Con la collaborazione di: Aldrovandi R., Benedetti A., Bosi R., Bronzoni B., Coppola E., Dallai N., Di Buono A., Manicardi E., Martinelli F., Poldi M., Sangiorgi A., Siligardi S., Zannini A.
Riassunto: il presente articolo ripercorre le motivazioni cliniche ed organizzative, che hanno indotto alla costituzione di un punto unico di accesso multidisciplinare e multimodulare presso l’Azienda USL di Reggio Emilia deputato specificamente alla cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare. Il punto focale è l’ipotesi che un intervento multidisciplinare e multimodulare abbia un grado di efficacia maggiore nella cura di problematiche multicausali come i disturbi del comportamento alimentare. Centrali sono pertanto la spiegazione della multidisciplinarità del Sistema DCA (intesa non come giustapposizione di professionalità diverse, ma reale condivisione delle competenze e interscambio tra i punti di vista derivanti dalle differenti discipline), e l’esemplificazione della multimodularità dell’intervento (la proposta di un intervento specifico è motivata dalla valutazione della fase di cambiamento in cui il paziente e la sua famiglia si trovano).
Parole — chiave: anoressia, bulimia, multisciplinarità, multimodularità, fase di cambiamento, valutazione multi — assiale, personalizzazione del trattamento, Percorso Qualità
Summary: this article takes into examination the clinical and organisational reasons that induced to constitute a multidisciplinary and multimodular point of access at the Azienda USL (Reggio Emilia) specifically appointed for the treatment of the behaviour eating disorders. We suppose that a multidisciplinary and multimodular treatment is a more efficacious cure for the multicausal problems, such as the behaviour eating disorders. The DCA System is multidisciplinary: it isn’t a juxtaposition of the different professions, but the professionals share the competence and exchange the points of view of the different disciplines. The cure is multimodular: the professionals propose a specific treatment on account of the phase of a change of the patient and his family.
Key words: anorexia, bulimia, multidisciplinary, multimodular, phase of a change, multi — axial evaluation, personalised treatment, System of Quality
Résumé: cet article examine les raisons cliniques et organisationelles, qui ont poussé à la constitution d’un point d’accès unique multidisciplinaire et multimodulaire chez l’Az. USL de Reggio Emilia spécifiquement dédié au traitement des troubles alimentaires. L’hypothèse est que un traitement multidisciplinaire et multimodulaire aura une efficacité supérieure pour des problèmes multicausals tels que les troubles alimentaires. Le Système DCA est multidisciplinaire: il n’y a pas une juxtaposition de différentes professions, mais les opérateurs partagent effectivement leurs compétences et ils échangent leurs points de vue. Le traitement est multimodulaire: on propose une cure spécifique tenant compte de la phase de changement du patient et de sa famille.
Mots clé : anorexie, boulimie, multidisciplinaire, multimodulaire, phase de changement, évaluation multi — axiale, traitement personnalisé, Système de Qualité
Nascita del Sistema DCA (motivazioni e modalità)
Un anno fa nasceva il Sistema DCA. L’Azienda USL di Reggio Emilia, in collaborazione con l’Arcispedale Santa Maria Nuova, riconosceva prioritaria la costituzione di un’équipe multidisciplinare che potesse dare una risposta mirata ed efficace all’incidenza e alla prevalenza, in netto e preoccupante aumento, dei Disturbi del Comportamento Alimentare.
La creazione del Sistema DCA è stata possibile grazie ad un grande sforzo di riordino e di riorganizzazione di vari Dipartimenti e Servizi: ogni professionista che ne fa parte, infatti, possedeva già una propria specifica competenza o all’interno dell’Azienda USL o dell’Arcispedale SMN. Lo svolgimento delle precedenti mansioni è continuato all’interno delle rispettive aziende, affiancato dai nuovi compiti e responsabilità previsti dal ruolo assunto all’interno del recentemente istituito Sistema DCA, multidisciplinare e multimodulare.
Multidisciplinare in quanto prevede la compresenza di diverse professionalità (internista, dietista, psichiatra, psicologo, educatore, assistente sociale), che si occupano dei differenti aspetti della malattia; si tratta infatti di disturbi complessi, multicausali e con manifestazioni patologiche su molteplici versanti: organico, nutrizionale, endocrino, comportamentale, cognitivo, affettivo, relazionale. La paziente anoressica esprime il proprio profondo senso di inadeguatezza, la bassa stima di sé e il disagevole sentimento che nella propria famiglia e nel mondo non esista un "posto" anche per lei attribuendo un’eccessiva importanza alla propria immagine corporea e ingaggiando una lotta senza fine con il cibo e con i propri bisogni fisiologici: l’acquisizione di una propria identità e del proprio diritto di essere nel mondo passa attraverso l’obiettivo, mai sufficientemente raggiunto, di essere magra, efficiente e capace di sopravvivere in condizioni che solo un essere veramente "speciale" può sopportare: niente cibo, niente riposo, nessuna gratificazione. D’altra parte, gli effetti che il prolungato digiuno, l’apporto irregolare e insufficiente di sostanze nutritive e le pratiche purgative hanno sulle funzioni psicologiche (ridotta capacità di concentrazione, idea prevalente del cibo che spesso diventa un vero e proprio pensiero ossessivo, ridotta tolleranza alla frustrazione, irritabilità,…), sulle relazioni interpersonali, familiari e non (progressivo ritiro sociale del paziente, difficoltà a mangiare con gli altri, insofferenza di fronte alle insistenze e alla preoccupazione della famiglia…), oltre che sugli aspetti organici, metabolici, endocrini e nutrizionali (calo ponderale rilevante, amenorrea, anemia, ipopotassemia, complicanze cardiache,…), evidenziano come l’aspetto organico e quello psicologico siano nei Disturbi del Comportamento Alimentare strettamente interconnessi. Questo è valido non solo nel manifestarsi della malattia così come essa si presenta agli occhi del clinico, ma anche nel vissuto del paziente, che porta al terapeuta (se quest’ultimo è stato in grado di instaurare una buona relazione) un groviglio molto confuso e, almeno all’inizio, inestricabile di problematiche, dalle calorie contenute nella verdura alla perdita di una relazione importante, dalla stipsi al desiderio di maternità, dai pensieri autosoppressivi alle strategie per vomitare indisturbato, con scarsa attenzione al fatto che il professionista che si trova di fronte sia un educatore professionale, un medico di medicina interna, un’assistente sociale, uno psicologo, uno psichiatra o un dietista. È solo con il tempo che il paziente riuscirà a differenziare i diversi aspetti della propria malattia e del proprio disagio; è uno degli obiettivi a lungo termine del trattamento il fatto che il paziente impari ad esprimere e ad affrontare il proprio dolore senza mettere così gravemente a repentaglio la propria stessa sopravvivenza.
Sono questi i motivi per cui "multidisciplinare", nel nostro Sistema DCA, non significa giustapposizione di professionalità diverse, ma reale condivisione delle competenze e interscambio tra i punti di vista derivanti dalle differenti discipline: un modo per fronteggiare la complessità.
Il Sistema DCA è anche multimodulare: partendo dal presupposto che al centro della cura stanno il paziente e il suo contesto, con bisogni, difficoltà, risorse e gradi di consapevolezza di malattia che variano nel tempo, la proposta di un intervento specifico è motivata dalla valutazione della fase di cambiamento in cui il paziente e la sua famiglia si trovano. Con pazienti che si trovano in "fase pre — contemplativa" (ossia che negano una qualsiasi connessione tra i loro problemi e un Disturbo del Comportamento Alimentare, di cui misconoscono l’esistenza), si tenta l’aggancio seguendo la via di minore resistenza e accettando, almeno inizialmente, la lettura che il paziente fa della propria situazione (ad esempio, si crea un aggancio prettamente medico, se il paziente è disposto ad ammettere solo problematiche organiche quali disturbi gastrici o intestinali). Alcuni pazienti pre — contemplativi non si presentano nemmeno al Sistema DCA: la loro situazione è segnalata da genitori spesso angosciati che esprimono un senso di impotenza paralizzante. Essi sono indirizzati al counselling per la coppia genitoriale, soprattutto se madre e padre danno spiegazioni contrastanti della malattia del figlio, se esiste un forte imbarazzo a raccontarsi in un gruppo di genitori che si trovano in una situazione analoga, se c’è un’elevata conflittualità nella coppia.
I pazienti "contemplativi", invece, riconoscono di soffrire di un Disturbo del Comportamento Alimentare e sono consapevoli della connessione esistente tra il DCA e le problematiche di vita quotidiana che si trovano ad affrontare (ad esempio mettono in relazione rabbia e digiuno, conflitto interpersonale e abbuffata), ma non sono ancora motivati al cambiamento. Il rinforzo della motivazione è una componente importante di tutti gli interventi proposti dal Sistema DCA, ma è l’obiettivo principale soprattutto del gruppo di sensibilizzazione per pazienti con DCA e del gruppo psico — educativo per genitori e familiari. La finalità che ci si prefigge è l’accesso del paziente e del suo contesto alla "fase di determinazione", momento in cui essi, riconosciuto il desiderio di liberarsi dal sintomo, maturano la decisione di fare qualche cosa per modificare la situazione attuale e manifestano una maggiore disponibilità al cambiamento, pur essendo piuttosto preoccupati (dal cambiamento in quanto tale e dal fatto di non sapere ancora "che cosa" si possa fare). L’intervento (o gli interventi) che l’équipe propone (psicoterapia individuale o di gruppo, terapia familiare, trattamento residenziale, semiresidenziale, ospedaliero, nutrizionale, atelier…) è calibrato sulle condizioni organiche del paziente (è sufficiente un trattamento ambulatoriale?), sulla situazione familiare (quali sono le competenze genitoriali? in riferimento alla classificazione delle famiglie come "barricata, coartata, litigiosa, disorganizzata, depressa", qual è la categoria cui la famiglia in esame maggiormente si avvicina? ci sono modelli familiari di interazione e di comunicazione patogeni? è opportuno un allontanamento dal contesto?), sulla diagnosi formulata in fase di valutazione (il DCA si associa ad altre patologie quali depressione, psicosi, altre forme di dipendenza? è associato a un disturbo di personalità grave ed eventualmente di che tipo? qual è la struttura di personalità del paziente?). Nella "fase di azione" il paziente e la famiglia cominciano a modificare effettivamente alcuni comportamenti (cambiamenti a livello del sintomo, ma non solo: modalità di comunicazione e di relazione, lettura della malattia e della sua insorgenza, mentalizzazione del conflitto dipendenza — autonomia). Nella "fase del mantenimento" i pazienti e le loro famiglie, che nel frattempo hanno proseguito lungo un percorso evolutivo di cambiamento efficace, si misurano con una sintomatologia molto ridotta o del tutto assente, ma hanno bisogno di supporto e di regolari controlli (sul piano organico e psicologico, con il ricorso eventualmente anche a gruppi di auto – aiuto), spesso perché persistono aspetti di rigidità che in futuro, in un momento di particolare stress emotivo, potrebbero rendere più probabile una "fase di ricaduta". Se quest’ultima si dovesse verificare, eventualità tutt’altro che remota, come del resto per tutti i quadri di dipendenza, è importante che il paziente e la sua famiglia sentano di potersi di nuovo affidare ai terapeuti del Sistema DCA, a fianco di iniziative di self – help alle quali eventualmente stanno partecipando. Deve essere data loro l’opportunità di puntualizzare la situazione, con gli obiettivi di comprendere come la ricaduta si inscriva nel percorso evolutivo del paziente, dotarla di senso, superarla ed elaborare il vissuto di fallimento che da essa inevitabilmente deriva.
Ecco quanto è stato fatto finora dal Sistema DCA per realizzare quelli che fin dall’inizio sono stati dichiarati essere gli obiettivi primari e le motivazioni stesse della costituzione dell’équipe: la muldisciplinarità e la multimodularità appunto.
Come riportato anche sul depliant informativo destinato all’utenza e in distribuzione già dal momento dell’apertura al pubblico (14 gennaio 1999), fanno parte del Sistema DCA psichiatri, psicologi, assistenti sociali, medici di medicina interna, dietisti, educatori professionali, amministrativi.
Le diverse figure professionali si incontrano in riunione (organizzazione del lavoro, definizione dell’iter diagnostico e di trattamento, suddivisione delle responsabilità, costruzione della cartella clinica…) ogni 15 giorni, a partire dal 14 giugno 1998; i verbali, numerati in ordine progressivo, sono la prova documentale e la memoria storica di quanto discusso e deciso nel corso di più di un anno di incontri.
A partire dal novembre 1998, l’équipe si riunisce inoltre ogni venerdì mattina, dalle 11.00 alle 13.00, per la discussione casi (esistono i verbali anche di queste riunioni a partire dall’inizio di aprile 1999). È questo un momento di importanza cruciale nel funzionamento del nostro Sistema: è qui che i diversi professionisti che hanno visto il paziente, ciascuno con le proprie competenze e con gli strumenti specialistici della propria professione, condividono le proprie valutazioni diagnostiche e progettano insieme il percorso terapeutico che verrà proposto al paziente ed alla sua famiglia. Durante la riunione d’équipe inoltre tutti i professionisti vengono tenuti al corrente di come procede il trattamento dei pazienti in carico e si decide, eventualmente, di passare ad una fase successiva del trattamento o di modificare il percorso che era stato progettato per quel paziente al momento della presa in carico.
L’iter terapeutico è per ogni paziente non solo personalizzato, ma sempre in fieri: non esistono rigidi schemi di cura applicabili indistintamente a tutti i pazienti sulla base di una comune diagnosi, ma programmi che vengono invece progettati tenendo conto in ogni momento della condizione del paziente (è necessario un ricovero o il paziente è abbastanza compensato da poter essere seguito a livello ambulatoriale?), della spiegazione che il paziente dà a se stesso e agli altri della propria condizione, del suo grado di consapevolezza di malattia ("è un problema di dieta", "sto male perché non vado d’accordo con i miei genitori", "voglio essere magra e non ho alcun problema, ma sono preoccupata per il bruciore di stomaco", "sto male, ma non so perché"…), delle competenze genitoriali e della disponibilità della famiglia a collaborare attivamente al percorso terapeutico.
Accettazione e Accoglienza
Nel momento in cui al Sistema DCA viene segnalata telefonicamente una situazione (dal paziente stesso, da un familiare, dal medico di medicina generale, da un insegnante…) ritenuta pertinente, la segretaria fissa un appuntamento per il primo colloquio di accoglienza con l’educatrice. Le segnalazioni telefoniche giunte in segreteria sono state ad oggi circa 300, senza contare tutte le successive telefonate di pazienti in valutazione o in trattamento che chiedono di rimandare o di anticipare l’appuntamento, di raggiungere telefonicamente uno degli operatori, di ricevere informazioni sulle altre iniziative del Sistema DCA, sugli orari e sulla disponibilità dei professionisti. L’accettazione telefonica della domanda ha funzione di primo filtro, infatti la segretaria rivolge all’utente una serie di domande contenute in una scheda standardizzata al fine di:
- raccogliere alcuni dati essenziali per quei casi che potrebbero essere di pertinenza del Sistema DCA e che quindi sono inviati in accoglienza;
- scartare le segnalazioni che risultano in modo lampante, già in prima battuta, non pertinenti (a queste persone viene solitamente data l’indicazione di rivolgersi al medico di medicina generale o a un altro servizio deputato al trattamento del loro problema specifico). Come previsto dalla Scheda — Progetto approvata dalla Direzione Aziendale dell’Azienda USL nel giugno 1998 e preparata dal prof. U. Nizzoli con la collaborazione dei Responsabili dei Dipartimenti di Salute Mentale, Sociale e Materno — Infantile, i "confini" di competenza del Sistema DCA delimitano il campo di intervento e di assistenza prioritariamente al quadro dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa, in considerazione soprattutto dell’elevata incidenza epidemiologica e della crescita vertiginosa della prevalenza (si richiedono trattamenti prolungati nel tempo e frequenti follow up, a causa della tendenza dei Disturbi del Comportamento Alimentare alla cronicizzazione e alla recidiva). L’età di insorgenza dei DCA è nella maggior parte dei casi l’adolescenza, periodo di importanti trasformazioni psicologiche, corporee e relazionali che comportano spesso, e in modo esacerbato nel caso di questi pazienti, difficoltà a gestire i conflitti tipici della crescita, quali il cambiamento del proprio corpo, lo sviluppo sessuale, le modificazioni nel rapporto con i genitori, le prime esperienze di vita adulta. Si motiva così la scelta di considerare prioritarie le situazioni in cui il paziente è in giovane età e il disturbo è di recente insorgenza, pur offrendo anche a pazienti cronici e in età avanzata un trattamento centrato soprattutto sul rinforzo della motivazione.
Il primo colloquio è rivolto a persone con presunto Disturbo del Comportamento Alimentare o a familiari/conoscenti di persone con presunto disturbo, nel caso in cui il soggetto portatore del sintomo non sia ancora sufficientemente motivato ad intraprendere un percorso di valutazione.
Il compito dell’educatrice consiste nel raccogliere i dati anagrafici e una breve ma fondamentale anamnesi, relativa agli eventi di vita più significativi, all’insorgenza della malattia, alla composizione e alle dinamiche familiari, oltre che a motivare il paziente al trattamento. L’educatrice inoltre illustra il funzionamento del Sistema DCA e indirizza il paziente all’Area Diagnosi e Orientamento, se nel corso del primo colloquio sono emersi elementi che fanno supporre la presenza di un Disturbo del Comportamento Alimentare o che almeno non permettono ancora di escludere tale diagnosi.
L’accoglienza è anche garante dell’accesso. È suo compito assicurarsi che il paziente/cliente riceva le prestazioni previste dal programma terapeutico con lui concordato nei tempi e nelle modalità adeguati; parimenti, vigila sul rispetto dei diritti dell’utente enunciati nella Carta dei Servizi. Prossimamente gli utenti verranno invitati ad esprimere il proprio grado di soddisfazione rispetto alle prestazioni ricevute attraverso un questionario anonimo.
Il database delle segnalazioni pervenute al Sistema DCA, aggiornato al 15 aprile 2000, conta 195 casi, così distribuiti per sesso, fasce d’età e provenienza:
Femmine: 176
Maschi: 19
Fasce d’età (femmine):
<14 14-18 19-23 24-30 31-40 >40
1(0,6%) 31(17,6%) 38(21,6%) 53(30,1%) 33(18,7%) 13(7,4%)
n. r. (non rilevata): 7(4,0%)
Fasce d’età (maschi):
<14 14-18 19-23 24-30 31-40 >40
1 5 3 4 2 3
n. r. (non rilevata): 1
Provenienza (Distretto)
Reggio: 86 (44,1%)
Scandiano: 30 (15,4%)
Correggio: 8 (4,1%)
Castelnuovo Monti: 8 (4,1%)
Guastalla: 15 (7,7%)
Montecchio: 20 (10,3%)
Fuori provincia: 10 (5,1%)
Di cui: Modena: 4
Parma: 4
Bologna: 1
Cremona: 1
n. r. (non rilevata): 18 (9,2%)
L’educatrice invia il paziente al medico internista o allo psichiatra, in considerazione della via di minore resistenza opposta dal paziente in quel momento (che deriva dal tipo di lettura che egli fa del proprio disturbo) e delle sue condizioni organiche e psichiche. Se il problema è di dubbia pertinenza, l’educatrice fissa un secondo colloquio di valutazione in accoglienza, per avere l’opportunità di confrontarsi con i colleghi in équipe.
Quando si presenta al primo colloquio un familiare, solitamente un genitore, l’educatrice dà indicazione per il gruppo psico — educativo per genitori e familiari o per il counselling alla coppia genitoriale (se il paziente è in fase pre — contemplativa e la coppia genitoriale è tabuizzata socialmente).
Le due educatrici che svolgono il colloquio di accoglienza hanno finora effettuato complessivamente più di 180 prestazioni.
La Valutazione multi — assiale
Il professionista che riceve il paziente dopo il colloquio di accoglienza, oltre all’esercizio delle proprie competenze specifiche (visita internistica, prescrizione di esami e/o colloquio clinico), ha la funzione di favorire la presa di coscienza nel paziente del proprio stato di sofferenza e della complessità del proprio disturbo, e della necessità, conseguentemente, di progettare una valutazione e un trattamento dove sia gli aspetti organici sia quelli psicologico – psichiatrici siano presi in considerazione.
La prima visita psichiatrica è rivolta al paziente di nuova acquisizione per il Sistema DCA, che può aver già effettuato, o anche no, la prima visita internistica. Gli scopi della prestazione sono:
- formulare una diagnosi differenziale (accertare la presenza di un Disturbo del Comportamento Alimentare di rilievo clinico o subclinico e verificare se esso si associ oppure no a una problematica psichiatrica quale disturbo di personalità grave, depressione, psicosi…)
- rinforzare la motivazione al trattamento
- negoziare i successivi passaggi del percorso di valutazione e della fase di trattamento
- indirizzare il paziente alle altre figure professionali del gruppo di valutazione e diagnosi del Sistema DCA.
La consulenza psichiatrica si articola di norma in più incontri (almeno un paio), necessari per mettere meglio a fuoco la diagnosi e per poter riflettere in équipe sui possibili percorsi di trattamento che il paziente potrebbe intraprendere. Alla fine della valutazione, un professionista individuato dall’équipe restituisce al paziente il risultato della fase diagnostica e gli propone il progetto terapeutico che l’équipe ha formulato. Nel caso in cui si rilevi l’opportunità di un trattamento psicoterapico individuale, il paziente lo intraprende con uno psicoterapeuta del nostro Sistema o di altri servizi collegati al Sistema DCA (Settore di Psicologia Clinica, Servizio di Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento Materno – Infantile, Dipartimento di Salute Mentale), in doppio (o triplo) assetto con altri trattamenti (rieducazione alimentare, cura di scompensi fisici, atelier presso il Centro Diurno…).
Al momento le prestazioni effettuate dalle psichiatre sono state circa 750.
La prima visita internistica è rivolta ai pazienti che accedono per la prima volta al Sistema DCA e che possono avere già effettuato (ma non necessariamente) la prima visita psichiatrica. Si prefigge i seguenti obiettivi:
- valutare lo stato nutrizionale del paziente e il relativo rischio di insorgenza di complicanze fisiche, con la conseguente necessità di trattamento integrativo in regime ambulatoriale, day hospital, ricovero ospedaliero (anche in momenti successivi)
- chiarire ed eventualmente rimuovere i dubbi e i timori del paziente e dei familiari, soprattutto in merito all’amenorrea
- validare attraverso l’esame obiettivo gli aspetti del comportamento alimentare che il paziente riporta durante la visita internistica o che ha già riferito alla psichiatra
- formulare una diagnosi differenziale rispetto ad altri disturbi, in particolare l’obesità.
Si svolge attraverso la raccolta di dati anamnestici (velocità e entità del calo ponderale, abitudini alimentari attuali, presenza di metodi compensativi…), l’esame obiettivo (altezza e peso corporei, calcolo dell’indice di massa corporea, rilievo delle pliche e dei diametri degli arti,…), la ricerca dei segni di complicanze, informazioni al paziente sulle possibili conseguenze del suo comportamento alimentare alterato, l’eventuale prescrizione di indagini ematochimiche e/o strumentali. In fase di valutazione, il paziente riceve solitamente due prestazioni presso l’internista, soprattutto se in prima visita si è riscontrata la necessità di verificare le sue condizioni organiche anche attraverso esami emotochimici e strumentali. Dal momento della presa in carico, poi, l’internista controllerà periodicamente il paziente, con frequenza connessa alla criticità della situazione organica e alla presenza di fattori di rischio.
Sono state finora effettuate circa 360 prestazioni internistiche ambulatoriali.
Già nella fase di valutazione quindi sono coinvolte più figure: psichiatra, internista, dietista (se il paziente chiede primariamente l’intervento sull’aspetto nutrizionale o non vi si oppone se suggerito), psicologo (qualora si ravvisi l’opportunità di un approfondimento psicometrico per mettere meglio a fuoco i nuclei problematici e le aree di buon funzionamento della personalità del paziente).
La consulenza nutrizionale è svolta dalla dietista, che accoglie il paziente su invio dello psichiatra o dell’internista. Durante il primo incontro la dietista raccoglie l’anamnesi alimentare, rileva le plicometrie, imposta il diario alimentare e programma con il paziente il menù guida. Gli incontri successivi, che hanno frequenza variabile in funzione del percorso impostato con il paziente, hanno lo scopo di controllare il peso e la composizione corporea, di verificare il diario alimentare e il menù e di educare il paziente ad un’alimentazione più corretta.
Le prestazioni offerte finora da una dietista volontaria sono state circa 70.
La consulenza testistica è svolta dalla psicologa ed è rivolta a pazienti per i quali lo psichiatra o l’internista ritenga utile una valutazione mediante strumenti psicodiagnostici; vengono somministrati al paziente il test di Rorschach e/o il 16 PF di Cattel e/o l’E.P.I. (Eysenck Personality Inventory), con l’obiettivo di definire in modo più accurato la personalità e di individuare anche elementi (affettività, relazione,…) per un eventuale trattamento psicoterapico. La psicologa, dopo il colloquio e la somministrazione dei test, stende una breve relazione sul profilo psicologico, discute lo psicogramma nella riunione settimanale di équipe ed eventualmente restituisce al paziente il progetto individuale concordato.
Le situazioni indagate sono state circa 70.
TIPO DI INTERVENTO |
N° DI PRESTAZIONI |
Accettazione telefonica della domanda |
300 |
Colloquio di accoglienza |
180 |
Colloqui clinici di valutazione e di trattamento |
750 |
Visita internistica |
360 |
Consulenza nutrizionale |
70 |
Consulenza testistica |
70 |
Riunione organizzativa |
43 |
Riunione di discussione dei casi |
83 |
Di seguito, i dati relativi alle diagnosi della nostra casistica:
Diagnosi |
N° di casi |
Percentuale |
Maschi (frequenza) |
Maschi (percentuale) |
Anoressia nervosa |
38 |
19,5% |
2 |
5,3% |
Bulimia nervosa |
30 |
15,4% |
2 |
6,7% |
Disturbo alimentare NAS |
18 |
9,2% |
1 |
5,6% |
Disturbo da alimentazione incontrollata (BED) |
6 |
3,1% |
2 |
33,3% |
DCA associato a depressione |
8 |
4,1% |
2 |
25,0% |
DCA associato a disturbo di personalità grave |
4 |
2,1% |
Nessuno |
— |
DCA associato a psicosi |
1 |
0,5% |
Nessuno |
— |
DCA associato a difficoltà relazionali |
3 |
1,5% |
Nessuno |
— |
DCA associato a disturbo ossessivo-compulsivo |
1 |
0,5% |
1 |
100% |
Obesità |
10 |
5,1% |
3 |
30% |
La valutazione è in corso |
53 |
27,2% |
3 |
5,7% |
N.R. (non rilevata)* |
23 |
11,8% |
3 |
13% |
* il percorso di valutazione è stato interrotto su iniziativa del paziente o dei terapeuti, che non hanno rilevato nella situazione elementi di psicopatologia o ne hanno rilevati ma hanno escluso DCA)
Delle segnalazioni che sono già state valutate, sono risultate:
GRADO DI PERTINENZA |
Frequenza |
Percentuale |
Pertinenti (anoressia nervosa, bulimia nervosa disturbo alimentare NAS) |
86 |
60,6% |
In parte pertinenti (BED, DCA associato a depressione, disturbo di personalità grave, psicosi) |
23 |
16,2% |
Non pertinenti (obesità) o interrotte (non rilevata) |
10+23 |
7,0%+16,2% |
La bassa percentuale di diagnosi non pertinenti dimostra che il filtro è stato buono; la percentuale di drop out (circa 20%) è il linea con i dati della letteratura.
I Trattamenti
Gruppo psico — educativo per genitori e familiari
In accordo con quanto riportato dalla letteratura, abbiamo riscontrato nella nostra casistica una notevole difficoltà per questi pazienti ad affidarsi e ad intraprendere un percorso che dovrebbe condurre all’abbattimento dei loro preziosi, sebbene costosissimi, sistemi difensivi; diffidenti, circospetti, manipolatori in certi momenti eppure fragili ed indifesi in altri, i pazienti tendono a sfuggire, saltare gli appuntamenti, prendere tempo, soprattutto quando i nodi problematici che sottostanno alla comparsa del sintomo cominciano ad emergere. La negoziazione di ogni tappa dell’intervento con il paziente e il rinforzo della motivazione al trattamento sono quindi indispensabili e non possono essere compito esclusivo di una sola figura professionale, ma sono per il Sistema DCA una prassi che riguarda ogni fase del percorso e che cerca di coinvolgere il più possibile anche la famiglia del soggetto.
La compromissione psicologica e relazionale infatti non resta circoscritta all’individuo portatore del sintomo, ma si estende alla famiglia, che assiste spesso con un senso di impotenza, incredulità ed intensa preoccupazione al "prosciugarsi" progressivo e apparentemente inarrestabile della figlia (o, meno spesso, del figlio) adolescente o al proliferare di pratiche restrittive e/o purgative (vomito, abuso di diuretici e lassativi, iperattività fisica, digiuno) dannose per l’equilibrio fisico e psichico. L’équipe del Sistema DCA ha pertanto messo a punto una serie di interventi per la famiglia, nella convinzione, da un lato, che i genitori stessi abbiano bisogno di sostegno e di aiuto e, dall’altro, che essi possano meglio comprendere e quindi aiutare più efficacemente la figlia o il figlio se coinvolti attivamente nel trattamento. Va ricordato inoltre che la maggior parte dei pazienti si trova, al momento di esordio della malattia, nella fase dell’adolescenza o della prima età adulta e che quasi tutti vivono con la famiglia d’origine. Il passaggio dall’età adolescenziale all’età adulta è difficile non solo per il ragazzo, che deve costituirsi una sua identità adulta e raggiungere, con comprensibili difficoltà e ansie, la propria autonomia affettiva, sociale ed economica rispetto alle figure parentali, ma anche per la famiglia stessa, che deve accompagnare questo cammino del figlio dosando opportunamente gratificazioni e frustrazioni, favorendo l’indipendenza senza far mancare il proprio appoggio, accettando che il figlio si costruisca un suo proprio sistema di valori senza togliergli dei punti di riferimento che per lui restano comunque importanti. Se questo è valido per tutti i momenti critici di crescita del figlio, lo è a maggior ragione nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta, perché il sistema famiglia si appresta a "perdere" uno dei suoi membri e deve per questo ricostruire un nuovo equilibrio.
Nel caso specifico poi del Disturbo del Comportamento Alimentare, il paziente spesso tende a negare la malattia o almeno a minimizzarne la gravità, riportando ai terapeuti notizie molto fumose e ambigue sui propri sintomi e sulle proprie abitudini alimentari e relazionali, quando addirittura non si tratta di vere e proprie mistificazioni. È importante che ci sia una buona alleanza tra la famiglia e l’équipe curante, perché i familiari possono costruire importanti argini alla patologia e fornire notizie molto utili ai terapeuti, il che permette di inquadrare meglio la situazione. Il nostro intento è quello di costruire una rete attorno al paziente, non per "intrappolarlo" ma perché egli abbia comunque, anche nei momenti di maggiore resistenza alla terapia e di comprensibile desiderio di fuga dal conflitto sottostante al sintomo, un contenimento e un controllo sulle sue condizioni fisiche e psicologiche.
Questi pazienti inoltre presentano spesso uno sviluppo disarmonico: si sobbarcano compiti e responsabilità troppo pesanti rispetto al loro ruolo di figli adolescenti, sviluppando un senso di responsabilità ipertrofico e sentendosi in dovere di raggiungere risultati scolastici o lavorativi eccezionali. Sul piano affettivo si nota invece una marcata immaturità: incapacità di instaurare relazioni adeguate all’età, senso di inadeguatezza nei rapporti con gli altri, incapacità di costruire una rete di relazioni sociali al di fuori dello stretto ambito familiare.
I numerosi e impegnativi interventi sulla famiglia che abbiamo messo a punto mirano anche a riequilibrare la suddivisione spesso sbilanciata delle responsabilità in queste famiglie, dove i genitori hanno talvolta un atteggiamento ambivalente, che in certi momenti favorisce l’autonomia del figlio e in altri invece induce a perpetuare la dipendenza dal contesto familiare.
Il Sistema DCA propone per la famiglia: il gruppo psico — educativo, la consulenza individuale al genitore o alla coppia genitoriale, la terapia familiare, a seconda dei diversi gradi di bisogno e di stato.
Il gruppo psico — educativo è svolto da una psicologa e uno psichiatra, presenti contemporaneamente; inoltre una psicologa è presente come osservatrice. Consiste in sei incontri, più uno o due di follow up, a cadenza quindicinale.
È rivolto a genitori e familiari di pazienti con DCA (genitori, fratelli/sorelle, nonni, fidanzati conviventi, coniuge,…) coinvolti nel percorso clinico e che accettino la proposta del gruppo.
Si tratta di incontri di gruppo con i seguenti obiettivi:
- dare maggiori informazioni sui DCA
- far conoscere ai genitori – familiari il Sistema DCA (il suo funzionamento, i percorsi offerti non solo ai pazienti, ma anche alla famiglia: consulenza per i genitori, terapia familiare)
- modificare le idee disfunzionali, fuorvianti, inesatte che i genitori – familiari possono avere in merito ai DCA (ad esempio la convinzione che si tratti unicamente di un problema nutrizionale)
- coinvolgere i familiari nel percorso terapeutico del paziente e modificare l'atteggiamento di "delega" che la famiglia può in certi casi avere
- facilitare lo scambio di esperienze tra i genitori – familiari affinché si sentano compresi ed escano dall'isolamento in cui spesso si trovano. L'obiettivo è fare in modo che trovino sostegno nel gruppo
- aiutarli a comprendere meglio i comportamenti del loro familiare con DCA
- renderli consapevoli del fatto che, col tempo, sarà necessario anche un cambiamento dei loro atteggiamenti per promuovere e stabilizzare il miglioramento del loro familiare
- facilitare la costituzione di un gruppo di auto – aiuto autogestito.
Si svolge attraverso la riformulazione, domande, sollecitazione dei familiari più restii a parlare, spiegazioni, incoraggiamento ai genitori a scambiarsi esperienze e vissuti. Ai genitori – familiari che partecipano al gruppo viene somministrato un questionario durante il primo incontro, per valutare il loro grado di conoscenza dei DCA e i loro atteggiamenti verso la malattia, le terapie, i comportamenti del paziente, il loro ruolo di co – terapeuti… Nell'ultimo incontro viene distribuito un secondo questionario, che si compone di due parti: a) una scheda che, confrontata con il primo questionario compilato, serve a valutare i cambiamenti delle conoscenze e degli atteggiamenti; b) una scheda in cui i genitori – familiari sono invitati ad esprimere la loro soddisfazione in merito alla prestazione di cui hanno usufruito.
Da gennaio ad oggi si sono riuniti quattro gruppi psico — educativi; vi hanno partecipato complessivamente 62 genitori. La maggior parte di questi si è costituita dapprima come gruppo di auto — aiuto e ha continuato riunirsi una volta al mese in una sede da scelta e procurata dai genitori (sede della IV Circoscrizione); su esplicita richiesta dei genitori, l’Azienda USL ha fornito loro sostegno e supervisione. In un secondo momento, essi hanno fondato un’Associazione di Volontariato, con statuto e regolare iscrizione al registro delle associazioni no profit. Hanno scelto un nome, "Briciole", un logo, una sede (fornita dal Comune di Reggio Emilia) e hanno eletto il loro direttivo. Stanno ora organizzando varie iniziative per diffondere informazioni sui DCA e rendere visibile la loro attività di ascolto e di sostegno.
Nel corso di questo primo anno di attività si sono evidenziate comunque altre esigenze legate al sostegno ai familiari. È emerso infatti che hanno beneficiato dell’esperienza del gruppo psico — educativo soprattutto quei genitori che potevano contare su buone risorse e competenze genitoriali preesistenti alla comparsa del DCA del figlio. La partecipazione al gruppo psico — educativo li ha aiutati a recuperare capacità momentaneamente inibite dalla preoccupazione e dall’ansia per le condizioni critiche del figlio. Ci sono tuttavia genitori che, spesso per problemi loro, non riescono a relazionarsi con il figlio adolescente, indipendentemente dal fatto si tratti di un adolescente con DCA; per queste situazioni è stato recentemente attivato un gruppo più ristretto a cadenza settimanale, per aiutare i genitori ad acquisire maggiore sicurezza e quelle competenze genitoriali necessarie per gestire i rapporti con un figlio adolescente.
Counselling per la coppia genitoriale
Talvolta al gruppo psico – educativo può essere preferibile il counselling per la coppia genitoriale, o può anche darsi che i genitori richiedano l’uno e l’altro, in concomitanza con l’emergere di bisogni e di difficoltà differenti. Parlare in un gruppo di persone che condividono gli stessi problemi relativi ai sintomi del figlio e alle difficoltà relazionali e comunicative che si incontrano nel rapportarsi con lui, che provano la stessa preoccupazione e il medesimo senso di impotenza permette di non sentirsi più soli, ma talvolta ci sono aspetti della storia e delle dinamiche familiari che i genitori sentono di non poter condividere con altri genitori o che i terapeuti stessi ritengono necessitare di un approfondimento maggiore rispetto alle funzioni e agli obiettivi del gruppo psico — educativo. Succede poi, in alcuni casi, che padre e madre diano letture molto diverse o addirittura contrapposte del disturbo del figlio, mettendo in atto di conseguenza comportamenti discordanti che, in ultima analisi, rendono più facile al figlio manipolare i genitori e annientare i loro tentativi di aiutarlo.
Il counselling è svolto dall’assistente sociale ed è rivolto a familiari di pazienti già in carico presso il Sistema DCA e a familiari di pazienti con presunto Disturbo del Comportamento Alimentare che non accettano di rivolgersi al Sistema DCA perché negano o minimizzano il problema.
Il counselling consiste in uno o più colloqui di sostegno terapeutico, finalizzati all’analisi dei bisogni e delle difficoltà nelle relazioni familiari, anche in rapporto al Disturbo del Comportamento Alimentare. I colloqui sono finalizzati ad individuare gli aspetti più significativi (e naturalmente a favorire un insight riguardo ad essi nei genitori) della storia del soggetto con DCA, delle relazioni intrafamiliari, dell’atteggiamento del paziente percepito dal contesto familiare come particolarmente disturbante e/o distorto, della comunicazione, dei sensi di colpa, vissuti di rabbia, insofferenza, delusione nei genitori, delle modalità relazionali che influenzano negativamente la qualità delle competenze genitoriali, delle ipotesi sulle cause sottese all’insorgere del DCA. Gli obiettivi:
- favorire nei genitori la consapevolezza che il Disturbo del Comportamento Alimentare è il segnale di un malessere intrapsichico legato a un processo di crescita difficoltoso (esternalizzazione del conflitto)
- individuare un percorso di aiuto per i genitori stessi (altri colloqui di counselling, gruppo psico- educativo, terapia familiare)
- se il soggetto con presunto Disturbo del Comportamento Alimentare non è ancora in carico presso il Sistema DCA, aiutare i genitori ad individuare la strategia più utile per motivare il figlio al trattamento.
Le prestazioni ad oggi offerte sono state circa 40.
Terapia familiare
L’équipe terapeutica dà indicazione di terapia familiare se ritiene che:
- vi sia una forte implicazione familiare nel Disturbo del Comportamento Alimentare del figlio
- la famiglia sia in grado di accettare che il sintomo del paziente designato venga ricondotto a modalità relazionali e comunicative della famiglia e a momenti particolari della sua storia.
L’équipe in alternativa può fare un invio alla consultazione — consulenza familiare se
- c’è empasse nel percorso terapeutico o necessità di approfondire, per ragioni diagnostiche, la comprensione delle dinamiche familiari
- la famiglia accetta di esplorare insieme con i terapeuti l’ambito della comunicazione e delle relazioni familiari.
Entrambe le prestazioni sono svolte da un’équipe di Psicologia Clinica, costituita almeno da un terapeuta e un supervisore, formati in Terapia della Famiglia. Anche quando vi sia da parte dell’équipe inviante del Sistema DCA un’indicazione di terapia familiare, vengono innanzitutto effettuate tre sedute di consulenza, al fine di verificare l’indicazione terapeutica dell’inviante e il fatto che la famiglia accetti che il Disturbo del Comportamento Alimentare di uno dei suoi membri venga messo in relazione con gli aspetti comunicativi e relazionali intrafamiliari. Al termine del ciclo delle tre sedute, si esplicita alla famiglia l’indicazione terapeutica e si contratta la fase successiva del programma. Viene inviata restituzione scritta all’inviante (Sistema DCA), se era stata richiesta la consulenza familiare o anche se l’indicazione di terapia familiare si è rivelata, durante le sedute iniziali, non appropriata. Se invece ci sono i presupposti per la terapia familiare e la famiglia accetta il contratto terapeutico proposto, si procede con la presa in carico. La terapia familiare prevede incontri con la famiglia a cadenza mensile, per un arco di tempo di circa un anno e mezzo.
Le prestazioni ad oggi effettuate sono 30.
TIPO DI INTERVENTO |
Clienti/pazienti |
N° di prestazioni/ incontri |
Gruppo psico — educativo |
62 |
29 |
Consulenza ai genitori |
31 |
40 |
Terapia familiare |
3 (nuclei familiari) |
30 |
Gruppo di sensibilizzazione per i pazienti con DCA
Si diceva delle difficoltà spesso riscontrate in questi pazienti a stabilire dei legami profondi, non per disinteresse, quanto per la paura di essere travolti dalla relazione stessa. Essi spesso sperimentano il disagevole sentimento di non essere padroni di se stessi e di non poter controllare le situazioni in cui vengono a trovarsi, soprattutto le situazioni interpersonali, dove la presenza di un "altro" non completamente controllabile e manipolabile aumenta l’incertezza dell’esito dello scambio dialettico. Il legame terapeutico è, se proficuo, necessariamente profondo; al di là del diverso peso che i differenti orientamenti teorici attribuiscono alla relazione terapeutica come elemento in grado di produrre il cambiamento, è opinione condivisa che una buona relazione terapeutica sia una condizione necessaria, anche se per molti non sufficiente, per un trattamento psicoterapico individuale efficace. Con questi pazienti creare tale relazione è difficilissimo: la fragilità narcisistica del paziente e quindi il suo bisogno di manipolare e controllare l’altro attraverso la menzogna o la reticenza, la paura del contatto con le proprie emozioni (che il terapeuta cerca invece di ridestare), l’impulsività caratteristica e i frequenti mutamenti umorali, che sul versante terapeutico si traducono in una partecipazione "intermittente" al trattamento, rendono la psicoterapia individuale poco produttiva, se il paziente non ha maturato una motivazione sufficiente o non sente ancora di potersi "affidare" in una relazione terapeutica a due. All’interno del Sistema DCA è stato preposto a questo scopo il gruppo di sensibilizzazione.
Il gruppo ha cadenza settimanale; lo svolge una psicologa/conduttrice e una psicologa è presente come osservatrice. È rivolto a pazienti con DCA solitamente piuttosto compensati sul piano organico, con scarsa motivazione e/o trattamenti terapeutici precedenti infruttuosi o non sufficienti. Si tratta di incontri di gruppo al fine di:
- favorire lo scambio di esperienze e il confronto tra i pazienti, in modo che si sentano accolti e accettati nel gruppo e arrivino a considerare il gruppo una fonte di sostegno
- favorire la verbalizzazione di esperienze dolorose, vissuti di angoscia, colpa, vergogna,…
- aiutare i pazienti a prendere coscienza di quanto il sintomo sia limitante
- aiutare i pazienti a "riscoprire" i propri bisogni e i propri desideri, che possono così diventare una spinta motivazionale al cambiamento.
Nel corso dell’incontro le sedie sono disposte in cerchio. La conduttrice introduce un tema, solitamente emerso o accennato nell'incontro precedente, e invita i pazienti a confrontarsi e ad esprimere la propria esperienza. Durante l'incontro la conduttrice fa delle puntualizzazioni, pone domande, ridefinisce e riformula quanto detto, sollecita i pazienti più restii ad intervenire, li incoraggia al confronto dei propri vissuti.
Ad oggi, è stato tenuto un gruppo di sensibilizzazione, con la presenza di sei pazienti; al termine dei 18 incontri, per tutte le ragazze si sono riscontrate le condizioni, prima carenti, necessarie per intraprendere un percorso psicoterapico individuale (maggiore consapevolezza del problema, maggiore motivazione alla terapia, definizione concordata personalmente con ciascuna di nuclei problematici su cui continuare a lavorare). Di recente sono iniziati due nuovi gruppi, uno di sensibilizzazione, l’altro di terapia, omogenei per età e per patologia: quello terapeutico è costituito da pazienti piuttosto giovani (età media 22 anni), con insorgenza recente del sintomo e che non presentano disturbi di personalità gravi associati al Disturbo del Comportamento Alimentare; l’altro (di sensibilizzazione) è formato da pazienti anagraficamente più adulte (oltre i 30 anni), con aspetti di cronicità e/o disturbi di personalità gravi (soprattutto borderline) associati, che hanno spesso come epifenomeno anche l’abuso di alcool e/o sostanze stupefacenti.
Dati relativi al primo gruppo di sensibilizzazione:
TRATTAMENTO |
N° Pazienti (frequenza) |
Percentuale |
Gruppo di sensibilizzazione |
6 |
|
Condizioni per la psicoterapia individuale prima della partecipazione al gruppo |
1 |
16,7% |
Condizioni per la psicoterapia individuale dopo la partecipazione al gruppo |
6 |
100% |
Programmi focalizzati a moduli e programmi semiresidenziali presso il Centro Diurno Socrate
Un’altra strategia che il Sistema DCA sta mettendo a punto per sostenere la motivazione di pazienti che sono ancora in una fase "contemplativa" e che temono il cambiamento molto più degli svantaggi del sintomo sono dei programmi focalizzati a moduli presso il Centro Diurno Socrate. Sono svolti da un’équipe costituita dall’educatore, l’atelierista, lo psicologo, l’infermiere e il medico — psicoterapeuta e sono destinati ad un numero massimo di 6-8 pazienti per gruppo. I programmi focalizzati a moduli prevedono attività atelieristiche (3 — 5 atelier alla settimana) e/o gruppi educativi. Per pazienti che hanno già maturato una motivazione al cambiamento e che siano disponibili a un programma semiresidenziale (dal lunedì al venerdì, 9.00 — 17.00, per un periodo compreso tra i 6 e i 12 mesi) sono disponibili 5 posti. Le tecniche espressive offrono la possibilità a questi pazienti, che hanno operato una netta scissione mente — corpo, di riscoprire la propria corporeità, della quale ormai da tempo, nella loro persistente onnipotenza del pensiero, negano le esigenze fisiologiche, i limiti, ma anche le potenzialità. Va ricordato inoltre che questi soggetti vivono l’azione come qualche cosa di potenzialmente distruttivo, proprio perché c’è un forte impulso ad agire accompagnato dal timore di perdere completamente il controllo della situazione e soprattutto di sé, qualora il desiderio venga assecondato (desiderio di mangiare, di entrare in relazione intima con l’altro, di sperimentare piacere…). Da qui la formazione reattiva, meccanismo di difesa attraverso cui la persona si difende da un desiderio o sentimento avvertito come inaccettabile mettendo in atto comportamenti che vanno nella direzione opposta rispetto alla soddisfazione del proprio desiderio: nello specifico, il comportamento ascetico, il rifiuto del cibo, dell’altro, di qualsiasi forma di gratificazione.
La persona con Disturbo del Comportamento Alimentare è spesso iperattiva, ma il suo "fare" è finalizzato a "bruciare" calorie e ad evitare di pensare (al cibo); non c’è nulla di gratificante nella frequenza spesso massacrante di allenamenti in palestra, lunghissime camminate e corse a piedi e in bicicletta cui i pazienti spesso si sottopongono. La partecipazione ad un atelier teatrale, ad un atelier di psicomotricità o di espressività corporea permette al paziente di sperimentare un "fare" costruttivo e non pericoloso, all’interno di un contesto di gioco analogo all’area transizionale di Winnicott, dove le ferree regole della razionalità si allentano per lasciare maggiore spazio ai desideri e alle fantasie, pur senza sconfinare nella perdita di contatto con la realtà, nel ritiro solipsistico del delirio o nell’agito distruttivo.
Finora un solo paziente del Sistema DCA è stato inserito in un programma semiresidenziale (tuttora in corso). L’équipe ritiene tuttavia il Centro Diurno Socrate una risorsa molto importante che può essere attivata in modo più massivo, sia per la formula più impegnativa del programma semiresidenziale, sia per i programmi focalizzati a moduli. 6 pazienti hanno finora partecipato all’atelier teatrale e 3 al ciclo di massaggi Shatsu.
Ricovero presso il reparto di Medicina II dell’ASMN
Se le condizioni organiche del paziente sono troppo compromesse e/o i fattori di rischio di complicanze eccessivamente elevati per la cura ambulatoriale, si ricorre al ricovero ospedaliero. L’Azienda ospedaliera Santa Maria Nuova partecipa all’attività ambulatoriale del Sistema DCA presso il padiglione Morselli e garantisce la disponibilità di due posti letto presso il reparto di Medicina II (primario Dr. Ermanno Rossi) per pazienti con DCA, cui vengono riservate le visite e le consulenze psicologiche e psichiatriche.
Ad oggi, la collaborazione con l’Azienda ospedaliera SMN è stata fattiva e proficua, ma riteniamo che sia perfettibile. Innanzitutto, contrariamente agli accordi presi nel momento di apertura al pubblico del Sistema DCA, l’ASMN non ha garantito le prestazioni ambulatoriali della dietista, figura professionale indispensabile per un gruppo di lavoro che intende costituirsi come punto di accoglienza, diagnosi, assessment e trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare. Inoltre i posti letto, per quanto sempre garantiti e spesso utilizzati con risultati positivi durante questi mesi di lavoro, non sono espressamente dedicati a pazienti con DCA. Le modalità di ricovero potrebbero essere migliorate, deputando una stanza con due letti a questi pazienti, in considerazione soprattutto del fatto che spesso si tratta di persone giovani, fragili dal punto di vista emotivo e sovente ipoevolute rispetto all’età anagrafica, pertanto facilmente impressionabili dal contatto con le sofferenze di chi è ricoverato in un reparto di Medicina, oltre che frastornate dal turbinio della vita di reparto. Se ci fossero le condizioni logistiche ed umane si potrebbe animare un’attività socio — educativa con personale del Servizio.
Finora i ricoveri effettuati presso il reparto di Medicina II dell’ASMN sono stati 8, per 226 giorni di degenza complessivi.
Programmi residenziali presso la struttura convenzionata Villa Maria Luigia)
Il Sistema DCA dispone inoltre della possibilità di ricovero presso la struttura convenzionata Villa Maria Luigia di Monticelli (Parma): due posti letto disponibili per programmi residenziali di durata variabile (di solito, tre mesi di degenza in regime residenziale e un mese e mezzo di day hospital).
Ci sono situazioni in cui è indicato un periodo di trattamento residenziale, inteso come un tratto del percorso terapeutico che contempli oltre al ricovero anche un sostegno al reinserimento nella quotidianità dopo il periodo di degenza:
- gli stati di urgenza e/o emergenza
- le situazioni in cui c’è un rischio effettivo di passaggio all’atto autodistruttivo
- le situazioni in cui il DCA si associa a depressione grave, aspetti psicotici, disturbi di personalità grave che si manifestano con una sintomatologia non contenibile in regime ambulatoriale
- le situazioni dove è indicato un allontanamento dall’ambiente familiare
- i casi in cui il trattamento intensivo e focalizzato è l’approccio elettivo (esordio florido e recente, giovane età del paziente, eziopatogenesi del DCA piuttosto chiara).
L’esperienza si è rivelata fino ad ora positiva; è necessaria tuttavia una maggiore coordinazione tra l’operato dei professionisti del Sistema DCA e il personale di Villa Maria Luigia: servono più incontri per progettare in modo condiviso il percorso terapeutico dei pazienti e per concordare obiettivi e modalità del ricovero e delle dimissioni, al fine di garantire una maggiore continuità del trattamento e di evitare una parcellizzazione infruttuosa degli interventi. Considerando che i pazienti con DCA operano una scissione netta tra mente e corpo, una coordinazione imperfetta degli interventi rischia di colludere con i meccanismi patologici del paziente e di creare di conseguenza una situazione di stallo, a dispetto anche della buona qualità delle singole prestazioni.
Fino ad ora ci sono stati 3 ricoveri di pazienti con DCA a Villa Maria Luigia, per un totale di 192 giorni di degenza.
Inoltre, nel 1998 i ricoveri (compresi quelli in regime di day hospital) di persone residenti in provincia di Reggio Emilia in istituti pubblici e privati della Regione Emilia Romagna, per patologie riconducibili a DCA, sono stati 81, per un totale di 1831 giorni. Nei 9 primi mesi del 1999 i ricoveri sono stati 23, per un totale di 867 giorni.
A fronte di una più volte sottolineata crescita dell’incidenza e della prevalenza dei DCA, il vistoso calo dei ricoveri nel ’99 rispetto al ’98 attrae l’attenzione e soprattutto solleva degli interrogativi. È probabile che, oltre a molteplici fattori che potrebbero giustificare questa tendenza (maggiore competenza dei medici di medicina generale e degli specialisti nell’applicare terapie alternative al ricovero, maggiore conoscenza del problema da parte dei familiari e quindi interventi più tempestivi che prevengono l’urgenza,…), vi sia anche la creazione di un punto unico di accesso deputato alla diagnosi e al trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare, quale il Sistema DCA si è effettivamente proposto di essere, con interventi multisciplinari e multimodulari solo eccezionalmente in regime di ricovero, può aver contribuito ad accrescere la capacità del contesto familiare e dell’entourage curante di arginare la patologia, evitando che si rendesse necessario l’allontanamento del paziente dal suo ambiente per una sopravvenuta urgenza o emergenza.
Prevenzione e Formazione
Nell’ambito della prevenzione, il Sistema DCA si è già attivato per realizzare diverse iniziative, alcune delle quali sono tuttora in fase di realizzazione.
Il Provveditore agli Studi ha approvato un corso di aggiornamento per insegnanti delle scuole medie inferiori e superiori sui Disturbi del Comportamento Alimentare. Il corso si articolerà in quattro incontri, tenuti dai professionisti che operano nel Sistema DCA, e verteranno sul disagio giovanile e prevenzione, sulle caratteristiche dei DCA, sul ruolo della famiglia e sulla risposta offerta dal servizio pubblico. Il Sistema DCA si è inoltre reso disponibile a realizzare un altro corso per insegnanti di educazione fisica, considerate l’importanza eccessiva che i pazienti con Disturbi del Comportamento Alimentare tendono ad attribuire al proprio corpo nel determinare la stima di sé e le distorsioni dell’immagine corporea che in essi di frequente si riscontrano.
Inoltre è stato preparato un progetto per realizzare un video fruibile negli incontri di prevenzione sui DCA con gli adolescenti, sia nelle iniziative svolte all’interno della classe sia in quelle tenute in altre occasioni. È stata inoltrata alla Regione Emilia Romagna la richiesta di finanziamento; gli insegnanti e gli studenti dell’ITS "Città del Tricolore" e dell’Istituto d’Arte "Chierici" hanno assicurato la loro attiva partecipazione.
Un punto cardine del progetto di prevenzione del Sistema DCA è il raccordo con i medici di medicina generale e con i pediatri. Si ritiene infatti che la valutazione e la valorizzazione delle risorse già disponibili sul territorio siano essenziali per migliorare la qualità degli interventi. Il medico di medicina generale e il pediatra sono osservatori privilegiati per la diagnosi precoce di un Disturbo del Comportamento Alimentare e in alcuni casi le visite mediche e i controlli delle patologie correlate al DCA possono essere svolti proprio dal medico di medicina generale, se esiste tra medico e paziente una buona relazione, consolidata da una lunga conoscenza del paziente stesso e della sua famiglia. Ancor prima dell’apertura al pubblico del Sistema DCA, è stato inviato un questionario ai medici di medicina generale e ai pediatri per valutare la dimensione del problema, i bisogni legati a queste patologie, le risorse e le conoscenze cliniche già esistenti. Solo una minima parte dei questionari distribuiti è stata restituita compilata; sono state poi realizzate alcune interviste telefoniche e si è poi provveduto ad inviare di nuovo il questionario con l’intento di raccogliere altri dati e di trovare presso i medici e i pediatri una maggiore partecipazione. Dell’indagine suddetta si darà conto dopo la raccolta e l’elaborazione dei dati.
Il Sistema DCA deve comunque ampliare le proprie attività di prevenzione raggiungendo anche altre agenzie, oltre alla scuola, frequentate dai giovani e collaborando attivamente con i Comuni e le associazioni promotrici di iniziative di prevenzione. È nota ad esempio l’importanza che per gli adolescenti ricopre la frequentazione di luoghi sportivi e l’utilità quindi che potenzialmente potrebbe avere la sensibilizzazione di allenatori sportivi, gestori di palestre, istruttrici di danza,… Né possiamo dimenticare che, se non tutti gli assidui habitué di palestre, piscine, piste di pattinaggio e altri luoghi dedicati allo sport e alla cura del corpo presentano un Disturbo del Comportamento Alimentare, per la quasi totalità dei pazienti con DCA la ginnastica e l’esercizio fisico sono rituali compulsivi, modalità rabbiose ed esasperate di lotta contro il peso, il corpo, l’emozione.
L’ideale estetico della magrezza, imposto dalla società e pubblicizzato in modo formidabile dai media, è un altro elemento che può influenzare la scelta del sintomo, il fatto che l’adolescente utilizzi come via espressiva del proprio disagio il rifiuto del cibo o la ricerca compulsiva del cibo seguita dalla sua eliminazione. Un altro obiettivo a lungo termine che il Sistema DCA si pone è il dialogo con il mondo della moda e della cura estetica (stilisti, commercianti di abbigliamento e di cosmetici, estetiste…), al fine di acquisire da ambo le parti una maggiore consapevolezza rispetto alle dinamiche, esigenze e consuetudini di due mondi, quello sanitario e quello dell’eleganza, che solitamente non hanno molti punti di contatto, ma che nei DCA si ritrovano insieme drammaticamente coinvolti.
Partecipazione ad iniziative locali, comunali e aziendali e a congressi
L’équipe del Sistema DCA ha promosso alcune importanti iniziative, che hanno avuto anche una buona risonanza sulla stampa locale, per far conoscere il proprio operato al pubblico, aumentare la propria visibilità (distribuzione di depliant informativi, informazioni sulla propria prassi e sulle persone che fanno parte dell’équipe) e rendere quindi il Sistema DCA più facilmente raggiungibile all’utente. In particolare, ricordiamo:
- la Conferenza organizzata a Reggio Emilia il 28 ottobre 1998, in collaborazione con il CIPA e con la V Circoscrizione; nell’occasione il dr. Angelini, coordinatore dell’Area Prevenzione del Sistema DCA, ha tenuto una relazione sul tema "Essere adulti di fronte all’adolescente in cerca di sé";
- la Conferenza organizzata a Reggio Emilia il 19 novembre 1998, in collaborazione con il CIPA e con la V Circoscrizione, con relazione della dr.ssa Annarita Di Buono, psichiatra del Sistema DCA, sul tema "I Disturbi del Comportamento Alimentare";
- la Conferenza organizzata presso il Comune di Carpineti il 12 dicembre 1998, con gli interventi della dr.ssa Bianca Bronzoni, psichiatra del Sistema DCA, e della dr.ssa Annarita Di Buono, sul tema "I Disturbi del Comportamento Alimentare";
- la Conferenza stampa il 14 gennaio 1999, in occasione dell’apertura al pubblico del Sistema DCA. La conferenza si è svolta nella Sala Riunioni del Morselli, a fianco degli ambulatori del Sistema DCA; oltre al Responsabile del Sistema DCA, prof. Umberto Nizzoli, e al Primario del reparto di Medicina II dell’Arcispedale Santa Maria Nuova, dr. Ermanno Rossi, che hanno presentato il progetto e il funzionamento del nascente "Sistema", erano presenti il Direttore Generale dell’Azienda USL, dr. Franco Riboldi, il Direttore Generale dell’ASMN, dr. Luigi Pieratelli, il Direttore Sanitario dell’Azienda USL, dr.ssa Mariella Martini, il Direttore Sanitario dell’Arcispedale Santa Maria Nuova, dr.ssa Iva Manghi. I professionisti del Sistema DCA sono intervenuti per illustrare brevemente i propri compiti all’interno dell’équipe e per rispondere alle domande di giornalisti e partecipanti; nell’occasione è stato presentato e distribuito il depliant informativo. Oltre che sui giornali, la conferenza ha avuto risonanza sull’emittente locale TeleReggio, che ne ha trasmesso alcuni stralci;
- la Conferenza presso il Centro Giovani del Comune di Novellara il 17 marzo 1999, con l’intervento della dr.ssa Bianca Bronzoni sul tema "I disturbi del Comportamento Alimentare";
- il Convegno sui Disturbi del Comportamento Alimentare alla Festa dell’Unità di Reggio Emilia il 22 agosto 1999, insieme con alcuni professionisti del "Forum Crisalide". Forum Crisalide è una comunità sorta circa due anni fa che propone un trattamento residenziale a persone affette da anoressia, bulimia e iperfagia e che ha istituito un numero verde. È intervenuto il prof. Umberto Nizzoli, che ha affrontato la difficile tematica dell’eziopatogenesi dei DCA e ha ricordato le iniziative svolte e quelle in corso del Sistema DCA;
- la Conferenza al Cinema Rosebud di Reggio Emilia il 14 ottobre 1999, organizzata in collaborazione con il Comune di Reggio Emilia e con il "Forum Crisalide". Gli argomenti affrontati sono stati molteplici: le origini dei DCA, le difficoltà relazionali soprattutto con la figura materna, la co — morbilità, gli aspetti più caratteristici della dipendenza (non solo da cibo o da digiuno), il ruolo della famiglia nell’insorgere del disagio e nella terapia. Tra i relatori era presente il prof. Umberto Nizzoli; presenti nel parterre anche molti professionisti del Sistema DCA, che sono intervenuti sugli argomenti trattati, esprimendo accordo con alcuni presupposti clinici esposti dal presidente e dalla coordinatrice del Forum Crisalide, ma anche alcune discordanze rispetto soprattutto agli aspetti metodologici, in uno scambio dialettico tra approcci terapeutici che non può che stimolare in modo positivo e proficuo il progresso dei trattamenti;
- la partecipazione alla serata di presentazione dell’Associazione di Volontariato "Briciole" a Reggio Emilia il 29 maggio 2000. Sono intervenuti, su invito del presidente dell’Associazione: dr. Franco Riboldi, prof. Umberto Nizzoli, dr.ssa Franca Martinelli.
I professionisti del Sistema DCA hanno attivamente partecipato a tre giornate di lavoro del DASM (Dipartimento Aziendale di Salute Mentale), per presentare ai colleghi di altri servizi e di altri Distretti il funzionamento del modello messo a punto, nell’ottica di una effettiva collaborazione e della costruzione di una rete di risorse:
- intervento del prof. Umberto Nizzoli e della dr.ssa Franca Martinelli, psicologa del Sistema DCA, a Scandiano il 21 aprile 1999;
- intervento del prof. Umberto Nizzoli e della dr.ssa Franca Martinelli a Guastalla l’11 maggio 1999;
- intervento del prof. Umberto Nizzoli e della dr.ssa Annarita Di Buono a Reggio Emilia il 13 maggio 1999.
È stata inoltre predisposta già nella primavera del ’99, e poi aggiornata, una pagina WEB dove compare una sintetica descrizione del Sistema DCA e l’elenco di tutti i componenti dell’équipe, con qualifica e nome di ognuno. Prossimamente si provvederà a impostare la traduzione inglese della pagina WEB, allo scopo di rendere più agevole ed immediato lo scambio con quanti più interlocutori possibili, che siano a vario titolo interessati a conoscere i principi clinici, la metodologia di lavoro, la casistica e i risultati ottenuti del Sistema DCA.
Si segnala poi la partecipazione dei professionisti del Sistema DCA a convegni di grande importanza, alcuni dei quali di dimensioni internazionali:
- II Congresso Europeo di Psicopatologia del bambino e dell’adolescente, a Siviglia, il 15 ottobre 1998: il prof. Umberto Nizzoli presenta una relazione dal titolo "Dall’anoressia — bulimia alla dipendenza: processi di organizzazione e risposte multidisciplinari e multimodulari";
- Convegno internazionale "La salute nella famiglia", a Reggio Emilia, 19 — 20 — 21 novembre 1998: intervengono il prof. Umberto Nizzoli e la dr.ssa Annarita Di Buono;
- Convegno organizzato dai Lions, con il patrocinio del Comune di Reggio Emilia, il contributo della Provincia e dell’Azienda USL, a Reggio Emilia, il 19 aprile 1999, dal titolo: "La comunicazione, strumento di prevenzione del disagio giovanile: i Lions, guida sociale dei giovani di oggi per gli adulti di domani": intervengono il prof. Umberto Nizzoli e la dr.ssa Annarita Di Buono;
- Università d’Estate T3E, ad Atene, 24 — 25 — 26 giugno 1999: la dr.ssa Annarita Di Buono presenta una relazione sul tema: "Storiografia delle modalità e delle complicanze degli abusi nei comportamenti alimentari"; il prof. Umberto Nizzoli è presente come charmain;
- V Congresso Internazionale sui Disturbi di Personalità e del Comportamento in adolescenza: prospettive di sviluppo e psicosociali, a Aix en Provence, 4 — 5 — 6 — 7 luglio 1999: la dr.ssa Bianca Bronzoni interviene portando una relazione preparata insieme con la dr.ssa Franca Martinelli dal titolo: "L’intrusione massiva del corpo nell’adolescente. Come porsi in contatto"; il prof. Umberto Nizzoli è presente come charmain.
Si richiama inoltre l’esigenza, fortemente avvertita dai componenti dell’équipe del Sistema DCA, di un’adeguata formazione, nonostante essi possano contare su anni di esperienza clinica. I Disturbi del Comportamento Alimentare sono patologie difficili da aggredire, passibili di frequenti ricadute e con un alto rischio di cronicizzazione.
Gli aspetti insidiosi e di franco pericolo dei DCA sono stati dichiarati anche dal Ministero della Sanità, che col Decreto Ministeriale n.329 del 28 maggio 1999 ha disposto l’esenzione ticket per patologia per pazienti con DCA e ha quindi riconosciuto che questi disturbi possono avere una ricaduta pesante sul bilancio familiare, visti i lunghi tempi necessari per il trattamento, il rischio di cronicizzazione, le numerose indagini strumentali ed ematochimiche che spesso si rendono necessarie nel corso della valutazione e del trattamento.
Un’importante occasione formativa di cui i componenti dell’équipe del Sistema DCA hanno beneficiato è la lezione magistrale del prof. P. Jeammet, tenuta a Reggio Emilia il 17 novembre 1998, dal titolo: "L’anoressia e la bulimia: le cause, i problemi, i trattamenti". Il prof. P. Jeammet, in data 24 gennaio 2000, ha tenuto una lezione sulle tematiche adolescenziali e successivamente ha fornito supervisione all’équipe del Sistema DCA su alcune situazioni cliniche ritenute particolarmente problematiche.
Borsa di studio "Giorgia Salsi"
Segnaliamo inoltre che il Sistema DCA, da gennaio 2000, si avvale della collaborazione di un borsista, vincitore della borsa di studio "Giorgia Salsi" (finanziata dalla donazione di una famiglia colpita), incaricato di svolgere una ricerca sull’efficacia del trattamento multidisciplinare nei DCA. È un ulteriore sforzo che il nostro "Sistema" multidisciplinare e multimodulare intende compiere per verificare l’effettiva utilità di una metodologia di lavoro impegnativa, la cui complessità dovrebbe cogliere ed efficacemente rispondere alla molteplicità di fattori causali e di elementi di rischio dei DCA.
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