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PRACTICING POSITIVE PSYCHIATRY una recensione

30 Gen 23

Di admin
Questo libro si colloca nel contesto dei non numerosi lavori che da qualche tempo si occupano dell’orientamento cosiddetto positivo in psichiatria cogliendone però un aspetto di grande rilevanza, quello applicativo. Ciò significa che, superata la fase in cui è stato necessario spiegare cosa è la psichiatria positiva, si sta andando verso l’illustrazione di come questo orientamento è applicato realmente nei diversi contesti di cura e quali sono i risultati di queste applicazioni.

Non a caso il testo è sì dedicato agli psichiatri, ma è anche indirizzato a tutti gli operatori della salute mentale con un occhio specifico puntato sul funzionamento dei servizi socio-sanitari di base.

La prefazione è firmata dallo psichiatra Dilip V. Jeste (insieme a Varsha D. Badal) che è una figura molto nota nel campo della psichiatria positiva per aver pubblicato importanti lavori in questa area, oltre ad essere stato presidente della American Psychiatric Association.
 



 

 

E’ stato proprio Dilip Jeste, insieme al suo collega Barton W. Palmer, a introdurre e specificare il concetto di psichiatria positiva pochi anni fa, nel 2015, ma è da ricordare che la psichiatria positiva affonda le sue radici nel movimento della psicologia umanistica nordamericano che ha visto tra i suoi esponenti di spicco persone come Carl Rogers e Abraham Maslow (alcuni fanno risalire ancora più indietro nel tempo queste origini, collocandole nell’opera di William James). Fatto sta che è sull’onda dell’ormai affermato movimento della psicologia positiva che si è delineato in area psichiatrica un analogo indirizzo e si è sviluppata una rinnovata sensibilità verso taluni aspetti ritenuti trascurati fino a quel momento intorno alla possibilità di occuparsi del benessere del paziente sia in fase di diagnosi, sia in fase di trattamento.

Vedere nell’essere umano mentalmente sofferente non solo gli aspetti patologici ma anche le risorse, le capacità e i punti di forza ha dunque permesso prima alla psicologia clinica e poi alla psichiatria di (ri)volgere lo sguardo verso il potenziamento di quelle che un tempo erano definite le aree libere da conflitti, le zone sane della mente, gli aspetti evolutivi e ben armonizzati del soggetto rispetto alle necessità della vita quotidiana.

Il testo è strutturato in sei capitoli, aperto dalla prefazione (a cui si è fatto cenno) e introdotto da un bel capitolo dedicato ai cambiamenti di paradigma richiesti a coloro che vogliono comprendere e quindi applicare l’orientamento positivo nella pratica psichiatrica. Segue il capitolo in cui si illustrano gli aspetti importanti della psichiatria positiva e qui si possono apprezzare almeno due elementi: l’aver richiamato le origini della Positive Psychology e l’aver introdotto l’approccio Solution-Focused-Oriented; quest’ultimo, se visto insieme al Recovery-Oriented Approach, offre un fondamento davvero importante per la strutturazione delle attività di base di trattamento psicologico-psichiatrico.

A testimoniare l’applicabilità delle indicazioni fornite dagli autori sono presentati oltre quaranta esempi a cui si aggiungono le trentuno FAQ (frequented asked questions) posizionate nel sesto capitolo. Un notevole spazio è poi dato alle direzioni future dell’orientamento positivo nella psichiatria (compresi gli interventi da remoto) che, in realtà, possono essere visualizzate all’interno del più ampio campo della clinica psicologica e psichiatrica, ma anche delle attività degli operatori della salute mentale non caratterizzati da competenze specifiche in ambito psicologico e psichiatrico.

Il testo si chiude con un auspicio: “i tempi sono maturi per focalizzarsi maggiormente sulla persona invece che sulla malattia e per ampliare la missione della psichiatria facendo qualcosa di più della semplice riduzione dei sintomi. La psichiatria positiva può ben essere la psichiatria del futuro!” (p. 143).

Tra i vantaggi pratici dell’applicazione della psichiatria positiva che si possono trarre dalla lettura di queste pagine sono, a mio avviso, da sottolineare i seguenti: l’incremento della cooperazione e della motivazione intrinseca del paziente al piano terapeutico; lo sviluppo nel paziente di sentimenti di speranza, fiducia ed ottimismo che contrastano le emozioni negative; la possibilità di realizzare interventi di breve termine (Solution-Focused-Brief-Therapy).

Tutto ciò può essere colto ed apprezzato nelle relativamente poche pagine di questo testo: un testo agile, scritto in un inglese scorrevole, pieno di casi di studio, vignette, esempi e brevi resoconti di esperienze operative, con una costante attenzione ai risvolti concreti dell’orientamento positivo cosa che fa giustizia di talune, aspre critiche che a suo tempo sono state giustamente rivolte alla psicologia positiva – che vede i suoi inizi nell’articolo di Martin Seligman e Mihály Csikszentmihalyi, “Positive Psychology: An Introduction” (American Psychologist, 55, 1, 5-14, 2000) – che nelle mani di alcuni emergeva banalmente nella versione della cosiddetta happiology.

Gli autori hanno dunque reso un buon servizio non solo alla psichiatria positiva ma all’insieme degli orientamenti “positivi” delle discipline Psy.

Fredrike Bannink è psicologa clinica, dell’età evolutiva e anche avvocato, docente e supervisore presso la Dutch Association for Behavioural and Cognitive Therapy, impegnata in numerose altre attività e associazioni in ambito CBT, e autrice di due testi pubblicati da Hogrefe rispettivamente nel 2010 e nel 2015: l’Handbook of Solution-Focused Conflict Management, e l’Handbook of Positive Supervision.

Frenk Peeters è psichiatra e psicoterapeuta, professore di psicologia clinica al Department of Clinical Psychological Science, Faculty of Psychology and Neuroscience della Maastricht University. Autore di oltre 150 lavori, è particolarmente esperto del solution-focused approach.

 

 

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