maestro

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Quasi stento a crederlo. Da due immensi poeti tra loro solidali – Pound ed Eliot[1] – mi giunge inatteso un suggerimento positivo per un’epistemologia che potrebbe trasformare la pratica psicoanalitica da “sordido mestiere” (Lacan, Roma, ottobre 1974) a pratica scientifica. Lo enunciò Eliot nella recensione all’Ulisse di Joyce del novembre 1923, un anno dopo la pubblicazione del suo capolavoro, The Waste Land.



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Regolarmente attorno al maestro si assiepa un collettivo. La massa degli allievi segue le orme di un personaggio vissuto come battistrada sulla via del sapere. Per definizione il collettivo che ruota attorno al maestro è discente. Il problema che raramente si pone è se possa esistere un collettivo docente.

Provo a individuare un paio di condizioni necessarie, chiaramente non sufficienti, che renderebbero possibile l’esistenza di un collettivo docente.



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Questo allora è il supremo paradosso del pensiero: voler scoprire qualcosa che esso non può pensare. S.A. Kierkegaard, Briciole filosofiche, 1844
 



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L’Elvio, nel senso di Fachinelli, non si è mai concesso al maestro.

Ogni volta che passava per Milano – siamo negli anni Settanta – Lacan faceva visita a Fachinelli o gli lasciava un biglietto per dirgli che l’aveva cercato.
Cosa cercava Lacan in Fachinelli?




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