi della bassa padana. Vennero i carri armati sovietici (20 e il 21 agosto 1968) a spegnere la primavera di Praga (gennaio 1968) e la torcia di Jan Palak (16 gennaio 1969), ma aprirono molti occhi e datarono la fine dell’URSS. Così come peraltro avevano agito da deterrente contro l’America “gendarme del mondo” le violente proteste per la guerra del Vietnam (15 ottobre 1969) e la plateale restituzione della cartolina precetto (1967) di Cassius Clay alias Muhammad Ali campione mondiale di pugilato
Fake news e disinformatia. L’altro giorno ero andato in banca per pagare la bolletta TIM. Appena seduto la macchina che doveva eseguire l’operazione si spense. Pronto il cassiere: «Ecco vede? È Putin che ci hackera le banche per ritorsione. Non si può più lavorare tranquilli!» Se Putin è in grado di vincere tutte le guerre digitali, soprattutto in occidente, anche le scaramucce sui social network, come da tempo si va dicendo, allora devo ammettere che è impossibile informarsi dai media di casa nostra, specie le tre reti nazionali di quel che resta della TV “generalista” più “commerciale” di “Mediaset”, per cui paghiamo un canone estorto per la pubblicità altrui. Quella Rai supersorvegliata dalla Commissione di vigilanza parlamentare: 40 persone compresi presidente e vice [12]. “Quis custodiet custodes?” Giovenale aveva per lo meno insinuato il dubbio ai nostri antenati latini. La Rai, che dice di essere democratica, aperta e liberale, mette scandalosamente in ferie i corrispondenti da Mosca, tipo Marc Innaro, bollato come orrendo filo-putiniano, perchè non si allinea al nuovo “Mincuolpop dei “migliori”. La truppa recalcitrante capitanata dal banchiere “super-Mario”, super-gaffeur in declino, cui si accoda un ministro degli esteri che non distingue gli stadi dalle Cancellerie e dà dell’animale a Putin, in presa diretta! Invece, come dicevo, preferisco fidarmi del giudizio di quello che vedo o che leggo o che mi fanno vedere o leggere sui media. Dopotutto non sono né film, nè libri e di recite ne capisco un po’. Ah! La scuola di Palo Alto, i set di terapia familiare, le sedie pieghevoli tipo regista alla rinfusa, chi le prendeva e dove andava a sedersi. Eppoi le osservazioni e le discussioni sul filmato. Mi è capitato di osservare una esibizione tra le minori del personaggio, un semplice ricevimento per il personale Aeroflot. Impressionante la freddezza e lo sguardo glaciale di Putin al ricevimento dato alle hostess delle compagnie di bandiera russe. Una dozzina di giovani donne glamour e sorridenti, vestite elegantemente delle loro divise colorate. Una tavola elegante e festosa con un elegante vassoietto d’argento col tè per ciascun commensale, ricolmo di pasticcini sfolgoranti e profumati, i famosi “blinìs” - le crêpes russe molto soffici e gonfie, dolci e salate - il buffet classico che in Russia tradizionalmente accompagna il loro ottimo tè, da sempre. Era il 4 marzo 2022. Forse l’intenzione era buona. Voleva portarsi avanti col lavoro sull’8 marzo, la giornata internazionale della donna. Una semplice colazione di cortesia, ma un brivido dietro la schiena ha paralizzato tutti (telespettatori compresi) quando, appena seduto, senza nemmeno guardarlo, ha allontanare il suo vassoio, ha tirato fuori una penna e ha cominciato a tracciare una serie di schemi, parlando fitto e deciso delle “operazioni speciali” che stava conducendo per il bene dell’Ucraina. A tutte le signore in divisa si è spento il sorriso ed è andato via l’appetito. È chiaro che Putin non era minimamente interessato nè alle donne, nè all’otto marzo, nè all’Ucraina. Aveva in mente solo la sua guerra.
Un piccolo bestiario su cui riflettere. Non si può ridere coi morti in casa ma è difficile restare impassibili a fronte delle cretinate insulse e senza vergogna di chi dovrebbe “proteggerci” da Putin.
Sanzioni. McDonald's, Coca Cola e Pepsi, chiudono temporaneamente in Russia. Con meno zuccheri, gas (di seltz) e polpette i sanzionati avranno personalini invidiabili.
Si è letto che qualche politico ha pensato di mandare da Putin Berlusconi e la Merkel, e non erano chiacchiere da bar. A fare cosa di grazia? La risposta scurrile che viene in mente al popolino, anche quello russo che abbiamo già ricordato sopra come «pošlost'», l’unica che verrebbe da dire, non si può per rispetto dei morti di guerra.
Un giovane collega che lavora nella salute mentale coi gruppi di psicoanalisi multifamiliare di José Badaracco e Andrea Narracci (matti e loro parenti), mi ha riferito un frammento di conversazione dei gruppi di parola, sulla guerra di Putin. «Difficile dire chi vincerà, perchè l’America ha solo oligarchi che chiama Tycoon, la Russia in più ha Putin, la Cina ha il Covid-19 con infinite varianti»
Da noi, il 09/03/2022, è andata in scena, in parlamento, una perfetta “sparatoria all'O.K. Corral” ... per il catasto. Roba da chiodi! L’episodio della storia del Far West, successe il 26 ottobre 1881 nei pressi di Tombstone, Arizona. I western americani, ancora ci campano di rendita.
Le persone più serie e credibili viste in azione finora sono stati gli Israeliani, segnatamente il loro premier Antony Bennett. È volato direttamente da Putin, ci ha parlato tre ore, poi ha telefonato a Zelenski ed è volato in Gemania a colloquio diretto col cancelliere Scholz. Da li ha gettato le reti. Ora attendiamo. Se “non fa’ pe’ ciuccio” come ho imparato dalla marineria di pesca terracinese, nel senso che la rezza afferra a qualche scoglio (figlio-ndrocchia), attendiamo che salpi il sacco. Le speranze ci sono, molto buone e anche l’interesse diretto. La comunità ebraica, presente in Russia, Ucraina, Stati Uniti, Europa è forte e lungimirante, dopo tutto quello che storicamente ha passato.
Noi, paese del sole, paese dei venti: bora, libeccio, garbino, maestrale, scirocco, noi che siamo sempre stati “atlantisti”, che abbiamo avuto premier amici intimi di Putin e di Gheddafi e prima ancora dittatori che sullo “scatolone di sabbia” libico non hanno saputo far altro che piantare agrumi e costruire autostrade, ci troviamo oggi senza gas nè gasolio, perché Putin ci chiude il rubinetto e Biden ci ordina di non comprare petrolio russo. Pare una barzelletta scema per far ridere i cretini. Accendiamo le candele? Senza cera?
Note
01. “L'uomo dal braccio d'oro“, USA, 1955, di Otto Preminger, con Frank Sinatra, Eleanor Parker e Kim Novak.
02. Era intorno al 1300, c’era Papa Bonifacio VIII, vi furono 3.000 morti, nella battaglia di Zappolino che non fu nè la prima nè l’ultima, perché com’è facile rammentare s’era nel pieno delle lotte fra Guelfi e Ghibellini.
03. Agivano due criminali bosniaci Radovan Karadzic (uno psichiatra montenegrino del 1945) e Ratko Mladic (un generale serbo del 1942), rispettivamente leader politico e capo militare dei serbi di Bosnia, rispettivamente il “boia di Srebreniza e di Sarajevo” e il “macellaio della Bosnia" alla guida di una soldataglia di repressione che si macchiò delle più crudeli nefandezze, comprese campagne di “pulizia etnica” contro civili anche non serbi. Turpi individui, entrambi, giudicati criminali di guerra e condannati all’ergastolo.
04. “De lana caprina”, ossia accanirsi sul vello che ricopre le capre: lana/pelo, mohair/cashmere, problemi estranei alla concretezza del mondo dei romani antichi, che si limitavano a indossarli, per farne sfoggio in Senato.
05. Massimo Fini. “La guerra in Ucraina - La morale fasulla dell’Occidente - Pesi e Misure - Gli indignati di professione negli anni non hanno detto una sillaba sui massacri in Afganistan e Iraq o sull’aggressione alla Libia. Ecco perchè la loro difesa di Kiev suona come un’ipocrisia bella e buona. Santa Alleanza Atlantica” - Fatto Quotidiano. giovedì 3 marzo 2022 p. 21.
06. Incontri in diretta streaming sul canale tematico youtube di psychiatry on line Italia. Si veda il racentissimo Nella mente di Putin. Francesco Bollorino intervista Riccardo Dalle Luche.
07. Fedor Tjutcev, poeta scrittore e diplomatico russo che parlava anche italiano e non si sentiva neppure letterato.
08. Sito Web: <http://www.youtube.com/PsychiatryonlineITA1> Igor Sibaldi - Francesco Bollorino "Dostoevskij e i Karamazon". Si veda anche: “Dostoevskij raccontato da Igor Sibaldi” di Sergio Mellina. POL.it Psychiatry on line Italia. 11 dicembre, 2021.
09. John Lamberton Harper. La guerra fredda. Storia di un mondo in bilico. Il Mulino, Bologna, 2017, pp. 98 e 305.
10. Massimo Fini. “Tra Usa e Russia meglio non sdraiarsi su Biden”. Fatto Quotidiano 26 febbraio 2022 p.13
11. La “Casa Bianca russa”, è un edificio governativo a Mosca. Si trova sull'argine di Krasnopresnenskaya. L'edificio funge da ufficio principale del governo della Russia ed è il luogo di lavoro ufficiale del Primo ministro russo.
12. Camera dei Deputati. Commissioni di indirizzo, vigilanza e controllo. La Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi è composta da 40 membri tra deputati e senatori.