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LE SUPEREROINE DELLA GPA TRA ONNIPOTENZA E LIMITE – CONVERSAZIONI JUNGHIANE con Simonetta Putti

16 Mar 16

A cura di bianchivaleria

V.B.M.
Roma, Torino: ci siamo connesse. Voi analiste Arpa Jung e la mia ricerca sulla maternità surrogata. È un anno di lavoro, ormai. Proprio ieri il Parlamento Europeo ha bocciato “il marketing della procreazione” (così leggo su Il Fatto Quotidiano, tra gli altri). Osservando insieme la traccia del nostro itinerario riflessivo, ti chiederei se hai voglia di parlarmi di quel che è emerso, secondo te, sul tema onnipotenza e limite.
  
Simonetta Putti:
Nella prospettiva ampia che questa riflessione sulla ‘maternità surrogata è andata prendendo, spaziando attraverso ottiche diverse ma poi convergenti, in particolare mi stimola il discorso sotteso … proprio quello del Limite. 

Da molti anni vado scrivendo su questo tema, per me centrale nello sviluppo di una personalità matura e di una società adeguatamente equilibrata.
Avendo l’attenzione volta sia all’individuo sia alla società, penso che vada riscoperta l’opportunità del limite. Parlo di individuo e società includendo anche il Mondo, come territorio sul quale individuo e società consistono. Anzi partirei da un cenno che potremmo definire ecologico sullo stato della terra. L’allarme sulle condizioni del nostro pianeta è da tempo di dominio pubblico, e sappiamo che ormai ci sono segnali di un degrado irreversibile: stato di cose derivato anche da un “utilizzo miope” delle risorse, e da uno sfruttamento incongruo della Natura.

Ho l’impressione che l’Uomo cada spesso in una sorta di hybris, credendo di poter far tutto e tutto asservire al proprio desiderio. Penso al termine hybris nel senso proprio del mondo greco arcaico, come ‘eccesso’, tracotanza’, superbia, prevaricazione. Inserirei quindi anche il nostro tema – la maternità surrogata – in questa prospettiva allargata.
Io penso che la scienza e la tecnica debbano porsi dei limiti, pena la perdita di controllo sulla realtà.
 
Tocco ora un argomento sicuramente impopolare: l’allungamento della vita, nei paesi occidentali, dovuto ai progressi della medicina. Sappiamo che molto spesso il protrarsi della vita significa allungamento della sopravvivenza e non prosecuzione di un adeguato stato di benessere; in Italia, e non solo, ci si è poi accorti che questo fattore ha provocato un  preoccupante invecchiamento della popolazione e posto severi problemi al welfare, ed all’economia. Non si potevano prevedere queste conseguenze.? A chi giova questo prolungamento dell’esistenza in vita? A me sembra che abbiamo a che fare con una perdita del limite… alla tracotanza patologica di chi vorrebbe quasi espungere la Morte dalla Vita, dimenticando che Vita e Morte sono le facce contrapposte di un medesimo fenomeno.  
 
V.B.M. 
Vita e Morte. Io credo che ormai la riflessione sia comune a molti analisti e psicoterapeuti, un confronto che a tratti sfiora l’incendio. Penso alle accuse di omofobia per coloro che si dichiarano come minimo dubbiosi, se non contrari alla “gestazione per altri”. Penso al procedere delle femministe – forse da tempo non vedevo tanta energia nelle donne. Come se gli spiriti che si sono infiammati negli anni novanta per recuperare le “dee nella donna” e il rapporto con la madre, nel dialogo fecondo – spesso utopico – che Nadia Fusini definiva “fratellanza inquieta” tra maschile e femminile, nella differenza, si ritrovassero spiazzati di fronte al business. Di fronte alla frammentazione del corpo di quella madre – ovulo, utero, cure. Persino la stessa madre come “concetto antropologico” disconnesso dal contesto della tribù e gettato lì come uno specchietto per le allodole. È stato troppo per alcune, per molte. Si è reagito. Abbiamo reagito. Noi psicoterapeute e analiste ci siamo sentite spinte ad approfondire soprattutto la questione del legame tra Psyche e Techne cercando di mettere in relazione l’una all’altra senza cedere alle seduzioni del nuovo e senza timori di apparire retrograde. Quali soluzioni, o meglio, quali ipotesi di intervento vedi?
 
Simonetta Putti:
In sintesi, prendendo spunto da Edgar Morin, mi sembra desiderabile un cambiamento di mentalità…. Vorrei che le scelte di cui parliamo  fossero fatte nella consapevolezza delle conseguenze, assumendosi le connesse responsabilità. Senza strapparsi i capelli – dopo – quando le conseguenze si faranno quotidianità.

V.B.M.
A proposito del nostro lavoro di ricerca: la maternità surrogata che conseguenze ci prospetta…?

Simonetta Putti:
Come giustamente andavate discutendo tu e Silvana (a Roma…) l’argomento implica in primis il corpo, corpo di donna che ospita a pagamento una vita nuova, per poi dare il bambino così prodotto ai genitori committenti. Cosa comporterà questa fase di transizione in un corpo da cui poi si sarà allontanati? Quale vissuto e quali fantasie inconsce passerà la madre surrogata all’embrione poi feto poi figlio?
Quali saranno le conseguenze psicologiche sul bambino in questione, sul suo senso di identità?
Ho l’impressione, e qui torno al concetto di hybris, che negli ultimi 40 – 50 anni, forse progressivamente a partire dallo spartiacque del 1968, si siano trasformati modi e modelli sociali ed anche educativi.
 
Il senso/valore della propria identità viene spesso cercato nell’immagine che il sociale rimanda attraverso le tecniche del plauso e dell’ audience; ci si attarda a guardare la superficie dimenticando, evitando, o rimuovendo i sentimenti e le emozioni; nonché la riflessione. C’è una accentuazione dell’elemento visivo che sembra trascinare ogni parte del vivere verso la superficie e l’immagine. Mi sembra, infatti,  che prevalga man mano una progressiva indifferenza – intesa come opacità della coscienza che non riesce e / o non vuole cogliere ed elaborare il male / sofferenza – anche come esito  dell’eccesso di enfasi progressivamente data alla superficie. Superficie come apparenza immediata, e quindi non riflessa.
 
V.B.M.:
Parlavamo di un’epoca borderline. Ho più volte citato Giulio Gasca; ricordo le sue lezioni alla C.O.I.R.A.G. nel 2000. Questo concetto mi piacque già all’epoca. Lo credo vero, realistico. Epoca borderline e narcisistica. E l’utero in affitto come isteria collettiva, concretizzazione di una problematica che vede in azione corpi disincarnati.

Simonetta Putti:
Al tempo di Edipo è succeduto un tempo di Narciso, ed infatti nella clinica e nella vita vediamo l’ampia presenza di strutturazioni di personalità borderline. Se un tempo vedevamo conflitti tra l’inconscio e la coscienza, con la massiccia presenza di un Super Io che dispensava sensi di colpa creando non di rado nevrosi, da qualche tempo vediamo il prevalere di un senso di onnipotenza, che si traduce nel ‘tutto è possibile’, nel ‘tutto e subito’. Si è andato smarrendo il senso del limite, e c’è la prevalente incapacità di accettare la frustrazione che a volte la vita ci riserva.
Se io non posso avere un figlio, se il mio corpo non vuole avviare una gravidanza, io posso accogliere quel limite, e la sofferenza spesso connessa, e farne strumento di crescita nella mia esistenza.
Posso sublimare un dolore ed una mancanza, spostandomi su altri piani, anche creativamente.
Oggi questo è un discorso oltremodo ostico: perché accettare il limite se la scienza medica e la tecnica consentono di andare oltre?
Il punto è che questo ‘oltre’ è rappresentato dalla cosiddetta natura.
Se la tecnica soverchia la Natura non abbiamo un progresso ma la sottomissione ed emarginazione di un polo dialettico.
Ma la persona umana è natura e cultura, sottolineando l’e. Si torna all’ET ET junghiano che voi avete già nominato.. l’AUT AUT rappresentato dal predominio assoluto della tecnica è per me segno di una patologia.
Penso al tema dell’ “engagément”, proposto da Favero e che tu e Silvana avete ripreso.
Io credo che l’analista oggi può ingaggiarsi nel sociale esprimendo la proprio visione psicologica, ed anche psicodinamica.. se interpellato in proposito..
Denunciando la perdita del limite e illustrando le conseguenze attendibili. Non certo per vietare, ma per chiedere una regolamentazione dei processi. Una regolamentazione che io vorrei ispirata alla consapevolezza ed alla responsabilità: sapendo che le scelte non sono neutre ma andranno ad agire sul nostro presente e sul futuro possibile.

V.B.M.: 
Grazie Simonetta, buon lavoro a noi.
 
Simonetta Putti.
Analista junghiana e Psicoterapeuta, socia A.R.P.A. (Associazione per la ricerca in Psicologia Analitica) e I.A.A.P. (International Association for Analytical Psychology), socio fondatore e vicepresidente del C.S.P.A.S. (Centro Studi Psiche Arte e Società) e Condirettore della rivista del Centro Studi Arte e Società.

Bibliografia utile: 
Putti S., Chirone, in Chirone – Dinamiche dell’identità di genere (AAVV), (a cura di S.Putti), Alpes Italia, Roma, 2009
Il limite come attrattore di senso, in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 10, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2010
Putti S., Testa F. (a cura di), Corpo riflessione immagine, Alpes Italia, Roma, 2011
Quale attualità per il peccato? (con Roberto Cantatrione), in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 11, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2010
Minerva tra utopia e progetto, in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 13, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2011
Putti, S., (a cura di), Attraversando Morte Lutto Creatività, Edizioni Universitarie Romane, Roma, 2014
 
 

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1 commento

  1. manlio.converti

    Quali fantasie inconsce passa
    Quali fantasie inconsce passa lo sperma di un uomo che pratica l’eterologa, l’omologa, che sia il padre naturale del bambino, che stupri la ragazza, che faccia sesso consenziente ma non riconosca il figlio, che sia allontantato, lui sperma, uomo, donatore di vita, dall’embrione, dal feto.
    No perché le fantasie inconsce colpiscono l’embrione come Urano in Sagittario suppongo!
    La grande ipocrita confusione tra le fantasie fantasiose e le proiezioni di un mondo antico.
    La GPA esiste da dieci anni, va regolamentata in Italia con una legge anglosassone che impedisca abusi, che altrimenti saranno garantiti dalla vostra noiosa opposizione fantasiosa.
    Basta fantasmi.
    I bambini nati con GPA non hanno bisogno di voi, ma di una legge sulla Step Child Adoption e di avere la madre surrogata in Italia e non dall’altra parte del mondo!

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