Ripensare la democrazia - Ridisegnare gli equilibri del mondo

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14 giugno, 2023 - 10:44

« ....  le nuove armi da fuoco cambiano le guerre  

ma sono le guerre che cambiano il mondo»  

Ermanno Olmi. Il Mestiere Delle Armi, 2001 [01] 

 

Il panorama pasquale, nel mondo della politica internazionale su cui si è affacciato questo 2023, sembrava animato di buone intenzioni, poi ha ricominciato a preoccupare e non poco. Non solo e non tanto perché ci avviciniamo alla metà dell’anno e non è mai diminuita la voglia di combattere e stravincere di una parte sola, delle due che avevano prevalso nella seconda guerra mondiale. Tutte le volte che si sono sentite proposte di sospensione del fuoco, si sono alzate vivaci proteste contro i negoziatori che sarebbero inaffidabili. Anzi si sono uditi continuamente discorsi per tergiversare sui massimi sistemi o menare il can per l’aia con la solita tiritera “aggressori/aggrediti”. Si è arrivati a pretendere veri e propri trattati di pace con punizioni esemplari degli aggressori che infrangono “leggi naturali” e del vivere “civile”. Come fossimo tornati arbitrariamente a “Norimberga” (1945-46), dimenticandoci che nella corte del tribunale militare internazionale (IMT) che condannò i nazisti di Hitler, degli 8 giudici, oltre ai 2 francesi (imbucati all’ultimo), 2  erano Sovietici. Ora, secondo strane e non disinteressate richieste a largo raggio, sarebbero loro, non più come “Sovetskij Sojuz”, ma come “Federazione Russa”, a dover essere messi dentro la gabbia dei criminali. Colpevoli di una carneficina insensata perpetrata in Ucraina da mercenari internazionali. Criminali di professione di varie nazionalità, profumatamente pagati per commettere atrocità. Brigate di malfattori comandate da privati che le perseguono con cattiveria, dipinti di svastiche e insegne naziste per spaventare maggiormente gente anziana, che una perfida guerra forse l’avevano già vista, sopportata e perfino vinta! 

 

Non si sa bene, o non si vuole che si sappia, chi e in quanti danno gli ordini e dettano le condizioni, ma si ode un chiacchiericcio diffuso e uno sproloquio continuo: “ritiro immediato di forze russe”, “una pace giusta”, “in linea con Carta Nazioni Unite”, “unità e integrità territoriale Kiev”, “Un cessate il fuoco non porterà la pace", “tribunale Aja punisca crimini più gravi commessi su territorio Ucraina”, ed altre banalità estranee alla diplomazia, ma conformi alla propaganda politica unilaterale e ripetitiva alla Goebbels. Segno evidente che se i Russi non scappano, non mollano qualcosa che è sempre stata loro, non si arrendono a non si sa bene chi (non certo al fantoccio Zelensky, la pace è ingiusta e non verrà mai, neppure se si smetterà di sparare, torturare e uccidere. Ciò significa, detto altrimenti, che se l’Onu, l’Ue, la Nato, il G7 e compagnia cantante - col solito noto direttore d’orchestra pigliatutto - non sono d’accordo, si prosegue la via del macello. Magari procurando qualche altro “Vajont” intenzionale, ma più in grande, tipo l’esplosione della diga di Nova Kakhovka (la sesta e ultima diga delle cascate del grande fiume, in Italia familiare come Nipro), per dividere l’Ucraina in due. Quella di qua e quella di là del Dneper. Il quarto fiume in Europa, proveniente dal “Rialto del Valdaj”, nella Russia europea occidentale, tra Novgorod e Smolensk, per gettarsi nel Mar Nero, dopo 2.200 chilometri, con un lungo estuario nei pressi di Odessa. Quella che i più anziani ricordano come “Linea Stalin”, nella seconda guerra mondiale, perno della lotta contro le armate naziste, è oggi divenuta la linea di un aspro conflitto ideologico-commerciale tra mitteleuropei da una parte e russofoni dall’altra. La storia si ripete, in Ucraina. Non come farsa, scriveva Marx parafrasando Hegel, ma come immensa catastrofe, peggiore della tragedia precedente. Vichinghi e Polacchi dal Mar Baltico e forse anche Valacchi e Morlacchi dai Balcani o dalle pianure danubiane, si spinsero a sud-est fino al Mar Nero, per questa via fluviale, non certo con le buone maniere. Prima ancora, quelli della Rus' di Kiev, gli Unni e i Bulgari giunsero nella terra da sempre sognata e, senza tanti complimenti, si fermarono incantati e vi dimorarono lungamente, mescolando i propri costumi con le nuove tradizioni. Una terra meravigliosa, grande due volte l’Italia, dove coltivare, pascolare, produrre ogni ben di Dio; ballare, cantare, festeggiare, scherzare, raccontare, in perfetta serenità, come celebrato dall’immenso narratore Nikolaj Vasil'evič Gogol, cittadino illustre di Velyki Soročynci, dell’Oblast di Poltava. Con in più una costa intera affacciata sul mare scintillante che di “nero” ha solo la collocazione geografica rispetto al Mediterraneo. Infatti, al tempo della dominazione dei Turchi, ma anche nella Bibbia, i punti cardinali avevano dei colori per semplificare le cose ai navigati e ai pastori. Il Nord era nero (Mar Nero) opposto al Sud che era Bianco (Mediterraneo), Giallo Est, il sorgere del sole (Mar Arabico) Rosso l’Ovest, il tramonto (Atlantico). La terra era fertile, un suolo magico, in massima parte pianeggiante, irrorata da fiumi pescosi, il paradiso delle attività agricole, il “granaio d’Europa”. Il segreto della fertilità di quelle terre si chiama “černozëm”, la terra nera dei Russi e degli Ucraini. Il punto è se valga la pena continuare un massacro - tutto sommato una guerra civile - sotto bandiere rivoluzionarie del Maidan o sotto quelle separatiste filorussse del Donbass, nella seconda decade del terzo millennio. È passato più di un anno dall’inizio dell’invasione russa come chiamano questo conflitto del Donbass e il bilancio delle perdite dei due eserciti non viene diffuso. Indiscrezioni darebbero cifre impressionanti per gli ucraini: oltre mezzo milione di vittime, civili compresi, e non meno della metà per i russi, dove cresce la renitenza alla leva obbligatoria. Gli ultimi segnali registrati sono stati pessimi e tutt’altro che orientati alla tregua da parte di democrazie tracotanti e bellicose. Vale la pena fermarsi, approfittare di queste vacanze per la fine della scuola, e riflettere, fare il punto, mettere a fuoco alcuni aspetti della situazione mondiale. Riflessioni preoccupate, le nostre, il contrario della felicità dei nostri nipoti che si sono riversati chiassosi nelle strade di Roma per festeggiare la fine delle scuole primarie e secondarie (8 giugno 2023) con botti, mortaretti e lanci di schiuma da barba. La cosa più bella, ho pensato tra me, questa forza allegra e fiduciosa dell’adolescenza presente. Una cosa antica la preoccupazione per i fatti di guerra, per chi, come chi scrive, ne ha attraversato una, la seconda guerra mondiale, durante le scuole elementari. Oltre 40 guerre dimenticate ribolliscono e avvelenano tutto il mondo, anche se in quello “Occidentale” si parla solo di Ucraina e di spionaggio su ogni dato sensibile della medesima o altre nazioni che inviano armi. Si danno false notizie, dove i “cattivi” sono sempre gli uni, i “buoni” gli altri, e viceversa, senza riuscire a capire chi dei due sparga le bugie mediatiche più grandi. C’è sempre chi ci casca e crede ciecamente, perché te le pubblicano sui giornali e, se non li compri, te le fanno vedere in televisione. Ricordo “Toni”, uno di quei veneti, trapiantati (preti compresi) per la bonifica pontina del Duce a “Bella Farnia” (Sabaudia, Latina) che, una cinquantina d’anni fa, passava le notti davanti alla televisione, appena comprata, e mi diceva “Lo go visto mi! Coi me oci”. “L’ho visto di persona coi miei occhi, in televisione”.  

 

La povertà diffusa, la ricchezza sempre più smodata in poche mani rapaci, le menzogne propalate come verità di vangelo, i regimi oligarchici dei prepotenti, laddove ci siano risorse naturali da commerciare in proprio, le dittature monoteistiche patriarcali che offendono la donna come oggetto impuro e inferiore, supposta fonte di desideri maschilisti immorali da reprimere, inducono a ripensare il concetto di democrazia, dalle fondamenta, come elemento essenziale. Non tanto quello classico dell’antica Grecia come “governo di popolo”, che in ogni caso doveva essere corretta per evitare che si risolvesse in una "aristocrazia allargata". Quanto quello elaborato a partire dai principi illuministici, man mano riformulati secondo quelli della rivoluzione francese liberté, egalité, fraternité, che sono rimasti sempre un miraggio e tuttora permangono tali. La democrazia intesa come comunità di persone, all’interno delle quali vengono prese decisioni con la partecipazione di tutti i soggetti, secondo regole condivise, tese ad orientare le forme di governo precedentemente stabilite, resta ancora una esercitazione elastica e molto teorica. Tutti sanno che le autocrazie (sia di gerarchi,  che di oligarchi o altri sultani del “fossile”) non hanno bisogno di luce per continuare a tramare nell’ombra, mentre tutti quelli che vogliono essere informati liberamente sanno che «la democrazia è il regime delle decisioni pubbliche in pubblico», ancor prima che lo insegnasse così lucidamente  Norbeto Bobbio. Non sempre le democrazie ad assetto variabile e variopinto, praticate da coloro che dicono di perseguirle, autoproclamandosi titolari del copyright, sono democratiche. La prima guerra mondiale, per restare in Europa e non andare lontano nel tempo, mandò in frantumi i sistemi di governo degli “Imperi Centrali”, tranne quello inglese, peraltro “extraeuropeo” come io lo vedevo in 5a elementare sulla carta geografica dietro la cattedra del Maestro Morselli. Lo sterminio dei Romanov (16-17 luglio 1918), ultimo Impero euro-asiatico, dopo 300 anni di governo, diede la stura alle rivoluzioni totalitarie del Novecento, in Russia, in Italia, in Germania, in Spagna, in Cina, in Latino-America. Nel frattempo è trascorso un secolo e un lustro. E un altro elemento da tener presente, consiste nel fatto che dalla fine della seconda guerra mondiale sono passati 78 anni e gli equilibri mondiali con le rispettive zone d’influenza sono radicalmente cambiati, ma nessuno, tra i vincitori, sembra volerne prendere atto. Naturalmente il controllo delle istituzioni internazionali come l’ONU, il tribunale dell’Aia è strategico. Infine, un elemento destabilizzante, da non sottovalutare, è quello del supercapitalismo individuale, sovranazionale, mondiale, fatta esclusione dei boss criminali, dei regnanti e dei dittatori, i cui appannaggi derivano dalla loro posizione, illegale o legittima che sia. “Forbes” una Rivista statunitense specializzata, redige annualmente un elenco delle persone più ricche nel mondo in miliardi di dollari statunitensi. Essi non hanno niente a che fare con la democrazia, ma molto con tutti i guai del pianeta terra, l’impoverimento progressivo dei moltissimi a vantaggio di pochi privilegiati, sempre più numerosi, responsabili di tutta la fame del mondo, direttamente o indirettamente! 

 

Guerre vere, democrazie finte, sfere d’influenza, controllo delle principali istituzioni internazionali - dopo la fine della seconda guerra mondiale  - sono state le attività politiche più sanguinose per la spartizione del mondo tra Occidente e Oriente. Per 78 anni si sono tesi imboscate, si sono spiati, si sono minacciati col nucleare, fino a gettare la maschera, tanto che anche il più distratto si è accorto della pericolosità di un gioco stantio e pieno di morti. Dal 1945 tutti gli spazi predisposti per contrattare la pace sono stati spiati, presidiati, contrapposti. ONU, potere di veto, presidenza a turno, agenzie specializzate internazionali, tipo quelle finanziarie di Bretton Woods (1944) come il FMI (Fondo monetario internazionale), la WB (Banca Mondiale), il WTO (Organizzazione mondiale del commercio), il Tribunale internazionale dell'Aia, ecc., hanno visto spintoni dei “buoni” per cacciare i “cattivi”! Qualcosa, però, ha cominciato a scollarsi da quando altre realtà tipo Cina e India sono diventate superpotenze geo-economiche col commercio, la demografia, il PIL. Questa è nell’immediato e sarà nel futuro l’intricatissima rete di nodi da sciogliere, silenziando le armi, mettendosi intorno a uno, dieci, cento tavoli, senza fare i furbi i doppiogiochisti, perché nel mondo delle bombe atomiche e dell’equilibrio del terrore non ci saranno vincitori. Solo la distruzione del pianeta Terra! Finora qualcosa non ha funzionato. Forse che la tragica e funerea incombenza di Hitler nel provocare la seconda guerra mondiale si è allontanata troppo nel tempo? Sessantotto anni da quel 30 aprile 1945, nel Führerbunker, dove si consumò la fine dell’incubo, vi paiono sufficienti per dimenticare una tragedia planetaria con oltre 50 milioni di morti (2/3 dei quali civili) e 30 soltanto in Europa? Platone, seriamente preoccupato sulla capacità o sull’onestà di coloro che hanno compiti di sorveglianza, per conto dello Stato, in un passo de “La Repubblica” (III, 403e), che in latino suona così «Nempe ridiculum esset, custode indigere custodem», scrive «Sarebbe certamente ridicolo che un custode avesse bisogno di un custode». In un altro contesto, anche il Giovenale delle Satire scriveva con pari malizia «quis custodiet ipsos custodes?» (VI, O31-O32) «Chi sorveglierà i sorveglianti stessi?» 

 

Note 

01. Ermanno Olmi con Il mestiere delle armi, ha dato il più bel contributo contro la guerra. La sua tesi è che le armi antiche, usate dall’uomo contro le fiere e dai cavalieri nei tornei avevano regole e principi. Dall’introduzione delle armi da fuoco, uccidere senza vedere in faccia il nemico è non solo crudele e stupido, ma anche vigliacco! Qui viene citato l’esempio di 4 “falconetti” (bombarda affustata con palla da due libbre) donati ai Lanzichenecchi, dal duca di Ferrara, che portarono a morte per gangrena della gamba destra, Giovanni dalle Bande Nere. L’ho conosciuto personalmente in occasione del doppiaggio del film, al quale ho collaborato e mi ha entusiasmato. 

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