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complessa o confusa

19 Gen 13

Di FRANCESCO BOLLORINO

Antonio Maria Ferro

Direttore Dipartimento Salute Mentale ASL2 Savonese

Via Don Bosco 35 r

17100 Savona

Tel. 019-811988/8405950

Fax. 019-8405933

e-mail: dsm.csm@asl2.liguria.it

 

con la collaborazione di F.Cerro, P.Moretti, S.Porazzo,M.Falchero,

CDAA — DSM ASL2 Savonese

Dipartimento Salute Mentale ASL 2 Savonese

 

Pubblicato su "Psichiatria di Comunità" La Rivista dei Dipartimenti di Salute Mentale — Vol III N.3 Settembre 2004

 

 

 

Riassunto

Obiettivo

Vengono riportati i dati iniziali sull’attività del nostro Centro, inaugurato nel maggio del 2002. Il nostro Servizio è formato da: due Sedi Ambulatoriali, un Day Hospital con 4 letti che ospita sulle 12 ore fino a 8 pazienti e un Reparto di Degenza con 8 letti di riabilitazione psichiatrica.

I pazienti ricoverati sia in D H che in degenza sono prevalentemente affetti da disturbi dell’alimentazione ma anche da altre patologie psichiatriche. L’età dei ricoverati va solitamente dai 14 ai 24 anni. I ricoveri sono volontari.

Metodo

Verrà illustrata l’organizzazione: la filosofia che la sottende si basa sulla "Terapia Istituzionale", sperimentata da anni nel nostro Dipartimento, secondo il modello di P.C.Racamier.

Per quanto attiene i pazienti affetti da disturbi dell’alimentazione cerchiamo di integrare esperienze di psicoterapia istituzionale ad orientamento analitico, come quella di Jamet a Parigi, con il contributo dei modelli cognitivisti come quelli usati, ad es. da Dalle Grave in Italia.

Conclusione

Quindi, durante i due o tre mesi di ospedalizzazione, l’intervento di psicoterapia istituzionale si integra con quello di riabilitazione nutrizionale. Il lavoro di e nel gruppo è l’elemento centrale del nostro stile di lavoro.

Parole Chiave: D.C.A., Ricovero, Terapia Istituzionale

 

 

Summary

Objective

In the below menzioned work the initial data has been compiled by our division, opened in may 2002. The Center has: 2 dispensary units, 1 day hospital, 1 ward with 8 beds. The division’s management will be explained: the philosophy behynd the project is based on "Institutional Therapy", arising from our old way of treatment, handed down by P.C.Racamier.

Methods

We are trying to integrate psychoanalytical experience, like the one of Jamet from Paris, with the contribution of cognitive treatment, like the one used by Dalle Grave from Italy.

Conclusions

Therefore especially, during 2 o 3 months’Hospitalisation, the "Psychotherapy Institutional Intervetion", is integrated with the nutritional rehabilitation.

Finaly the Team Work is joining factor of our style.

Key Words: D.C.A., Hospitalisation, Institutional Therapy

 

Il Centro, inaugurato nel maggio del 2002 presso il Padiglione "P.C.Racamier" all’interno dell’Ospedale S. Corona di Pietra Ligure è dotato di due sedi ambulatoriali (una presso l’ospedale di Savona e una presso l’Ospedale di Pietra Ligure) un Day Hospital con quattro letti per un’accoglienza di un massimo di otto pazienti, un reparto di degenza di otto letti di riabilitazione psichiatrica ospedaliera, in grado di effettuare ricoveri fino a tre mesi di durata. (*)

Il Centro opera in stretta collaborazione con le equipes dei Servizi territoriali, psichiatrici e materno infantili, con i medici di famiglia e con le altre strutture del Dipartimento.

L’equipe curante comprende psichiatri, uno psicologo, un medico internista specialista in scienze dell’alimentazione, infermieri ed educatori professionali con esperienza pluriennale nella cura e nella riabilitazione delle patologie psichiche.

L’equipe ha ricevuto una specifica formazione sul trattamento dei DCA attraverso corsi e stages formativi presso strutture specialistiche italiane ed estere ed utilizza attualmente una supervisione esterna al proprio lavoro clinico.

L’approccio terapeutico è multidisciplinare ed è caratterizzato, come negli altri ambiti del nostro intervento psichiatrico, da progetti di cura attenti agli aspetti biopsicosociali del disagio psichico.

 

 

(*) Dati Centro per i Disturbi dell’Adolescenza e dell’Alimentazione — CDAA "Racamier" Pietra Ligure dal 27/05/2002 al 31/12/2003. Ricoveri (Bulimia 27, Anoressia 37,DCA Nas 3, Psichiatrici 23, Totale 90)

Ricoveri— provenienza, (ASL 2 45,ASL Liguri 28,Extraregione 17,Totale 90)

Day Hospital (Bulimia 36, Anoressia 65, DCA Nas 12, Psichiatrici 9, Totale 121)

Day Hospital—provenienza (ASL n.2 64, ASL Liguri 30, Extra Regione 27, Totale 121)

Degenza media ricovero = circa 48 gg Presenza media pazienti in DH = circa 11*

* il dato è approssimativo in quanto calcolato sia su DH Terapeutici (che prevedono accessi sino a 6 settimane) che DH Diagnostici (che prevedono accessi brevi anche un solo giorno)

Dati Ambulatoriali (Totale prestazioni n. 821, Pazienti n.385)

Ambulatorio Medico (Totale prestazioni n.637, Pazienti n. 298)

Ambulatorio Psicologico (Totale prestazioni n. 184, Pazienti n. 87)

 

I modelli teorici di riferimento sono da un lato quelli della terapia istituzionale, soprattutto francese con Racamier (1999) e Jeammet (1992), dall’altro i contributi del modello cognitivo al trattamento dei DCA che per noi sono rappresentati soprattutto dall’esperienza di Riccardo Dalle Grave (2003) a Villa Garda (VR).

I ricoveri sono programmati e volontari, avvengono dopo una valutazione clinica e dopo che il paziente ha visitato il reparto e conosciuto alcuni membri dell’equipe ed ha avuto un incontro con gli altri pazienti già ospiti.

Sono previsti almeno due incontri preliminari con lo psichiatra, lo specialista di scienze dell’alimentazione e lo psicologo per valutare la motivazione al progetto e per elaborare un primo inquadramento diagnostico. A questo proposito viene utilizzato anche il Day Hospital Diagnostico che è cosa diversa dal Day Hospital Terapeutico-Riabilitativo.

In questa fase vengono illustrati ai pazienti il regolamento del Reparto ed il programma terapeutico che per quanto riguarda i disturbi del comportamento alimentare prevede una durata di quattro o cinque mesi, di cui al massimo due in regime di D.H. Riabilitativo. Il programma, che viene sottoscritto dai pazienti, prima del ricovero, prevede attività terapeutiche, riabilitative e di animazione individuali e di gruppo.

 

La Terapia Istituzionale

La terapia istituzionale si connota per la sua natura collettiva e psicologica dove l’istituzione è vista come un "campo sintomatico" grazie alla possibilità di utilizzare le nostre conoscenze sui gruppi e sui movimenti di transfert intergruppali; nell’istituzione il conflitto si agisce,si attualizza e non è facilmente rappresentabile se non interviene il lavoro di comprensione psicoanalitica. Si può leggere l’istituzione stessa di cura come un sistema di relazioni introiettate ed investite emotivamente a partire dalle nostre (di paziente ed operatori) gruppalità interne, le nostre storie transgenerazionali.

Il lavoro analitico peraltro è necessario per riconoscere la psicopatologia dei legami intersoggettivi che inevitabilmente si animano in una situazione di terapia asilare. Nell’istituzione infatti questi legami si organizzano tra una serie di operazioni di rimozione, diniego, scissione, identificazione, proiezione e rifiuto.

Vi sono equipes di lavoro più o meno depresse, scisse, ipomaniacali, psicosomatiche, equipes distruttive, idealizzanti, equipes che lavorano costruttivamente: in realtà ogni gruppo di lavoro è attraversato in diverse fasi del proprio esistere da questi meccanismi, che possono trovare un riferimento negli assunti di base di Bion, (probabilmente di assunti di base ve ne sono molti di più e sono spesso in relazione con i miti originari delle diverse istituzioni ).

I luoghi di cura in psichiatria, così come le relazioni umane, possono essere terapeutici ma anche altamente patologici. La percezione psicoanalitica nel lavoro istituzionale permette di ridurre la iatrogenicità della struttura stessa ma anche di utilizzare al meglio, riconoscendoli prima di tutto, i transfert istituzionali che raccontano nel’" hic et nunc" della cura molto della storia dei nostri pazienti.

Si può dire che la terapia cognitivo comportamentale, che cerchiamo di utilizzare durante il ricovero, può funzionare solamente se è protetta da questo attento lavoro di terapia istituzionale.

In questo modo anche l’esperienza di cura del CDAA si collega e trova la sua ragion d’essere nel modello della terapia istituzionale che costituisce il massimo comune denominatore dell’operare nel nostro Dipartimento.

 

La Storia del CDAA

Esso nasce da un interesse antico per la cura dei Disturbi dell’Alimentazione che abbiamo sviluppato per anni in stretta collaborazione con alcuni colleghi di una Divisione di Medicina dedicata soprattutto all’endocrinologia ed alla gastroenterologia. Il modello di intervento, che è rimasto in gran parte attuale, si articola(va) in attività ambulatoriali e di ricovero: il primo impatto è quasi sempre quello del paziente con la collega internista specialista in scienze dell’alimentazione. L’intervento poi può: a) continuare ad essere gestito dalla collega che "dialoga" con noi durante la cura; b) prevedere la cura "insieme"; c) prevedere una presa in carico importante da parte dello psichiatra e/o dello psicologo; d) rendere necessario un ricovero.

Il ricovero prevedeva una prima fase nel Reparto di Medicina e proseguiva per un periodo più lungo ( 1 o 2 mesi) presso un nostro Centro Crisi per giovani pazienti psichiatrici: venivano lì ospitate al massimo due o tre pazienti con disturbi dell’alimentazione (soprattutto anorettiche) su sette pazienti ricoverati. Durante il ricovero in medicina gli operatori psichiatrici gestivano direttamente i pasti, così come organizzavano i permessi fuori dal Reparto per le attività di animazione. I nostri infermieri dialogavano e collaboravano con gli infermieri del Reparto nella gestione di fughe, demoralizzazioni, digiuni, inganni, vomiti.

L’ospitalità nel Centro Crisi fu un’esperienza interessante perché le pazienti anorettiche, i giovani pazienti psichiatrici, gli operatori imparavano via via a contenere nelle loro menti "modelli della mente" così diversi. Questa complessa e forse confusa commistione ci rese e ci mantiene tutti meno rigidi e più agili, non solo nel modo di operare ma anche di pensare. Non sviluppammo tuttavia a sufficienza un pensiero riflessivo su questa esperienza che spesso non si ferma(va) alla gestione dei sintomi ma raggiunge(va) le persone nella loro storia individuale. I giovani pazienti psicotici trova(va)no un certo "contenimento" e respira(va)no un’aria tutto sommato più sana mentre le giovani anorettiche, forse un po’ bruscamente, si confronta(va)no con un mondo "altro" dal loro. Il tutto corporeo, dove regna(va) la paradossale negazione del corpo, si confronta(va) con il tutto mentale dove regna(va) la paradossale negazione del pensiero. Si smussa(va)no rigidità, ossessività dispotiche, narcisismi smisurati e identità forti legate all’essere portatori di una malattia importante. La reciproca scoperta di piccoli, forse solo temporanei, spazi fisici, sensoriali e mentali nuovi rappresenta uno dei fattori terapeutici centrali sia nell’esperienza passata che in quella attuale. Gli operatori sono così più attenti a tutto, cauti, elastici, saltando con agilità da un mondo all’altro e questa ginnastica mentale ha giovato e giova alla loro formazione.

Dopo il 1995 le due realtà (Ospedale e Centro Crisi) divennero reciprocamente inospitali: il Reparto di medicina fu pressato dai tempi di ricovero mentre la popolazione ivi ricoverata diveniva sempre più anziana; il Centro Crisi cominciò ad ospitare pazienti troppo gravi e di età più disparata. Nacque così l’idea del Centro attuale …..arrivarono fondi regionali finalizzati e finalmente nel 2002 ebbe avvio la nuova esperienza. Essa quindi si colloca nella continuità con le pratiche terapeutiche passate e si iscrive anch’essa nella cultura della terapia istituzionale e dell’intervento di rete che caratterizzano già il nostro Dipartimento nella cura delle patologie gravi. (Ferro ,2002)

Ricordiamo come la realizzazione di questo Centro, che è stato riconosciuto di valenza regionale, ha preoccupato più che inorgoglito il DSM nel suo insieme. I pazienti giovani sono per molti operatori ancora un terreno sconosciuto, dove il modello della terapia prolungata o perenne, così frequente con i pazienti psicotici adulti, non è un riferimento positivo.

Percorsi terapeutici durante il ricovero

Indicazioni al ricovero

  •  

    • Grave e inarrestabile perdita di peso con BMI < 15 o perdita di peso > 1.5 kg a settimana per un mese

 

  • Problemi medici non gestibili ambulatorialmente

 

  • Comorbidità psichiatrica

 

  • Scarsa risposta alla terapia ambulatoriale

 

  • Necessità di separare il paziente dalla famiglia
 

Nei primi giorni del ricovero vengono stabiliti gli obiettivi di peso da raggiungere al termine del programma. Tali obiettivi dipendono da diversi fattori es. struttura fisica, storia del peso ecc. Il BMI alla dimissione non dovrebbe essere mai inferiore a 18.5.

 

 

Pasti assistiti: gli operatori assistono al pasto con atteggiamento non giudicante ma fermo, intervenendo ogni qualvolta si presentino difficoltà o comportamenti sintomatici per rendere possibile la tecnica dell’alimentazione meccanica. Essa prevede la regola, paradossale, del divieto di parlare di cibo.

I pazienti vengono incoraggiati a mangiare meccanicamente e a considerare il cibo come una medicina. Il cibo è una terapia che viene prescritta dal medico specialista e non è oggetto di contrattazione con i pazienti dopo che essi hanno accettato il programma di cura. La sua somministrazione ed assunzione è cadenzata come avviene per altre eventuali terapie farmacologiche ritenute necessarie per la cura di una malattia.

Dopo i pasti i bagni sono tenuti chiusi per due ore, durante le quali possono essere utilizzati solamente con la presenza di un’ infermiera

 

Sono previsti quattro diversi menu

  •  

     

     

     

     

     

     

     

    • GIALLO 1500 Kcal
    • AZZURRO 2000 Kcal
    • BLU 2500 Kcal
    • BLU-PLUS 3200 Kcal

Ogni menu è composto da:colazione, pranzo, merenda , cena

L’apporto proteico è identico nei quattro menù che si differenziano per la quantità di carboidrati.

Pranzo e cena prevedono. Primo piatto, secondo, contorno, frutta e pane; nel menù giallo il pane è presente solo a cena.

Colazione prevede: latte e biscotti o yogurt e succo di frutta.

Merenda prevede: latte e frollini o fette biscottate o corn-flakes.

Colazione e merenda si differenziano nei diversi menu in base al numero dei biscotti e alla quantità di zucchero.

 

 

L’alimentazione meccanica è finalizzata ad interrompere il rimuginio continuo su calorie, cibo, peso e forma del corpo che costituiscono uno dei principali fattori di mantenimento del disturbo. Il fine è di attribuire un nuovo significato al cibo (cibo come medicina) spostando l’attenzione dalla problematica alimentare a quella della cura nel suo complesso. Nella nostra breve esperienza l’alimentazione meccanica, illustrata nei sui obiettivi e modalità prima del ricovero, facilita il raggiungimento ed il mantenimento graduale di un peso normale e, per le femmine, delle mestruazioni: queste sono "condizioni indispensabili per riuscire a trovare alternative alla magrezza raggiungendo un equilibrio emotivo ed un concetto di sé migliore" (Garner-Dalle Grave 1999).

E’ evidente come questo intervento terapeutico non sia facile anche perché attacca direttamente il sintomo principale, ovvero le alterate condotte alimentari. Le varie attività individuali e di gruppo che vengono di seguito descritte hanno anche la funzione di detendere la tensione, l’angoscia che un programma siffatto può stimolare: hanno quindi una funzione prevalente di contenimento perché da un lato i pazienti sono stimolati piuttosto bruscamente al cambiamento, dall’altra con queste attività e soprattutto con l’atmosfera accogliente del reparto essi vengono continuamente sostenuti e protetti rispetto alla tendenza a ripristinare rigidi meccanismi difensivi per evitare l’ansia e l’angoscia.

Cominciamo a ritenere che l’alimentazione meccanica vada proseguita piuttosto a lungo anche dopo il ricovero ed il day hospital. Infatti ci sembra che si debba procedere rispetto alle alterate condotte alimentari, come si fa col trattamento a lungo termine di altre dipendenze e soprattutto dell’alcoolismo.

L’astensione dall’alcool deve essere per l’alcolista per sempre o comunque per un tempo molto prolungato, anche per anni, in quanto si pensa che i pazienti rimangano molto a lungo "più deboli" della sostanza e quindi da essa debbano rimanere distanti. Se pensiamo alle condotte alimentari alterate come a fenomeni simili alle dipendenze è inevitabile che dal cibo – come normalmente lo intendiamo ovvero nutrimento ma anche piacere, strumento di relazione, etc. — i pazienti debbano rimanere lontani a lungo. Quindi la relazione col cibo inteso come una medicina, e quindi deinvestito il più possibile di pensieri ed emozioni ritenuti ancora potenzialmente devastanti, va proseguita a lungo.

Questo comporta problemi organizzativi, interventi psicoeducazionali con i famigliari o con gli amici dei pazienti o quando i pazienti vivano da soli con essi stessi (situazione che resta comunque più rischiosa). Le difficoltà sul "dopo ricovero", nel garantire la continuità dell’alimentazione meccanica per almeno sei mesi, un anno , evidenziano come vi sia ancora molto da fare sui progetti terapeutici per questi pazienti, dove i bassi indici di guarigione sono a mio avviso legati da una parte alla difficoltà delle patologie presenti e dall’altra alla modestia degli interventi terapeutici che siamo per ora in grado di attivare, soprattutto dopo il ricovero.

Tavola Rotonda: (*) è effettuata dall’equipe, composta almeno dal medico internista, lo psichiatra, lo psicologo e l’infermiere professionale con i singoli pazienti. Vengono esaminati il peso, la tenuta delle terapie, discusse le eventuali modifiche al menù ed alle altre attività terapeutiche, enfatizzando l’obiettivo di come procede l’aumento ponderale (800-1500 gr. per settimana). Si cerca di valutare le difficoltà ponendo il disturbo come "terzo" rispetto all’alleanza terapeutica. Il fine è di consolidare gradualmente la motivazione rafforzando le parti sane ed evolutive dei pazienti.

Il fine è arrivare ad una formulazione personalizzata del caso, abbandonando il criterio categoriale ma ponendo maggiore attenzione a quello trans-diagnostico. Quello che più ci interessa è la formulazione del caso con particolare attenzione ai fattori di mantenimento e di rischio, soprattutto prossimali, presenti. (nota 2)

La mappa dei fattori di mantenimento e di rischi specifici è poi disegnata e spiegata al paziente in modo visibile e fruibile.

La visita assume quindi la dimensione di una tavola rotonda dove medico, psicologo ed operatori di riferimento discutono con i singoli pazienti il programma personale, l’andamento del ricovero, le resistenze al programma stesso.

(*) Abbiamo da poco modificato questo intervento prima chiamato Giro Medico per enfatizzare l’aspetto collegiale della cura in cui i pazienti dialogano, con pari dignità, con gli operatori sui loro progetti terapeutici .

Colloqui individuali : Il primo mese di ospitalità prevede almeno quattro colloqui individuali sulla comprensione del caso e sulla individuazione del programma individuale, gradualmente si cerca anche di capire i problemi aggiuntivi e di affrontarli solitamente non più di uno per volta. Al paziente viene così spiegato come si lavorerà sui suoi sintomi e come viene strutturata la terapia nutrizionale con il fine di ridurre la sintomatologia.

Quattro sedute individuali con lo psicologo o il medico di riferimento

Valutazione dei

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    • Fattori di rischio
    • Fattori precipitanti
    • Fattori di mantenimento standard
    • Fattori di mantenimento aggiuntivi


Perfezionismo clinico

Bassa autostima nucleare

Intolleranza alle emozioni

Problemi interpersonali

 

Questo lavoro iniziale facilita la creazione di progetti maggiormente individualizzati nella seconda fase del ricovero.

I colloqui continuano poi durante tutto il periodo del ricovero e del Day Hospital. Sono effettuati da una coppia terapeutica formata da un medico o uno psicologo e da un’infermiere o educatore con i singoli pazienti almeno una volta alla settimana. Pur finalizzati all’approfondimento degli aspetti emotivi e relazionali e a consolidare l’alleanza terapeutica non si strutturano come intervento di psicoterapia individuale, ma sono anch’essi parte dell’intervento più complessivo di terapia istituzionale, che tiene conto del tempo limitato di permanenza del paziente nella nostra struttura.

Stiamo discutendo sulla possibilità di garantire, almeno dopo il primo mese di ricovero, l’eventuale continuità di un intervento psicoterapeutico iniziato da colleghi esterni, pubblici o privati, già prima del ricovero.

Terapia di gruppo: lo psicologo conduce due gruppi alla settimana, uno centrato sui sintomi specifici e aspecifici dei disturbi dei DCA, sui fattori predisponenti, i meccanismi di mantenimento e gli aspetti emozionali e cognitivi del funzionamento mentale di chi è affetto da tali patologie; l’altro aperto al confronto tra i pazienti sui temi relativi alle proprie storie personali e familiari.

La specialista in scienze dell’alimentazione con un infermiere professionale conduce due gruppi psicoeducativi settimanali, soltanto per pazienti affetti da DCA, dove vengono date ai partecipanti informazioni su: i sintomi da digiuno, le complicanze mediche conseguenti ai sintomi ed alle condotte di compenso, il concetto di alimentazione meccanica, l’inquadramento dei DCA, le terapie disponibili, le tecniche di auto aiuto, i fattori predisponesti, precipitanti e perpetuanti. Vengono anche utilizzati supporti didattici e materiale educativo.

Attualmente stiamo modificando questo assetto tenendo conto da un lato dei più recenti suggerimenti di Dalle Grave sulla realizzazione di gruppi differenziati sui diversi fattori di mantenimento aggiuntivo, dall’altro dell’esiguo numero di pazienti (8 in ricovero ed un massimo di 8 in day hospital).

Abbiamo quindi pensato ad un gruppo gestito da uno psicologo e da un infermiere:

Questo gruppo, rivolto a tutti i pazienti ivi compresi quelli non affetti da disturbo del comportamento alimentare, è centrato sulle emozioni, i problemi interpersonali e la bassa autostima .

Vengono mantenuti i due gruppi psicoeducazionali che assorbiranno anche il lavoro sul controllo dei sintomi: essi sono gestiti dalla Dr.ssa Specialista in Scienze dell’Alimentazione e da un Infermiere e sono rivolti solamente ai pazienti affetti da disturbo del comportamento alimentare.

Psicodramma moreniano: ha una frequenza settimanale e svolge la funzione di condurre i pazienti, attraverso la drammatizzazione guidata, ad una ripresa di contatto con la propria dimensione emotiva, spesso sacrificata dal ricorso ai sintomi come strategia esclusiva di espressione di sè e delle proprie esperienze emotive e cognitive.

Durante la settimana vengono svolte anche attività di animazione artistica, corporea e musicale: esse sono collocate nel primo pomeriggio e svolgono anche la funzione di ridurre gli stati d’ansia e disforia così intensi alla fine dei pasti . Esse contrastano la tendenza all’isolamento ed aiutano lo sviluppo della dimensione di "essere in gruppo".

Assemblea di reparto: si svolge con frequenza settimanale e vede la partecipazione dei pazienti ricoverati e in D.H., degli operatori in servizio, dello psicologo, di almeno uno psichiatra e del Direttore del Centro. Vengono affrontati temi di carattere generale, l’organizzazione e le difficoltà della vita quotidiana in reparto. I pazienti possono avanzare richieste, critiche, suggerimenti che vengono raccolti, elaborati insieme per essere riportati successivamente all’equipe nel suo complesso. Durante la successiva riunione d’accoglienza avviene la restituzione ai pazienti di quanto l’equipe ha elaborato rispetto alle loro richieste e/o critiche. Il modello che sottende il funzionamento dell’Assemblea e la comprensione delle comunicazioni dei pazienti fa riferimento al modello della terapia istituzionale. Le risposte, le eventuali letture psicodinamiche di quanto avviene nelle relazioni tra pazienti, pazienti ed operatori, colgono soprattutto gli aspetti gruppali: ad esempio il comportamento del paziente in crisi, che dopo pochi giorni di ricovero vuole andarsene, i comportamenti antisociali e "antigruppo" che un paziente può presentare, così come le proposte di altri ricoverati per escludere chi stà peggio non vengono interpretati nella dimensione individuale, ma letti come parti in gioco, alcune più sane, altre più sofferenti che il gruppo-mente di ogni paziente cerca di esprimere e talvolta espellere. L’intervento è quindi finalizzato al confronto con l’ambiguità ed la possibilità di "contenere" nel reparto, nel gruppo, ma anche in ogni paziente ed operatore parti così diverse, in gioco tra di loro.

Assemblea con i famigliariogni cinque settimane il Direttore del Servizio, la Capo Sala ed uno o due operatori si incontrano con i famigliari dei pazienti ricoverati, in D.H. o ormai seguiti ambulatorialmente. Queste Assemblee sono molto frequentate. Il tentativo è quello di mettere in contatto esperienze dolorose che spesso vengono vissute in una dimensione di isolamento e solitudine, far emergere così emozioni, pensieri, proposte sul funzionamento del nostro Reparto, proposte reciproche sul che fare, ma soprattutto contenere rabbie, momenti di follia quotidiana, di pessimismo.

Noi impariamo molte cose su quanto sia difficile vivere con i nostri pazienti e talvolta anche su come non sia facile per i nostri pazienti vivere con i loro famigliari. Queste difficoltà in realtà non di rado assomigliano molto a quelle che noi viviamo con i nostri pazienti e loro con noi.

Alcune riflessioni sul ricovero

L’alimentazione meccanica, i gruppi psicoeducativi, solo in parte gli altri gruppi, sono strumenti terapeutici mediati dal modello cognitivista nella cura dei D.C.A. e per noi in realtà sono grosse novità rispetto al modello della terapia istituzionale che ha come riferimento invece la cultura psicoanalitica. Tuttavia siamo certi che lo strumento della psicoterapia vuoi familiare, vuoi ad orientamento analitico individuale e/o di gruppo non ci aiutino a sufficienza nel ridurre i gravi quadri sintomatologici dei pazienti che giungono al nostro Centro per un ricovero e/o per un Day Hospital.

I pazienti ed i loro familiari, se pure in maniera sempre ambivalente, accettano il ricovero per superare o almeno alleviare i sintomi più evidenti che si concretizzano sempre in una evidente sofferenza psico-somatica ed in condotte alimentari profondamente alterate.

Il ricovero, per i pazienti affetti da D.C.A., porta con sè una definizione di un progetto, di spazi e soprattutto di tempi della cura che, in un qualche modo, vincolano pazienti, famigliari, ma soprattutto operatori: obbiettivo fondamentale del ricovero è la sostanziale modifica dell’assetto sintomatologico del disturbo dell’alimentazione portato dai nostri pazienti.

L’attacco diretto ai sintomi è quindi per noi una novità necessaria che sottolinea l’importanza di sconfiggere prima di tutto la denutrizione per le anorettiche gravi in quanto gran parte dei disturbi cognitivi, di percezione del proprio corpo e in parte anche il pensiero ossessivo legato al perfezionismo sembrano essere strettamente legati allo stato di denutrizione ed alle modifiche ormonali conseguenti, soprattutto per quanto riguarda l’assetto degli estrogeni (si conoscono ormai abbastanza bene gli effetti protettivi sul sistema nervoso centrale delle femmine di una regolare secrezione degli estrogeni, soprattutto nel modulare l’affluenza verbale, il coordinamento motorio e l’orientamento e percezione di punti di riferimento).

La terapia istituzionale così come la possibilità di intraprendere un percorso psicoterapeutico individuale o famigliare o di gruppo – trattamenti che solitamente non saranno brevi e dureranno quindi ben oltre il tempo del ricovero – restano centrali nel nostro approccio di cura: essi tuttavia avranno maggior possibilità di riuscita se integrati con degli interventi definiti secondo il modello della terapia cognitivo-comportamentale di questi disturbi. Come il lavoro psicoterapeutico permette non di rado al paziente di accettare finalmente di prendere il proprio disturbo "per le corna" così il ristabilirsi di condotte alimentari meno patologiche ed il recupero di M.B.I. (indice di massa corporea) nella norma faciliteranno il lavoro psicoterapeutico.

Attività di ricerca:

Come attività di prevenzione primaria è stata svolta prima dell’apertura del CDAA un’indagine conoscitiva, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali dell’Università di Pavia, sulla diffusione del comportamento alimentare e del disagio negli adolescenti dell’ASL di Savona (2003). Questa indagine ha coinvolto 28 Istituti Superiori e 2595 studenti. I risultati di tale indagine "funzionano" come oggetto intermediario negli incontri che svolgiamo nelle scuole su queste tematiche, ma anche nel lavoro con i pazienti che frequentano i nostri ambulatori o si trovano ospiti nel CDAA.

E’ stata realizzata con l’Università degli Studi di Genova, Dipartimento di Medicina Interna e Servizio di Neurofisiologia, una convenzione che ha per oggetto lo studio delle alterazioni endocrine-metaboliche e delle funzioni cerebrali nei disturbi del comportamento alimentare. Il protocollo prevede un’ampio screening ormonale, lo studio del controllo neurovegetativo cardiovascolare, l’ EEG computerizzato, la valutazione neuropsicologica, l’esecuzione della risonanza magnetica e della SPECT cerebrali. (Quest’ultima solo in presenza di positività degli esami precedenti)

Con il 2004 inizieremo uno studio utilizzando la Adult Attachment Interview di Mary Main mirante a definire lo stile o gli stili di attaccamento presenti nelle pazienti anorettiche e/o bulimiche ricoverate.

Con i colleghi del Servizio di Fisioterapia stiamo studiando tecniche di intervento utili per migliorare lo schema e la percezione del corpo: in verità ci siamo scoperti insieme ai colleghi piuttosto inesperti e peraltro esiste ben poco materiale scientifico da utilizzare a questo proposito.

 

Conclusioni

La nostra esperienza è ancora neonata ma siamo aiutati dall’abitudine pluriennale al lavoro con e nei gruppi, soprattutto nella dimensione asilare della terapia delle patologie psichiatriche gravi.

Questa modalità di operare ha le sue origini nello stile di lavoro del Dipartimento di Salute Mentale che ha come Massimo Comune Denominatore l’attenzione alla terapia istituzionale ed agli interventi di rete dove vi è una particolare attenzione alla comprensione della natura biopsicosociale del disagio psichico. Prestiamo così attenzione ai singoli pazienti cercando di aiutarli lungo il percorso di strutturazione di un rapporto con il mondo in cui si differenzi meglio ed in modo più tollerabile un’Io dall’ "altro da sé", ma rivolgiamo una particolare attenzione anche all’ambiente istituzionale, a quello famigliare ed infine all’ambiente sociale. Potere riportare sempre al lavoro in equipe queste esperienze relazionali ed emotive è utile così come è stato fondamentale pensare ad un riferimento tecnico-scientifico per noi nuovo, il modello cognitivo proposto da Dalle Grave, per affrontare la sintomatologia legata ai disturbi dell’alimentazione. L’alimentazione meccanica, i gruppi psicoeducazionali, il lavoro mirato sui disturbi cognitivi e sul perfezionismo sono risultati utili, anche se dobbiamo migliorarne l’impiego, che un po’ contrasta con le nostre abitudini terapeutiche. Tuttavia la comprensione psicodinamica dei fenomeni ci sembra permetta maggiore tolleranza ed un po’ più di "leggerezza" (essa non vuole dire mancanza di precisione) nella contrattazione e condivisione dei progetti terapeutici. L’attività formativa costante, la supervisione, un buon clima relazionale, il lavoro artigianale nel cercare di mettere insieme aspetti delle terapie cognitive con la lettura psicodinamica dei fenomeni individuali e relazionali ci sembrano rendere piacevole il nostro lavoro e discreta la disponibilità alla curiosità ed al cambiamento. Il miglioramento graduale della nostra tenuta mentale a contenere il dolore psichico, le angosce di frammentazione, le frustrazioni e turbolenze che questi pazienti ci trasmettono apre la possibilità di accogliere via via adolescenti e giovani adulti con patologia psichiatriche sempre più complesse, prevedendo eventualmente anche un aumento graduale dei posti letto. La nostra insicurezza professionale non ci permette ancora di gestire importanti disturbi di personalità insieme ai disturbi alimentari perché non siamo in grado ancora di affrontare i forti meccanismi perversi che queste vicinanze possono produrre. Ci sembra comunque ancora valida la pratica iniziale (vedi paragrafo sulla storia del CDAA) di non creare un gruppo di soli pazienti con disturbi dell’alimentazione.

Come Jammet e Corcos (2002) ci hanno insegnato "gli operatori rischiano meno rigidità e noia mentre i pazienti hanno meno possibilità di rafforzare, paradossalmente attraverso il ricovero, la loro identità di anorettiche o bulimiche". Non riteniamo quindi che vi siano controindicazioni cliniche, ne difficoltà insuperabili nei pazienti, nell’incontro con altri pazienti ed altre patologie; questa miscela stimola anzi transfert istituzionali più rapidi che sono tuttavia non facili da comprendere, contenere e gestire. I pazienti che via via si sono succeduti in questo primo periodo di attività ci stanno insegnando come modulare le loro cure.

Siamo ancora piuttosto inesperti e, in realtà, ci stupiamo dei risultati positivi che vanno ben oltre le nostre previsioni. I pazienti, in gran parte, "tengono" e un po’ cambiano, noi cambiamo e capiamo un po’ di più giorno dopo giorno.

(Dalle Grave 2003)

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