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cinquanta millimetri

6 Feb 13

Di FRANCESCO BOLLORINO

Commento di Rossella Valdrè

Il reportage proposto in queste pagine, a cura di Vittorio Celotto, si inserisce all’interno del lavoro fotografico che, tra i mille consueti alti a bassi di una Comunita’, la struttura "Villa Santa Maria" di Genova ha iniziato e portato avanti.

Dopo la prime "esplorazioni" con la macchina fotografica nel 2000, il lavoro e’ stato nel Luglio 2001 inserito in una mostra esposta nel Comune dello stesso centro abitato che ospita la Comunita’, dal titolo "Dall’esclusione alla cittadinanza": qui, le nostre foto sono state accostate all’ormai storico reportage di Uliano Lucas, nell’intento di contrapporre, e avvicinare dialetticamente — attraverso l’immagine — vecchio e nuovo.

Dopo una pausa di qualche mese, il lavoro di ‘gioco’ attraverso la fotografia tra il conduttore (Vittorio) e gli ospiti, dovrebbe riprendere ed approfondirsi.

Quale lo scopo di questa esperienza? Quando e’ nata, forse, non ne aveva nessuno in particolare: divertirsi con i pazienti, far loro toccare e maneggiare (nel senso dell’handling with di Winnicott) un oggetto di transizione quale la macchina fotografica, inserire cioe’ un terzo a cui normalmente i gravi pazienti psichiatrici delle Comunita’ non sono abituati. L’esperienza e’ piaciuta e, come tutte le cose che lasciano un buon ricordo di se’, viene spontaneo riproporla. Parte del lavoro di fotografia e’ stato condotto in abbinamento al gruppo di danzaterapia, unendo cosi’ il movimento della danza (le mani, in particolare) alla staticita’ della foto.

Ci siamo poi accorti che molte cose si possono fare con la fotografia: album della propria storia, riprese di momenti di vita, fino all’autoritratto, inteso qui come elemento di autorappresentazione e riflesso del proprio Se’.

Non vorrei tuttavia aprire un discorso clinico; si potrebbe dire tutto e il contrario di tutto. Il lavoro di Celotto e dei pazienti va, a mio avviso, in un certo senso lasciato cosi’, non eccessivamente commentato e ‘letto’. E’ un lavoro che parla attraverso le immagini e che resta, sempre per utilizzare un linguaggio winnicottiano, un’area di gioco.

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