Kuleba - protervia o ignoranza diplomatica?

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9 settembre, 2022 - 05:42
Il quarantunenne Dimitri Kuleba ha fatto la faccia feroce come i soldati dell’esercito di Franceschiello, quando ha convocato il nunzio apostolico in Ucraina, Visvaldas Kulbokas, per domandare spiegazioni circa le parole di pietà avute da Papa Francesco nei confronti della “povera ragazza” Darya Dugina, saltata in aria con tutta l’automobile nei pressi di Mosca mentre aspettava il padre. L’insulto al Papa di Roma è un esercizio antico, fin dai tempi di Iosif Stalin quando domandava sornione “Quante divisioni ha il Papa?” Nondimeno il protervo ministro degli Esteri ucraino non ha fatto altro che copiare in tutto e per tutto Alexander Dugin che, da tempo va scrivendo e dicendo che "Nel moderno Occidente anticristiano, l'influenza del Papa è minima, ridotta a una funzione umanitaria insignificante e non influente” (QN 4 maggio 2022). Con la differenza che mentre Dugin è un filosofo radicale e molto pericoloso, esercitatosi lungamente sul “dasein” di Heidegger per poi “cavalcare la tigre” di Evola, divenendo così il corifeo della corrente ideologica sedicente “eurasista”, Kuleba è un giovanotto ruvido di più basso profilo. Contrariamente al politologo russo che predica il ritorno alla “grande Russia”, attraverso l'integrazione del paese con le ex repubbliche sovietiche, perfino cacciato dall’università di Mosca perché voleva "uccidere, uccidere, uccidere" gli ucraini nei disordini organizzati e pilotati nel 2014, Kuleba, nel suo piccolo, si è accontentato di fare dispettucci al Papa di Roma. Per fortuna non ne è derivato alcun incidente diplomatico. È bastata la nota di Andrea Tonielli direttore del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede (ediz. Vatican News del 26 Agosto 2022 in lingua ucraina) da cui risultava che nell’udienza generale del 24 agosto Papa Francesco Bergoglio aveva dichiarato: «Durante questi mesi, dobbiamo ricordarlo, il Papa non è mai stato “equidistante”: ha condannato con parole nette l’aggressione perpetrata dalla Russia. È stato piuttosto “equivicino”’, cioè vicino a tutti coloro che soffrono per le conseguenze della guerra, in primo luogo la popolazione innocente dell’Ucraina che muore sotto le bombe russe», aveva subito appianato ogni controversia. Mia nipote Silvia, neomaturata al Liceo classico Torquato Tasso di Roma, che proprio di questi giorni si cimenta con le prove per entrare a “Medicina”, mi ha fatto osservare che quando certe persone assurgono a cariche importanti durante periodi eccezionali, spesso sono colti da un sentimento di superbia, di orgoglio, che i greci antichi chiamavano “hỳbris” «insolenza, tracotanza», punita dagli Dèi, come per Prometeo, il titano che rubò il fuoco dall’Olimpo per l’uomo che moriva di freddo, ma si ostinava a sopravvalutare le proprie forze per il gesto. “Vedi Nonno ... Kuleba potrebbe essere una esemplificazione mitologica di un periodo dell’uomo in cui nessuno ancora parlava di gas!”

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