Paolo Manzelli – LRE- Universita di Firenze.
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La percezione visiva é organizzata nel cervello come una lettura di dati percettivi conseguenti ad informazioni su intensità e frequenze della luce. Possiamo quindi ritenere che il vedere sia conseguenza di una elaborazione complessa del cervello, che concerne l'evocazione di archetipi fondamentali ed un processo di riconoscimento basato sul richiamo mnemonico di comparabili esperienze visive.
Perseguendo una tale concezione della visione come processo di apprendimento si comprende la necessità che nel cervello vengano a formarsi degli insiemi di neuroni capaci di categorizzare rapidamente i dati sensoriali, dando come risultato della elaborazione cerebrale della corteccia visiva, le immagini che vediamo.
Per capire meglio tale impostazione concettuale della percezione visiva, dobbiamo ricordare che, la spiegazione di Newton della visione oculare non é corretta neppure dal punto di vista contemporaneo della scienza, in particolare, perché la luce non é composta di "raggi" capaci di disegnare sulla retina alcuna raffigurazione rovesciata del mondo esterno.
Dobbiamo purtroppo constatare che, a dispetto degli avanzamenti delle scienze neurologiche a riguardo del funzionamento cerebrale e fisiche a riguardo della luce e delle sue interazioni, l'insegnamento tradizionale nella scuola, quasi in tutto il mondo, persiste ancora oggi nel tramandare, senza critiche o riflessione alcuna, il vecchio ed antiquato modello di Newton a riguardo della interpretazione della percezione visiva, quello cioé per il quale si ritiene che occhi non creativi siano capaci di desrivere passivamente una immagine istantanea e rovesciata del mondo esterno.
Il Laboratorio di Ricerca Educativa della Università di Firenze, considera che, la persistenza nella educazione tradizionale della antiquata ed obsoleta concezione interpretativa di Newton della percezione visiva, inserita in un mondo di informazione nel quale la "realtà virtuale" viene ad avere un peso maggiore della "realta oggettiva", tende a deprimere ed anche a scoraggiare le abilità di osservazione degli studenti, ed inoltre può dare origine a problemi di salute mentale dei giovani, proprio come conseguenza di una loro inabilità cognitiva di capire la distinzione tra "realtà virtuale ed oggettiva".
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