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L’ACIDO GAMMA-IDROSSIBUTIRICO

11 Dic 12

Di FRANCESCO BOLLORINO

 

PREMESSA

 

L'acido gamma-idrossibutirico, più noto con l'acronimo inglese di GHB (gamma-hydroxybutyric acid), è un acido carbossilico con 4 atomi di carbonio. Il sale sodico del GHB (fig. 1) è il principio attivo contenuto nella specialità farmaceutica Alcover, attualmente inquadrata ne repertorio farmaceutico italiano in classe H (dispensazione esclusivamente ospedaliera)

 

STORIA

 

Henry Laborit, noto per aver introdotto l'uso di un neurolettico (la cloropromazina) nell'anestesia generale, propose nel 1960 l'utilizzo del GHB (1) come anestetico e ipnotico endovenoso. 
Nel 1970 Roth e Giarman (2) scoprono che il GHB è una molecola presente nel cervello dei mammiferi .
Nel 1961 Snead e Morley (3) evidenziano che il GHB si concentra prevalentemente nell'ipotalamo e nei nuclei della base. Due anni dopo Maitre (4) conduce una ricerca che dimostra la presenza di recettori cerebrali per il GHB: la molecola non è quindi un semplice metabolita inattivo del GABA, ma conquista dignità di neurotrasmettitore o, almeno, neuromodulatore. 
Nel 1983, Fadda e Gessa (5) osservano che il GHB sopprime il consumo volontario di alcol etilico nei ratti alcolisti. Successivamente questi stessi autori – siamo nel 1989 – comunicano (6) che la sindrome da astinenza alcolica nel “ratto alcolista” si risolve dopo trattamento con GHB. Sono passati 30 anni dalla prima pubblicazione di Laborit: il GHB viene utilizzato negli USA nel paziente narcolettico (7), in Europa come anestetico generale endovenoso.

 

PASSATO REMOTO

 

Arrivano nel 1989 le prime conferme sull'uomo. Gallimberti e Gessa pubblicano sul Lancet, prestigiosa rivista inglese, uno studio (8) in doppio cieco (GHB versus placebo) che dimostra in modo inequivocabile l'utilità del farmaco nella sindrome astinenziale dell'alcoldipendente. Il nostro primo studio sulle (9) sulle postenzialità antiastinenziali del GHB risale al 1989.
Selezionammo 10 pazienti alcolisti che presentavano una sindrome da astinenza alcolica e somministrammo una dose di 50 mg/kg di GHB per via orale suddivisa in tre somministrazioni giornaliere. Escludemmo dalla sperimentazione le gravi forme di astinenza (delirium tremens, DT), pazienti che presentavano infezioni, convulsioni in anamnesi e altri che assumevano o abusavano di benzodiazepine, neurolettici o antiepilettici. I risultati ottenuti confermavano quelli del lavoro pubblicato sul Lancet, indicando che il GHB rimuoveva i sintomi astinenziali.
Gli anni immediatamente successivi (1990-92) non sono stati ricchi di studi clinici sul GHB. Degne di nota ci sembrano due pubblicazioni: la prima (10) sulla riduzione del craving (GHB versus placebo), la seconda (11) sulla farmacocinetica del GHB nell'alcolista. Nel periodo in esame ci proponemmo due obiettivi:
a) verificare l'efficacia del GHB nel DT;
b) comparare il GHB, che alcuni autori riferivano eccellente anticraving, con farmaci di provata efficacia utilizzati nel periodo post-astinenziale (lorazepam, tiapride, tioridazina) che nel nostro programma terapeutico non si utilizzano di routine, ma solo quando il quadro clinico lo richiede.

GHB e Delirium

 

Impiegammo parecchio tempo (maggio 1989 – marzo 1991) per reclutare 4 pazienti con florido DT che non presentassero contemporaneamente gravi patologie organiche, infezioni, epilessia, traumi cranici precedenti, grave disidratazione. Il risultati dimostrarono che il GHB somministrato per via orale ad alte dosi (20 mg/kg al T0 raddoppiato alla terza ora, triplicato alla settima) è inadeguato ad affrontare il DT (12). I 4 pazienti studiati, visto l'esito fallimentare del GHB per os, hanno in seguito ricevuto il nostro tradizionale trattamento (28) (clordiazepam per via venosa con associato, quando necessario, l'aloperidolo) ottenendo rapidi miglioramenti. 
Una successiva osservazione (30.03.1992) presso la divisione di Medicina dell'Ospedale Sirai di Carbonia (CA), ci portò a sospettare che il GHB fosse inadeguato anche nella prevenzione del DT. 
Infatti, un paziente manifestò un grave quadro di delirium benché assumesse da 48 ore dosi piene di GHB.
Le conclusioni della seconda sperimentazione (12) mostrarono che il GHB presentava gli identici vantaggi offerti da lorazepam, tiapride e tioridazina. Al di là degli obiettivi previsti dal lavoro osservammo che nei giorni successivi all'interruzione del trattamento farmacologico, gli 8 pazienti del gruppo A (GHB) e gli 8 del gruppo B (lorazepam) e non i restanti due gruppi C (tiapride) e D (tioridazina) mostravano ansia, irritabilità, insonnia. Ipotizzammo, quindi, che il GHB producesse dipendenza fisica e sindrome da deprivazione. Altrettanto interessante ci sembrò vedere rapidamente ridursi il quadro astinenziale del gruppo A (GHB) con il lorazepam e del gruppo B (lorazepam) con il GHB.
Ci sembrò legittimo pensare che tra GHB e lorazepam, ma più in generale tra il GHB e le benzodiazepine, esistesse dipendenza crociata. Sollecitammo quindi cautela (12):

" nel somministrare il GHB agli alcoldipendenti si dovrebbero rispettare le medesime cautele adottate per le benzodiazepine, al fine di ridurre i rischi di una dipendenza ad uncinamento così frequente in questi pazienti”

.

Nel 1992 sentimmo pertanto il dovere di suggerire maggiore prudenza nel presentare in modo trionfalistico l'ingresso del nuovo farmaco (il GHB) nella pratica medica quotidiana e suggerimmo uno studio multicentrico che ponesse a confronto il GHB con le benzodiazepine, non limitando le comparazioni al solo placebo. L'elevato costo del GHB andava giustificato da ulteriori risultati clinici: già allora eravamo convinti che il GHB non rappresentasse nel trattamento dell'astinenza alcolica di grado lieve un superamento del molto più economico lorazepam.

 

PASSATO PROSSIMO

 

Nel periodo 1993-97 ci si aspettava la consacrazione definitiva del GHB da parte della comunità scientifica internazionale ma se escludiamo alcuni lavori realizzati da gruppi italiani, in Europa e negli Stati Uniti non si registra un febbrile interesse verso le applicazioni alcologiche della molecola.
In Italia, tuttavia, procede ininterrottamente l'esaltazione delle virtù terapeutiche del farmaco su quotidiani e settimanali.
Nello stesso periodo le pubblicazioni ospitate da riviste scientifiche internazionali annoverano un solo studio.
Compare su Alcohol e Alcoholism (13) e trattasi di uno studio multicentrico italiano sulla riduzione del craving in 179 pazienti alcolisti. Nel 1995 la rivista italiana Alcologia presenta un lavoro di Mannaioni (14) sul GHB nell'astinenza alcolica (lavoro in aperto) e sul craving (doppio cieco con placebo). Si segnalano in questi anni alcuni tentativi di applicare il GHB all'astinenza da oppiacei (15) e del GHB + naltrexone nel trattamento a medio-lungo termine dell'eroinomane (16). Sempre nel 1995 Gessa (17) parla di tolleranza crociata tra etanolo e GHB.
Sarebbe stata un'ottima occasione per saggiare anche una benzodiazepina. Nel settembre 1996 viene pubblicato e distribuito ai medici di medicina generale italiani il manuale “Medicina delle tossicodipendenze”. Secondo i due psichiatri autori del capitolo “Alcolismo: clinica e terapia” (18) il GHB sarebbe utile in numerose condizioni:
a) astinenza alcolica
b) delirium tremens
c) controllo del craving
d) terapia a lungo termine dell'alcoldipendenza
L'entusiasmo di questi Autori non fu condiviso da noi (30) e dall'autorevole American Psychiatric Association che sempre nel 1996 pubblicò negli USA (da qualche mese è reperibile l'edizione italiana) il “Trattamento dei disturbi da uso di sostanze” (19). Per l'astinenza alcolica lieve e moderata si prevede l'uso di benzodiazepine a breve emivita (oxazepam e lorazepam), mentre nel DT gli psichiatri americani suggeriscono le stesse benzodiazepine a dosi superiori (da valutare comunque a seconda del quadro clinico). L'opera dell'A.P.A. contiene un solo riferimento bibliografico sul GHB (8) come antiastinenziale. 
Se a livello internazionale non si registrano nuovi e significativi lavori sul GHB nell'alcoldipendente, si osserva di contro un crescente interesse e una viva preoccupazione per la tossicità GHB-correlata:
_ 1995, Kansas City (USA): due casi di coma GHB-indotto (20);
_ 1996, Centro tossicologico di New York (USA): segnalazione di 69 casi di intossicazione acuta e di un caso di decesso da GHB nell'anno precedente (21);
_ 1997-98, California (USA) e Inghilterra (GB): osservazioni su pazienti che assumono GHB fanno ritenere che questo abbia potenzialità di “farmaco d'abuso” e determini dipendenza fisica (22 e 23);
_ 1997, Providence (Rhode Island, USA): coma da assunzione accidentale di GHB in due bambini (24);
_ 1998, California (USA): delirio indotto dall'assunzione cronica di GHB (25).

 

PRESENTE

 

Un interessante contributo sul meccanismo d'azione del GHB è stato portato da un gruppo di ricerca francese (26). Questi studiosi, coordinati da Maitre (individuò il recettore del GHB e successivamente anche il suo antagonista NCS-382) (29) cominciarono un'osservazione tesa a valutare nel ratto se líNCS-382 fosse in grado di annullare l'effetto ansiolitico del GHB.
L'antagonista recettoriale aveva già dimostrato nell'animale di laboratorio la sua capacità nel rimuovere prontamente l'effetto sedativo che si ottiene con dosi medio alte di GHB. Dopo aver determinato la dose ansiolitica del GHB, sono stati saggiati come antagonisti: líNCS-382, il naloxone e il flumazenil. Il primo e il secondo composto non hanno mostrato alcun potere antagonista, mentre il flumazenil – antagonista del recettore benzodiazepinico – si è dimostrato utile nel contrastare l'effetto ansiolitico del GHB. L'esperimento dimostra che il GHB ottiene l'effetto ansiolitico grazie ad un'azione diretta o indiretta sul recettore GABAa che normalmente media l'effetto ansiolitico delle benzodiazepine. 
Il flumazenil, del resto, aveva già in passato (27) dimostrato di antagonizzare la stimolazione dell'ormone della crescita e della prolattina da parte del GHB.
Il gruppo francese conclude sostenendo che: “L'effetto sedativo e l'azione ansiolitica del GHB si ottengono attraverso due distinti meccanismi e l'interesse del GHB come potenziale ansiolitico nella astinenza alcolica e da oppiacei può quindi essere sempre più giustificato”. Le argomentazioni di Maitre ci sembrano ineccepibili: il GHB può essere utile, nella sola astinenza alcolica, in quanto ansiolitico.

 

CONCLUSIONI

 

Il GHB ha dimostrato fino ad oggi (24.06.98) di possedere effetti sedativo (alte dosi) e ansiolitico (basse dosi). Manifesta tali effetti attraverso un'azione diretta sui recettori specifici (sedazione) antagonizzata dallíNCS-382 ed un'azione GABAa (ansiolisi) antagonizzata dal flumazenil.
E' un possibile farmaco d'abuso, produce dipendenza fisica e sindrome d'astinenza. E' sicuramente tossico a dosi elevate. Su tale aspetto sappiamo poco e certamente osservazioni future porteranno maggiori conoscenze sull'argomento. Oggi negli USA il GHB è approvato unicamente per il trattamento della narcolessia, in Europa anche per l'astinenza alcolica e da oppiacei, nella prevenzione dell'edema cerebrale post-ipossico e infine come anestetico.
Rimane una domanda: perché si dovrebbe privilegiare nella pratica clinica un ansiolitico come il GHB che possiede un costo 11 (undici) volte superiore a quello delle benzodiazepine di pari efficacia?

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