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ALCUNI PROBLEMI APERTI IN ALCOLOGIA

3 Dic 12

Di FRANCESCO BOLLORINO

 

PREMESSA

 

Il SerT di Dolo è nato nel 1980 con la denominazione di Servizio Sperimentale di Alcologia e Farmacodipendenza. Il gruppo "fondatore" del Servizio proveniva dall'esperienza dell'ambulatorio di Alcologia della Divisione di Neurologia dell'Ospedale di Dolo: si caratterizzava dunque per l'interesse primario per l'alcolismo ed i problemi alcolcorrelati e per l'origine "sanitaria". 
Il programma terapeutico allora applicato si collocava nell'ambito denominato "multimodale" o "integrato": caratterizzato dunque dall'attenzione alla diversificazione ed alla personalizzazione dei percorsi ( Gentile e Cibin, 1993; Cibin, 1996) Si veniva instaurando nel contempo un costruttivo rapporto con i gruppi Alcolisti Anonimi e familiari AlAnon già presenti nel territorio (Gallimberti e coll.1981; Cibin M., 1988).
Nel corso degli anni il Servizio ha cambiato più volte denominazione, fino ad assumere quella prevista dalla normativa vigente. Nell'ultimo decennio vi è stato un forte sforzo di integrazione tra le attività sanitarie e quelle preventive, educative, riabilitative; si è inoltre cercato un più articolato rapporto col territorio, col "terzo settore", con gli enti locali . Pur in questo tipo di processi, il Servizio ha conservato come "nocciolo duro" e strutturante della propria attività l'attenzione verso il paziente-utente, e la sua famiglia: si può affermare che oggetto dell'attività del Servizio è "il Dipendente (Alcol, Tossico) " e non "la Dipendenza". 
Il gruppo di Lavoro del Servizio è attualmente composto di quattro medici, tre psicologi, due assistenti sociali, due educatori professionali, cinque infermieri professionali, un amministrativo. Vi un numero variabile di consulenti a rapporto libero professionali, impiegati soprattutto nei diversi "progetti", e di frequentatori volontari. In particolare si segnala la attività di medici iscritti alla Scuola di Specializzazione in Tossicologia Medica e alla Scuola di Perfezionamento in Medicina delle Farmacotossicodipendenze dell'Università di Padova, con cui il Servizio è convenzionato.
Nel SerT di Dolo si è strutturata un'area che si occupa di Disturbi del Comportamento Alimentare, visto come ambito che presenta caratteristiche psicopatologiche e comportamentali analoghe a quelle dei Disturbi da uso di Sostanze (D.S.). Si nota infatti un'elevata prevalenza di condotte alimentari alterate tra i familiari di pazienti con D.S., e in giovani pazienti che si presentano a noi per consumo di ectasy, alcol, amfetamine, cocaina, alcol (Gentile e coll. 1998).
Si rimanda ad altra pubblicazione per la descrizione del funzionamento di questa struttura nelle componenti "tecniche" (D.Orlandini e M.Cibin, 1993). 
Scopo di questo lavoro è descrivere come in questa specifica realtà siano stati siano stati affrontati taluni problemi di comune riscontro nel lavoro alcologico nel SerT.

 

Il quadro normativo: "Alcologia Veneto"

 

Interessato in maniera particolare dai problemi connessi alluso di alcol (Naccarato e coll, 1984 a), il Veneto è stata una delle prime Regioni ad affrontare in maniera organica i problemi connessi alla prevenzione, cura e riabilitazione dell'alcolismo e dei problemi alcolcorrelati. Il DGR. individua la "rete alcologica" istituzionale come composta dai Medici di famiglia (MMG), dai SerT, da taluni reparti ospedalieri ed universitari e dai gruppi di autoaiuto (CAT ed AA). Per la prima volta viene definita in un atto deliberativo l'importanza di queste associazioni nella fase riabilitativa e la loro "pari dignità", reciproca e confronti delle componenti professionali. La stessa deliberazione istituisce presso SerT, Reparti Ospedalieri ed Universitari, tredici servizi alcologici di II livello, finanziati per sviluppare specifici progetti . Tra questi il SerT di Dolo ha il compito di studiare i "casi difficili" e di collaborare alla formazione alcologica a livello regionale (Cibin M., 1995, 1997). 
La Riforma Sanitaria ed il processo di aziendalizzazione, come pure l'istituzione del Dipartimento delle Dipendenze portano in primo piano la necessità di dare stabilità alla organizzazione alcologica, e di definirne collocazione, obiettivi, e strumenti di valutazione. Nella nostra Regione questi temi sono oggetto di attenta valutazione, una valutazione comunque fortemente contestualizzata al quadro più generale delle Dipendenze. Sia infatti l'ipotesi di istituire specifiche entità operative alcologiche nell'ambito dei Dipartimenti, sia quella di "fondere" quanto più possibile alcolismo e tossicodipendenze presentano pro e contro, che dovranno essere valutati in sede locale. Due esempi: la forte tendenza al poliabuso presso i giovani ci porta a ritenere altamente probabile nel prossimo decennio una coincidenza "di fatto" delle problematiche; d'altra parte nella attualità si riscontrano resistenze da parte di alcolisti non fortemente deteriorati dal punto di vista sociale ad essere accolti nelle medesime strutture dedicate ai tossicodipendenti. Il problema va a mio parere valutato caso per caso, tenendo comunque presenti che pur essendo alcolismo e tossicodipendenza "primi cugini" hanno anche punti di differenziazione. In conclusione, pur ritenendo il trend prevalente quello verso la unificazione, esso va visto come un processo, comprendente momenti valutativi e formativi, più che come un evento legato a malintesi dettati epidemiologici o a decisioni calate dall'alto.
Al di là dei problemi aperti l'orientamento regionale è di andare verso un superamento della fase sperimentale ed a un consolidamento della organizzazione già delineata, oltrechè di introdurre criteri di valutazione e di accreditamento. A questo fine la Regione si è recentemete dotata di uno strumento “intermedio”, il Centro di Riferimento Alcologico Regionale, “mediatore” delle relazioni tra Regione ed entità periferiche, sia pubbliche che del terzo settore. Tra i compiti del Centro la realizzazione del Sistema Informativo Regionale Alcologia Veneto (S.I.R.A.V.).

 

I PROBLEMI APERTI

 

Ho parlato del quadro normativo perché la soluzione di taluni problemi discende dal chiarimento di quest'ultimo: talune soluzioni prospettate in questo capitolo sono probabilmente incompatibili con le scelte di regioni diverse, pur essendo i problemi relativamente simili.
Tra questi ricordiamo:
Il sommerso: i pazienti afferenti ai Servizi sono una minima parte dei pazienti "con problemi". E' possibile una politica di "bassa soglia " in alcologia?
I giovani : nuovi e diversi stili comportamentali ma l'alcol come sostanza ubiquitaria;
Doppia diagnosi psichiatrica;
Le strutture: rete territoriale, SerT, ricovero riabilitativo, comunità terapeutiche, strutture intermedie.

 

IL SOMMERSO

 

Per chi opera in questo campo appare naturale chiedersi come mai gran parte die problemi alcolcorrelati non giunge Mi alla osservazione delle strutture sociosanitarie, o vi giunge troppo tardi, o, se vi giunge, la etiologia alcolica viene spesso misconosciuta. Le risposte sono varie e attingono sia alle caratteristiche dei pazienti sia alla scarsa attenzione per il problema.
La riflessione interna al nostro gruppo di lavoro ci ha portato alla fine degli anni ottanta alla consapevolezza che il numero di alcolisti trattati, ragguardevole se visto dal nostro versante, era in realtà scarsamente incidente sulla realtà del fenomeno nel territorio. Da un lato era tuttavia impossibile pensare di incrementare la attività del Servizio oltre certi limiti, dall'altro si poteva legittimamente pensare che pazienti afferenti ad un Servizio denominato "Servizio di Alcologia" avessero comunque minimamente considerato di affrontare il problema. Restava completamente scoperto il problema dei "precontemplatori", cioè tutti coloro che non considerano il bere un problema e comunque non intendono agire per un cambiamento (Cervi e coll., 1984, Miller e Rollnick, 1994)
Si è venuto quindi delineando un modello tendente a coinvolgere nel primo livello di intervento operatori sociosanitari e altre persone chiave (Medici di Medicina Generale, Servizi Sociali comunali, Operatori di strada, Operatori da casa di riposo, Volontari della C.R.I, altri Gruppi organizzati..) che nella loro attività hanno l'occasione di vedere questi pazienti non in quanto tali, ma come portatori di problemi diversi. In questa ottica si è cercato di aumentare la consapevolezza del rischio alcolcorrelato, la capacità di individuazione precoce, e soprattutto, di fornire le basi per un approccio "motivazionale" su questi problemi. Si è inoltre cercato di stimolare il contatto diretto con i gruppi di autoiuto e le comunità multifamiliari. 
Particolarmente interessante appare l'attività svolta con i Medici di Medicina generale (MMG). Essa è stata preceduta da una fase di preparazione con i rappresentanti con i medici stessi ed e consistita in una fase rivolta ai colleghi "tutors" della Scuola di formazione specifica in Medicina Generale della Regione Veneto. In questa prima fase si sono svolti due incontri di due giorni, con la partecipazione di circa 60 MMG, e di una fase rivolta ai MMG del nostro territorio La seconda fase è consistita in incontri in gruppi di 8-12 medici. Hanno partecipato 65 MMG su 90 ( 72%). Si è utilizzata una metodologia didattica interattiva tendente a lasciare ai colleghi la individuazione delle strategie migliori applicabili nel loro peculiare setting. L'approccio al paziente tipico del MMG comporta rilevanti modificazioni nell'approccio a questi pazienti, ma anche la possibilità di interventi di fatto assai difficili in situazioni diverse: il paziente è già conosciuto ed i problemi possono essere colti nel loro formarsi; il "medico di famiglia" ha una importante valenza educativa sul singolo e sul nucleo familiare ( Brignoli e coll, 1988). A seguito di questi interventi notiamo un cambiamento nelle caratteristiche dei paziente afferenti al Servizio. Mentre fino ad alcuni anni fa prevalevano nettamente alcolisti "non complicati", attualmente il 75% dell'utenza presenta importanti problematiche psicopatologiche , familiari e sociali. E' altresì aumentato l'invio "diretto" ai gruppi di autoaiuto. Il Servizio di Alcologia si sta dunque ricollocando come agenzia di II livello, ricevendo pazienti già "selezionati" e svolgendo attività di formazione e consulenza per professionisti, enti e ed agenzie diverse. D'altro canto un crescente numero di situazioni problematiche vengono valutate ed affrontate nel "primo livello": si sono così creati i presupposti per quell'intervento di "bassa soglia" cui accennavamo dianzi.

 

I GIOVANI

 

Nell'universo giovanile "bere alcolici" si colloca in un pattern comportamentale caratterizzato da una serie di "comportamenti a rischio" tra cui l'uso di sostanze diverse (extasy, cannabis, Bdz, LSD, Cocaina ed altri derivati della coca), comportamenti sessuali, ricerca di sensazioni "forti (guida ad alta velocità, musica a tutto volume, alterazione dei ritmi circadiani…).Le sostanze citate sono scelte dai consumatori (o sono proposte dall'attento marketing della criminalità organizzata) in quanto ritenute meno pericolose per la salute (non si iniettano, l'effetto passa in tempi relativamente brevi) e per il rischio di divenirne dipendenti (sono principalmente eccitanti, per cui i segni di fisici di astinenza compaiono relativamente tardi). Il nuovo consumatore ha ben presente lo stereotipo del "tossico" da eroina, schiavo della "roba" e di una vita persa a cercarla, macilento, fisicamente e psichicamente deteriorato. Tale stereotipo non può andare d'accordo con i modelli di efficienza, di "sballo" senza conseguenze, di inserimento sociale anche ad alto livello perseguiti da questa generazione. Anche quando comunque giunge all'eroina il giovane consumatore pone più attenzione alla conservazione di una immagine sociale accettabile. 
Questa "vita spericolata" ha i sui momenti forti nel fine settimana, in luoghi deputati (discoteche, rave-party, pub, locali "trendy" di varia collocazione) e viene organizzata in maniera da interferire meno possibile con la vita "normale" (scuola, lavoro..). Cuore e motore è il gruppo dei pari, che si organizza per fornire un "pacchetto" di abitudini, stili comportamentali, espressioni gergali, regole di condotta fortemente condiviso. In questo contesto l'uso di alcolici appare ubiquitario, quasi un "facilitatore" degli altri comportamenti: aumenta l'effetto delle altre sostanze (e dei comportamenti descritti), a dosi maggiori calma l'eccitamento. Droga economica e facilmente reperibile, non viene percepita come "droga": la consapevolezza del rischio alcolcorrelato è vicina allo zero (Salvagnini e Zavan, 1988) La chiusura verso il mondo degli adulti e verso le istituzioni, che di tale mondo sono la forma organizzata e "repressiva ", è totale.
Da quanto illustrato si evince quanto sia difficile un intervento anche solo conoscitivo, rispetto a questi soggetti. Le pubblicazioni sul tema sono per lo più condotte con criteri giornalistici, e dunque basate su contatti individuali e opinioni degli autori; tali autori sposano ipotesi "catastrofiste" o "minimizzanti" sulla base di impressioni personali. Mancano quasi del tutto indagini condotte con criteri scientifici e che possano considerarsi significative dell'intero fenomeno. E' importante dunque in primo luogo identificare modalità di contatto che permettano di osservare e capire il fenomeno, prima di progettare interventi . Le modalità di contatto finora identificate sono sostanzialmente tre: 
1) Contatto in situazioni "cliniche";
2) Contatto nella "vita normale", nella scuola, nel lavoro;
3) Contatto nei luoghi stessi della "vita spericolata".
La prima ipotesi riguarda un limitato numero di soggetti che si rivolgono alle strutture sanitarie per lo più in situazioni acute, oppure perché inviati da autorità giudiziarie o amministrative, o ancora che sono già in contatto con tali strutture per problemi diversi (es. eroinomani in trattamento SerT che iniziano ad usare extasy o cocaina). Questi contatti, in aumento negli ultimi tempi, riguardano un limitato numero di situazioni particolari, probabilmente scarsamente indicative del quadro generale. Possono tuttavia costituire il primo passo per "farsi un'idea della situazione.
La seconda ipotesi riguarda indagini sistematiche condotte su campioni di giovani studenti o lavoratori. Il limite di queste ricerche è rappresentato dalla distorsione dei risultati che può essere creata dalla tendenza a "separare" i momenti ludici da quelli "seri", dalla già accennata diffidenza verso gli adulti, dal timore di interventi repressivi. Bisogna individuare con attenzione cosa si sta cercando, e gli strumenti appropriati a farlo. 
La terza ipotesi riguarda la creazione di momenti "diversi" negli stessi luoghi di aggregazione, ove sia possibile parlare, riposarsi, reidratarsi. In tali situazioni si possono organizzare momenti di contatto usando "mediatori" sentiti come non invasivi ed utili dai ragazzi, quali operatori "informali" (gli stessi operatori del locale, opportunamente addestrati), o offerta di "servizi" come il dosaggio dell'alcol nell'espirato (Bertinaria e coll. , 1995).
Per quanto riguarda il SerT-Alcologia di Dolo, abbiamo condotto una ricerca su 263 studenti di scuola superiore della zona, cercando di rilevare la percezione del rischio e del benessere rispetto a taluni comportamenti indicati dai ragazzi stessi come "trasgressivi". L'indagine si è articolata in una fase di discussione di queste problematiche; da tale discussione si è costruito un questionario somministrato a tutti gli studenti; in una terza fase sono stati discussi in piccoli gruppi i risultati del questionario. Tra i primi dati colpisce la presenza tra coloro che maggiormente attuano comportamenti a rischio di una importante quota in cui tali comportamenti non sono collegati alla percezione di benessere (come avviene nella maggioranza dei casi) (Amovilli e coll. 1997). Si tratta probabilmente di una sottopopolazione rispetto alla quale andranno differenziati gli interventi. Viene comunque confermato, anche rispetto a precedenti indagini (Naccarato e coll., 1984 b, Canton e Lalli, 1988;), la diffusa abitudine al consumo di alcolici nelle circostanze già indicate e la scarsissima o nulla percezione di un rischio connesso a tale uso.
Ci stiamo attrezzando per la organizzazione di una unità mobile con possibilità di dosaggio dell'etanolo nell'espirato e misura dei tempi di reazione, allo scopo di fornire nel contempo una indicazione rispetto alla abilità alla guida, ed una occasione di contatto con le modalità indicate al punto 3. Tale unità mobile non si limiterà ad essere presente nei luoghi di aggregazione giovanile, ma costituirà un punto di riferimento nelle diverse occasioni del bere "sommerso" quali feste popolari, o di partiti ed associazioni, stadi… Alla unità mobile sarà collegato un Centro di aggregazione che fornisca una alternativa alla "vita spericolata".
In conclusione, l'alcol costituisce una importante componente della vita del "popolo della notte": sono necessari interventi conoscitivi e preventivi che tengano conto di questo aspetto, e interventi terapeutici per quei casi già problematici che, temo, si presenteranno sempre più frequentemente

 

DOPPIA DIAGNOSI PSICHIATRICA

 

Il Servizio di Alcologia di Dolo si è occupato di questo tema, dunque dei pazienti con un Disturbo Mentale associato all'alcolismo, nell'ambito dell'obiettivo "Casi difficili" di Alcologia Veneto.
Rispetto a questo argomento vi sono notevoli incertezze e motivi di confusione:
La Dipendenza Alcolica è classificata sia dal sitema americano DSM sia dall'ICD dell'Organizzazione mondiale della Sanità come Disturbo Mentale.
Numerosi studi indagano sui problemi psichici antecedenti all'uso di alcol. Questi studi portano alle conclusioni più varie. Non è possibile oggi indicare un unico disturbo mentale, o una condizione psichica come specificamente associata allo sviluppo di alcolismo;
Numerosi studi riportano un elevata incidenza di Disturbi Mentali (in primo luogo Disturbi affettivi, Disturbi d'ansia e Disturbi di Personalità) sia durante l'uso di alcol sia dopo la sua sospensione. 
Per quanto riguarda il punto uno, esso ha principalmente un valore speculativo. E' curioso infatti come una intera classe di Disturbi Mentali, i Disturbi da uso di Sostanze, non sia di fatto riconosciuti come tali dagli stessi psichiatri. Si tratta sicuramente di situazioni complesse, in cui la sola definizione come Disturbo Mentale può apparire riduttiva ed astratta. Ritengo tuttavia importante recuperare tra le altre la dimensione delle Dipendenze come condizioni che innescano specifici processi comportamentali e di pensiero (che taluni autori indicano come "addictive personality") che ad un certo punto divengono relativamente autonomi dall'uso della sostanza stessa e come tali si innestano sulla personalità di base (si pensi ad esempio ai fenomeni della negazione e della minimizzazione nell'alcolista). A loro volta questi processi di pensiero danno origine a sintomi psichici (tornando alla negazione, al suo massimo grado essa comporta la perdita del senso della realtà, dunque delirio e derealizzazione), che non sono semplicemente derivanti dalla intossicazione o dalla astinenza, ma sono propri della Dipendenza. Sarebbe assai interessante studiare tali fenomeni in una prospettiva psicopatologica (Ludwig A.N., 1988; S. Brown, 1985; Mazzotti e coll. 1990; G.P. Guelfi e coll. 1998, degli Stefani e Cibin, 1998).
Da un punto di vista pratico possono verificarsi le seguenti condizioni:
a) un sintomo psichico o un vero e proprio Disturbo mentale sono conseguenza della intossicazione acuta, cronica o della astinenza; in questo caso scompaiono dopo 3-5 settimane di astinenza senza alcun specifico intervento;
b) un sintomo psichico che perdura oltre tale tempo può
- essere espressione della appetizione patologica (craving) (da taluni definito astinenza protratta);
- essere espressione di un Disturbo Mentale concomitante.
La situazione di gran lunga più frequente è quella riportata al punto 1, per cui è buona norma prima di porre una diagnosi psichiatrica osservare il paziente in condizioni di astinenza. Salvo evenienze particolari, è dannoso, o quanto meno inutile intervenire con psicofarmaci prima di aver verificato quanto sopra ( Cibin e coll, 1996; degli Stefani e Cibin. 1996). 
Presso il Servizio di Alcologia – SerT di Dolo è stato istituito un Ambulatorio Alcologico "Doppia Diagnosi". L'ambulatorio si rivolge ad utenti per i quali il referente principale, sia esso interno o esterno al Servizio stesso, sospetti la presenza di un Disturbo Mentale concomitante. Si occupano di questo ambulatorio due medici psichiatri e due psicologi convenzionati; uno psichiatra della Clinica Psichiatra dell'Università di Padova funge da supervisore. 
L'ambulatorio applica un protocollo diagnostico che comprende: – accoglienza del paziente (è richiesta dall'inviante una relazione scritta); – ricovero ove il paziente sia intossicato o provenga da troppo lontano; -valutazione tosssicologica completa (alcol, droghe, farmaci); – valutazione medica, psichiatrica, motivazionale e familiare; – valutazione psicometrica; – indicazione terapeutica; – rinvio alla struttura di riferimento con lettera comprendente Diagnosi DSM IV, relazione clinica, indicazioni di trattamento.
Presso L'Ambulatorio "Doppia Diagnosi" sono stati valutati dall'Aprile 1996 al Settembre 1997 48 pazienti (M30 F18) di cui 41 (85.5%) provenienti da Aziende Sanitarie diverse. Circa un terzo di questi ultimi era inviato da strutture alcologiche presso Sert, mentre i restanti provenivano da Servizi Psichiatrici, o altri reparti ospedalieri. In 28 casi è stata confermata l'ipotesi di un o più Disturbi mentali associati all'alcolismo (58%); negli altri 20 pazienti i problemi riferiti erano attribuiti alla Intossicazione alcolica stessa, o a resistenza al trattamento, per lo più dovuta a scarsa motivazione, o al persistere di problemi all'interno della famiglia.
E' necessario dunque essere in grado di porre una corretta diagnosi psichiatrica, eventualmente applicando il protocollo diagnostico da noi validato; è altresì importante non attribuire tutte le difficoltà del trattamento a Disturbi mentali sensu strictu. Una accurata valutazione della famiglia e della persona, anche rispetto alla condizione motivazionale, può portare a conclusioni diverse.

 

LE STRUTTURE

 

Di alcune ipotesi di strutture differenziate ho già accennato nel testo. Voglio qui brevemente ricordare due realtà che si sono dimostrate molto utili nel lavoro con pazienti complessi, o con scarse risorse personali e sociali, in prevalenza anziani e psichiatrici: Il Centro Diurno Alcolisti ed il Ricovero Alcologico.
Il Centro Diurno Alcolisti, realizzato nell'ambito del progetto Alcologia Veneto, accoglie con un programma semiresidenziale a forte impronta educativa e riabilitativa da dieci a quindici pazienti con le caratteristiche già enunciate, per un periodo medio di un anno. Il Centro Diurno Alcolisti è in costante collegamento con i Servizi Sociali per prestazioni assistenziali (assistenza domiciliare, accompagnamento, assistenza economica, inserimenti lavorativi), e con le famiglie, ove presenti.
Al termine del programma gli utenti vengono gradualmente inseriti in situazioni "tradizionali".
Con un approccio semiresidenziale è stato possibile ottenere buoni risultati con una categoria di utenti considerati "impossibili" rispetto ad approcci meno contenitivi e strutturanti (Cibin e coll, 1986; Segantin e coll, 1985).
Col termine Ricovero Alcologico intendo un ricovero ospedaliero o in strutture sanitarie ad indirizzo riabilitativo finalizzato ad un trattamento intensivo con preminenti componenti motivazionali ed educative, e con la partecipazione attiva dei gruppi di autoaito e delle comunità multifamiliari. Il fuoco non è dunque sulla disintossicazione e sulle patologie correlate, come nel ricovero "tradizionale" , ma sulla crescita della motivazione, e sulla individuazione degli strumenti attraverso cui operare un cambiamento. Obiettivo del ricovero è infatti l'inserimento del paziente in una struttura pubblica o del terzo settore nel territorio da cui proviene. Questo approccio, sinora svolto in tono minore in collaborazione con la Divisione di Neurologia dell'Ospedale di Dolo, verrà ampliato e sistematizzato nel corso del prossimo anno.

 

CONCLUSIONI

 

Con questo lavoro ho tentato, descrivendo alcune situazioni di attualità per chi si occupa di alcologia, e di suggerire alcuni possibili approcci, sulla base della "storica" esperienza del Servizio di Alcologia di Dolo. 
Al di là degli aspetti "tecnici" , il messaggio riguarda anche il nostro lavoro, la sua complessità e la sua ricchezza. Complessità e ricchezza che sono intrinseche alle problematiche da noi affrontato, se non le "sterilizziamo" in strutture ed in ideologie rigide. 
E' sempre piu sentita la esigenza di differenziare interventi e strutture sulla base della tipologia degli utenti. Alcune di queste ipotesi di differenziazione (strutture di II livello, ambulatori dedicati, unità mobili) sono state descritte nel testo. Non si tratta, sia ben chiaro, di istituire l'ennesima superspecialità, forzosamente astratta dalle reti sociali. L'intervento di rete è alla base della magggior parte del lavoro di prevenzione, cura, riabilitazione dell'alcolista. Tale intervento va comunque calibrato sull'individuo: le differenti strutture tentano da un lato di rispondere nella maniera più completa possibile a quest'ultima esigenza, dall'altro si intrecciano con le realtà territoriali, senza le quali resterebbero isole infelici ed inutili.
. I fermenti che attraverso l'ambito sociosanitario nel nostro paese, la ridefinizione del ruolo dei SerT, degli Ospedali, delle strutture territoriali, dei MMG, del terzo settore, la istituzione dei Dipartimenti per le Dipendenze, possono essere altrettante occasioni per riformulare il nostro ruolo, per ribadire ancora una volta la centralità del problema "alcol".

 

 

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