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I segreti di Osage County – Una famiglia disgregata

7 Lug 15

A cura di Matteo Balestrieri

  Ritorno sul tema della famiglia (vedi http://www.psychiatryonline.it/node/5401 e http://www.psychiatryonline.it/node/4925) con un film del 2013 diretto da John Wells, che ha portato a casa due nomination per l’Oscar alla protagonista Meryl Streep e alla coprotagonista Julia Roberts, entrambe strepitose nella loro interpretazione. E’ un film che colpisce per l’intensità degli intrecci interpersonali dei componenti di una famiglia americana middle-class.
  Il contesto è quello dell’Oklahoma, distese infinite di terreno gravate dal sole accecante ed afoso. L’arsura ambientale è la controparte dell’“aridità” dei rapporti interpersonali.
  E’ scomparso il capofamiglia anziano e la famiglia torna nella casa avita per stare vicino a Violet, sua moglie e “capobranco” terribile, antipatica e senza peli sulla lingua. Delle tre figlie, due sono andate via da molto tempo a cercare di farsi una famiglia altrove e una è rimasta ad accudire i genitori. Sono tutte piene di risentimento verso la madre, Violet, che è per di più un’inveterata tossicodipendente da psicofarmaci. A sua volta, Violet è figlia di una cattiva madre, che l’ha vessata durante la sua vita.
  C’è un dolore in tutti protagonisti, anche negli uomini che fungono da contorno alle relazioni familiari gestite dalle femmine del gruppo. Il risultato di questa madre inaccudente (Meryl Streep) sono la durezza della figlia maggiore (Julia Roberts) che si vede sfuggire il marito ed è rifiutata dalla propria figlia (dedita alla marijuana), l’ocaggine della seconda figlia (Juliette Lewis) che si accompagna ad un fatuo gigolò impenitente e l’inibizione della figlia che rimane a casa (Julianne Nicholson) e finisce per cercare un rifugio amoroso con il parente più stretto, un ragazzo vessato dalla propria madre, sorella della capofamiglia.
  Una famiglia disfunzionale, che si è formata così nel corso delle generazioni. Viene confermato il fatto che la patologia mentale è frutto di rapporti patologici che originano nelle generazioni passate. Qui non si conosce l’inizio e non si vede la fine: i conflitti e i rancori sono presenti all’inizio e non si risolvono nel corso del film, anzi risultano ancora più evidenti. Lo sforzo di mantenere una facciata di bon ton non regge alla prova dei fatti, perché nessuno rinuncia alla propria posizione e al proprio comportamento.
  Non a caso il titolo del film si riferisce ai segreti familiari. Ne scopriamo più di uno nel corso della storia: azioni nascoste del passato, ruoli parentali diversi da quelli conosciuti, giudizi sugli altri mai rivelati. Come sempre, la presenza di importanti segreti familiari modella i rapporti interpersonali, spiega come gli stessi si siano sviluppati e fa chiarezza sugli esiti degli stessi rapporti. Lo svelamento del segreto, di cui ho già trattato nel mio precedente pezzo sulle famiglie disfunzionali (http://www.psychiatryonline.it/node/4925), accende la lampadina nelle menti dei protagonisti e pone nuova luce sui fatti del passato.

  Ad esempio, in questo film un figlio molto bistrattato dalla propria madre, e per questo “cresciuto storto”, molto insicuro ed inibito (al limite della minorazione mentale), si rivela per essere un figlio non voluto, perché “frutto della colpa” per un rapporto extraconiugale (ma tutto – come sempre – si svolge in famiglia!). La sua “stupidità” è il risultato del mancato affetto? E’ possibile, in ogni caso questo segreto produce equivoci e conseguenze che generano ulteriore dolore. Lo stesso segreto è all’origine di una conflittualità coniugale sommersa, con una lotta sotterranea che sfocia nel mancato evitamento della tragedia. E’ una catena senza fine, dalla quale ci si libera solo svelando il segreto o fuggendo via.
  Tutti i membri familiari in effetti scappano, o vogliono scappare, da quella casa. Significativamente, anche Violet in un momento di forte dolore cerca di fuggire via in maniera confusa attraverso un campo. Troppi dolori sono sedimentati nella casa familiare ed è intollerabile continuare a viverci dentro!
  Degna di grande nota è la presenza della badante, una “nativa americana” (cioè un’“indiana d’America”), persona dotata delle qualità che mancano alla famiglia cui presta servizio: è affettiva, comprensiva, non giudicante, ma anche capace di intervenire con forza quando si superano certi limiti. E’ da lei che si rifugerà Violet, quando alla fine sarà esausta per i contrasti e abbandonata da tutti.
  Vi sono anche altre possibili osservazioni sulla psicopatologia di questa famiglia. Ad esempio, in un’ottica sistemica si può riflettere sul fatto che in un sistema in equilibrio (seppure ciascuno stia a debita distanza dall’altro) nel momento in cui scompare uno dei protagonisti si produce un riassestamento, perché ognuno deve e vuole rivedere il proprio ruolo nel sistema. In questa famiglia questo processo dura lo spazio di soli pochi giorni, perché il sistema non regge più e ognuno sta cercando un’incerta soluzione in altri luoghi e con altre persone, con il solo apparente risultato di spargere il contagio altrove.
  In sintesi, un bel film descrittivo di una famiglia disfunzionale, impreziosito da un’interpretazione al vertice delle possibilità recitative. Per uno psicopatologo un film da vedere, anche se ne ha già abbastanza delle famiglie che vede nella sua routine clinica!

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