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I report dalle sale congressuali

12 Ott 12

Di

 

Off label use of drug in psychiatry

Dopo un'introduzione ai lavori del prof. F. Drago, che pone l'accento sulla realtà di un esteso uso di farmaci off label a fronte di un adeguamento tardivo dei provvedimenti legislativi, prende la parola il prof. E. Spina che tratta il tema dei farmaci non psichiatrici impiegati off label in psichiatria. Partendo da una prospettiva storica, per cui la farmacoterapia in psichiatria è iniziata con farmaci non psichiatrici (basti pensare alla terapia insulinica della schizofrenia), il relatore passa successivamente in rassegna i farmaci attualmente più impiegati, soffermandosi sulle indicazioni di ciascuno. In ambito psichiatrico sono utilizzati principalmente beta-bloccanti, calcio antagonisti, clonidina e ormoni tiroidei. I beta-bloccanti sono impiegati in diversi disturbi, in particolare nella fobia sociale, nella depressione resistente, del disturbo da attacchi di panico, nel disturbo ossessivo compulsivo e nell'acatisia da neurolettici. Maggiori evidenze di efficacia si hanno nell'ansia da prestazione, ma non nella forma generalizzata della fobia sociale e le strategie di augmentation degli SSRI con beta bloccanti sembrano garantire un inizio d'azione più rapido che non una maggiore efficacia a lungo termine. Molto contrastanti e quindi poco suggestivi di un reale razionale di impiego, sono i dati riguardanti gli altri disturbi citati. I calcio antagonisti sono poco studiati e di incerta efficacia negli episodi maniacali, come pure mancano supporti scientifici significativi all'impiego della clonidina nel controllo dell'agitazione. Gli ormoni tiroidei si sono mostrati una buona strategia di augmentation nella terapia con TCA di disturbi depressivi resistenti in cui concomiti un ipotiroidismo subclinico. I dati esposti supportano un uso limitato di questi farmaci che si può restringere ad alcuni sottogruppi di depressione maggiore.
Il secondo intervento è quello del prof. S. Montgomery, che parla di "Off label use of antipsychotics: psychiatric indications and non psychiatric indications". La premessa è che la prescrizione off label degli antipsicotici atipici supera di gran lunga quella in label. Nel corso dell'esposizione vengono sintetizzati con il supporto della letteratura più attuale, gli impieghi degli antipsicotici atipici. Nell'episodio maniacale si sono mostrati efficaci sia olanzapina che risperidone a bassi dosaggi, mentre significativo in termini di rapidità d'effetto risulta essere lo ziprasidone. Nella depressione maggiore resistente un miglioramento della sintomatologia è stato ottenuto dopo una settimana di terapia con fluoxetina associata ad olanzapina e analoghi risultati si ottengono con citalopram e risperidone. Negli episodi depressivi in pazienti bipolari è risultata estremamente efficace, anche come rapidità d'azione, la quetiapina a dosaggi di 300 mg, che garantiscono effetti del tutto sovrapponibili a quelli ottenuti con dosaggi più elevati. Tale farmaco è utile anche negli episodi maniacali, ed è attivo anche nelle forme di disturbo bipolare più difficili da trattare come le forme a cicli rapidi. Per quanto riguarda i disturbi della condotta e l'autismo, ci sono evidenze di una buona efficacia del risperidone, soprattutto nel controllo dell'irritabilità e dell'aggressività. L'ultimo argomento affrontato è quello estremamente attuale e complesso del controllo della sintomatologia psichica e comportamentale dell'anziano con demenza. Dopo iniziali evidenze di un proficuo impiego di risperidone e olanzapina a bassi dosaggi, mentre meno chiara è l'efficacia di quetiapina e aripiprazolo, si è evidenziata la problematica dell'aumento del rischio di episodi cerebrovascolari nei pazienti trattati con antipsicotici atipici. Tale dato, attualmente confermato da numerosi studi, è di difficile interpretazione, non essendo al momento possibile identificare un meccanismo che possa determinare questo aumento di incidenza, vista anche la notevole complessità del quadro internistico che usualmente pazienti anziani con demenza presentano. In tale ambito si inserisce anche la recente dimostrazione che, da un confronto tra antipsicotici tipici e atipici, non emergono significative differenze in termini di incidenza di patologie cerebrovascolari. Allo stato attuale, la scelta di prescrivere un antipsicotico atipico in un paziente di questo tipo, deve essere fatta sulla base del quadro clinico e dei fattori di rischio preesistenti, ma soprattutto su un'attenta valutazione caso per caso del rapporto rischi benefici.
Il terzo intervento del simposio è quello del prof. R. Torta, che sposta l'attenzione sugli antidepressivi e in particolare sul loro uso in pazienti che presentano comorbidità somatiche, di tipo cardiovascolare, neurologico e neoplastico. Andando oltre le considerazioni sulle modificazioni comportamentali che la depressione induce e che riducono la capacità di un paziente di prendersi cura di sé in modo adeguato, il relatore parla della depressione come di una malattia sistemica. Questa comporta alterazioni non solo a livello di neurotrasmettitori (peraltro non presenti solo nel SNC), ma anche a livello ormonale, immunitario e di trofismo cerebrale. I farmaci antidepressivi agiscono a tutti questi livelli, regolando, oltre alla trasmissione sinaptica, anche il funzionamento dell'asse ipotalamo – ipofisi – surrene, antagonizzando l'effetto di alcune citochine proinfiammatorie e favorendo il trofismo neuronale. In oncologia gli antidepressivi si sono dimostrati utili nel migliorare la neuropatia da chemioterapici e nel modulare la risposta immunitaria. Nella terapia del dolore gli antidepressivi agiscono prima che si manifesti l'effetto antidepressivo e a dosaggi inferiori a quelli richiesti per tale effetto. Per i molteplici effetti sopraricordati la dicitura stessa di antidepressivo risulta inadeguata a descrivere l'ampia gamma di patologie in cui questi farmaci sono impiegati.
Segue l'intervento del Prof. A. Zuddas, che ha come argomento la psicofarmacoterapia in adolescenza, ambito nel quale la prescrizione off label è, di fatto e per necessità, la norma. Prova ne è il fatto che in Italia l'unico psicofarmaco approvato per l'uso nei bambini è la sertralina, limitatamente alla terapia del DOC. Il problema non riguarda solo i farmaci psichiatrici, ma è per questi particolarmente sentito. Le motivazioni della mancanza di indicazioni chiare sull'uso dei farmaci in adolescenza e infanzia sono da ricercarsi nella scarsità estrema di dati clinici consistenti sull'efficacia dei farmaci in queste fasce di età. Attualmente è iniziata negli USA e proseguita in Europa una politica di incentivo agli studi clinici volti a colmare queste lacune. Come esempio dell'attuale situazione, il relatore cita una review sull'uso degli SSRI in bambini e adolescenti, dalla quale risultano solo 8 studi adatti ad essere confrontati, partendo da un numero iniziale già esiguo e dovendo escludere numerosi studi per la disomogeneità degli strumenti di valutazione o per altri problemi quali la brevità dell'osservazione. Da questa review sembra emergere una ragionevole sicurezza per l'impiego della paroxetina, meglio se prescritta dopo una psicoterapia che non sia risultata adeguata a controllare i sintomi. Rimane comunque il problema dell'utilizzo di scale di valutazione che non risultano adatte ad inquadrare la patologia psichiatrica in questa peculiare fascia di età. Pochissimi sono gli studi sull'uso del risperidone e praticamente inesistenti quelli su altri antipsicotici atipici. In questa realtà, spicca il caso dell'ADHD e della mole impressionante di studi sulla terapia farmacologica e non di questo disturbo.
Le limitazioni pesanti con cui deve confrontarsi chi prescrive psicofarmaci a bambini o adolescenti è legata ai pochi studi scientifici validi, per via degli strumenti di valutazione inefficaci, della mancanza di osservazioni a lungo termine e delle dimensioni esigue dei campioni, oltre a tutte le problematiche correlate alla differente legislazione nei diversi paesi. Gli obiettivi attuali sono la costruzione di ampi database di pazienti, la costruzione di un sistema di farmacovigilanza specifico e la stesura di linee guida il più possibile condivise.
L'intervento che chiude il simposio è quello tenuto dal prof. F. Drago che parla di antiepiliettici in psichiatria. Gli impieghi di questi farmaci sono nella mania acuta, dove il valproato si associa ad un atipsicotico, oppure si usa in monoterapia se il quadro è di media gravità. Altri impieghi sono come augmentation nelle depressioni resistenti, nel controllo degli acting out di pazienti psicotici, nel discontrollo degli impulsi, nella bulimia e nei disturbi di personalità. Recentemente è stato approvato l'uso del pregabalin nel disturbo d'ansia generalizzato. Per quanto riguarda il disturbo borderline di personalità, il farmaco più studiato è il valproato che si usa per ridurre rabbia e aggressività, oltre che per migliorare i sintomi depressivi. Sono meno studiati, ma sembrano efficaci la carbamazepina, la lamotrigina. I meno studiati sono il topiramato e l'oxcarbazepina. Per quanto riguarda il meccanismo d'azione, non è facile stabilire se si tratti di un effetto di classe o se ci siano differenze tra i diversi composti. Tutti agiscono riducendo la conduttanza al sodio, mentre meno omogenea è l'azione su calcio e potassio. Il valproato condivide con il litio un effetto sull'adenialto ciclasi e sull'aumento del BDNF nel SNC.
Werner Natta

Simposio: Disturbi mentali, psicofarmaci e sindromi metaboliche.

Introduce i lavori il Prof. Sacchetti (Università di Brescia): gli psicofarmaci hanno una classificazione "storica" oggi sempre meno valida per l'uso che se ne fa in patologie per cui in passato non avevano l'indicazione.
Un tema importante è quello dei dismetabolismi iatrogeni da psicofarmaci, oggetto del presente simposio. La rilevanza dei dismetabolismi non può essere ridotta ad una guerra "commerciale" tra molecole ma va studiata a fondo.
Primo intervento del Prof Turrina (Università di Brescia): il problema dei dismetabolismi nei pazienti psichiatrici è nozione antica, ma è particolarmente rilevante nei trattamenti con antipsicotico in special modo con gli atipici. I parametri da considerare per valutarne l'insorgenza sono: l'aumento di peso, la glicemia, il colesterolo la pressione arteriosa.
Le aspettative di vita di un paziente schizofrenico sono diminuite del 20% rispetto alla popolazione "normale" in relazione soprattutto ad accedenti cardiovascolari che aumentano con l'insorgenza della sindrome metabolica da neurolettici, che ha una rilevanza statistica tale da meritare di essere attentamente monitorata.
Le risultanze di molte osservazioni cliniche dicono che il rischio di insorgenza di diabete esiste per tutti i nuovi antipsicotici atipici.
Il vero problema è il monitoraggio dei disturbi metabolici nei pazienti, nel 2004 sono stati stabiliti degli standard di valutazione: controllo dei parametri metabolici di base, familiarità, controllo dell'eventuale aumento ponderale nel tempo.
Questo tipo di disturbi sono frequenti ma spesso poco riconosciuti e trattati, occorrono protocolli adeguati anche in considerazione della "particolarità" dei pazienti e del fatto che non sembra esservi una farmaco "specificatamente" da ritenersi più responsabile di altri.
Segue l'intervento del Prof. Di Sciascio (Università di Bari) che presenta una relazione sui dismetabolismi da equilibratori dell'umore.
I pazienti con disturbi dell'umore hanno tassi più alti di malattie fisiche (comorbilità) rispetto alla popolazione "normale" e questo aumenta il problema della qualità della loro vita.
Le ragioni sono molteplici: una maggiore vulnerabilità, uno stile di vita che li espone di più, difficoltà di diagnosi precoce e la potenziale iatrogenicità dei trattamenti psichiatrici in atto.
I pazienti bipolari mostrano una tendenza al diabete maggiore della popolazione normale. Gli equilibratori dell'umore mostrano una correlazione con l'aumento di peso in particolare il LITIO e il VALPROATO, nel trattamento cronico, inducono nel tempo un aumento di peso associato ad aumento della glicemia a digiuno e ciò per il Valproato è confermato anche per osservazioni fatte su epilettici in trattamento. Non vi sono linee guida precise per il monitoraggio dei disturbi metabolici indotti da queste categorie di farmaci, ma delle indicazioni pratiche si possono e si debbono evidenziare: valutare l'anamnesi familiare, la glicemia il peso sono parametri da controllare preventivamente e nel tempo.
Occorre che lo psichiatra impari a monitorare gli aspetti dismetabolici dei trattamenti psichiatrici, deve imparare a valutare nel tempo ANCHE questi aspetti non secondari. Lo psichiatra sembra poco avvezzo a fare ciò nonostante che i dismetabolismi possano incidere in maniera sensibile sulla qualità di vita dei pazienti e conseguentemente sugli esiti delle terapie.
Prende poi la parola il Prof Antonio Vita ( Università di Brescia). La sua relazione si occupa di disturbi metabolici e antidepressivi.
Non vi sono molti dati: il 5 -10 % dei pazienti depressi aumentano di peso ed occorre individuare una correlazione diretta tra terapie e tale fenomeno.
E' un dato condivido che i triciclici facciano ingrassare in maniera significativa, i dati sugli SSRI sono meno significativi e hanno minore rilevanza epidemiologica. Vi è un rapporto tra il tempo di assunzione e gli effetti metabolici indotti, ma spesso l'aumento di peso è correlato direttamente con la patologia per fare un discrimine è difficile. Sono poco chiari i meccanismi di azione: per i triciclici è chiamato in causa l'effetto antistaminico per l'aumento del peso e dell'appetito, gli SSRI agirebbero invece sull' appetito, in correlazione con l'aumento della Leptina plasmatici specie nella donna.
Fattori predittivi scarsi: l'unica indicazione è l'aumento di peso durante la prima settimana di trattamento.
Arrivando alle conclusioni, si può affermare che di fronte ad un aumento di peso si possa e si debba intervenire con la dieta, l'attività fisica e il cambio delle abitudini alimentari anche attraverso terapie comportamentali. E' difficile immaginare l'assunzione di farmaci contro l'obesità anche per problemi di interazione con gli antidepressivi.
Prende poi la parola il Prof Cassano ( Università di Pisa) sottolineando come il rapporto tra dismetabolismi e psicofarmacologia sia centrale e debba essere affrontato dallo psichiatra direttamente senza un ping-pong con l'internista.
In questo senso si spiega la relazione che seguirà presentata dal Dott. Bignardi della sua equipe sul tema della psicoeducazione nel controllo del peso in pazienti in trattamento con Olanzapina usata come equilibratore dell'umore in pazienti bipolari.
Il problema dell'aumento di peso è elevato in pazienti in trattamento con psicofarmaci in generale, partendo da questo presupposto si è costruito un progetto di controllo attraverso la psicoeducazione del dietista di pazienti trattati con Olanzapina.
Il campione selezionato è stato diviso in due gruppi uno con intervento psicoeducazionale immediato e contestuale all'avvio della terapia psicofarmacologica, uno con l'avvio a 12 settimane dall'inizio della suddetta terapia.
Si è attuato un programma basato su incontri settimanali di mezz'ora con una dietista, in una prima fase si monitorizza l'attività fisica e l'alimentazione, nella seconda fase ci si pone l'obiettivo della riduzione del peso, attraverso dieta e attività fisica, nella terza fase avviene il controllo dell'alimentazione in termini psicoeducazionali, nella 4 quarta fase si propongono tecniche e strategie per raggiungere il risultato, nell'ultima fase si attua un programma di mantenimento.
I risultati dicono che la diminuzione di peso c'è stata e che la psicoeducazione è strumento efficace anche dal punto di vista dei parametri metabolici di controllo. Il problema dell'aumento di peso esiste e può essere affrontato anche con questa metodologia di intervento integrato

Gli studi di effectiveness nella schizofrenia

Per questo seminario "meet the expert" il Prof. L. Ferranini presenta il Prof. C. Bellantuono, che introduce la propria relazione con un richiamo all'importanza della consultazione di linee guida aggiornate per un corretto utilizzo dei farmaci disponibili. Per quello che riguarda i farmaci antipsicotici, in particolare, è ormai opinione diffusa e condivisa che l'utilizzo di tali molecole nel paziente affetto da schizofrenia riduca il rischio di ricadute. Tale evidenza implica che la terapia con farmaci antipsicotici sia fortemente raccomandata nel paziente schizofrenico, anche a lungo termine, addirittura lifetime. Proprio perché è spesso necessario continuare la terapia antipsicotica a lungo nel tempo, si impone l'importanza di considerare nella scelta clinica di una terapia, la tenuta nel tempo del farmaco prescelto.
Negli studi di effectiveness presentati in effetti, il parametro analizzato per valutare tale aspetto e la "time to discontinuation". Non è sufficiente cioè valutare aspetti clinici, di effetti collaterali e di efficacia di una molecola: è altrettanto importante seguire la terapia nel tempo, analizzando i motivi che sono alla base di un'interruzione della terapia.
Lo studio CATIE, nella Phase 1, si pone appunto come outcome la valutazione del "time to discontinuation".
Sono stati somministrati diversi antipsicotici tra cui Olanzapina, Risperidone, Perfenazina e sono stati valutati i motivi che hanno indotto alla sospensione di suddetti farmaci. Tutti i farmaci risultavano avere un comparabile tasso di sospensione, considerando globalmente tutte le motivazioni che inducevano la sospensione stessa. Olanzapina risulta il farmaco con il minor tasso di sospensione per inefficacia, mentre osservando la sospensione per intolleranza tutti le molecole hanno un analogo profilo. I drop-out registrati di pazienti in trattamento con OLZ erano per lo più motivati dall'incremento ponderale, quelli di pazienti in terapia con Perfenazina dall'insorgenza di EPS. Volendo considerare i disturbi dismetabolici, di cui molto si è occupa la letteratura scientifica, appare emergere una sostanziale equivalenza nel rischio di insorgenza di dislipidemia e/o disturbi del metabolismo glucidico per tutti gli antipsicotici considerati. Lo studio CATIE prevede anche un Phase 2, in cui i pazienti non responders della Phase 1 vengono divisi in due bracci terapeutici, quelli che hanno fallito per intolleranza ai farmaci somministrati in uno e quelli che hanno sospeso i trattamenti per inefficacia degli stessi nell'altro.
In questa seconda fase i pazienti ricevono in terapia Clozapina, Risperidone, Ziprasidone e Quetiapina.
In generale si può sintetizzare i risultati affermando che Olanzapina e Risperidone sembrano essere più efficaci nei pazienti del primo braccio. E' stata valutata la necessità di ospedalizzazione che appare massima con Quetiapina (20%) e minima con >olanzapina(11%); occorre naturalmente precisare che la necessità di ospedalizzazione non soprende, in una popolazione di pazienti con sintomatologia piuttosto grave.
Altro parametro valutato sono i "serious adverse events", con range dal 15%, con Ziprasidone al 11% con Risperidone.
La valutazione di Clozapina appare critica in studi effettuati negli USA, dove è più complesso rispetto ai paesi europei perseguire un'efficace follow up del paziente sul territorio.
Valutando, comunque, i motivi di sospensione in generale, Clozapina e Olanzapina appaiono sovrapponibili.
Se valuto però la sospensione per mancanza di efficacia, si evidenzia una certa superiorità di Clozapina. Si può desumere che la sospensione di Clozapina avvenga piuttosto per insorgenza di effetti collaterali, impossibilità a effettuare regolari controlli di follow-up ecc.
Gli studi presentati ci evidenziano l'estrema importanza di dare una valutazione in senso prospettico alle terapie prescelte, valutando sì l'efficacia ma anche la tollerabilità di una farmaco, in ciascun paziente. La presenza di effetti collaterali non è sempre indice di necessità di interrompere il trattamento in corso, appare anzi fondamentale, ove il farmaco dimostri efficacia, imparare a gestire gli effetti collaterali, optando per l'interruzione della terapia in corso e la sostituzione con altre molecole solo quando questi effetti avversi risultino ingestibili.

Paola Rossi

LA FARMACO TERAPIA DELLA SCHIZOFRENIA: TIPICO O ATIPICO? L.Pani, A.Rossi.
Due tesi a confronto: Antipsicotici tipici "una terapia ancora attuale", Antipsicotici atipipci "la scelta terapeutica moderna".
La storia degli Antipsicotici "un tempo chiamati neurolettici" inizia più di un secolo fa. Agli arbori col termine di Antipsicotico si definiva non una molecola chimica, ma una restrizione fisica descritta da W. Cullen.
Alla fine del settecento le persone considerate folli venivano trattate attraverso immersioni inaspettate in acqua fredda per un certo periodo.
In seguito si è passati a meccanismi di restrizione fisica "seggiola calmante" ed il caso più rappresentati è quello di W. Norris costretto per sette anni ad un supporto di paglia. Si deve a Jean Bobon negli anni 50-60 la prima somministrazione di Alloperidolo ad un giovane studente di architettura.
Negli ultimi anni grazie a studi comparativi, si è evidenziato come l'Alloperidolo sia, tra i vari Antipsicotici, a metà strada per quanto riguarda l'affinità con i Recettori D2 e la dose terapeutica.
Si è inoltre evidenziato come al dosaggio di 2,5 mg, il 69% dei recettori siano occupati, mentre a 5 mg l'86% dei recettori vengono occupati con un aumentato rischio di sviluppare EPS. Da ciò si sarebbe portati ad ipotizzare che esista una correlazione tra dose e comparsa di sintomi extrapiramidali, in realtà la clinica ci dimostra come ad un dosaggio superiore ai 10 mg, l' EPS tende a ridursi. " interessamento del Recettore D1 ed output di dopamina". L'alloperidolo comincia ad esercitare la sua azione alle dosi di 0,2-0,5 mg funzionando fino a 120 mg; " forbice di 600 -> grande maneggevolezza".
L'attualità di questa molecola è dovuta ai seguenti vantaggi:
agisce in fretta, esiste in forma iniettabile, ha un terapeutic range aumentato, ha un' aumentata efficacia clinica, l'azione è visibile, esiste in forma depot, ma soprattutto è "conosciuto" dagli psichiatri.
Inoltre a differenza degli Antipsicotici Atipici non induce disfunzioni metaboliche ed un eccessivo aumento di peso che potrebbero contribuire all'insorgenza o all'aggravarsi di diabete o malattie cardiovascolari.
Le limitazioni di questa molecola sono rappresentate dalla sintomatologia neurologica avversa, dalla non efficacia sui sintomi cognitivi e dalla mancanza di risposta in un 30% dei pazienti. Negli anni con l'introduzione degli Antipsicotici Atipici l'obiettivo da raggiungere attraverso l'utilizzo di questi farmaci è stato modificato:
. Eterogenità clinica
. Misure di esito: sintomi positivi "anni 70"
sintomi negativi "anni 80"
sintomi affettivi "anni 90"
sintomi cognitivi " 2000"
qualità della vita ed aspetti soggettivi.
. Le meta-analisi
. Le linee guida.
L'obiettivo dei farmaci AP atipici di nuova generazione non è solamente l'efficacia antipsicotica, ma anche la netta riduzione degli effetti extrapiramidali, se non la completa scomparsa degli stessi, l'efficacia sui sintomi positivi e negativi ed un miglioramento delle funzioni cognitive rispetto ai tipici.
Il trattamento ottimale con AP a bassa potenza non induce una maggiore EPS dei farmaci AP di nuova generazione.
I potenziali vantaggi nell'efficacia degli AP di nuova generazione devono essere considerati nella scelta di questi farmaci rispetto a quelli tradizionali.

FARMACOVIGILANZA IN NEUROPSICOFARMACOLOGIA

G.Trifirò

Modelli di monitoraggio per i farmaci neuropsichiatrici: limiti e vantaggi delle banche dati.

Quando si parla di banche dati a quali dati ci riferiamo?

-Dati demografici,

-Dati amministrativi (mortalità, ricoveri)

-Dati di sorveglianza (malattie infettive)

-Dati di consumo di farmaci (prescrizioni o farmaceutica)

-Banche dati della medicina generale (prescrizione, diagnosi clinica).

Negli ultimi anni un numero sempre crescente di medici di medicina generale si è informatizzato utilizzando archivi elettronici per raccogliere le informazioni dei pazienti a scopo amministrativo.

Il monitoraggio in farmacovigilanza e in pratica clinica, trova la sua utilità per un’appropriato uso dei farmaci e per la loro sicurezza/tollerabilità.

Studi condotti sulla farmacoutilizzazione e farmacoepidemiologia, in alcune banche di medicina generale, avevano lo scopo di valutare l’uso e la sicurezza d’uso di farmaci antipsicotici ed antidepressivi.

Negli studi di farmacoutilizzazione la criticità era ed è data dalla:

  • Codifica dei dati (problema maggiore è al codifica delle patologie)
  • Generalizzabilità
  • Attendibilità

Mentre la potenzialità era ed è data dal:

  • Confrontare il consumo di farmaci in popolazioni diverse
  • Identificare l’uso off-label.


Nel mondo psichiatrico un problema tutt’oggi aperto è come codificare le banche dati; le classificazioni solitamente utilizzate come l’ ICD-9 non sono esaustive.

Un esempio riportato dal relatore, si riferiva all’andamento negli anni del consumo di Antipsicotici Tipici o Atipici, questa evidenziava una riduzione nell’utilizzo dei Tipici con parallelamente un aumento di Atipici.

Da ciò ci si può domandare quanto possano essere generalizzati questi risultati!

Questo dipende:

  • Dal setting dello studio (questi dati vengono raccolti dai medici di medicina generale e non da specialisti e non prendono in considerazione i bambini)
  • Distribuzione diretta
  • Comparabilità con altri dati internazionali.


Le conclusioni che si possono trarre sulle banche dati sono le seguenti:

  • Rappresentano una grande risorsa perché in tempi brevi e costi relativamente bassi ci forniscono informazioni sull’uso dei farmaci nella popolazione generale.
  • Consentono di condurre studi di farmacoepidemiologia descrittiva ed analitica


Tutto ciò potrebbe facilitare la costruzione di altre banche dati che possono fornire dati clinici ancora più affidabili e validi.

 

FARMACOVIGILANZA DEI NEUROFARMACI

Vanacore N.

Il relatore comincia il suo intervento con un preambolo che riguarda l'enorme problema, nel mercato dei farmaci, dello studio di fase tre, atto a valutare il Rischio/Beneficio.

Ciò è dovuto al fatto che questi studi utilizzano sempre più pazienti selezionati, i cui risultati vengono poi inviati alle autorità che valutano quanto il farmaco sia efficace.

Il limite, rigurda il fatto che gli studi di fase tre riguardano popolazione giovane, mentre in pratica clinica, il farmaco viene somministrato ad un anziano su tre.

La domanda che allora ci si pone, è se queste banche dati siano utili e se si, il perchè.

I vantaggi delle banche dati consistono nel fatto che:

– sono una grande risorsa perchè in tempi brevi e costi relativamente bassi ci forniscono informazioni sull'uso dei farmaci nella popolazione generale.

– consentono di condurre studi di farmacoepidemiologia descrittiva ed analitica.

I dati sui flussi informativi dei farmaci non servono solo per una questione amministrativa ma per valutare l'efficacia di un farmaco.

 

FARMACOVIGILANZA

Veneconi

La farmacovigilanza ha una funzione chiave nella salute publica.

Per quanto riguarda la farmacovigilanza degli antipsicotici il relatore ci fa notare come ci sia una mancanza di segnalazioni di eventi avversi, da parte degli specialisti.

Affinchè un sistema di farmacovigilanza sia efficace è neccesario ci siano:

  • Almeno 300 segnalazioni per un 1000000 di abitanti.
  • Il 30% dei casi devono essere gravi.
  • Almeno il 10% dei medici deve fare una segnalazione l'anno.

Il tasso di segnalazione è estremamente diverso da regione a regione.

Un' esempio che ci viene riportato dal relatore è quello della segnalazione dell'utilizzo di antipsicotici tipici o atipici.

Le reazioni avverse segnalate a riguardo degli antipsicotici atipici o tipici sono estremamente basse e sono eseguite nella maggior parte dei casi da medici ospedalieri e poco da specialisti.

Il relatore ci fa notare come il sistema di farmacovigilanza in Italia, fosse stato fino al 2001 molto disorganizzato, anno in cui venne introdotto un archivio informatizzato, grazie al quale le informazioni tutt'oggi arrivano direttamente all'agenzia Italiana del farmaco ed ogni notte vengono trasmesse alle Agenzie Europee.

Le attività di farmacovigilanza dell' AIFA sono:

  • Gestione e controllo della rete nazionale di farmacovigilanza.
  • Analisi degli PSUR.
  • Segnali della letteratura.

V. Vinciguerra

 

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