Galilei
La mossa antiscientifica della medicina (e di certa psicanalisi medicalizzata) è tipica e facilmente riconoscibile: cancella la variabilità della popolazione, cui l’individuo appartiene, e si fissa sulla singolarità clinica individuale. Il singolo diventa il totem di certa psicanalisi contemporanea, che trascura il sapere collettivo e si affida solo all’individuale come al verbo divino, in nome di un malinteso rispetto della persona.
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L’intersoggettività, un enigma
di Pier Aldo Rovatti
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Dai tempi di Aristotele con la pretesa di essere scientifico, il pensiero conformista prese la via dell’interpretazione, o ermeneutica, e non l’ha più abbandonata.
La scienza moderna, avviata da Galilei e Cartesio, censurata dall’Inquisitore (1633) e tuttora ammessa con ritrosia dal senso comune, non è vitalista; non presuppone la nozione oscura di vita, narrata in epoca moderna da molti filosofi, da Hegel a Bergson. Il vitalismo è la molla del pensiero dell’essere-per-la-morte di Heidegger, che pensava che la scienza non pensasse. In un certo senso è vero.
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Il post è di quelli ritenuti “freddi” dall’umanista. Perché non tratta i temi “caldi” della clinica – l’empatia, l’amore-odio, l’intersoggettività – di solito sviluppati in modo romanzesco in casi clinici; già nel 1895 Freud si lamentava che si leggessero “come novelle, senza il vero marchio della scientificità”.
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Approssimare, una forma topologica di sapere
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Una teoria molto generale
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La tesi che sostengo in questo post è apparentemente eterodossa, ma a ben vedere è empirica. La psicanalisi, che l’analista “ben formato” giunge con il tempo a praticare, è in generale lontana dagli schemi ideali che ha dovuto assimilare durante la cosiddetta formazione, perché è diventata il suo particolare e personale modo di fare psicanalisi.