angoscia



Le parole pronunciate da una persona affettivamente importante (ed al massimo grado da un parente stretto o da un terapeuta) possono essere portatrici di chiarezza e verità, come pure di disorientamento e confusione; di serenità oppure di angoscia. Umberto Saba, nei pochi versi della poesia “Parole” riassume, con mirabile sintesi, quel che è essenziale nell’uso della comunicazione verbale in un rapporto sano e fecondo e, in particolare, in psicoterapia:


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«Si era tolto le scarpe, teneva un braccio piegato sotto la testa e un piede che penzolava fino a toccare il pavimento. Venti bustine vuote di sonnifero, chiari indizi di volontà suicida, furono trovate sulla mensola del lavabo insieme ad alcune cialde. Sul davanzale della finestra si volatizzarono gli apparenti resti di una lettera incenerita».


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 L’angoscia è il desiderio di ciò di cui si ha paura, un’antipatia simpatica.
Soeren Kierkegaard, Diario, maggio 1842

 

Si tratta di interrogare la voce come elemento costitutivo del soggetto, a prescindere dalle sue manifestazioni psicopatologiche.
Bernard Baas, De la chose à l’objet, 1998

 

Finito/infinito


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Il vecchio cuore ogni tanto sobbalza,

come per consolarmi degli intollerabili



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E' molto poco chiaro se siano o meno pericolosi i sofferenti psichici, mentre è perfettamente noto il meccanismo empatico dell'angoscia eppure non se ne parla mai negli studi universitari per formare i  nuovi psichiatri e tutti gli altri operatori sanitari, con l'effetto di aver creato una generazione di "esperti" che HANNO PAURA... dei pazienti che dovrebbero curare!



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