Torino Caselle. Frecce Tricolori. Centenari, cinquantenari, celebrazioni finché ci scappa il morto

Share this
25 settembre, 2023 - 19:48
Il cartone e l’arazzo “Guernica”, sono due opere famose di Pablo Picasso. Raffigurano la strage del bombardamento aereo terroristico premeditato e dimostrativo, compiuto dai nazisti della Legione Condor con la partecipazione dell'Aviazione Legionaria italiana del fascismo. Velivoli da bombardamento Henschel, Stuka, Heinkel, Messerschmitt, SM-79 “i gobbi maledetti”, della Savoia Marchetti, ideali per scaricare bombe, hanno maciullato la popolazione civile e la città basca di Guernica il 26 aprile 1937, durante la guerra civile spagnola.

Questa smania tutta governativa di celebrare feste per ogni forza armata in aggiunta a quella classica (e più che sufficiente) del “due giugno”, è diventata uno svago pernicioso; e lo sarà sempre finché si muoveranno soldati a macchine da guerra! Non certamente indirizzato a bambini e scolaresche in tricolore - come si vorrebbe far credere da Palazzo Chigi - per risvegliare lo spirito patriottico della Nazione, creata il 18 marzo 1861, dunque uno Stato appena centosessantenne rispetto a tutto il resto delle terre europee che hanno fatto la storia del “Vecchio Continente” dopo i Greci e i Romani. La categoria nonni e bisnonni che correggono i libri di storia quando vengono interpellati da nipoti e pronipoti (“Nonno, tu che c’eri, quando successe, dimmi ...”) sanno benissimo come sono andate le cose, perchè le hanno vissute direttamente. Anzi le hanno viste e delle guerre ne hanno la memoria piena, perchè sono tutte ugualmente feroci: cadaveri, stragi, distruzioni, bombardamenti, incendi, funghi atomici, soprattutto nelle città, fra le persone civili.

 

Domenica 16 settembre 2023. all’aeroporto di Torino - Caselle si stavano allenando le dieci “Frecce Tricolori” MB-339 - la formazione di volo acrobatico dell’Aeronautica Militare Italiana. Dovevano esibirsi da qualche parte, in qualche Air Show, programmato da inizio anno. Questa celebrazione del centenario dell’Arma Aeronautica italiana sembra non finire mai, anche se gli aviogetti non sono di primo pelo, avendo superato la cinquantina. Quello che non ti augureresti mai, ma che periodicamente succede da quando sono iniziate questo genere di gare sopra gli aeroporti e gli Oceani, a partire dagli anni Venti-Trenta del Novecento, è puntualmente accaduto. Uno degli aerei non è riuscito a prendere quota al termine della pista e, all'altezza di San Francesco al Campo, si è schiantato su un’automobile incendiandosi. Morta una bambina di 5 anni, ferito gravemente il fratellino di 9 anni e i genitori, ricoverati in ospedale [01]. La procura di Ivrea ha aperto un fascicolo per disastro aereo e omicidio colposo a carico del pilota. A parte il dolore per la bimba e le condoglianze ai genitori, la prima cosa che viene in mente è il super lavoro per la stessa Procura. Se la memoria non ci tradisce le Ferrovie Italiane sono state messe sotto inchiesta dalla Procura di Asti per la strage di 5 operai travolti dal treno in corsa a Brandizzo, mentre lavoravano sulla massicciata, meno di una settimana fa. Segno evidente che qualunque cosa si faccia, se non c’è la massima sicurezza sul luogo di lavoro, è come andare alla guerra e in guerra si muore.

 

Aeronautica e Ferrovie sono grosse imprese, dunque andranno fatti gli opportuni accertamenti giudiziali per stabilire eventuali colpe. Questi del volo azzurro, però, hanno proprio logorato la pazienza di tutti. È da mesi che vanno in giro col loro rumoroso e costosissimo caravanserraglio. Abitando a Roma, il 2 giugno, come ogni anno ho dovuto chiudere le tapparelle per attenuare il fastidioso boato al passaggio delle “Frecce tricolori”. Lo so, è una faccenda personale, che risale ai cosiddetti “bombardamenti a tappeto” per fiaccare la popolazione, anche su Bologna, [02] quando andavo ad un Ginnasio di Piazza San Domenico, provvisorio e itinerante tra le “Tombe dei Glossatori” (per via delle bombe), che si spostava tra l'istituto “Luigia Tincani”, annesso alla Basilica e alcuni uffici territoriali del Ministero della Giustizia. Ovviamente le prime due ginnasiali (o medie, secondo la Riforma Gentile) furono ripetute e mi valsero la pessima nomea di mio padre, buonanima: «asino calzato vestito e pasciuto». Il fatto è che non amo il volo e il mito di Icaro mi causa subito una labirintite, che non è propriamente la “Paura di volare” (Erica Jong, 1973), anche se preferisco di gran lunga andare per mare, ove non possa prendere il treno.

 

Questi del volo militare sono recidivi. La Meloni aveva già colpito nel mese di giugno, due settimane dopo la “parata” [03]. Il caso ha voluto che fossi in vacanza da mia figlia Chiara, come ogni anno, in una casa nel bosco a Campo Soriano, in una vasta conca carsica dei monti Ausoni, che sovrastano Terracina proprio in quel fine-settimana (sabato 17 e domenica 18 giugno 2013). La serena tranquillità con cui stavamo ammirando lo stupendo panorama da Capo Circeo a Gaeta e oltre, con dentro le Isole Pontine, è stata improvvisamente lacerata dal fragore di una formazione di 6 minacciosi elicotteri appaiati che ricordavano “Apocalypse now” (Usa, 1979) e i boati delle “Frecce Tricolori” che giravano all’impazzata radenti le spiagge di Ostia-Castelfusano-Sabaudia, terrorizzando gli automobilisti del sabato e della domenica che vanno al mare. Naturalmente strade bloccate dalla polizia e supertraffico aereo gratuito tra l’aeroporto civile di Ciampino intitolato a "Giovanbattista Pastine" e quello militare di Pratica di Mare intitolato a "Mario de Bernardi". L’Arma Azzurra, aveva preannunciato e diffuso da giorni una locandina col calendario di tutti gli eventi nell’anno in corso, gonfia di retorica, col saluto del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, all'Aeronautica Militare nel giorno del suo centesimo anniversario. «Il messaggio per voi è che la Patria non esiste senza il vostro lavoro, senza la dedizione, senza l'umanità, senza i valori che si rischiano di perdere senza il contributo di uomini e donne come voi».

 

Uno dei due fratelli di mio suocero, l’intellettuale genovese trilaureato, si chiamava Niccolò (lo “zio Nicolino”). Poiché non aveva frequentato l’università, aveva fatto il pilota-motorista professionista, al tempo di Francesco De Pinedo, Carlo Del Prete, Arturo Ferrarin, volando con loro, prima nei record e nelle imprese, poi per Italo Balbo nella S.A.M. (Società Aerea Mediterranea) una delle prime linee civili che volavano sulle rotte aeree mediterranee. Era simpatico alto e filiforme. Pare che il fisico degli aviatori dovesse essere asciutto e ossuto per non pesare; vestito di blu aveva un fascino particolare, a detta della zia “Giuseppina”. Abitavano a Ostia, perché li c’era l’idroscalo romano, e poteva capitare che Mussolini ti mandasse a Palermo da Kaflisch - i pasticceri grigionesi emigrati nel Regno delle due Sicilie quando gli italiani emigravano nelle Americhe - a prendere la cassata per gli ospiti di riguardo. A metà degli anni Cinquanta del secolo passato era già in pensione, aveva lunghe ore di volo nel curriculum e, fortunatamente, non era caduto. Lo ricordo volentieri perché, appena congedato, aveva fatto mille mestieri, tra i quali il direttore del vecchio Cinema Fontana di Trevi al Vicolo del Puttarello. Io e Silvia, sua nipote, da fidanzati, potevamo entrare gratis a vedere tutti i film che volevamo. Questa faccenda di andare al cinema gratis perché lo “Zio Nicolino”, uno dei primi aviatori, lo dirigeva, non riusciva in ogni caso a cancellare il senso di sfida alla morte per divertire il pubblico che mi era rimasto profondamente annidato nell’inconscio dopo aver letto per caso “Oggi si vola” di William Faulkner Medusa Mondadori 1937. Lo scrittore americano era già famoso e il suo libro era uscito due anni prima negli Stati Uniti disperati, in preda alla “grande crisi del ventinove”. In lingua originale il titolo era “Pilon”, il pilone attorno al quale dovevano girare sempre più vicino, in una sfida con la morte, gli aviatori dell’epoca, con tanto di brevetto per poter volare, in campi di periferia, i primi aeroporti di città spettrali, pilotando quelle macchine di legno tela e cartapesta, col motore per far girare l’elica e sotto, tantissimi spettatori paganti, ipnotizzati, col naso all’insù.

 

Come si può facilmente intuire quella che Faulkner - Nobel per la Letteratura 1949 - descrive, anzi scarabocchia raffinatamente, è una pattuglia assortita di casi umani; disperatamente e sconclusionatamente umani, che si esibisce in uno spericolato “Circo di macchine volanti”, la novità dei primi anni Trenta del Novecento, per campare, rischiando la vita. Pare incredibile, ma l’America, l’Eldorado, la terra sognata dal Vecchio Mondo, è franata, precipitata in una grande depressione: c’è tutto tranne che i soldi! Da Costa a Costa si fanno gare su tutto, vince chi resiste di più, magari ballando il charleston per giorni finché non stramazza al suolo. Innovativa sperimentale, modernissima, soprattutto sospesa, la prosa ellittica, lunghissima e sinuosa, del Nostro. Prende spunto da dettagli matericamente banali per librarsi in elucubrazioni che sembrano aleggiare tra un aereo e l’altro, nell’ultimo salto senza paracadute, che potrebbe essere quello esiziale. Aveva una passione per il volo e per il golf di cui divenne istruttore, William Faulkner. Nato nel profondo sud dell’America, tra le storie del Missisipi, e le classiche nutrici afro-americane delle famiglie benestanti, conosceva molto bene anche l’Europa dove era stato con un amico pittore a metà degli anni Venti. Visitò l’Italia, la Svizzera, la Francia. Si fermò per qualche tempo a Parigi, sulla "rive-gauche", dove apprese le nuove correnti letterarie, incrociò James Joyce, prima di tornare in patria. Nel 1932 comprò un “monoguscio” a due ali, da Vernon Omlie, un amico che possedeva tanto il velivolo quanto il brevetto per poterlo condurre. [02 per possederlo bisognava almeno aver frequentato l’università]. Si farà insegnare a volare e farà altrettanto col fratello più piccolo Dean Swift Faulkner, che morirà in un incidente aereo due anni dopo, lasciandogli una bambina da crescere: Dean Faulkner Wells. Il terzetto, col cartellone pubblicitario "W. Faulkner Famous Author Air Circus", aveva girato l’America per qualche tempo con svariati voli e anche qualche dimostrazione pubblica.

 

Quello che cattura di “Oggi si vola”, titolo perfetto, traduzione sapiente di Lorenzo Gigli, la prima in lingua italiana per Mondadori, Milano, 1937, è la prosa intercisa, lanciata come provocazione, sporca di olio e di ottani, gonfia di pathos e di riferimenti psicologici senza essere psicoanalitica. Si colgono influenze proustiane nei salti temporali e coloriture woolfiane, nei flussi di coscienza che riprendono il filo quando meno te l’aspetti e l’intreccio sembra allontanarsi nel cielo con volteggi acrobatici. Tutto è facilmente identificabile, luoghi, personaggi, consuetudini. Una breve sinossi del libro tradotto la prima volta in italiano da. Si potrebbe dire una storia di alcol e sesso su persone che fanno spettacoli aerei cento anni fa. Metà anni Trenta del Novecento. La città è New Orleans camuffata dietro “New Valois”. In un piccolo aeroporto della periferia dove hanno allestito un Circo dell’aria, si esibisce in voli acrobatici per guadagnarsi da vivere Giggs un pilota, con tanto di licenza per pilotare monogusci volanti. Il meccanico è la moglie con tanto di tuta mefitica per l’olio e la benzina, una figura pallida e androgina che quando se la toglie diventa Greta Garbo e si capisce subito che il paracadutista che si lancia nello spettacolo è il suo amante. Anche il bimbetto che si portano appresso è frutto di questo ménage à trois. Arriva, in pieno equilibrio etilico, un ossuto giornalista in cerca di storie da vendere. Fatica col direttore che minaccia di licenziarlo perché gli articoli sono sempre in ritardo, sgualciti e alcolicamente zoppicanti. Forse qualche passo dalle prime pagine è più istruttivo di qualunque saggio critico.

 

Per un minuto e più Jiggs rimase fisso davanti alla vetrina in una leggera spruzzatura di coriandoli della sera precedente finiti contro la base della vetrina come spenta schiuma sporca, bilanciandosi leggero sui talloni delle scarpe da tennis tutte macchiate di lubrificante, a guardare gli stivali.

...

Entrò nel negozio, le suole di gomma che battevano con rapidi tonfi sibilanti sul marciapiede, sulla soglia di ferro e poi sul pavimento in piastrelle di quel museo di bacheche di vetro illuminate da una sovrannaturale sostanza del colore del giorno, soave e senza origine, nella quale i cappelli, le cravatte e le camicie, le fibbie delle cinture, i gemelli e i fazzoletti, le pipe a forma di mazze da golf, i boccali a forma di stivale e di volatili da cortile, i minuti ammennicoli da portare sulle cravatte e le catene da panciotto a forma di morsi e di speroni, sembravano tanti campioni biologici messi in quell’inviolato conservante ancor prima di aver conosciuto il soffio vitale.

«Stivali?» disse il commesso. « Il paio in vetrina?»

«Si» disse Giggs. «Quanto?». Ma il commesso nemmeno si mosse. Si appoggiò all’indietro contro il bancone guardando dall’alto in basso la dura, ostinata faccia dal mento sfuggente, bluastra per la rasatura, con il filo di un taglio da rasoio stagnato di recente, e nella quale gli accesi occhi marrone sembravano scattare e sfolgorare come quelli d’un ragazzo che per la prima volta si avvicina alle ruote panoramiche, alle stelle e alle girandole di una giostra notturna

«Vengono ventidue e mezzo» disse il commesso.

«Va be’ li prendo. Fino a che ora restate aperti la sera?»

«Fino alle sei».

«Diavolo. Saro ancora all’aeroporto. Non torno in città fino alle sette. Se venissi a prenderli a quell’ora?» Un altro commesso si avvicinò: il direttore l’ispettore del piano.

«Vuol dire che non li vuole adesso?» disse il primo.

«No» disse Jiggs «E se li prendessi alle sette?»

«Cosa c’è?» disse il secondo commesso.

«Dice che vuole un paio di stivali. Dice che non può tornare dall’aeroporto prima delle sette».

Il secondo guardò Jiggs. «È un aviatore lei?»

«Si» disse Jiggs. «Sentite. Lasciate qui qualcuno. Sarò qui alle sette. Ne ho bisogno per stasera».

Anche il secondo abbassò gli occhi ai piedi di Jiggs. «Perchè non li prende adesso?»

Jiggs non rispose neppure. Disse soltanto «Allora bisognerà che aspetti fino a domani».

«A meno che non torni prima delle sei» disse il secondo.

«O.K.» disse Jiggs. «Va be’ facciamo come dice lei. Quanto volete di deposito?» A quel punto entrambi lo fissarono: la faccia, gli occhi accesi: l’esempio perfetto, chiaro e completo, distintivo, parametri e passaporto, di una immemore e incorreggibile insolvenza. « Quel paio in vetrina ».

Il secondo guardò l’altro commesso «Sai la sua misura?»

« Non importa » disse Jiggs «Quanto?»

Il secondo guardò Jiggs «Lei lascia dieci dollari e glieli teniamo fino a domani».

«Ehi, dieci dollari? Cristo. Casomai il dieci per cento. Con un dieci per cento come quello mi ci compro un aeroplano».

«Vuole lasciare un acconto del dieci per cento?»

«Si dieci per cento. Vengo a prenderli nel pomeriggio se riesco a venir via dall’aeroporto in tempo».

«Allora fa due dollari e venticinque» disse il secondo. Quando Jiggs si infilò la mano intasca, la seguirono, unghia e nocca, per l’intera profondità della tasca come stessero guardando lo struzzo del cartone animato che inghiotte la sveglia. Emerse un pugno e si aprì su un biglietto da un dollaro appallottolato e spiccioli di vario genere. Mise il dollaro in mano al primo commesso e cominciò a contare gli spiccioli sopra il biglietto.

«Questo fa cinquanta» disse «Settantacinque e quindici fa novanta, e venticinque fa...» La voce cessò; con la moneta da venticinque sulla sinistra e un mezzo dollaro e quattro monete da cinque sul palmo della destra, rimase immobile. I commessi lo guardarono rimettere la moneta da venticinque nella destra e prendere le quattro da cinque. «Vediamo» disse «Avevamo novanta e venti fa ...»

«Due dollari e dieci centesimi» disse il secondo. «Riprenda due da cinque e gli dia quello da venticinque».

«Due e dieci» disse Jiggs «Che ne direbbe di prendere questo come acconto ?»

«È stato lei a suggerire il dieci per cento»

«Non posso farci nulla. che ne direbbe di due e dieci?»

«Prendi quello, vai» disse il secondo. Il primo prese i soldi e si allontanò. Di nuovo il secondo guardò la mano di Jiggs scendere lungo la gamba, e poi attraverso la stoffa sudicia vide perfino le due monete in fondo alla tasca. «Dove si prende ‘sto autobus per l’aeroporto?» disse Jiggs, l’altro glielo disse. A quel punto il primo tornò con la copia del misterioso scarabocchio della vendita; e ora entrambi fissarono l’accesa richiesta dei suoi occhi.

«Saranno qui pronti per lei quando ripassa» disse il secondo.

«Si certo» disse Jiggs. «Ma levateli dalla vetrina».

«Vuole esaminarli?»

«No voglio solo vederli venir via dalla vetrina».

 

Note.

01. Il giorno dopo lo schianto di un aereo delle Frecce Tricolori su un'auto vicino Torino Caselle, incidente che ha provocato la morte di una bambina di 5 anni, arriva l'annuncio: i velivoli verranno sostituiti e ammodernati. A dirlo è il colonnello Paolo Rubino, Comandante della Frecce tricolori, alla Rai Fvg, rispondendo a una domanda sulla vetustà degli aerei utilizzati dalla pattuglia acrobatica. Frecce Tricolori, gli aerei sotto accusa: «Verranno sostituiti e ... (www.corriereadriatico.it › 16 settembre 2023)

02. Bologna, uno dei più importanti nodi ferroviari del nord Italia, nella seconda guerra mondiale fu un obiettivo strategico da colpire senza sosta. Il bersaglio di ripetuti e devastanti bombardamenti ad opera degli Alleati che misero in ginocchio soprattutto la popolazione. Tra il 16 luglio 1943 e il 22 aprile 1945, subì 94 incursioni aeree, 32 delle quali effettuate da bombardieri medi e pesanti. Chi scrive faceva il terzo e quarto ginnasio. Chi fosse interessato può consultare “Bologna, 2481 vittime a causa di bombardamenti aerei, più di 2000 feriti e migliaia di edifici distrutti o lesionati”. La raccolta, presumibilmente più ampia in origine, è composta da 33 fotografie di cui si ignora l'autore. È stata donata da Marco Spinelli nel 2010 a nome di Nicola e Sofia Romualdi. Copyright © Istituto Storico Parri Emilia-Romagna.

03. Air show Pratica di Mare 2023: frecce tricolori, aerei in esposizione e ... www.romatoday.it › attualità › air-show-pratica-di-mare-16 giugno 2023 1 giorno fa • Sabato 17 e domenica 18 giugno 2023 l'Aeronautica Militare festeggerà i suoi 100 anni nell'aeroporto militare "Mario de Bernardi" di Pratica di mare.

> Lascia un commento


Totale visualizzazioni: 485