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“BRIGHT STAR” di Jane Campion (2009)

2 Ott 12

Di Rossella Valdre'

"Ho due piaceri a cui penso di continuo nelle mie passeggiate:il tuo amore, e l'ora della mia morte….."
(J. Keats. lettera a Fanny, 1819)

polit

Niente di "psicoanalitico" credo possa essere interessante evocare nel commento a questo film; anzi, neanche un commento, ma un invito a vederlo, a gustarlo, lasciandosi trasportare dal piacere sublime della poesia.

Jane Campion – qui regista e sceneggiatrice – ci regala, a me pare, uno dei momenti più riusciti della sua perfezione, sensibilità ed eleganza stilistica, nel narrare gli ultimi tre anni della vita di John Keats, poeta inglese morto di tisi a 25 anni, nel 1821.

Il film, fedele alla biografia (in particolare a "Keats" di Andrew Motion) si sofferma unicamente sulla tenerissima ed intensa storia d'amore del giovanissimo Keats con Fanny Browne, sua vicina di casa ad Hampstead, dove il giovane poeta vive, ormai orfano dei genitori, aiutato economicamente da amici e dal protettore Brown.

Incompreso dalla maggior parte dei critici e dei contemporanei, ossessionato dalla cronica mancanza di denaro, profondamente addolorato per la recente morte del fratello, il giovane e tormentato Keats viene da subito raggiunto, toccato, dall'intelligenza profonda di Fanny. Lei ne comprende la poesia, da subito ( " l'inizio è perfetto….." dirà stupefatta dopo aver letto l'Hyperion).

Scriveva Lou Salomè che "l'essenziale lo si sa subito. Oppure mai".

E' come se Fanny, femminilità inquieta e riflessiva, che "stima l'intelligenza sopra ogni cosa", in anticipo sul proprio tempo, sentisse da subito di avere incontrato, di avere intercettato, ciò che nel profondo cercava. I due si amano di un amore intenso, inviolabile, per la vita, come apparentati ed accomunati da un patto, da un legame tra anime affini che non si potrà più recidere, nè mai sostituire.

Posso forse scacciare il tuo
Ricordo dai miei occhi? No, hanno visto 
Un'ora fa la mia plendente regina!
Anche il tatto ha memoria. Dimmelo tu, amore,
Dimmelo cosa devo fare per ucciderla e libero
Tornare alla mia vecchia libertà – ….

Anche il tatto ha memoria.

Incontro fra anime elette, affini. Portatrici di una differenza rispetto alle convenzioni del loro tempo, che pure subiscono: le ragazze devono devono maritarsi con qualcuno che le mantenga (o fanno le domestiche, se povere); i borghesi sono perlopiù nullafacenti, e quando amanti della cultura e dell'arte, sostengono economicamente gli artisti sui quali poi, come Brown, esercitano una specie di ambiguo possesso. Gli artisti (Keats, ma anche l'amico pittore che gli resta accanto fino alla fine) molto più di quanto non avvenga oggi dove la contemporaneità sembra avere contribuito a mercificarli e farne soggetti conformi al gusto prevalente, costituiscono nel XIX secolo una piccola, povera ma fortunata comunità di eletti, pensatori e poeti alla scoperta dell'anima, dell'essenziale del vivere, creativamente occupati solo alla ricerca del Bello.

Il bambino gioca. "…l'adolescente – scrive Freud – invece di giocare ora fantastica". E prosegue: "….il poeta addolcisce il carattere della sua fantasticheria egoistica alterandola e velandola; e ci seduce con una profitto di piacere puramente formale, e cioè estetico, che egli ci offre nella presentazione delle sue fantasie. (……) Io sono convinto (…) che il vero godimento dell'opera poetica provenga dalla liberazione di tensioni nella nostra psiche" (Freud 1907, p381). Gettando il germe che verrà poi raccolto da Winnicott, ne Il poeta e la fantasia del 1907, Freud enuncia le prime intuizioni sulla genesi, il senso, la funzione dell'arte e della poesia per l'essere umano: rendere la vita sopportabile. Lacan dirà che la vita in sè ha qualcosa di "ripugnante", e questo "ripugnante" lo chiama reale. Se nell'ars poetica, da un lato, noi reinvestiamo le tracce, ritroviamo in altra forma il desiderio infantile, dall'altro la Poesia non si limita a rappresentare il bello, "l'arte attraversa la bella immagine, toglie il velo e ci permette di incontrare il reale, ma al tempo stesso fa sì che il nostro rapporto col reale sia schermato, filtrato, mediato dal linguaggio e dunque che noi possiamo superare la nostra ripugnanza verso la vita ". ( Recalcati 2007, p 81)


polit

Avevamo detto che non avremmo chiamato in causa la psicoanalisi; infatti questo cenno (reso straordinariamente fecondo, in seguito, da Winnicott) è solo per ribardirne ciò che Freud ha sempre sostenuto. E' la Poesia, non la psicoanalisi, a capire prima. La Poesia ci precede; il poeta accede, senza sapere come e perchè, a quello cui noi arriviamo, quando abbiamo fortuna, con tanto tempo e fatica. Se dunque accenniamo alla psicoanalisi, è per ribardirne freudianamente l'inevitabile 'inferiorità' rispetto alla Poesia.

Stella lucente, foss'io come te costante – 
…….
No – costante sempre, mai mutevole vorrei risiedere
Sempre sul guanciale del seno dell'amore
Ma per sentirlo sempre pulsare cedevole,
Per sempre sveglio in dolce inquietudine,
Per sempre, sempre udire il suo respiro tenue
E così vivere in eterno – o venir meno nella morte

Bright Star, (Stella Lucente) che la Campion sceglie come titolo al film, sembra sia l'ultima poesia di Keats, scritta in Italia in ricordo a Fanny, poco prima di morire (sebbene alcuni critici non concordino con questa datazione). Al poeta sembra non importare la morte; anzi, essa è romanticamente ricercata. Se non ci può essere amore, allora venga la morte. Sebbene la madre di Fanny infine acconsenta al fidanzamento, quasi 'obbligata' dalla forza di tanto amore, resta tuttavia nell'essenza un amore impossibile, congelato nella giovinezza, nell'idealizzazione quasi adolescenziale. L'Altro possiede tutta la bellezza, tutte le qualità, tutto ciò che ci è necessario per vivere; senza l'Altro sono perduto….e' questa la qualità totalizzante di questo amore. Lo spettatore vi è intensamente calato attraverso le immagini dei due giovanissimi protagonisti, la luce del paesaggio, la sensualità evocata dai gesti composti, trattenuti, la voce fuori campo, a tratti, della poesia. Brigtht Star.


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" Mi hai rapito con una forza a cui non so resistere – è ancora Keats a scriverle nel 1819 – eppure avevo resistito, sino a che non ti ho rivisto; è da allora che non ho fatto altro che tentare "di ragionare contro le ragioni del mio amore"…".

La morte giunge come una liberazione dal dolore fisico e morale, dalla malattia così come dall’insuccesso; le ultime parole sono all'amico pittore, che gli è accanto "…grazie a Dio è giunta l'ora…". Il pensiero, a Fanny; la piccola vicina di casa della casa di campagna, intelligente e avida lettrice di versi, costretta in un femminile che la vede cucire abiti di sartoria, e che pur proseguendo la propria vita senza John Keats, mai si priverà dell'anello che lui le regalò come pegno d'amore.

Oh conserva, per carità,
I battiti più veloci per me.

(pubblicato anche in http://www.spiweb.it)

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