BRANDIZZO: Rubare il tempo al treno in corsa

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8 settembre, 2023 - 05:50
Massicciata ferroviaria di Brandizzo

5 settembre 2023 voci nella notte fonda

... tu comincia a fare i buchi ... metti i maialini ...

Se arriva ... io dico Treno!!! E tu ti butti a destra ...

 

 

 

Quando sento parlare di treni ritrovo un linguaggio familiare che mi commuove. Quando vedo vecchi binari abbandonati spuntare fra le erbacce, il pietrisco spigoloso e le traversine annerite, attraverso con circospezione le reliquie di quello che fu un passaggio a livello. Nello stesso tempo, mi viene un fremito di rabbia pensando alla politica dissennata dei “rami vecchi da tagliare” delle nostre strade ferrate, per rendere tutto più moderno funzionale e diretto. Quando sento che i miei nipoti per andare a Palermo, vanno a prendere la corriera che parte da Via Giolitti a Stazione Termini e, dopo due giorni di viaggio tortuoso per il Sud sbarcano a Palermo Centrale in Via Fazello, mi viene una tristezza profonda. Nell’ultimo telegiornale della notte di un tristissimo martedì 5 settembre 2023 ho sentito le prime notizie confuse sulla strage ferroviaria di Brandizzo, appena fuori Torino. Sei operai che lavoravano sulla massicciata erano morti stecchiti, travolti dal treno in corsa poco prima della mezzanotte. Sonnecchiavo e non ho capito se fosse saltata la televisione o fossi vittima di un hackeraggio perverso e improvviso che si fosse impossessato dello schermo che mi stava davanti! Subito dopo, è cominciato tra i presenti in studio una polemica tanto ovvia da sembrare perfino politica e fuori posto.

- E io sa cose le dico? Che se ci stava il treno, a 160 all’ora, non ci dovevano stare gli operai.

- Ah si? E io le dico invece che era il treno a 160 all’ora che non ci doveva stare sulla ferrovia, se c’erano gli operai che lavoravano!

Ho spento la Tv e, sconvolto, sono corso al Pc per cercare di avere qualche notizia in più pensando che l’ultima cosa era la velocità del treno. Ci sono stato tutta la notte. Poveretti, non che avessero torto, quelli della Tv, presi alla sprovvista e in diretta; purtroppo avevano ragione entrambi! Quelle che avevano torto marcio erano le ferrovie ridotte a un’accozzaglia di servizi e sottoservizi appaltati e subappaltati, per rincorrere l’assurda chimera ferro-strada, ossia unire gli opposti. Gl’interessi delle gomme delle automobili della Fiat sulle Autostrade per l’Italia, con quelli delle strade ferrate italiane che salivano per tutti gli anfratti della penisola e che si sono sempre odiati fino a distruggersi completamente in questo ultimo mezzo secolo di storia patria della depredazione dei gioielli di famiglia.

 

Ci è voluto pochissimo a intuire il misfatto da criminali. Il giorno dopo tutti i media erano pieni di immagini girate col telefonino da cui si capiva che la sorveglianza sul lavoro era inesistente, i rischio altissimo, il lavoro un gioco alla roulette russa. Chi è più svelto del treno in corsa, porta a casa lo stipendio. Se poi al binario riesci a togliergli bulloni, traversine e pietrisco, prima che arrivi il treno, allora vinci tu e perde il treno, che va fuori strada come quella volta a Pioltello, la mattina del 25 gennaio 2018 sulla Milano-Venezia. Furono solo 3 morti e 46 feriti, tutto finì in silenzio. Quelli che sono appassionati alle ferrovie o che hanno origini da quella “grande famiglia”, come chi scrive, sanno che la riduzione dei margini di sicurezza, si assottiglia fino a diventare inesistente. Sulle ferrovie come su ogni teatro di lavoro: scuola, istruzione, sanità, assistenza, welfare ... più si spezzetta la radice del comando più ci si allontana dal funzionamento unitario della struttura. Il guaio è che quando per guadagnare sulla produzione abbassi il minutaggio dell’esecuzione, il lavoro viene male e quasi sempre alla fine ci scappa il morto.

 

Agghiaccianti i frammenti dei video e dei dialoghi registrati col cellulare dai poveracci che lavoravano sul posto (si fa per dire) prima dell’impatto. Così le Anse: “Il video, della durata complessiva di 6 minuti e 48 secondi, è stato recuperato da un profilo social di Kevin Laganà, una delle cinque vittime della tragedia di Brandizzo, e ieri mattina è stato consegnato alla procura di Ivrea dall'avvocato della famiglia, Enrico Calabrese. La voce che esorta ad andare "da quella parte" non è di uno degli operai al lavoro. La squadra era accompagnata da un capo cantiere della loro azienda, la Sigifer, e da un tecnico di Rfi, ora entrambi indagati. Da quel che si ricava dalla visione del filmato erano stati informati che su quella linea era previsto il passaggio di convogli. Si sente qualcuno affermare "Noi possiamo vedere il segnale, voi prendete le misure, io guardo il segnale e appena dico via... ", poi un fischio e quindi "uscite da quella parte perché i treni passano qua, dovrebbero passare gli ultimi treni". Kevin chiede "questo è già interrotto?" (riferendosi evidentemente al binario) e la voce gli risponde "questo è interrotto". "Quindi possiamo metterci sopra lo spezzone e bonificarcelo?", domanda ancora Kevin. La replica è "no, passa l'autoscala, una volta che passa l'autoscala va bene". A quel punto, l'esortazione: "Ragazzi se vi dico treno andate da quella parte, eh". Il giovane operaio accoglie queste parole sorridendo e, quando un'altra persona dice "Se arriva il treno da che parte passate? " risponde "di qua" indicando la staccionata dietro di lui. Gli operai lavorano in un clima sereno, scambiandosi battute di spirito. Kevin chiude il video con queste parole: "Ciao ragazzi ci vediamo alla prossima, metterò un tik tok fra un paio di giorni" (Redazione ANSA www.ANSACheck 06 settembre 2023, 07:48) Non si può che rabbrividire, ma si mormora a fil di voce che quella fosse la prassi, vedremo cosa accerterà il magistrato.

 

Ci sono molte buone ragioni fondamentali che hanno consentito alla mia famiglia di costituirsi come tale. Lo scoppio della prima guerra mondiale e segnatamente la “Strafexpedition”, per cui mio padre, il venticinquenne “tenentino dalle scarpe gialle”, siciliano di Palermo, consacrato agli studi di lettere e giurisprudenza, entrò in casa di mia madre sedicenne, requisita come abitazione ufficiali dalla 6^ armata a Valstagna, in Valsugana, in fondo all’altipiano di Asiago. L’innamoramento scoppiò ardente e reciproco, ma fu troncato dalla rotta di Caporetto (ore 2:00 del 24 ottobre 1917) che trascinò via col treno dalle loro Valli i miei nonni e parenti materni fino alle rive del Calore Irpino nel Beneventano per coltivare tabacco, come avevano sempre fatto in Valsugana. La promessa di matrimonio onorata otto anni dopo la fine della guerra, nel 1926, e la prima destinazione di lavoro di mio padre al Compartimento di Venezia in qualità d’Ispettore delle Ferrovie dello Stato. Lì nacque Aldo, il primogenito, che divenne ingegnere, ma non delle ferrovie, bensì delle miniere perché aveva letto i romanzi di Cronin e si era appassionato alle vicende dei minatori, con “E le stelle stanno a guardare” (1935), e poi anche col mondo delle ingiustizie sociali con “La cittadella” (1937).

 

Naturalmente abbiamo viaggiato per l’Italia. Venezia, è stata la prima tappa. Poi la tratta Sapri-Battipaglia, dove mio padre accettò un incarico speciale al “Movimento” dove era prevista la laurea in ingegneria e dovette studiarsi tutti i manuali tecnici adatti alla funzione, sorvegliare attivamente la linea notte e giorno fino al burn out che esplose 12 mesi dopo, per cui fu trasferito al Compartimento di Bologna, dove nacqui io e mio fratello Lucio. Chiuse la carriera a Roma col grado di Capo Servizio, il più elevato dei funzionari delle FS e Presidente del Consiglio di Disciplina delle FS.

 

Il centro di comando di tutti i servizi FS era a Villa Patrizi in Piazza della Croce Rossa al Ministero dei trasporti, tranne l’Istituto Sperimentale delle FS, alloggiato nella vecchia Stazione ferroviaria di trastevere edificata nel 1870 in Piazza Ippolito Nievo, al Guanicolense, da Pio IX per andare a Civitavecchia. Quivi l’azienda sperimentava in proprio, ogni sorta di materiale da acquistare. Dai tessuti delle divise del personale viaggiante, al velluto rosso di prima classe delle vetture, al controllo della tempra dell’acciaio delle rotaie e via dicendo. Nessuno si poteva permettere di dare ordini o suggerimenti. Questo lo so per certo perchè mio suocero, il chimico genovese Prof. Vittorio Grillo della scuola genovese di Giulio Natta - laureato anche in farmacia, medicina e filosofia, per diletto - era il Direttore del reparto chimico-merceologico della vecchia Stazione Papalina. Delle ferrovie dello Stato, era anche lo stile architettonico, quasi completamente affidato al bolognese Angiolo Mazzoni, due anni più giovane di mio padre, [01] che costruì, tra l’altro il complesso edilizio per Ferrovieri di Piazza Salerno, il Dopolavoro ferroviario di via Bari, le due torri-serbatoio, delle ali laterali di Stazione Termini in fondo a Via Giolitti.. Fino all’inizio degli anni Sessanta del secolo passato tutto funzionava con precisione cronometrica nelle FS, perché i servizi facevano capo a Villa Patrizi; vado a memoria indicandone quelli che rammento: Servizio Movimento, Lavori, Impianti Elettrici, Personale Viaggiante, Personale e Affari generali, Materiale rotabile, Traslochi, Biglietti, Sanitario ... c’era perfino “La Provvida” [02].

 

Con le Ferrovie dello Stato, io e i miei, abbiamo avuto la sicurezza, l’istruzione di livello universitario, i viaggi gratis in prima classe (un privilegio per i familiari dei funzionari di grado elevato) e abbiamo girato l’Italia. Ho sentito qualcuno [03] motteggiare i miei genitori quand’ero bambino dicendo loro che stavano prendendo alle lettera Massimo D’Azeglio, infatti dopo aver compiuto l’Unità d’Italia, vincendo la “Grande Guerra”, mia madre valsuganotta e mio padre palermitano, si erano messi anche a fare gli Italiani: uno a Venezia, due a Bologna (io e Lucio, il più piccolo). Io penso sia stato il Ministero di Villa Patrizi a compiere il vero prodigio, di mettere tutti gli italiani insieme in ogni parte dello Stivale. Poi naturalmente, anche inseguendo la sinergia del folle progetto “ferro-strada”, (che si sono cordialmente sempre detestati) è iniziato un colossale assalto al formaggio. Tutto è stato progressivamente svenduto e dilapidato, dai soliti “40 ladroni”, come altre perle preziose del patrimonio nazionale; si vedano Alitalia, Tirrenia, ENEL ENI, Poste e Telecomunicazioni, la scuola, la sanità e via discorrendo senza vergogna fino al fallimento totale

 

Note.

01. Allievo di Gustavo Giovannoni, Giovan Battista Milani e Vincenzo Fasolo, tra il 1920 e il 1921 lavorò come disegnatore nello studio di Marcello Piacentini, grande maestro che io conobbi in età senile.

02. "La Provvida" era l'antica cooperativa dei Ferrovieri, vendeva generi di ogni tipo, cibo, bevande, articoli per la pulizia, ecc., io ricordo quella di Viale Mazzini a Bologna, dove ci andavo con mia madre prima della guerra e quella di Roma a Via Catania, dove ci andavo da solo dopo la guerra (non quella civile fra Russi e Ucraini).

03. Non penso di rivelare un segreto dicendo che Piero Jahier (Con me e con gli alpini), anche lui Capo Servizio delle ferrovie a Bologna è stato amico ed estimatore di mio padre Ernesto Mellina (Fascino del Sud) anch’egli scrittore.

 

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