da Gaetano e Guido Pieraccini[1], Ibridazione tra un negro ed una bianca. L’eredità biologica in sette generazioni successive, «Archivio per l’Antropologia e la Etnologia», vol. LXXIV, 1944, pp. 25-70.
Gli autori, ambedue medici e figli del medico condotto di Poggibonsi (Si), località di cui conoscevano bene e da dentro le storie delle famiglie per averci abitato, condussero lo studio della trasmissione del tratto del “capello cresputo” nelle generazioni di un ramo della famiglia Bianchini consultando i “Libri di nascita” e i “Libri dei morti” degli archivi comunali e di quelli parrocchiali del Comune di Poggibonsi.
Rosa Capperucci e Gaspero Bianchini ebbero 4 figli maschi; uno di questi, Luigi detto ”Ricciolo” per la forma dei capelli diversa da quella dei fratelli, era nato nel 1801 dall’unione fra Rosa ed un uomo di colore. Lo studio riguarda i discendenti di “Ricciolo” nei quali è ricercata e rilevata la presenza del “capello cresputo”, definito un carattere “negroide” non presente nelle ascendenze di Rosa e di Gaspero, che poteva essere quindi attribuibile solo al “negro”. Ricciolo, che non era mulatto per il colore della pelle, si sposò ed ebbe 9 figli, 2 dei quali con capelli crespi.
Se la forma del capello dipende da un solo fattore ereditario, può essere rilevato nella discendenza. E qui è citato il Fischer, lo studioso dei “bastardi di Rehebot”, per il quale negli ibridi nati da ottentotti ed europei operano due coppie di fattori (presenza o assenza di forma del capello crespa o ondulata) dominanti o recessivi. Il capello lungo è dominante, così come il colore nero. Nel caso in discussione il capello crespo testimoniava dell’adulterio di Rosa Capperucci con un Negro (ma anche della generosità di Gaspero che aveva riconosciuto Luigi come proprio figlio).
Nelle generazioni dalla coppia “Capperucci + Negro” discesero 223 individui (108 maschi e 115 femmine); in quelli viventi, i fratelli Pieraccini oltre che alla forma del capello misurarono indice cefalico, colore di capelli, pelle ed occhi, altezza bilabiale, forma del naso, statura, nonché longevità, nuzialità, prolificità, mortalità. Lo strumentario fu fornito dall’Istituto di Antropologia dell’Università di Firenze diretto dal prof. Giuseppe Genna. Gli AA ricercarono in particolare il tratto del “capello cresputo” in 54 individui discendenti da “Ricciolo”, 20 dei quali defunti.
È ricercato e accertato che il capello crespo-lanoso non era presente nelle famiglie dei 3 fratelli “legittimi” di Luigino, nel patrimonio ereditario di Gaspero, il marito di Rosa Capperucci, in quello della Capperucci (tutti i Capperucci mostravano i caratteri della “razza bianca pura” e hanno avuto tutti quanti i capelli lisci) e nemmeno in quello della moglie di Luigino “Ricciolo” (nessuna traccia di caratteri somatici negroidi, né attualmente, né in passato).
Ricciolo avrebbe portato quindi un cambiamento nel patrimonio ereditario puro della razza bianca perché per suo mezzo vi penetrarono fattori ereditari nuovi e diversi, quelli del Negro.
È escluso poi che la comparsa brusca e inaspettata di soggetti a capello crespo in seno a famiglie di tradizione antica provviste di capelli lisci” fosse dovuta a mutazione o a “ritorno atavico”. È citato al riguardo il fatto che in Toscana per tutto il Medio Evo fino al XVI° secolo vi era stato commercio e presenza di schiavi di colore di origine orientale o africana.
Un problema era costituito dal fatto che non si conosceva la forma precisa del capello del Negro, ossia dell’antenato non-europeo. Ancora, poiché Ricciolo non fu un mulatto “per gli ordinari caratteri della faccia” e 6 suoi figli ebbero bianco il colore della pelle, l’uomo che si unì a Rosa Capperucci era un negro puro, ed in tal caso quale varietà negra, oppure era un mulatto? Secondo la testimonianza del padre degli AA., medico condotto a Poggibonsi si trattava proprio di un “negro”, probabilmente un ciarlatano o un ambulante, o un dentista, o un buttafuori, o un saltimbanco.
Nell’incrocio di due razze non si ha la fusione di due geni opposti in uno solo con la produzione di un carattere intermedio, ma solo unioni cooperative dei due geni di una o più coppie cromosomiche alla formazione di un carattere. La forma del capello rappresentava un carattere di grande significato etnico trasmesso in modalità dominante.
I Pieraccini, sulla base dei dati raccolti formulano la legge per la quale la femmina ha una funzione normalizzatrice nella vita della specie perché, più del maschio, conserva il tipo razziale (v. Pende): le donne crespute, infatti, erano in numero minore rispetto a quelle con i capelli lisci.
Nella ricerca furono anche arruolati come campione di popolazione di confronto 100 uomini e 100 donne di età compresa fra 18 e 60 anni, abitanti di Poggibonsi.
Quanto agli altri tratti, i Pieraccini rilevano in discendenti di Luigi la tendenza alla platirinia, dolicocefalia. Sono presi in considerazione anche comportamento, moralità, laboriosità per affermare che i Bianchini discendenti dall’unione “Negro + Capperucci”, quasi tutti operai o agricoltori, erano state tutte persone oneste, miti, squisitamente cortesi: “sono stati sani, di aspetto normale, senza estremi di ottimi o di pessimi: tutti peraltro incensurati”.
Nelle conclusioni gli AA sottolineano l’importanza delle ricerche sugli alberi genealogici anche negli animali domestici, oltre che quelle sui gemelli e sui matrimoni fra consanguinei per approfondire la conoscenza delle leggi dell’eredità biologica.
È auspicato che a vantaggio della Scienza e della Collettività umana si facilitino unioni matrimoniali tra soggetti dotati di speciali caratteri fisici (alta statura, forma del naso, brachicefalia o dolicocefalia) o di speciali talenti (musicisti, poeti, pittori ecc),
All’articolo sono allegate le tavole fotografiche con foto di fronte e profilo di 24 discendenti cresputi: 10 uomini e 14 donne.
Luigi Benevelli ( a cura di)
Mantova, 1 settembre 2022
Nota: l’articolo a firma dei fratelli Gaetano e Guido Pieraccini appare il compimento di una lunga ricerca costruita col sostegno dell’Istituto di Antropologia dell’Università di Firenze ma anche il soddisfacimento di una curiosità antica dei due autori, loro stessi medici e figli del medico condotto di Poggibonsi, a far luce su una vicenda di adulterio – la relazione extraconiugale di una donna del luogo con “un Negro” da cui sarebbe nato un figlio coi capelli diversi da quelli dei compaesani- che evidentemente aveva alimentato e ” le chiacchiere, i pettegolezzi, le conversazioni degli abitanti del villaggio.
In questo lavoro le culture professionali dei Pieraccini sono pienamente allineate al positivismo e al costituzionalismo di Pende, condividono, anche nella scrittura, i pregiudizi razzisti nei confronti del “Negro”, esaltano il ruolo della donna indicata come colei che tutela e conserva l’integrità del patrimonio genetico della “Nazione”.
Mi ha colpito il fatto che i fratelli Pieraccini autori della ricerca – ai quali si può associare anche il fratello Arnaldo, psichiatra- siano stati militanti ed esponenti di primo piano del Partito Socialista (v. nota a pie’ di pagina), ferventi antifascisti e che il loro sguardo rivolto all’umanità sia velato dall’ombra del pregiudizio razzista. Il tutto senza apparente contraddizione, come se si trattasse di dati “scientifici”. La questione che ci interroga riguarda la continuità di culture antropologiche razziste egemoni dal Regno d’Italia alla Repubblica, passando attraverso il Fascismo. Come è dimostrato dal posizionamento in Parlamento di Gaetano che “portando la sua esperienza di medico e scienziato, fu uno dei più convinti oppositori della legge Merlin sull'abolizione della prostituzione legale, proposta dalla socialista Lina Merlin. Secondo Gaetano Pieraccini le prostitute, da un punto di vista "lombrosiano" erano impossibili da reinserire in società, e inoltre la prostituzione avrebbe risposto ad un bisogno fisiologico del corpo umano”. (da Wikipedia)
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