Le truffe su Leonardo
C’è un filo rosso che, da più di un secolo, collega Leonardo da Vinci con una pletora di truffatori, ciarlatani e millantatori. Ad esempio nelle opere del grande «genio toscano» vengono individuati sovente misteriosi codici e messaggi nascosti, a volte da ricercatori seri che interpretano talune scelte pittoriche come una sofisticata forma di comunicazione sociale e politica ma, a volte, da improvvisati e ciarlatani che “scorgono” nelle opere del “genio toscano” dei simboli, delle lettere e degli oggetti che sarebbero stati volutamente inseriti in dipinti e disegni per comunicare messaggi segreti ed oscuri ai posteri.
I messaggi «misteriosi» leonardiani costituiscono a volte anche la base numerologica e cabalistica per bizzarre profezie sulla fine del mondo. Addirittura, nel periodo della pandemia, sono state diffuse, da alcuni esponenti della cosiddetta “corrente esoterica no-vax”, delle previsioni sulle ondate dei contagi da Covid-19 basate su un misterioso codice numerologico estrapolato da alcune opere di Leonardo, anche, ad opinione dello scrivente, con evidenti implicazioni di procurato allarme sociale.
Queste tecniche di “inganno” non sono particolarmente sofisticate e partorite da menti eccelse ma sfruttano sovente la tendenza della mente umana a percepire ed interpretare messaggi visivi ed acustici confusi e neutrali individuando al loro interno la forma di un oggetto conosciuto o un suono decifrabile.
Ciò è dovuto in gran parte al fatto che la percezione umana è una costruzione attiva alla quale contribuiscono sia l’ambiente fisico (gli stimoli visivi, acustici, tattili ed olfattivi) che i sistemi percettivi e cognitivi dell’uomo che, di fatto, tendono spesso ad alterare la realtà oggettiva, semplificando e rendendo più facilmente identificabile e memorizzabile ciò che ci circonda, anche al fine di risparmiare energie cognitive.
La nostra mente, del resto, è in grado di riconoscere velocemente gli oggetti che vengono percepiti dai nostri organi di senso attraverso meccanismi neuronali estremamente complessi ed efficienti. Ad esempio, per ciò che attiene al riconoscimento visivo degli oggetti, Di Carlo, Zoccolan e Rust affermano che: “da un punto di vista evolutivo, questa capacità cognitiva è funzionale alla nostra sopravvivenza: molte delle nostre attività quotidiane – dalla ricerca del cibo alle interazioni sociali, dall’utilizzo di attrezzi al potersi muovere nel traffico – dipendono infatti dalla capacità di estrarre in modo accurato e veloce l’identità degli oggetti tra tutte le informazioni che raggiungono la nostra retina.” (Di Carlo J.J., Zoccolan D., Rust N.C. (2012).
Ma questa facoltà, probabilmente proprio a causa della sua velocità di attuazione, non consente sempre e comunque il riconoscimento efficace di un oggetto. Talvolta alcuni oggetti o alcune raffigurazioni di essi (dipinti, disegni, ecc.) possono infatti indurre la mente a un riconoscimento errato.
Già nel secolo scorso la Psicologia della Gestalt aveva sottolineato il fatto che “il tutto è più della somma delle singole parti” e che ogni configurazione di stimoli è percepita in modo tale che la struttura risultante sia la più semplice possibile. Secondo l’approccio gestaltico la mente tende ad esempio a raggruppare gli oggetti vicini (nel suo campo visivo), in una “unità percettiva” e compie altre operazioni per così dire “attive” tendenti alla riorganizzazione degli stimoli (Katz, 1992).
Di fatto la mente umana opera un processo attivo di organizzazione delle informazioni sensoriali mediante il quale riesce a creare una conoscenza.
In tal senso, scorgere sequenze numeriche, lettere di alfabeti, oggetti (conosciuti) ed in precedenza memorizzati anche quando questi in realtà non esistono costituisce uno dei “bugs” della nostra mente che rientra però in precise esigenze fisiologiche e funzionali. Si tratta infatti di “illusioni cognitive”, dovute all’interpretazione che il cervello dà delle immagini.
Ad esempio gli psicologi della Gestalt hanno elaborato tra i vari principi “dell’organizzazione percettiva” il famoso “principio della chiusura” secondo il quale le forme familiari vengono percepite ed elaborate in modo tale da formare configurazioni chiuse e complete, anche quando sono figure incomplete (Zinker, 2015).
In presenza ad esempio in un disegno di una serie di tratti che “ricordano una figura umana” la nostra mente potrebbe tendere a riconoscerla come tale anche se in realtà tale figura è mancante di alcune parti, operando quindi una alterazione ed interpretazione delle informazioni percepite che conduce l’individuo ad un errore.
Tra gli studi cognitivisti sulla percezione, sono particolarmente interessanti per la nostra trattazione quelli dello Psicologo cognitivista Ulric Neisser che ci offre un interessante contributo, paragonando la mente umana ad un computer e la percezione visiva come processo di elaborazione delle informazioni ricevute attraverso il canale sensoriale (Neisser, 1976).
Secondo Neisser, quando osserviamo un oggetto rimane una traccia delle sue caratteristiche all’interno della nostra memoria. In seguito, in presenza di uno stimolo visivo avverrà il “riconoscimento” quando le caratteristiche dello stimolo saranno tali da richiamare la traccia di memoria depositata nella nostra mente la prima volta in cui abbiamo ricevuto lo stimolo stesso.
In pratica l’individuo avrebbe memorizzato nella propria mente una specie di “sagoma” corrispondente ai vari oggetti con cui si fa esperienza quotidianamente.
Talvolta però, quando all’interno di un dipinto o di un disegno (o anche in natura come ad esempio nelle nuvole, nella sagoma delle montagne o nelle pietre di un ruscello) si vengono a trovare casualmente dei tratti/elementi che ricordano un oggetto da noi precedentemente percepito e memorizzato, la nostra mente può attivare per errore un “riconoscimento” anche se l’elemento che è nel quadro e che abbiamo osservato in realtà raffigura tutt’altro.
In base a questo meccanismo le pietre sullo sfondo di un quadro possono essere interpretate come delle figure umane così come il ramo di un albero può essere “riconosciuto” come una figura mitologica.
In aggiunta a ciò la Psicologia “del profondo” di matrice freudiana ha poi avanzato l’ipotesi che talune interpretazioni “erronee” di oggetti e situazioni possano anche essere costruite/facilitate dalla mente per soddisfare delle esigenze inconsce dell’individuo.
Ma con i diversi approcci della Scienza psicologica il risultato di fatto non cambia. Coloro che propongono e interpretano misteriosi messaggi (inesistenti) celati nei dipinti e nei disegni di Leonardo, sia che siano in buona fede sia che abbiano intenti “truffaldini”, sfruttano di fatto una anomalia percettiva e cognitiva insita nella mente umana.
La tendenza a trovare delle forme familiari in immagini disordinate e neutre viene comunemente definita anche pareidolia, che si manifesta in special modo verso le figure e i volti umani ma che consente talvolta di scorgere anche oggetti inanimati, numeri, lettere ed altre “strutture ordinate” e conosciute in situazioni dove invece non c’è nulla di tutto ciò.
Secondo alcuni studiosi la pareidolia è un processo estremamente rapido, che si verifica in circa 100 millisecondi (cioè un decimo di secondo). Ciò fa ritenere alcuni studiosi che si tratti effettivamente di un processo inconscio, che prescinde dal riconoscimento dell’oggetto stesso (Yuji Nihei, Tetsuto Minami, Shigeki Nakauchi,- 2018).
Alcuni psicologi ritengono poi che alla base della pareidolia ci possa anche essere un meccanismo che si è sviluppato nel corso dell’evoluzione che favorisce dei meccanismi intuitivi “di protezione” consentendo ad esempio di individuare situazioni di pericolo anche in presenza di pochi indizi visivi o acustici.
Questo meccanismo, in pratica, consentendo di percepire e ricostruire un elemento generale partendo da pochi particolari di tale elemento, tende però talvolta ad essere approssimativo, fornendo un messaggio errato alla nostra mente che in alcune circostanze ricostruisce così un oggetto o una situazione inesistente.
Alla base delle “mirabolanti scoperte” di messaggi nascosti nei quadri e nei disegni di Leonardo da Vinci c’è quindi (in prevalenza) una “peculiarità” del sistema percettivo e cognitivo umano che si presta all’inganno, individuando (riconoscendo) erroneamente oggetti, numeri e lettere dove in realtà non c’è nulla.
Gli scopritori di segni e simboli sono facilitati poi anche da un elemento statistico: specie in un disegno o in un dipinto complesso quali sono ad esempio quelli di Leonardo, le possibilità statistiche che uno o più particolari possano casualmente “ricordare” un numero o un oggetto sono assai elevate.
Ovviamente i fenomeni di pareidolia possono anche essere facilitati o indotti da un abile manipolatore che può evidenziare all’osservatore un particolare di un disegno che si presta particolarmente a una interpretazione distorta.
Qualora nel disegno o nel quadro non emergano punti che “naturalmente” possono essere interpretati come “oggetti, messaggi e codici misteriosi” esistono poi delle tecniche “truffaldine” che possono facilitare l’individuazione nello sprovveduto osservatore.
Ad esempio, ingrandendo a dismisura un particolare del disegno facendolo “sgranare” e potendo così far emergere dei tratti che nel disegno a grandezza naturale non sono apprezzabili, spesso si manifestano elementi interessanti che agevolano la pareidolia anche se non voluti da colui che ha realizzato l’opera.
Altra tecnica utilizzata che sembra particolarmente amata dai quei “cultori dei misteri” che vogliono far uscire “a forza” qualcosa di nascosto nell’opera, è quella di ruotare di 90 gradi o di capovolgere l’immagine di 180 gradi al fine di sfruttare altre tre opportunità di far emergere (percepire) oggetti misteriosi quando osservando il disegno in maniera naturale proprio non c’è verso di far apparire nulla di interessante.
In effetti non è ben chiaro per quale motivo un artista dovrebbe ruotare o capovolgere il suo disegno per lasciare ai posteri i suoi “misteriosi messaggi” ma il web presenta parecchie “scoperte” fatte proprio cambiando l’angolo di osservazione del dipinto o del disegno.
E Leonardo da Vinci sembra essere uno degli artisti maggiormente sfruttato da ciarlatani di tutto il mondo che hanno segnalato nei suoi lavori attraverso questi metodi (improbabili) innumerevoli messaggi misteriosi.
Dai peni (nel senso di organi sessuali maschili) sulle spalle dell’Uomo Vitruviano di Leonardo capovolto, alle sequenze di numeri diabolici nascosti negli occhi della Gioconda, a figure femminili individuabili nello sfondo della “Monna Lisa” (ovviamente con il dipinto ruotato di 90 gradi) fino alle figure mostruose (che taluni hanno interpretato come alieni) che sembrano materializzarsi mettendo alcune opere di Leonardo davanti allo specchio.
La domanda a questo punto sorge spontanea: ma perché proprio Leonardo da Vinci si trova così spesso al centro dell’attenzione di questi “cultori del mistero”? Cosa c’è nelle sue opere che induce molti personaggi che si muovono in questa dimensione (sub-culturale) dell’arte alla ricerca di messaggi misteriosi?
Probabilmente la struttura personologica di Leonardo, poliedrica, con interessi diversificati e talvolta contraddittoria, rappresenta un primo fondamentale elemento che potrebbe giustificare in qualche modo la sua tendenza (ipotetica) a celare nelle sue opere dei messaggi criptici.
Un altro elemento è poi certamente la grande diffusione planetaria dei lavori del genio toscano attraverso canali commerciali e quindi disponibili per tutti, anche fuori dal mondo esclusivo degli studiosi e degli esperti d’arte, consentendo ai “cultori del mistero” di basso livello culturale di avere facilmente (ed a basso costo) a disposizione tale materiale per prospettare le loro fantasiose teorie.
Le truffe sui Templari
Il mondo dei gloriosi «Cavalieri del Tempio» con il loro ricco universo simbolico (opportunamente artefatto), ha rappresentato lo strumento di espressione di ciarlatani e truffatori in varie epoche storiche. Da Pierre Plantard, con la sua pseudostorica ed autoreferenziale scoperta del «Priorato di Sion» nel 1800, al discusso parroco di Rennes-le-Château François Bérenger Saunière con la sua leggenda del «Tesoro dei Templari» fino a numerosi ciarlatani contemporanei che hanno confezionato altre affascinanti quanto improbabili teorie sul tesoro nascosto del famoso Ordine monastico e cavalleresco, conducendo orde di sprovveduti armati di metal-detector e di attrezzi per lo scavo fino a luoghi disagevoli quanto improbabili.
La presenza di comuni simboli religiosi (croci patenti e potenziate) in edifici sacri e profani viene inoltre spesso attribuita in maniera semplicistica ed in assenza di fonti documentali attendibili ai Templari, per millantare un successo storico-archeologico ma anche al fine di attirare appassionati e turisti creduloni fino a siti sperduti o per ammantare di mistero e di fascino territori che non hanno avuto vicende storiche particolarmente interessanti.
Che lasciare intendere della presenza di oscuri segreti in questo ambito sia abbastanza facile è testimoniato anche dal notissimo romanzo di Dan Brown «il Codice Da Vinci» dove però gli intrecci misteriosi che coinvolgono Templari (e anche Leonardo da Vinci) sono stati creati dell’autore «a fin di bene» per le esigenze letterarie dell’avvincente trama.
Ma cosa c’è nella figura storica dei Templari che può essere sfruttato per creare dei «falsi misteri» utili poi a costruire degli inganni storici ed a raggirare le persone?
Ovviamente la loro persecuzione all’inizio del 1300 e la cancellazione sistematica dei loro simboli e della loro memoria operata dalla Chiesa in tutta Europa. Questa situazione ha portarto diversi “cultori del mistero” a formulare la fantasiosa ipotesi che alcuni di loro si possano essere nascosti in varie località europee per sfuggire alla persecuzione di Filippo il Bello e del papato dell’epoca.
Ma l’altro elemento su cui batte spesso la “letteratura” sub-culturale in tema di Templari è la presenza in varie parti del mondo del tesoro accumulato nel corso dei secoli dall’Ordine monastico-cavalleresco e conservato in gran parte all’interno del Tempio di Parigi prima che iniziasse la loro persecuzione.
Secondo numerosi “cultori del mistero” queste grandi ricchezze non sarebbero cadute nelle mani del Re di Francia nel periodo del “Processus contra Templarios” o per lo meno non tutte. Alcuni cavalieri del Tempio sarebbero riusciti a fuggire portando con loro ingenti ricchezze, cosa di per sé verosimile ma mai storicamente e scientificamente dimostrata.
Ed i luoghi dove tale tesoro sarebbe stato collocato, secondo numerosi appassionati del settore, sarebbero diversi. Dall’isola di Oak in Canada all’America di Colombo ad improbabili borghi di montagna di Francia, Italia, Spagna ed Inghilterra fino a giungere a sperdute località nordafricane ed orientali.
Con il risultato che creduloni di tutto il mondo hanno sovente intrapreso costose quanto infruttuose spedizioni “archeologiche” alla ricerca dell’oro templare ottenendo l’unico risultato di arricchire i vari ciarlatani che avevano lanciato e trasmesso tale iperstizione.
Del resto le persone fragili (quasi sempre culturalmente semplici) che si lasciano affascinare dal mito dell’arricchimento facile ed immediato (attraverso il ritrovamento di un tesoro) sono sempre state numerose. E proprio su questa debolezza puntano coloro che alimentano queste bufale.
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