Premessa
La prescrizione di farmaci sostitutivi per la tossicodipendenza da oppiacei è avvenuta in contesti organizzativi e culturali atipici rispetto alle condizioni in cui generalmente si svolge la terapia medica. Lo stesso termine "sostitutivo" suggerisce l’idea che non si tratti di una vera terapia ma di una "sostituzione" della "droga" e che, quindi, i pazienti (che, infatti, vengono generalmente chiamati "utenti") non siano veri malati ma persone cronicamente "devianti" a cui si concede di accedere alla "droga di stato" per ridurre il danno sociale. Tale atteggiamento, più o meno consapevole, ha indotto il personale sanitario, e i pazienti stessi, ad accettare, talvolta, procedure relativamente avulse da quanto la legge e le nozioni alla base delle professioni medico-infermieristiche prevedono per la gestione delle terapie. Particolarmente a disagio in questo contesto sembrano trovarsi gli infermieri. Questi operatori, che dal 1999 sono ormai dotati, anche legalmente, di autonomia professionale, e su cui gravano gran parte delle attività richieste per la gestione del farmaco sono ancora penalizzati dal persistere di una vecchia immagine che li considerava meri esecutori delle direttive del medico e ciò produce, a volte, incertezze sulla ripartizione delle responsabilità in un ambito in cui anche gli aspetti penali devono essere considerati. Naturalmente, "vittime" di tale situazione sono soprattutto i pazienti sia per eventuali oggettivi danni che potrebbero loro derivare da alcune prassi sia perché lo stigma colpisce chi si rivolge a un Ser.T. impedisce spesso una efficace difesa dei propri diritti. In questa nota prendiamo in considerazione una serie di problematiche che ci sono state concretamente rappresentate da operatori e pazienti di varie strutture. Come sempre, le soluzioni proposte, che non si pretende siano esaustive, rappresentano solo il punto di vista delle autrici. Sono tuttavia supportate da tutta la documentazione che ci è stato possibile reperire e che è stata ritenuta utile da molti colleghi e pazienti.
Le procedure per la prescrizione di oppiacei nella legislazione italiana
Il Testo Unico 309/90 (d’ora in poi TU) detta disposizioni per l’utilizzo legale delle sostanze definite "stupefacenti o psicotrope" in ben 51 articoli la maggior parte dei quali definiscono le procedure da seguire per la coltivazione, la produzione e la commercializzazione di questi prodotti da parte di operatori economici che nulla hanno a che fare con l’attività clinica. Gli articoli che interessano il personale sanitario sono invece:
- artt. 13 e 14: definiscono i criteri per la redazione delle tabelle contenenti le sostanze farmacologicamente attive che vengono considerate stupefacenti e perciò rientrano nell’ambito di applicazione del Testo Unico, anche per le norme riguardanti la prescrizione;
- artt. 38-39: dettano le procedure per l’acquisto delle sostanze e dei farmaci inseriti nelle tabelle;
- art. 40: definisce le norme per il confezionamento dei farmaci ;
- art. 41: nella versione originale, definiva le modalità di consegna ai farmacisti da parte delle ditte ed è stato poi emendato introducendo indicazioni riguardanti il personale sanitario;
- art. 42: dispone le procedure per l’acquisto da parte dei medici;
- artt. 43, 44 e 45 e 83: dispongono le modalità di prescrizione e dispensazione e le pene previste per la prescrizione abusiva;
- artt. 60, 64 e 67: riguardano la registrazione dei movimenti dei farmaci stupefacenti da parte di medici e farmacisti.
In sintesi, dal complesso delle norme citate, si evince l’obbligo di attuare le procedure di seguito illustrate.
La legge suddivide le sostanze stupefacenti o psicotrope in due tabelle. Nella tabella 1 sono indicate una serie di sostanze (oppio, foglie di coca, cannabis, ecc.) da cui possono essere ricavati i farmaci. La tabella 2 contiene, invece, una serie di preparati medicinali suddivisi in 5 sezioni (A-B-C-D-E) in base al potenziale di indurre abuso o tossicomania. Metadone e Subutex (buprenorfina) sono entrambi inseriti nella sezione A mentre la specialità Alcover (GHB) è attualmente inserita nella sezione B. I titolari o direttori di farmacie aperte al pubblico o ospedaliere possono acquistare i medicinali inseriti nelle sezioni A, B e C "in base a richiesta scritta da staccarsi da apposito bollettario buoni- acquisto conforme al modello predisposto e distribuito dal Ministero della Salute" (art. 38 TU 309/90, comma 1). La legge prescrive che "in caso di perdita, anche parziale, del bollettario buoni- acquisto, deve essere fatta, entro 24 ore dalla scoperta, denuncia scritta all’autorità di pubblica sicurezza" (art. 38 TU 309/90, comma 2) pena una sanzione amministrativa pecuniaria. I singoli medici e i direttori sanitari di strutture prive di farmacia interna possono invece acquistare i medicinali necessari, sia in farmacia sia presso grossisti, facendone "richiesta scritta in triplice copia" al venditore. Una copia deve essere trattenuta per documentazione, due vengono lasciate al venditore che ne trasmetterà una all’Azienda Sanitaria nel cui territorio ha sede (art 42, comma 1). La consegna dei medicinali acquistati può essere fatta dal venditore personalmente al farmacista o al medico acquirente oppure "a mezzo di un qualunque dipendente dell’ente o dell’impresa, debitamente autorizzato, direttamente al domicilio dell’acquirente, previo accertamento dell’identità di quest’ultimo e annotando i dati del documento di riconoscimento in calce al buono acquisto" oppure tramite "pacco postale assicurato" oppure "mediante agenzia di trasporto o corriere privato" (art. 4, comma 1). Ogni acquisto o cessione , anche a titolo gratuito, effettuati da titolari o direttori di farmacia (anche ospedaliera), di medicinali inclusi nelle succitate tabelle deve essere registrato in un registro speciale "senza alcuna lacuna, abrasione o aggiunta, in ordine cronologico, secondo una progressione numerica unica per ogni sostanza o medicinale" . Tale registro è numerato e firmato in ogni pagina dal responsabile dell’ASL locale o da un suo delegato e deve essere conservato per 10 anni dopo l’ultima registrazione (art 60, commi 1 e 2). Invece le unità operative delle strutture sanitarie pubbliche e private (compresi i servizi territoriali) devono dotarsi di un diverso registro di carico e scarico, vidimato dal direttore sanitario o da un suo delegato, conforme al modello predisposto dal Ministero della Salute (art. 60, commi 3, 4 e 6). Il Ministero della Salute ha stabilito inoltre con il Decreto 3 agosto 2001 (e successiva Circ. 8 ottobre 2001, prot. 800.UCS/Agl/5374) le modalità per l’utilizzo di un eventuale registro informatico (art.60, comma 5) I registri delle Unità Operative sono conservati per due anni dal responsabile dell’assistenza infermieristica (art. 60, comma 6) . Il dirigente medico è responsabile della corrispondenza tra la giacenza contabile e quella effettiva (art. 60, comma 7). Il direttore responsabile del servizio farmaceutico compie periodiche ispezioni e ne trasmette il verbale al direttore sanitario (art 60, comma 8) . I singoli medici e i direttori sanitari delle strutture prive di farmacia interna, che acquistano i medicinali secondo le procedure indicate nell’articolo 42, debbono anch’essi tenere un registro di carico e scarico, vidimato dall’autorità sanitaria locale, nel quale specificare l’impiego dei medicinali stessi (art 42, commi 3 e 4). In tale registro devono essere annotati, per ogni somministrazione, nome cognome del paziente, quantità della preparazione somministrata, la diagnosi o il sintomo per cui si fa la prescrizione. Ogni pagina deve essere intestata ad una sola preparazione e le operazioni devono essere registrate in ordine numerico unico. I registri devono essere vidimati ogni anno dall’autorità sanitaria locale (art. 64, commi 1 e 2). L’eventuale perdita o sottrazione dei registri deve essere denunciata entro 24 ore dalla scoperta (art. 67, comma 1). La mancata osservanza delle procedure succitate è punita penalmente con l’arresto fino a due anni o con un’ammenda (art 68, comma 1). Benché le citate norme di legge siano anche troppo dettagliate rispetto alle procedure da attuare, l’estrema varietà delle situazioni concrete e, soprattutto il sovrapporsi, a tutti i livelli, di direttive interpretative non sempre chiare e coerenti, determinano tuttora alcune incertezze operative. In questa nota cercheremo di risolverle alla luce dei documenti e della giurisprudenza di cui siamo a conoscenza.
L’acquisto degli stupefacenti da parte delle ASL e degli Ospedali provvisti di farmacia interna
I Servizi Tossicodipendenze possono essere aggregati ad una struttura sanitaria dotata di farmacia interna, come per esempio un ospedale. In questo caso (articolo 38, comma 1 del citato Testo Unico) l’acquisto degli stupefacenti compresi nelle sezioni A, B e C della tabella II (tra cui metadone, buprenorfina e GHB ) avviene presso le imprese autorizzate al commercio all’ingrosso e compete al direttore della farmacia. In caso di assenza dal servizio del direttore della farmacia, l’acquisto può essere effettuato da colui che ne esercita le funzioni secondo quanto previsto dalla normativa vigente per le supplenze. Per l’acquisto deve essere utilizzato un bollettario buoni-acquisto distribuito dal Ministero della Salute. IlDecreto Min. Salute 18 dicembre 2006 ha approvato un nuovo modello di buono cumulativo che consente l’acquisto di sostanze iscritte in entrambe le tabelle e in tutte le sezioni. Questo buono, numerato secondo una progressione annuale per ciascuna impresa o farmacia, può anche essere stampato estemporaneamente al momento dell’ordine ed è reperibile sul sito del Ministero nella sezione "Medicinali, Sostanze Stupefacenti e Psicotrope". Viene compilato o stampato in quattro copie di cui una conservata dall’acquirente, una inviata all’Ufficio Centrale Stupefacenti del Ministero o all’ASL in cui è situata la farmacia, una conservata dal cedente. Infine una copia di riscontro va inviata al cedente e poi rinviata all’acquirente dopo aver specificato i quantitativi effettivamente consegnati. L’ordine, infatti, potrebbe essere evaso anche parzialmente. Nel caso la richiesta non potesse essere evasa il buono viene restituito all’acquirente. La quantità richiesta può essere indicata in peso, in volume o in numero di confezioni. L’acquirente deve conservare la copia insieme alla fattura o, se questa non viene emessa, alla bolla di accompagnamento. La Circ. Min. Salute 15-1-2007, prot. DGFDM/VIII/P/C.l.a.c/1470, ha specificato, inoltre, che l’ordine può avvenire anche solo per via telematica purchè la firma sia certificata. Il buono acquisto da allegare alla fattura o alla bolla di accompagnamento deve essere, però, sempre cartaceo. I farmaci corrispondenti ad un determinato ordine devono essere recapitati con un'unica consegna, anche se, come si è detto, è possibile consegnarne una quantità inferiore a quella richiesta sul buono. Per la quantità non disponibile si dovrà inviare un nuovo buono. I direttori di farmacia devono conservare i buoni per 5 anni. I buoni in uso fino al dicembre 2006 sono tuttora validi per i farmaci compresi nelle sezioni A, B, C della tabella 2. In successiva Circ. Min. Salute 22-2-2007 prot. DGFDM/VIII/P/C.l.a.c/6674 sono state fornite ulteriori precisazioni. La firme dell’ordinante e del consegnante devono essere in originale solo sulla prima copia del buono mentre possono essere a ricalco su quelle successive. La copia di riscontro non necessariamente deve accompagnare fisicamente la spedizione, purchè sia recapitata il prima possibile. LaCirc. Min Salute15-1-2007, prot. DGFDM/VIII/P/C.l.a.c/1470 precisa che il numero e la data del buono devono essere riportati nel registro di entrata e uscita del direttore di farmacia.
L’acquisto di stupefacenti da parte dei medici, dei veterinari , degli ospedali e delle asl sprovvisti di farmacia interna e da parte dei titolari di gabinetti per l’esercizio delle professioni sanitarie"
L’acquisto di stupefacenti tabella 2, sezioni A, B e C da parte di ASL e Ospedali sprovvisti di farmacia interna o da parte di titolari di gabinetto per l’esercizio delle professioni sanitarie (cioè di strutture ambulatoriali, con una propria organizzazione e ragione sociale, dove operano professionisti sanitari per attività complesse) o da parte di singoli medici e veterinari deve avvenire, come si è detto, secondo il dettato dell’art. 42 del TU 309/90. La richiesta deve quindi essere fatta per iscritto, in triplice copia (non è previsto un modello ufficiale) dal medico o veterinario o titolare di gabinetto o direttore sanitario o responsabile di ospedale o casa di cura in genere. Nel caso di ASL o di Ospedali che abbiano tra le proprie Unità Operative anche Servizi Tossicodipendenze (d’ora in poi SERT) la figura competente è quindi il direttore sanitario. Questa figura viene spesso identificata con il direttore sanitario aziendale, creato dalla riforma sanitaria ex lege 502/1992. In altri casi è stata invece identificata, data l’evoluzione delle funzioni attribuite ai "vecchi" direttori sanitari, con il direttore sanitario di distretto o, per le aziende ospedaliere, di presidio. Permangono divergenze di interpretazione rispetto alla facoltà del direttore sanitario, comunque identificato, di delegare ad altro sanitario e, in particolare, ai responsabili dei SERT, le proprie funzioni. Chi non lo ritiene legittimo osserva infatti, in primo luogo, che nella normativa vigente, quando il legislatore ha ritenuto di consentire la delega, la ha espressamente inserita nella norma. Ciò è avvenuto, per esempio, con l’art. 60, commi 1 e 6 del citato T.U. che attribuiscono, rispettivamente, al "responsabile dell’Azienda Unità Sanitaria Locale o suo delegato" e al "direttore sanitario o suo delegato" compiti di vidimazione dei registri. Di tale possibilità, invece , non si fa cenno nel caso in esame. Peraltro, per le strutture sanitarie, come ASL e Ospedali, che utilizzano grandi quantità di stupefacenti, l’intero impianto normativo sembra voler nettamente differenziare chi acquista da chi prescrive i farmaci, come si evince anche dalla netta distinzione dei registri imposta dal citato Decreto Min. San 3 agosto 2001. In effetti anche la Circ. Min. Salute 1 marzo 2006, prot. DGFDM/VIII/P/c.l.a.c/8196, punto 9, fa riferimento unicamente alla richiesta scritta "a cura del direttore sanitario o del responsabile dell’Ospedale o della Casa di Cura", senza alcun accenno alla possibilità di delega. Ciò nonostante, in alcune aziende, i direttori sanitari e i responsabili delle UU.OO. SERT hanno ritenuto attuabile la delega sostenendo, per esempio, che "la legge non stabilisce alcuna riserva in capo al direttore sanitario" e che pertanto "il direttore sanitario possa delegarne l’esercizio trattandosi, tra l’altro di attività gestionale". Un’altra interpretazione identifica, invece, il direttore sanitario con il responsabile sanitario del SERT, senza, quindi necessità di delega. In ogni caso, naturalmente, non costituisce "delega" la posizione del sostituto del direttore sanitario quando quest’ultimo è assente dal servizio per congedo, malattia o altro impedimento tanto che, negli atti firmati in questa veste, egli si denominerà non con l’indicazione del suo consueto incarico ma con quella di "Direttore Sanitario facente funzioni". Per quanto riguarda le modalità di acquisto, esso può avvenire sia in farmacia sia da un grossista (ma non direttamente dal produttore) e la quantità richiesta non deve eccedere quella occorrente per le normali necessità. Delle tre copie a tal fine compilate, la prima rimane all’acquirente che la conserverà per 5 anni, mentre le altre due vengono inviate al venditore, che ne trattiene una e invia l’altra alla propria ASL. Ricordiamo infine che, per motivi fiscali indipendenti dalla normativa sugli stupefacenti, le fatture relative all’acquisto devono essere conservate per 10 anni.
L’acquisto di stupefacenti da parte di Servizi Tossicodipendenze "privati"
Il nuovo testo dell’art. 116 del TU 309/90 prevede anche la possibilità di istituire i cosiddetti "SERT privati" indicati come Servizi Multidisciplinari Integrati (d’ora in poi SMI). In questo caso, le procedure sono analoghe a quelle previste per i SERT pubblici nel caso si tratti di Unità Operative di Ospedali o Case di Cura private mentre nel caso di strutture autonome l’acquisto potrà essere fatto dal direttore sanitario della struttura stessa, in analogia a quanto avviene per i titolari di gabinetti medici.
L’acquisto di stupefacenti da parte di medici e veterinari per uso urgente
L’acquisto, la detenzione e il trasporto di stupefacenti per uso urgente da parte di singoli medici e veterinari sono autorizzati previa autoricettazione (art. 43, comma 6, TU 309/90) con il ricettario ministeriale a ricalco utilizzato per le prescrizioni ai pazienti (previsto dall’art. 43, comma 1) . Nello spazio destinato all’intestazione del paziente il medico o il veterinario scriverà la dicitura "autoprescrizone", seguita dalla prescrizione, dal timbro e dalla firma. Le autoprescrizioni non sono rimborsate dal Sistema Sanitario Nazionale. Naturalmente, in questo caso il sanitario non è tenuto a rispettare il limite di 30 giorni di terapia previsto per le ricette intestate ai pazienti (comunicazione presidente FNOMCeO, n. 129 del 17 ottobre 2001, citante Nota Ministero della Salute 10 ottobre 2001, tuttora attuale) . Deve tuttavia evitare, in analogia a quanto previsto dallo stesso articolo 43, comma 1, di detenere quantità significativamente superiori al normale fabbisogno. Il sanitario autoprescrittore deve conservare per due anni copia della ricetta, allegandola ad un registro delle prestazioni (per cui non esiste un modello ufficiale) su cui annoterà le movimentazioni in entrata ed uscita dei medicinali (art. 43, comma 6).
Consegna e trasporto dei farmaci stupefacenti da parte dei fornitori
L’art. 41 del DPR 309/90 definisce le modalità di consegna degli stupefacenti "da parte degli enti e delle imprese autorizzate a commerciarli". La consegna può essere fatta personalmente al destinatario, che provveda direttamente al ritiro (annotandone sul buono acquisto gli estremi di un documento) oppure tramite un qualunque dipendente debitamente autorizzato, sempre annotando gli estremi di un documento in calce al buono acquisto, oppure inviando il quantitativo con pacco postale assicurato . E’ possibile anche l’invio con agenzia di trasporto o corriere privato ma, in questo caso, se si tratta di sostanze inserite nella tabella I o nella tabella II, sezione A, in quantitativi superiori ai 100 grammi (per esempio: undicimila flaconi da dieci milligrammi di metadone sciroppo), il mittente deve informare preventivamente il più vicino ufficio della Polizia, della Guardia di Finanza o dei Carabinieri. Osserviamo, per inciso, che, come risulta dal comma 1, questo articolo riguarda esclusivamente chi commercia stupefacenti e non chi li prescrive, li somministra o li utilizza. Sfortunatamente, questo particolare è sfuggito al legislatore che, conlegge 12/2001, emendò il Testo Unico. E’ stato così introdotto il comma 1-bis che "in deroga alle disposizioni di cui al comma 1" "autorizza" la consegna da parte di operatori sanitari (in realtà mai prima vietata, tanto meno da questo articolo) di quantità terapeutiche di stupefacenti a pazienti in assistenza domiciliare, esclusi quelli in terapia per tossicodipendenza, purchè con prescrizione del curante. Tutto ciò, come si vedrà oltre, ha generato ulteriore confusione e ha richiesto ulteriori precisazioni da parte ministeriale.
Il registro speciale di entrata e uscita delle ASL e degli Ospedali provvisti di farmacia interna
L’articolo 60, commi 1 e 2, TU 309/90 estende alle farmacie aperte al pubblico e alle farmacie ospedaliere l’obbligo di riportare su un registro "ogni acquisto o cessione, anche a titolo gratuito, senza alcuna lacuna, abrasione o aggiunta, in ordine cronologico, secondo una progressione numerica unica per ogni sostanza o medicinale". Tale registro è conforme al modello predisposto dal Ministero della Salute (art.60, comma 3),"è numerato e firmato in ogni pagina dal responsabile dell’Azienda Unità Sanitaria Locale o da un suo delegato" e va conservato per 5 anni dall’ultima registrazione. Rileviamo che il modello tuttora utilizzato, in mancanza di successivi decreti, è quello previsto dal D.M. 20 aprile 1976, come modificato dal D.M. 15 marzo 1985. Tale modello contiene ancora la dizione "autorità sanitaria locale" e, nelle istruzioni riportate nella prima pagina, il riferimento all’abrogata legge 685/75. L’Autorità Sanitaria Locale, come è noto, è il sindaco (art.13, comma 2 della legge 788/1978). Tuttavia, nonostante il decreto non sia stato aggiornato, e quindi il modello di registro che ne deriva rimanga lo stesso, ciò non comporta che si possa disattendere il dettato della legge attualmente in vigore. Perciò il registro dovrà essere vidimato dal responsabile dell’Azienda Sanitaria Locale (cioè dal Direttore Generale o da un suo delegato) anche se ciò non corrisponde alla dizione pre-stampata. L’art. 60, comma 5 del TU 309/90 prevede anche la possibilità di registrazione su supporto informatico che dovrà comportare la stampa su fogli numerati e vidimati come sopra. La registrazione, in ogni caso, deve avvenire con mezzo indelebile (penna stilografica, penna biro, macchina da scrivere, stampante). In mancanza di indicazioni temporali specifiche contenute espressamente nella normativa, riteniamo che tale operazione debba avvenire contestualmente alla movimentazione dei farmaci, anche solo per giustificarne la detenzione. Eventuali errori di trascrizione (per esempio scrivere"fiale" invece di "flaconi") non devono essere "corretti " ma "rettificati" apponendo una riga sulla registrazione errata (che deve rimanere perfettamente leggibile) e riscrivendo a lato o in altro spazio libero la parola o il numero rettificato. Qualora venga per errore registrata una operazione completamente errata (per esempio caricare un farmaco nella pagina dedicata ad un altro o scaricare due volte una certa quantità come consegnata ad una Unità Operativa) l’operazione potrà essere annullata. L’operazione di annullamento è, essa stessa, un’operazione, purchè si utilizzi poi una nuova riga del registro. Pertanto, la numerazione progressiva che, come si è detto, è obbligatoria per ogni operazione deve, a nostro giudizio, comprendere anche le operazioni di annullamento. Sul registro, per ogni operazione, vanno annotati nelle apposite colonne, i seguenti dati:
- numero progressivo di movimentazione
- data dell’operazione
- tipo di documento a cui si fa riferimento come per esempio: buono acquisto, richiesta (del farmaco), denuncia (di furto o smarrimento), verbale (di rottura flaconi), ecc
- numero identificativo del documento
- data del documento
- origine o destinazione del farmaco come per esempio: ditta venditrice, Unità Operativa richiedente, furto, ecc.
- quantità movimentata (in entrata o in uscita)
- giacenza residuata
Ogni pagina del registro deve essere intestata ad una sola sostanza o preparazione. Nel caso di specialità medicinali, si imposterà una pagina per ogni forma farmaceutica, dosaggio e confezionamento dello stesso prodotto come per esempio: "Subutex , scatole da 7 (sette) compresse da 2 (due) milligrammi" oppure "Metadone cloridrato sciroppo, flaconi da 5 (cinque) milligrammi allo 0,1%". L’unità di misura utilizzata dovrà, naturalmente, essere indicata (in peso, volume o n. di confezioni) e mantenuta costante. Per esempio si potrà scaricare il Subutex in milligrammi o scatole ma non ora in milligrammi ora in scatole. Alla fine di ogni pagina andranno trascritti i dati riassuntivi di entrate, uscite e giacenza che andranno riportati all’inizio della prima pagina successiva intestata alla stessa sostanza o preparazione. Lo stesso registro può quindi essere utilizzato per diversi medicinali. L’art. 62, comma 1, prevede, inoltre, che il 31 dicembre di ogni anno si proceda alla chiusura del registro. Questa operazione consiste nell’annotare nell’ultima pagina utilizzata per ogni medicinale, la somma dei movimenti effettuati durante l’anno e cioè: 1) la giacenza al 31 dicembre dell’anno precedente, 2) il totale delle entrate nell’anno che si chiude, 3) il totale delle uscite, 4) la giacenza al 31 dicembre dell’anno che si chiude che deve corrispondere alla giacenza residuata dell’anno precedente sommata alle entrate meno le uscite.
Le righe non utilizzate dovranno essere annullate tracciandovi sopra una linea obliqua e riportandovi la frase " operazione chiusura fine anno ex articolo 62 DPR 309/90" La quantità in giacenza al 31 dicembre deve essere riportata nella colonna "giacenza" in una nuova pagina con la medesima intestazione
Il registro di "carico e scarico" per gli acquisti effettuati dalle ASL e dagli Ospedali sprovvisti di farmacia interna e dai singoli medici o veterinari
Il Testo Unico 309/90 fa riferimento al registro di "carico e scarico" per gli acquisti effettuati dai direttori sanitari di ospedali e ASL sprovvisti di farmacia interna unicamente all’articolo 42, commi 3 e 4. Che il legislatore intendesse differenziare questo registro da quello del direttore di farmacia (di cui all’art 60, comma 1) si evince dal fatto che ne è prevista la vidimazione e la firma "in ciascuna pagina" (art. 42, comma 4) da parte "dell’Autorità Sanitaria Locale" cioè, come si è detto, dal Sindaco e non da parte del "responsabile dell’Azienda Unità Sanitaria Locale o da un suo delegato" (art.60, comma 1). La vidimazione deve poi essere ripetuta "ogni anno dalla data del rilascio"(art.64, comma 2). Questo registro non si identifica nemmeno con quello delle Unità Operative (citato all’art 60, commi 3 e 6), vidimato dal direttore sanitario o da un suo delegato. La "ratio legis" sembrerebbe essere, in effetti, quella di distinguere chi effettua la vidimazione da chi riceve, a qualsiasi titolo, il farmaco. In sintesi, dall’esame del testo legislativo, si dedurrebbe l’esistenza di tre tipi di registri:
- quello "speciale" di entrata e uscita previsto dall’articolo 60 commi 1 e 2 per i direttori/titolari di farmacia ospedaliera o aperta al pubblico, vidimato dal responsabile dell’ASL o suo delegato (benché il modello ministeriale tuttora in uso porti ancora il termine "Autorità Sanitaria Locale" e il riferimento alla legge 675/75, abrogata);
- quello "di carico e scarico" previsto dall’art. 42, richiamato dall’art. 64, per direttori sanitari di ospedali e ASL senza farmacia, nonché per singoli medici, vidimato dall’Autorità Sanitaria Locale, cioè dal Sindaco o da un suo delegato (art 42, comma 4) che non è di modello approvato;
- quello di "carico e scarico" delle Unità Operative, pubbliche e private, con attività clinica (corrispondente al modello di cui al Decreto Min. Salute 3 agosto 2001), vidimato dal direttore sanitario o suo delegato (art. 60, commi 3 e 6).
Data la mancanza di un modello specifico per il registro di cui all’articolo 42, tenuto conto che la sua funzione, nel caso di ASL e Ospedali, è analoga a quella del registro speciale di cui all’articolo 60, comma 1 (documentare acquisti e cessioni di stupefacenti) riteniamo che si dovrebbe utilizzare all’uopo lo stesso registro previsto per le farmacie ospedaliere ma con la vidimazione del Sindaco.
La tenuta di tale registro è compito del direttore sanitario (per la cui identificazione e facoltà di delega si rimanda a quanto già sopra illustrato). Di regola, la struttura dovrebbe custodire farmaci e registro in un locale idoneo (cioè chiuso a chiave e ad accesso controllato) e distribuire i medicinali alle diverse Unità Operative con le modalità sotto illustrate. Di fatto, a volte, si è verificato che non si sia reperito un locale centralizzato e si sia deciso di far consegnare i farmaci dal venditore direttamente nelle diverse sedi di utilizzazione. In questi casi la soluzione più in linea con le suddescritte indicazioni di legge sembra essere la seguente: il direttore sanitario, comunque identificato o rappresentato, si dovrebbe recare nel punto di consegna, dovrebbe caricare il farmaco sul registro di cui all’art. 42 e dovrebbe scaricarlo subito dopo all’Unità Operativa che, a sua volta, lo caricherà sul diverso registro previsto dal citato Decreto Min . Salute 3 agosto 2001. Le modalità di annotazione delle movimentazioni sono analoghe a quelle sopra descritte per il registro di cui all’art 60 anche perché, come si è detto, non esiste altro specifico modello di registro approvato dal ministero. La chiusura annuale non è tuttavia necessaria, perché è prevista solo dall’art. 62 che si riferisce unicamente al registro speciale dei direttori di farmacia di cui all’art. 60, comma 1. In mancanza di diversa specifica indicazione, riteniamo che la direzione sanitaria, in analogia a quanto previsto per il suddetto registro speciale, debba conservare il registro per 5 anni dall’ultima registrazione. Segnaliamo che, nel caso in cui questo registro venga utilizzato, come ancora consente l’articolo 42, da singoli medici o veterinari che, quindi, non cedono i farmaci ad altre Unità Operative ma lo utilizzano direttamente per i propri pazienti, l’art. 64 del TU 309/90 prevede che lo scarico avvenga con modalità leggermente diverse da quelle previste dal Decreto Min .3 agosto 2001 (vedi oltre) per le Unità Operative. Sul registro dovranno infatti essere annotati, oltre alla data della somministrazione, nome cognome e residenza del "richiedente", cioè, si suppone, del paziente o del proprietario dell’animale, e anche la diagnosi o la sintomatologia. La possibilità di indicare solo il numero di cartella clinica o altro identificativo diverso dalle generalità non è contemplato "salvo quanto stabilito nell’art. 120, comma 5". L’articolo 120 è quello concernente il diritto all’anonimato ma il comma 5, oltre ad essere stato abrogato con referendum, si riferiva all’obbligo dei medici di segnalare ai SERT i pazienti che non avessero chiesto l’anonimato, senza alcun riferimento a terapie con stupefacenti. Si deduce, quindi, che l’indicazione del comma 5 sia un mero errore materiale e che la volontà del legislatore fosse quella di rinviare all’articolo 120, comma 6 che, per l’appunto, garantisce l’anonimato su semplice richiesta, ma solo ai pazienti tossicodipendenti. Un altro punto oscuro è come si possano scaricare i farmaci utilizzati per animali privi di proprietario o il cui proprietario sia ignoto (si pensi al caso frequente di cani e gatti vittime di investimenti). Tutto ciò considerato sembra quindi consigliabile che i singoli professionisti ricorrano all’autoricettazione prevista dall’art. 43, comma 6.
il registro di carico e scarico delle unità operative e il loro approvvigionamento
Il Ministro della Salute ha approvato, con il già citato Decreto Min. Salute 3 agosto 2001, il modello di registro per le Unità Operative del sistema sanitario nazionale. La successiva ulteriore modifica (con legge 49/2006) del DPR 309/90 ha poi fatto obbligo a tutte le Unità Operative pubbliche e private, nonché ai Servizi Territoriali, di dotarsi di tale registro che viene definito "unico documento su cui annotare le operazioni di approvvigionamento, somministrazione e restituzione dei farmaci stupefacenti e psicotropi" presso "le Unità Operative delle strutture sanitarie pubbliche e private, nonché delle Unità Operative dei Servizi Territoriali delle Aziende Sanitarie Locali " (cfr. allegato al Decreto Min .3 agosto 2001). Non sembrerebbe esserci dubbio pertanto che questo sia l’unico registro utilizzabile nei SERT inseriti in aziende sanitarie o ospedaliere, indipendentemente dal fatto che l’azienda sanitaria o ospedaliera di appartenenza sia o no dotata di farmacia interna. Conseguentemente, l’approvvigionamento delle Unità Operative non dovrebbe avvenire direttamente presso i produttori o i grossisti ma sempre attraverso una richiesta alla farmacia interna o alla direzione sanitaria. La legge non dice espressamente come fare tali richieste ma, dal contesto normativo, sembra opportuno che ogni Unità Operativa venga dotata di blocchetti numerati costituiti da moduli autoricalcanti, anch’essi numerati, su cui indicare la denominazione dell’Unità Operativa, la data, il medicinale richiesto in conformità alle modalità di carico e scarico. Tali blocchetti potranno essere distribuiti, su richiesta scritta del responsabile, dalla farmacia, dal direttore sanitario o dal servizio farmaceutico. La richiesta rappresenterà il documento citato nello scarico sul registro del direttore di farmacia (ove esistente) o del direttore sanitario. Il registro delle Unità Operative, allegato al succitato decreto, riporta integralmente sulla seconda pagina di copertina, una serie di indicazioni che sono parte integrante del decreto stesso. Con esse si precisa che il registro:
- è costituito da cento pagine pre-numerate
- è vidimato dal direttore sanitario o da un suo delegato che provvede alla sua distribuzione
- è conservato dal responsabile dell’assistenza infermieristica
- deve essere conservato per due anni dalla data dell’ultima registrazione (e non per cinque)
- deve contenere nome e cognome del paziente oppure il numero della cartella clinica o altro tipo di identificazione del paziente.
Inoltre viene stabilito che:
- il dirigente medico dell’U.O. risponde dell’effettiva corrispondenza tra giacenza contabile e reale
- il direttore responsabile del servizio farmaceutico (che non necessariamente è una farmacia ospedaliera) vigila sulla corretta tenuta del registro inviando verbale delle ispezioni alla direzione sanitaria
- in analogia a quanto sopra esposto per gli altri registri, ogni pagina deve essere intestata ad una sola preparazione medicinale, indicando forma farmaceutica, dosaggio e unità di misura adottata per la movimentazione
- le registrazioni in entrata e in uscita devono essere effettuate entro 24 ore dalle movimentazioni
- dopo ogni movimentazione deve essere indicata la giacenza
- il registro non è soggetto a chiusura annuale.
Si precisa inoltre che, come già chiarito in nota dell’Ufficio Centrale Stupefacenti 6 giugno 1996 prot. F800.UCS/AG.l/3239, in caso di somministrazioni parziali di fiale o di specialità multidose nel registro andrà scaricata l’intera fiala o flacone mentre il rimanente andrà versato nei rifiuti speciali. Nelle note sarà specificata la quantità effettivamente utilizzata corrispondente a quella riportata in cartella clinica. E’ pertanto illegittima, e non da oggi, la prassi, in passato in auge in alcuni SERT, di prelevare con la siringa quantità di metadone inferiori a quelle contenute nei flaconi suddividendole tra diversi pazienti. In concreto se, per assurdo, si ritenesse assolutamente necessario prescrivere quantità di metadone pari, per esempio a 23 milligrammi dovrebbero essere utilizzati un flacone da 20 milligrammi e uno da 5 milligrammi interamente scaricato e il residuo di 2 milligrammi non potrà essere in alcun modo utilizzato ma dovrà essere eliminato annotandone il motivo sul registro. A proposito dell’utilizzo dello spazio che il registro destina alle annotazioni, suggeriamo di non utilizzarlo per informazioni scontate come "somministrazione + affido" o simili, anche perché la nuova formulazione dell’articolo 43, comma 5, T.U. 309/90, molto giustamente, non accenna in alcun modo alla "somministrazione" ma si riferisce solamente alla consegna dei farmaci. Nello spazio citato si segnaleranno, invece, informazioni rilevanti per spiegare eventi inusuali (come per esempio somministrazione di dose doppia a paziente che abbia vomitato oppure rottura di flaconi o altro). Le annotazioni riguardanti il carico non si differenziano da quanto previsto per gli altri registri. Per quanto riguarda lo scarico, invece, si dovranno indicare nome e cognome o numero di cartella clinica o altro sistema di identificazione del paziente. I nomi e cognomi o le sigle dei pazienti dovrebbero essere scritte in stampatello, essendo la chiarezza della calligrafia un obbligo del pubblico dipendente. Viene inoltre prevista la possibilità di cessione ad altra Unità Operativa, indicandone la denominazione, e la possibilità di reso alla farmacia, ove esistente. Ogni pagina dovrebbe essere firmata dal medico, con calligrafia leggibile, dopo controllo della correttezza di tutto quanto ivi registrato. Segnaliamo nuovamente che le indicazioni contenute in questo decreto e nel modello di registro su come scaricare le quantità di farmaci utilizzate per i singoli pazienti non coincidono esattamente con quelle richieste dall’articolo 64 per chi utilizza il registro di cui all’art. 42.
Scarico effettuato utilizzando sistemi informatici
Il Decreto Min .Salute 3 agosto 2001 prevede anche (art.1, comma 2) la possibilità di utilizzare "in alternativa" "un modulo continuo adatto ad essere utilizzato come supporto cartaceo per sistemi informatici", purchè numerato e vidimato nello stesso modo. Alcuni SERT non dispongono più di stampanti che possano utilizzare un modulo continuo. Con una nota del 18-9-2002 prot. 800.UCS/AG1/2338, diretta all’Azienda USL di Pescara, l’Ufficio Centrale Stupefacenti dell Ministero della Salute esprimeva il parere che si possano utilizzare pagine singole se successivamente "legate tra loro per formare un blocco unico". Osserviamo a questo proposito che la nota di un funzionario non può modificare un decreto. D’altro canto l’evoluzione tecnologica non può certo procedere alla velocità dei decreti ministeriali. Dato che la ragione per cui il decreto prevede il modulo continuo si presume sia quella di rendere impossibile la sostituzione delle pagine riteniamo che, per poter almeno sostenere di aver rispettato il contenuto, se non la forma, della norma citata sarebbe opportuno che, qualora si utilizzino fogli singoli, questi siano "autenticati" apponendo oltre alla vidimazione del direttore sanitario anche un timbro con la data in cui sono stati firmati in modo da rendere impossibile la sostituzione. Ricordiamo infine che queste procedure non costituiscono uno scarico informatizzato vero e proprio, cioè senza supporto cartaceo. Qualsiasi sistema di registrazione informatica, infatti, non è, per ora, indelebile. Si deve quindi tener presente, nel caso si decida di usare uno dei tanti software che sono stati proposti ai SERT negli ultimi anni, che lo scarico è effettivamente effettuato solo dopo che i dati sono stati stampati sui fogli numerati e che, sul piano legale, il sistema informatico senza stampa equivale ad appunti presi con la matita mentre solo con la stampa acquista l’indelebilità di una penna stilografica. La coincidenza nella lingua italiana dell’articolo indeterminativo "uno" con il numero "1" ha creato un ulteriore dubbio rispetto alla possibilità di disporre di più registri (per esempio uno su modulo cartaceo adatto allo scarico con computer e uno tradizionale). L’Ufficio Centrale Stupefacenti, con sua nota del 10 luglio 2001 prot. 800.UCS/AGl/4164 ha chiarito la possibilità di allestire due registri, indipendenti l’uno dall’altro, ognuno con propria numerazione. Il sistema informatico utilizzato per creare il registro elettrocontabile deve, naturalmente, rispondere alle norme previste dal Decreto Legislativo (D.Lgs) 196/2003. L’articolo 22, comma 6, di tale decreto dispone che "i dati sensibili e giudiziari contenuti in elenchi, registri o banche dati, tenuti con l’ausilio di strumenti elettronici, sono trattati con tecniche di cifratura o mediante l’utilizzazione di codici identificativi o di altre soluzioni che, considerato il numero e la natura dei dati trattati, li rendono temporaneamente inintelligibili anche a chi è autorizzato ad accedervi e permettono di identificare l’interessato solo in caso di necessità". Naturalmente, nel caso di un registro per la documentazione dell’uso di stupefacenti, la sigla dovrà essere usata solo per i pazienti che hanno chiesto l’anonimato. Dovranno invece essere rigorosamente rispettate le misure minime di sicurezza imposte dal titolo V, capo I del Codice . In sintesi, le misure tecniche individuate dall’art. 34 e dall’allegato B del decreto sono le seguenti:
- deve esistere un codice per l’identificazione di ciascun incaricato associato ad una parola chiave conosciuta solo dal medesimo o ad una caratteristica biometrica come per esempio impronta digitale;
- la parola chiave deve essere modificata almeno ogni tre mesi dall’incaricato stesso;
- le credenziali di autenticazione sono disattivate dopo 6 mesi di non utilizzo;
- ciascun incaricato deve poter accedere ai soli dati necessari per il trattamento che deve effettuare;
- gli elaboratori devono essere dotati di programmi anti-intrusione aggiornati almeno ogni sei mesi
- il salvataggio dei dati deve essere previsto con frequenza almeno settimanale.
Osserviamo che le "misure minime" sono quelle la cui mancata osservanza comporta di per sé una violazione della normativa, indipendentemente da eventuali danni. Ciò non esime il titolare del trattamento dei dati dall’obbligo di adottare qualsiasi altra ulteriore misura necessaria a proteggere i dati qualora se ne rilevasse l’opportunità.
La conservazione dei farmaci stupefacenti
I farmaci stupefacenti, come qualunque altro medicinale, devono essere custoditi in modo da non essere accessibili a personale non autorizzato e in condizioni che ne garantiscano l’adeguata conservazione. Pertanto le strutture che ne fanno uso dovranno essere dotate di armadio chiudibile a chiave, che data la presenza di un mercato nero degli stupefacenti, dovrà, per doverosa diligenza, essere, per lo meno, blindato o rinforzato. Lacircolare Min. Sanità 2/2000, riferendosi alla linea guida comunitaria CPMP/QWP609/96 prescrive, inoltre, l’obbligo di attenersi rigorosamente nel trasporto e nella conservazione dei farmaci alle indicazioni riportate in etichetta, anche per quanto riguarda le temperature. Se in etichetta non viene riportata alcuna indicazione per la temperatura si intende che il farmaco è stabile per 6 mesi a 40° C (+/-2) e al 75% (+/- 5%) di umidità relativa che, nel 1996, erano i parametri osservati nelle zone climatiche dei paesi dell’Unione Europea. La buprenorfina deve essere conservata a temperatura non superiore a 30° C. Per il metadone invece il produttore indica solo la necessità di mantenere il farmaco lontano da fonti di calore (limite di 40°). Negli ultimi anni tuttavia si sono registrate, in Italia e in Europa, temperature fino a 48° C. E’ pertanto opportuno che, nelle zone soggette a tali escursioni termiche, i farmaci vengano conservati in locali climatizzati. In ogni caso, dovrebbe essere utilizzato un termometro che consenta il controllo della temperatura, anche durante il trasporto. I pazienti che ricevono tali farmaci per la terapia dovranno ricevere opportune indicazioni in particolare rispetto al trasporto in autoveicoli non climatizzati. L’infermiere provvederà a controllare periodicamente la scadenza e a immagazzinare il farmaco disponendo le scatole in ordine di scadenza.
"Somministrazione" del farmaco all’interno delle Unità Operative
Le procedure per la somministrazione di farmaci stupefacenti devono, in primo luogo ridurre al minimo la possibilità di errori. A questo proposito ogni singolo servizio dovrà prevedere la propria particolare organizzazione, possibilmente descrivendola per iscritto. In linea di massima, meno operazioni vengono assegnate all’infermiere meno errori si commettono. Pertanto si potrà disporre, per esempio, che l’addetto alla "somministrazione" non venga gravato da altre incombenze come quella di rispondere al telefono o di fornire informazioni a persone diverse dai pazienti in trattamento. E’ consigliabile che il farmaco sia sempre consegnato nella confezione integra al paziente che provvederà poi, nel caso di assunzione supervisionata, ad assumerlo in presenza dell’operatore. Osserviamo, a questo proposito, che il termine "somministrazione" entrato nell’uso dei SERT per antichi motivi ideologici, non corrisponde, in realtà, a quanto effettivamente avviene. Il paziente infatti non viene "imboccato" dall’infermiere ma, piuttosto, assume il medicinale in sua presenza come si verifica per altre terapie supervisionate. Tale prassi non risponde, peraltro, a nessun specifico dettato legislativo, come si è detto in altra nota. In ogni caso l’assunzione in presenza di personale infermieristico comporta, a differenza di quanto avviene in farmacia, dove il farmacista controlla solo la ricetta e l’esterno della confezione, il controllo, oltre che della corrispondenza tra quanto prescritto e quanto erogato, anche del contenuto della preparazione. Non raramente, infatti, si sono riscontrate anomalie o nel volume o nel contenuto del medicinale. In tali casi la confezione anomala deve essere trattenuta. In particolare, nel caso di rinvenimento di corpi estranei, la procedura dovrà essere quella indicata dal D. Min. Sanità 27-2-2001. In tale decreto si dispone che "gli operatori sanitari che rilevano la presenza di corpi estranei o difetti in un medicinale, o che ricevono una segnalazione in tal senso da parte di un privato cittadino, devono, innanzitutto salvaguardare l’integrità del confezionamento del prodotto medesimo ovvero, nel caso quest’ultimo sia stato manomesso per l’impiego, operare una chiusura provvisoria che assicuri la conservazione del prodotto nello stato di fatto in cui è stato rilevato".Gli stessi operatori sanitari devono poi immediatamente comunicare il fatto al Dipartimento per la Valutazione dei Medicinali e la Farmacovigilanza del Ministero della Salute tramite apposito modulo e, successivamente, devono conferire il prodotto allo stesso Ministero. La prescrizione del dosaggio da parte del medico deve avvenire, di regola per iscritto, anche se la prescrizione può riguardare, oltre che il singolo dosaggio anche il ritmo e le condizioni di variazione (per esempio: "in caso di positività della morfinuria aumentare di 5/cinque, milligrammi, in caso di negatività dose invariata"). Le prescrizioni verbali o telefoniche dovrebbero rappresentare l’eccezione, dovrebbero essere giustificate da evidente necessità e dovrebbero essere immediatamente segnalate in cartella dall’infermiere in attesa della controfirma del medico. Richiedono, in ogni caso un alto livello di reciproca fiducia tra i sanitari dato che, in caso di errori o fraintendimenti, con conseguenti danni, né il medico né l’infermiere sarebbero in grado di documentare cosa effettivamente è stato prescritto e potrebbero essere chiamati entrambi a rispondere di negligenza. I maggiori problemi lamentati dai cittadini rispetto alle procedure adottate negli ambulatori farmacologici dei SERT si riferiscono, oltre alla a volte singolare interpretazione delle norme igieniche, alla violazione delle normative deontologiche e legislative sulla riservatezza. A questo proposito, in particolare, la procedura dovrà uniformarsi, come minimo, alle misure previste dall’art. 83 comma 2 D. Lgs 196 /2003 che impone una serie di misure per tutelare la riservatezza del paziente nelle strutture sanitarie. In particolare il comma 2 dispone, tra l’altro:
- il divieto di chiamare pubblicamente per nome le persone in attesa di prestazioni;
- l’istituzione di distanze di cortesia in caso di file;
- l’obbligo di impedire che terzi ascoltino colloqui;
- il divieto di effettuare prestazioni sanitarie in condizioni di promiscuità;
- il rispetto della dignità dell’interessato in occasione della prestazione medica;
- la messa in atto di procedure che impediscano ad estranei di correlare la frequenza a reparti o ambulatori con specifiche patologie.
Peraltro, il Garante per la protezione dei dati personali, in seguito a "reclami e segnalazioni con i quali si rappresentava che alcune strutture sanitarie, nell'erogare prestazioni e servizi per finalità di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, non rispetterebbero le garanzie previste dalla legge a tutela, in particolare, della dignità e della riservatezza delle persone interessate" con suo provvedimento 9 novembre 2005 ribadiva che "le misure organizzative in esame devono essere adottate per espresso obbligo di legge da tutti gli organismi sanitari, sia pubblici (es. aziende sanitarie territoriali, aziende ospedaliere), sia privati (es. case di cura)" e che, tra l’altro, gli organismi sanitari pubblici e privati, in qualità di titolari del trattamento dei dati personali, devono garantire il rispetto dei principi, per quanto pertinenti, che di seguito riportiamo testualmente.
"a) dignità dell’interessato (art.83,comma 2, lett e del Codice)
La prestazione medica e ogni operazione di trattamento di dati personali deve avvenire nel pieno rispetto della dignità dell’interessato (artt.2 e 83 del Codice). La tutela della dignità personale deve essere garantita nei confronti di tutti i soggetti cui viene erogata una prestazione sanitaria, con particolare riguardo a fasce deboli quali i disabili, fisici e psichici, i minori, gli anziani e i soggetti che versano in condizioni di disagio o bisogno."(omissis)
"b) Riservatezza nei colloqui e nelle prestazioni sanitarie (art. 83, comma 2, lett. c e d)
"É doveroso adottare idonee cautele in relazione allo svolgimento di colloqui, specie con il personale sanitario (ad es. in occasione di prescrizioni o di certificazioni mediche), per evitare che in tali occasioni le informazioni sulla salute dell'interessato possano essere conosciute da terzi. Le medesime cautele vanno adottate nei casi di raccolta della documentazione di anamnesi, qualora avvenga in situazioni di promiscuità derivanti dai locali o dalle modalità utilizzate." (omissis)
"e) Distanza di cortesia (art. 83, comma 2, lett. b)
"Le strutture sanitarie devono predisporre apposite distanze di cortesia in tutti i casi in cui si effettua il trattamento di dati sanitari (es. operazioni di sportello, acquisizione di informazioni sullo stato di salute), nel rispetto dei canoni di confidenzialità e della riservatezza dell'interessato." (omissis)
"f) Ordine di precedenza e di chiamata (art. 83, comma 2, lett. a)
"All'interno dei locali di strutture sanitarie, nell'erogare prestazioni sanitarie o espletando adempimenti amministrativi che richiedono un periodo di attesa (ad es., in caso di analisi cliniche), devono essere adottate soluzioni che prevedano un ordine di precedenza e di chiamata degli interessati che prescinda dalla loro individuazione nominativa (ad es., attribuendo loro un codice numerico o alfanumerico fornito al momento della prenotazione o dell'accettazione). Ovviamente, tale misura non deve essere applicata durante i colloqui tra l'interessato e il personale medico o amministrativo." (omissis)
"g) correlazione fra paziente e reparto o struttura (art. 83, comma 2, lett. h)
"Gli organismi sanitari devono mettere in atto specifiche procedure, anche di formazione del personale, per prevenire che soggetti estranei possano evincere in modo esplicito l'esistenza di uno stato di salute del paziente attraverso la semplice correlazione tra la sua identità e l'indicazione della struttura o del reparto presso cui si è recato o è stato ricoverato."
Da tutto ciò si evince che le organizzazioni e le procedure che prevedono, per esempio, la somministrazione di farmaci contemporaneamente a più pazienti nello stesso locale, l’attesa in sale promiscue con altri servizi sociali o sanitari, la chiamata nominale degli interessati e l’indicazione sulla porta del tipo di struttura, l’esecuzione di prelievi urinari con porte aperte sono illegittime e sanzionabili. Il direttore della struttura dovrà quindi provvedere a dare le disposizioni necessarie per evitare tali violazioni. Un problema spesso ricorrente negli ambulatori dei Ser.T. è quello dei pazienti che si presentano fuori orario. In linea di massima non è mai legittimo rifiutare una terapia medica ad una persona che ne ha necessità per l’unico motivo che si presenta al servizio in ritardo, se il servizio risulta ancora aperto. Per analogia, ciascuno di noi sa che, se si rivolge ad una farmacia dopo le ore 19,30, ma la saracinesca non è ancora abbassata, il farmacista spedirà la ricetta. Le somministrazioni fuori orario ad un paziente ritardatario, d’altronde, determinano per il principio della parità di trattamento che informa il comportamento della pubblica amministrazione, il diritto di chiunque altro a presentarsi altrettanto in ritardo, richiedendo lo stesso trattamento, determinando, quasi sempre, disservizi in altre attività infermieristiche o illegittima dilatazione dell’orario di lavoro. L’unico modo di evitare tali problemi, e il contenzioso ad essi inevitabilmente collegato, è che l’infermeria (che può essere anche costituita da un locale del SERT opportunamente identificato da una targa) apra e chiuda materialmente i battenti all’orario previsto, lasciando da parte solo il farmaco da consegnare o somministrare ai pazienti che abbiano appuntamenti con gli infermieri o con altri sanitari in altro orario. Un altro utile provvedimento per evitare inutili problemi è quello di affidare sempre al paziente il farmaco anche per il giorno di somministrazione: se costui si presenterà puntuale assumerà il farmaco davanti all’infermiere. Se, per qualche motivo, non riuscirà a presentarsi in tempo assumerà il farmaco a domicilio ed effettuerà l’assunzione supervisionata presso il servizio il giorno successivo.
Procedure per la sicurezza
Nelle sedi dei SERT sono spesso presenti guardie giurate, porte d’ingresso chiuse a chiave, spioncini o telecamere. Tali misure sono giustificate con la necessità di garantire la sicurezza del personale. In realtà non c’è alcuna prova che i servizi così organizzati registrino meno incidenti di quelli che adottano procedure a misura di cittadino e non a misura di criminale. Per nostra ultraventennale esperienza, ma anche per quanto emerge dagli studi criminologici e di psicologia sociale, ciò che garantisce il rispetto della legge, e quindi anche la sicurezza, è la certezza che, in quel tale contesto, tutte leggi senza alcuna eccezione od arbitrio, verranno sempre applicate, sia che tutelino il personale sia che tutelino il cittadino-paziente. In primo luogo, quindi, il responsabile della struttura dovrebbe esporre le regole del servizio che ritiene necessario richiamare in base al contesto in cui si opera, distinguendo con chiarezza ciò che discende dalla legge (per esempio il divieto di fumo o l’obbligo di denuncia in caso di reato perseguibile d’ufficio commesso all’interno o nei dintorni del servizio) e ciò che dipende da misure organizzative (per esempio la dislocazione dei pazienti in attesa). Inoltre, se si vuole evitare che i conflitti esplodano in forme illegittime, è indispensabile informare l’utenza di come esplicitarli in forme legittime. Dovrà quindi essere disponibile, in ogni sede, il prescritto modulo per i reclami e il recapito dell’Ufficio Pubblica Tutela. E’ anche opportuno che i pazienti vengano adeguatamente informati sull’esistenza di associazioni per i diritti del malato o del cittadino a cui rivolgersi ogni qualvolta lo ritengano opportuno. Il personale, da parte sua, dovrà tenere presente che i servizi pubblici sono "al servizio del pubblico" e quindi sottoposti a valutazioni anche negative e, occasionalmente, ingiuste ma sempre legittime. In caso di incidenti di rilevanza penale la denuncia andrà sempre fatta senza alcuna discrezionalità sia perché ciò è imposto dall’art. 331 del Codice di Procedura Penale (CPP) agli incaricati di pubblico servizio sia perché, diversamente, l’operatore si arrogherebbe il diritto di decidere se il comportamento rilevato merita o no una sanzione sostituendosi al magistrato. Tale atteggiamento non solo configura di per sé il reato di omessa denuncia (artt.361 e 362 Codice Penale) ma è estremamente pericoloso perché dimostra ad eventuali malintenzionati che la procedura applicata dipende dall’operatore (che quindi ne diviene "colpevole") e non dalla legge. Ciò premesso, qualora si decidesse di utilizzare misure di controllo extra-sanitarie, come le guardie giurate o le telecamere, ci si dovrà accertare che ciò avvenga nel rispetto delle norme previste dal D. Lgs. 196/2003 e dei successivi provvedimenti del Garante. Pertanto le guardie giurate dovranno rimanere all’esterno dei locali dove si svolgono atti sanitari, si dovranno prendere tutte le precauzioni per evitare che vengano a conoscenza delle generalità dei cittadini utenti, dovranno essere informati delle disposizioni di legge in materia di privacy. Le telecamere dovranno essere opportunamente segnalate, le registrazioni dovranno essere distrutte ogni sera e di ciò dovrà essere data informazione alle persone potenzialmente riprese.
Procedure per l’affidamento del farmaco
L’affidamento di oppiacei per la terapia delle dipendenze è espressamente previsto dalla nuova versione dell’articolo 43 del TU 309/90 che, come si è detto, recita testualmente (comma 5) "La persona alla quale sono consegnati in affidamento i medicinali di cui al presente comma e' tenuta ad esibire a richiesta la prescrizione medica o il piano terapeutico in suo possesso". Da ciò si evince che chiunque sia considerabile una "persona", e non rientri in condizioni che altre disposizioni di pari rango considerano incompatibili con la consegna di farmaci, può ritirare la terapia, come, peraltro, confermato anche dalla nota del Ministero della Salute 19/04/2006.prot. DGFDM/VIII/P/C.l.a.c./14480 e, successivamente, dal Decreto Ministero della Salute 16 novembre 2007 "Consegna dei medicinali per il trattamento degli stati di tossicodipendenza da oppiacei da parte delle strutture pubbliche o private autorizzate ai pazienti in trattamento" (art. 1 comma 4) Il farmaco può quindi essere consegnato o all’interessato o, anche, sempre che non sussista la necessità di diretti controlli clinici, ad una persona da lui stesso delegata per iscritto, ivi compresi gli operatori di comunità terapeutiche (art. 1 comma 5 e art. 2 comma 6 del citato decreto) nel rispetto delle disposizioni del D. Lgs. 196/2003, concernente la riservatezza dei dati sensibili. In quest’ultimo caso, in analogia a quanto disposto dalla citata nota ministeriale 19/04/2006, la persona dovrà essere identificata con l’annotazione in cartella degli estremi di un documento di identità. L’art. 1 , comma 5, del Decreto Ministero della Salute 16-11-2007dispone, inoltre, che l’impedimento dichiarato dal paziente a presentarsi in servizio sia "dimostrato da opportuna certificazione scritta" . Osserviamo, a questo proposito che il termine, "certificazione" , utilizzato dal decreto, sembra presupporre che l’unico impedimento per raggiungere il servizio sia una malattia. Ciò, naturalmente, non corrisponde al vero: la necessità di sostenere un esame universitario fuori sede che si prolunga oltre il previsto, la presenza di una perdita idraulica in casa propria, la convocazione urgente nella scuola frequentata dai figli, la necessità di fermarsi al lavoro oltre l’orario previsto sono tutte situazioni che non possono certo essere "certificate" "ai sensi delle norme di legge vigenti". In questi casi, sembra opportuno richiedere all’interessato stesso una "autocertificazione" così come avviene per molte altre condizioni (per esempio, addirittura, nel caso di straniero irregolare che "autodichiara" il proprio stato di indigenza per usufruire gratuitamente di prestazioni sanitarie, a pagamento per altri soggetti, come da disposizione dell’art 43 comma 4 DPR 394/99). La legge, come già si è visto, vieta la consegna di sostanze stupefacenti a minori di età o a persone "manifestamente inferme di mente" (art 44 T.U. 309/90). L’infermiere, quindi, anche più del farmacista, è tenuto ad osservare e rilevare eventuali segni di turbe mentali in atto chiedendo, se necessario, la valutazione da parte del medico. Osserviamo che l’espressione "manifestamente inferme di mente", non si riferisce tanto a persone con diagnosi psichiatriche (come per esempio un individuo depresso in terapia) quanto a condizioni che diminuiscano con evidenza la capacità di giudizio, ivi compresi eventuali effetti di farmaci psicotropi. Non è pertanto necessario che il medico assista materialmente alla consegna del farmaco ma, in ogni caso, è indispensabile che sia reperibile su richiesta dell’infermiere. L’infermiere, infatti, a differenza del farmacista, che valuta solo la conformità della ricetta, ha anche competenze cliniche ed è quindi tenuto, nel consegnare un farmaco ad un paziente, a tenere conto diligentemente delle sue condizioni, che però, in caso di problemi potenzialmente interferenti con l’effetto della terapia dovranno essere valutate dal medico. L’intervento del medico, quindi, dovrà essere richiesto, per esempio, nel caso che il paziente riferisca condizioni che possono interferire con la terapia metadonica come patologie intercorrenti, alterazioni dell’alvo, assunzione di farmaci o alimenti interferenti (succo di pompelmo). A questo proposito l’infermiere dovrà, egli per primo, mantenersi aggiornato su quanto continuamente emerge rispetto a farmacocinetica e farmacodinamica degli oppiacei provvedendo ad informare costantemente i pazienti o, anche, a rilevare e riportare le informazioni da loro fornite. Dopo la citata riforma del TU 309/90 (art. 43, comma 5), chiunque detenga medicinali contenenti sostanze stupefacenti prescritti "con ricettario di cui al comma 1" dello stesso articolo deve disporre della prescrizione medica o di un piano terapeutico. Il piano terapeutico necessario per la prescrizione con ricettario deve essere predisposto come oltre illustrato. Nel caso invece di consegna diretta del farmaco al paziente da parte del servizio, benché la legge non contenga specifiche indicazioni, si rileva che l’art. 2, comma 4 del Decreto 16-11-2007 dichiara, in ciò discostandosi dalla legge, che il paziente o un suo delegato siano autorizzati al trasporto del farmaco se accompagnati dal piano terapeutico. Anche se questa disposizione considerarsi discutibile per il fatto che introduce una restrizione non prevista dalla legge riteniamo che, anche per la sicurezza dell’interessato, sia comunque indispensabile documentare la terapia in corso con informazioni più dettagliate rispetto a quelle contenute in una semplice prescrizione. Ciò, a nostro giudizio, può essere certamente fatto utilizzando in tutti i casi il piano terapeutico (vedi più oltre) ma integrato con informazioni cliniche che tutelino il paziente in caso di necessità (esempio: ricovero d’urgenza all’estero). Sembra perciò opportuno che il servizio appronti moduli, possibilmente bilingui, contenenti intestazione della struttura con indirizzo e numero di telefono, data, generalità del paziente, sigla SERT, farmaco prescritto, dosaggio, intervallo tra le dosi, e programma fino a 90 giorni (per esempio: "mantenimento" oppure "riduzione del dosaggio di 5/cinque milligrammi ogni 3/tre giorni" ecc.). La firma dovrà essere sempre del medico. Tutti i numeri andranno scritti in cifre e in lettere. Non è necessario che il documento venga rinnovato ogni volta ma, naturalmente, deve essere rinnovato ogni volta che intervengono variazioni e, in caso di piano terapeutico, almeno ogni 90 giorni. Dati i problemi clinici che potrebbero insorgere a causa della tolleranza indotta a scopo terapeutico, inoltre, è opportuno che il modulo assuma il carattere di un certificato di trattamento in cui si forniscano le necessarie avvertenze rispetto alla necessità di non interrompere la terapia e alla tolleranza crociata con altri oppiacei. Le persone a cui vengono affidati stupefacenti, inoltre devono ricevere informazioni scritte sulla necessità di custodire il farmaco, in particolare sottraendolo alla portata di bambini, firmando dichiarazione di presa visione del foglietto illustrativo (art. 1 comma 6 DM 16-11-2007) Le informazioni scritte, peraltro, devono sempre essere accompagnate da spiegazioni orali da parte dell’infermiere e del medico che devono accertarsi che il paziente o il suo delegato le abbiano perfettamente capite. Dato che, inoltre, i foglietti illustrativi non sono né sempre chiari né sempre aggiornati, ma il medico ha sempre l’obbligo di dare informazioni esaustive potrebbe essere opportuno predisporre materiale divulgativo da tenere continuamente aggiornato. In molti servizi è in uso la prassi di richiedere al paziente la restituzione dei flaconi vuoti. Tale abitudine non risponde a indicazioni di legge ma è un’utile precauzione per evitare usi impropri dei contenitori. Ciò, naturalmente, non giustifica il rifiuto della terapia qualora il paziente non restituisca quanto richiestogli. Nel caso ciò induca fondati sospetti su eventuali illeciti si potrà piuttosto segnalare al medico l’opportunità di rivedere l’affidamento del farmaco o di interessare le forze dell’ordine, uniche titolate a compiere indagini. Il segreto professionale, infatti, riguarda il paziente e paziente è chi si rivolge ad un medico per essere curato non chi lo fa per trarlo in inganno a scopo criminale.
Divieto di sconfezionare le specialità medicinali
Le specialità medicinali non possono essere sconfezionate, in quanto il produttore ne garantisce l’utilizzabilità senza rischi solo se la confezione è integra. Pertanto, come ha chiarito la nota Min Sanità 20 aprile 2000 n. 800/UCS/AG1/2229, si dovrà consegnare al paziente, e scaricare sul registro, l’intera confezione (per esempio di Subutex o di Alcover ) anche nel caso che la quantità contenuta ecceda il limite temporale previsto dalla legge per la prescrizione (che all’epoca era di 8 giorni). La nota Min Sanità 20 giugno 2000 n. 800/UCS/AG1/3230 ribadisce l’obbligo di non sconfezionare, e di scaricare l’intera confezione, anche per i reparti ospedalieri. Al paziente in dimissione deve essere consegnata una quantità di farmaco sufficiente "per coprire il periodo di tempo verosimilmente necessario per contattare il medico di base" o il servizio territoriale prescrittore.
Osservazioni sul "confezionamento" di farmaci destinati all’uso domiciliare da parte di SERT/SMI
Un problema che, finora, si è riscontrato unicamente nei SERT è quello dell’affidamento ai pazienti di metadone sciroppo imbottigliato ed etichettato dagli infermieri del SERT. in flaconi di plastica e con tappi, che, in alcuni casi, vengono forniti non sigillati singolarmente e, addirittura, come abbiamo personalmente verificato in qualche caso, venivano utilizzati senza essere prima lavati. A questo proposito osserviamo che tali prassi dovrebbero essere considerate prima di tutto sotto l’aspetto igienico e poi sotto l’aspetto normativo. Dal punto di vista igienico, anche se non sussiste una necessità assoluta (cioè analoga a quella dei farmaci assunti per via venosa) di garantire la sterilità dei farmaci assunti per via orale, è però universalmente riconosciuta la necessità di garantire la perfetta igiene di qualsiasi confezione contenente sostanze destinate ad essere ingerite. Ciò ha, per esempio, ispirato provvedimenti come quello della Regione Lombardia che vieta ai "bed and breakfast" di fornire per colazione alimenti non sigillati o come la direttiva europea, accolta dall’Italia, per cui negli esercizi pubblici l’acqua minerale debba essere venduta in bottigliette sigillate. Appare quindi perfettamente comprensibile la posizione dei cittadini che, in alcuni casi, si sono rifiutati di accettare dal Ser.T. quello che avrebbero avuto pieno diritto di rifiutare in un bar cioè la consegna di un prodotto tolto da un bottiglione e introdotto in bottigliette non sigillate prese da uno scatolone. Tale procedura, tra l’altro generalmente attuata senza mascherina e senza guanti, non garantiva, infatti, che il prodotto non venisse inquinato con germi patogeni (si pensi, per esempio, ad uno starnuto imprevisto durante il confezionamento o anche alle goccioline di floog in periodo di epidemia influenzale) o con corpi estranei (frammenti di smalto, ciglia o altro). Qualora, quindi, indipendentemente dal quadro normativo, si fosse deciso di consegnare stupefacenti in flaconi preparati nella sede del SERT, ciò avrebbe dovuto essere fatto con procedure che garantissero e documentassero l’igiene del prodotto che avrebbe dovuto quindi essere preparato indossando cuffia e mascherina, procedendo a frequente lavaggio delle mani e utilizzando contenitori estratti al momento da buste individuali sigillate. Qualunque negligenza in materia, essendo potenzialmente foriera di danni anche gravi (si pensi al paziente immunodepresso contagiato da TBC o influenza, malattie che non risparmiano certo gli operatori sanitari e che non vengono sempre diagnosticate tempestivamente) oltre a implicare, come sempre, la responsabilità del direttore della struttura coinvolgerebbe anche la responsabilità professionale dell’infermiere. Ricordiamo infatti che, se la prescrizione di farmaci è esclusiva responsabilità del medico (e, quindi, su ordine scritto, l’infermiere è tenuto ad eseguirla anche se la ritiene personalmente controindicata), il rispetto delle norme igieniche nella somministrazione è materia di specifica competenza infermieristica, oltre che medica. Il D. Min. San. 739/1994, infatti, attribuisce all’infermiere 1) la responsabilità "dell’assistenza generale infermieristica" (art.1, comma 1), 2) "la prevenzione delle malattie " (comma 2), 3) "l’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività" (comma 3), 4) "la pianificazione, gestione e valutazione dell’intervento assistenziale infermieristico" (comma 3), 5) l’obbligo di garantire "la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche" (comma 3). Tali attività si svolgono "con autonomia professionale" (legge 251/2000, art. 1) e, quindi, con piena responsabilità. Per quanto riguarda gli aspetti più strettamente normativi, invece, l’art. 1 comma 4 del DM 16-11-2007 conferma che "è consentita la consegna di medicinali (omissis) in confezioni regolarmente autorizzate" con ciò intendendosi evidentemente la regolare autorizzazione ministeriale all’immissione in commercio con esclusione di qualsiasi soluzione "fai da te". Una interpretazione alternativa, per quanto, a nostro giudizio, improbabile, potrebbe essere l’assimilazione del medicinale ai preparati magistrali. Ciò in base a un’interpretazione "estensiva" del Decreto Min. Salute, 18 novembre 2003 "Procedure di allestimento dei preparati magistrali e officinali" che assimila ai preparati magistrali "anche tutte le miscelazioni, diluizioni, ripartizioni, ecc, eseguite per il singolo paziente su indicazione medica (articolo 2)". Considerando quanto, di fatto, avverrebbe nei SERT che continuassero a confezionare direttamente le dosi da consegnare ai pazienti osserviamo che, in genere, la preparazione veniva fatta da un infermiere che digitava su apposito strumento il nome del paziente. La macchina provvedeva ad emettere i dosaggi programmati che venivano erogati nei flaconi, spesso non singolarmente sigillati, poi tappati con tappi antibambino, pure non singolarmente sigillati. Infine, su quello che tecnicamente dovremmo chiamare, in termini farmaceutici, "condizionamento primario" veniva, in genere, apposta un’etichetta, stampata dalla macchina, con nome e cognome del paziente, quantità, tipo di farmaco e concentrazione, numero del flacone, periodo del trattamento domiciliare, data dell’affidamento, numero del medico di turno e dicitura "tenere fuori della portata dei bambini". Non risultava però, sempre identificabile l’operatore che aveva materialmente preparata la confezione. Al di là di ogni artificio verbale, non ci pare sussistano dubbi sul fatto che quello che realmente avveniva non era una semplice somministrazione con la consegna di poche dosi in attesa dell’apertura della farmacia o dell’ambulatorio del medico di base ma una vero e proprio processo di confezione, ri-etichettamento e dispensazione di farmaci. Osserviamo che, nel nostro ordinamento tutto ciò sembra rientrare nelle competenze del farmacista, unica figura che dispone delle conoscenze tecniche, scientifiche e legali per la farmaceutica. In effetti gli articoli 19 e 28 del Codice Deontologico dei Farmacisti definiscono"grave abuso e mancanza nell’esercizio della professione consentire o tollerare la dispensazione di farmaci da parte di non farmacisti (omissis) nei presidi del Sistema Sanitario Nazionale" e impegnano i farmacisti che esercitano in strutture pubbliche a vigilare a che " la dispensazione del farmaco venga effettuata soltanto da farmacisti". La distribuzione di metadone da parte di infermieri del Ser.T. ha , per certi aspetti, il carattere della somministrazione: infatti, l’infermiere controlla il paziente ed eventualmente chiede l’intervento del medico, mentre, come si è già detto, il farmacista è tenuto solo a controllare la ricetta e a non consegnare stupefacenti a "persone minori o manifestamente inferme di mente". Tanto che, in caso di pazienti allettati, consegna il farmaco a terzi delegati dall’interessato senza nemmeno averlo mai visto. Rimane però il fatto che il codice deontologico di una professione, che si esercita solo dopo superamento di un esame di stato, stabilisce una competenza esclusiva su alcuni aspetti della gestione dei farmaci, presupponendo, come si è detto, una serie di competenze e conoscenze che non fanno parte del bagaglio culturale e professionale degli infermieri e, per la verità, nemmeno dei medici. A nostro giudizio, l’eventuale affidamento di flaconi, preparati dalla farmacia interna, secondo le "Norme per la buona preparazione dei medicinali in farmacia ", FU XI non comporterebbe particolari problemi ma l’allestimento e l’etichettatura della confezione, previo sconfezionamento del prodotto industriale, direttamente da parte dell’infermiere o del medico del SERT non trova riscontro nella normativa vigente e sembra espressamente escluso dal citato DM 16-11-2007. . Peraltro osserviamo che tali norme non sono semplici obblighi burocratici ma attengono alla sicurezza dei cittadini che non può certo essere considerata in maniera diversa solo perché sulla porta c’è scritto "SERT" e non "farmacia". Il decreto 18-11-2003, per esempio, dispone quanto segue per le preparazioni magistrali:
- il titolare di farmacia o il direttore responsabile "redige e consegna adeguate istruzioni per la pulizia del laboratorio e delle attrezzature utilizzate sia per quanto riguarda le modalità operative che la frequenza di intervento." (art 3)
- "Il laboratorio della farmacia deve essere adeguato ad assicurare le corrette operazioni di preparazione, confezionamento, etichettatura e controllo dei medicinali. L’area destinata alla preparazione deve essere separata "od, anche, può essere un’area di lavoro non separata o non separabile da altro locale della farmacia. Nell'area di lavoro, non separata o non separabile da altro locale della farmacia, le preparazioni devono essere effettuate durante l’orario di chiusura, fatti salvi i casi di urgenza nei quali l'attività di preparazione dei medicinali puo' avvenire durante l'apertura della farmacia. In tali ipotesi l'accesso alla zona di lavoro deve essere controllato e riservato al personale addetto al compito di preparazione dei medicinali. Nel caso in cui il laboratorio sia allestito in un locale separato, le preparazioni possono essere eseguite durante l'orario di lavoro e l'accesso al laboratorio durante la preparazione e' vietato al personale non addetto. L’area destinata a laboratorio deve avere pareti e soffitti lavabili.Non sono indispensabili rivestimenti particolari ma è sufficiente l’utilizzo di pitture che supportino il lavaggio." (art 4)
- " Gli strumenti di misura devono essere periodicamente e regolarmente verificati ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 1992, n. 517, e successive modificazioni." (art 5)
- "Il farmacista deve preparare l'etichetta indicandovi: (omissis) b) il nome del medico (non obbligatorio nel caso di preparazione officinale);(omissis) f) la data limite di utilizzazione; (omissis) h) le avvertenze d'uso; i) le precauzioni. Nell'ipotesi di mancanza di spazio sull'etichetta, il farmacista puo' apporre le "avvertenze d'uso" e le "precauzioni" su una seconda etichetta oppure allegarle alla preparazione su un foglio a parte." (art 10)
Le "Norme di buona preparazione dei medicinali in farmacia" (testo della Farmacopea Ufficiale XI), inoltre, prevedono una serie di procedure "a salvaguardia della salute del paziente" che, ancora una volta, non possono certo cambiare solo in base al cartello esposto fuori dal luogo di preparazione o al modo in cui si è chiamare la manipolazione di medicinali. Citiamo: la responsabilità di ciascuna preparazione affidata ad un farmacista, l’attribuzione per iscritto di compiti e responsabilità, l’adozione di misure preventive per mantenere il luogo della preparazione libero da ogni infestazione, la documentazione dell’idoneità dei locali e della manutenzione periodica. In particolare (punto 9.1) "il contenitore primario deve essere pulito prima dell’utilizzazione secondo un programma che preveda anche il risciacquo con acqua ionizzata, l’asciugatura e, se richiesto, la disinfezione e l’eventuale sterilizzazione". Da quanto sopra esposto non si può non rilevare la distanza tra il dettato del decreto e quanto effettivamente avviene in alcuni SERT. Per quanto riguarda le norme a garanzia della sicurezza del paziente segnaliamo anche il D. Lgs. N.540 del 30 dicembre 1992 in attuazione della Direttiva 92/27/CEE concernente l’etichettatura dei medicinali per uso umano di cui riportiamo testualmente alcuni articoli:
"Art. 2. 1. L'imballaggio esterno o, in mancanza dello stesso, il condizionamento primario di qualsiasi medicinale deve recare le indicazioni seguenti: (omissis)
g) eventuali avvertenze speciali ritenute necessarie per il medicinale in questione;
h) il mese e l'anno di scadenza, indicati con parole o numeri;
i) all'occorrenza, le precauzioni particolari da prendere per la conservazione del medicinale;
l) se necessarie, le precauzioni particolari da prendere per l'eliminazione del prodotto non utilizzato o dei rifiuti derivati dal prodotto; (omissis)
Art. 5. Foglio illustrativo.
1. Nel condizionamento di qualsiasi medicinale deve essere incluso un foglio illustrativo destinato all'utilizzatore, fatto salvo il caso in cui tutte le informazioni richieste dal comma 2 figurino direttamente sull'imballaggio esterno o sul condizionamento primario.
2. Il foglio illustrativo, deve contenere (omissis) nell'ordine (omissis)
4) la categoria farmacoterapeutica, o il tipo di attività, in termini facilmente comprensibili per il paziente; (omissis)
b) le indicazioni terapeutiche;
c) le informazioni che devono essere conosciute prima dell'uso del medicinale:
1) controindicazioni;
2) opportune precauzioni d'impiego;
3) interazioni con altri medicinali e interazioni di qualsiasi altro genere (ad esempio con alcool, tabacco, cibi), potenzialmente in grado d'influenzare l'azione del medicinale;
4) avvertenze speciali; in particolare, se del caso, avvertenze sui possibili effetti del trattamento sulla capacità di guidare un veicolo o di azionare determinate macchine;
5) all'occorrenza, modalità di intervento in caso di dose eccessiva (ad esempio: sintomi, interventi urgenti);
6) se necessario, condotta da seguire nel caso in cui sia stata omessa la somministrazione di una o più dosi;
7) eventuale indicazione del rischio di una sindrome di astinenza;
e) una descrizione degli effetti indesiderati che si possono osservare nel corso dell'impiego normale del medicinale, con indicazione, all'occorrenza, delle contromisure da prendere; in ogni caso il paziente deve essere espressamente invitato a comunicare al suo medico o al suo farmacista qualsiasi effetto indesiderato non descritto nel foglio illustrativo;
f) un rinvio alla data di scadenza che figura sull'imballaggio, corredato di:
1) un'avvertenza contro qualsiasi superamento di tale data;
2) all'occorrenza, le precauzioni speciali da prendere per la conservazione del medicinale;
Art. 7. Tassatività delle indicazioni.
1. Il Ministero della sanità non può approvare etichette e fogli illustrativi di medicinali per uso umano contenenti diciture diverse da quelle previste dal presente decreto, fatta eccezione per quelle imposte da altre disposizioni legislative o regolamentari.
2. Con decreto del Ministro della sanità possono essere stabilite, per determinate categorie di prodotti, deroghe alle disposizioni degli articoli da 2 a 6 del presente decreto; possono, inoltre, essere emanate disposizioni sull'etichettatura e sul foglio illustrativo di confezioni ospedaliere contenenti un quantitativo di prodotto multiplo di quello contenuto nelle confezioni di cui è autorizzato il commercio al pubblico. "
Indipendentemente dall’utilizzo di confezioni ospedaliere, la consegna ad un paziente di un medicinale per terapia a domicilio, in più di una dose, con la sola avvertenza "tenere fuori dalla portata dei bambini" , pone a nostro giudizio problemi di sicurezza, tanto più che la forma farmaceutica è quella dello sciroppo alla frutta. Tutto ciò considerato, riteniamo che, sebbene in passato relativamente diffuse e apparentemente legittimate dalla produzione e vendita di distributori automatici computerizzati, le procedure che prevedono la consegna a pazienti di confezioni estemporaneamente allestite dagli infermieri dei SERT siano, in primo luogo, rischiose dal punto di vista della sicurezza del paziente. Inoltre il riferimento a "confezioni regolarmente autorizzate" di cui al citato art 1 comma 4 del DM 16-11-2007 non può che rimandare all’art. 6, comma 2 del D. Lgs.n.219/2006 (in attuazione Direttiva 2001/83/CE) che esclude esplicitamente la possibilità di allestire preparati medicinali discostandosi, per dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione di qualsiasi medicinale da quanto stabilito dall’autorizzazione all’immissione in commercio. Peraltro, dato che esistono formulazioni industriali in qualsiasi posologia e, per di più, il metadone rimane tuttora un farmaco di fascia A (quindi obbligatoriamente disponibile in farmacia) tali scelte sembrano difficilmente giustificabili con motivi organizzativi o per mancanza di alternative. La decisione da parte dei responsabili medici e da parte del personale infermieristico di non adeguarsi immediatamente al dettato normativo dovrebbe pertanto, a nostro avviso, tener conto degli elementi sopra esposti anche perché in caso di errori o incidenti, quasi certamente gli stessi verrebbero considerati molto attentamente dagli avvocati delle eventuali vittime.
Trasporto del farmaco da parte del personale delle Unità Operative
Il T.U. 309/90 regola, all’art. 41, la questione del trasporto di stupefacenti da parte di enti o imprese commerciali. Tale articolo prevedeva, nella versione originale, che la consegna dovesse essere fatta, da qualunque dipendente, personalmente all’intestatario o al farmacista debitamente identificato e che potesse avvenire anche con pacco postale assicurato o tramite agenzia di trasporto o corriere privato. Solo in quest’ultimo caso, e per quantitativi superiori a 100 grammi, il trasporto deve essere effettuato previa comunicazione a polizia, carabinieri o guardia di finanza. Nulla diceva la legge su medici, infermieri, pazienti e loro famigliari che, infatti, fino al 2001, hanno sempre trasportato stupefacenti correlati ai loro compiti o necessità senza alcuna autorizzazione. Con la legge 12/2001 il Parlamento incorse in una inspiegabile svista. Con l’intenzione dichiarata di semplificare le procedure per medici e pazienti emendò l’articolo 41 invece dell’articolo 43 del citato T.U. 309/90, inserendo, dopo il comma 1, ilcomma 1 bis che "consente" ciò che mai era stato vietato cioè la consegna di stupefacenti per quantità terapeutiche da parte di operatori sanitari, purché con dichiarazione sottoscritta dal medico di base, di continuità assistenziale o ospedaliero. Da questa "autorizzazione" era però esplicitamente escluso "il trattamento domiciliare degli stati di tossicodipendenza" per i quali quindi rimaneva in vigore la precedente legislazione (cioè non occorreva alcun permesso). Questa interpretazione fu confermata dal ministero, su sollecitazione degli Ordini dei Medici e delle società scientifiche, con circolare 8 giugno 2001 n. 9 che concludeva "conseguentemente nulla è innovato per quanto riguarda il trattamento erogato in assistenza domiciliare ai pazienti tossicodipendenti". La successiva ulteriore modifica, con legge 49/2006, del T.U. 309/90, lasciò invariato tale articolo ma introdusse, al comma 5, che prevede espressamente l’affido per la terapia domiciliare a soggetti tossicodipendenti, l’obbligo di dotare la persona a cui i medicinali vengono consegnati di "prescrizione medica o piano terapeutico" Pertanto sia gli interessati o i loro delegati, sia il personale delle Unità Operative sono tenuti a portare con sé tale documentazione qualora movimentino stupefacenti destinati alla terapia domiciliare. Tale interpretazione è confermata dalla circolare Min. Salute 29 marzo 2006 prot DGFDM/VII/PF.1.aa/12064 che richiama la citatacircolare 9/2001.
Procedure per il trasferimento ad altre strutture
Il trasferimento di un paziente da un servizio all'altro impone una certificazione di trattamento. Il medico "ricevente" infatti ri-farà la prescrizione sotto la propria responsabilità sulla base di quanto certificato da un collega. Quindi questo certificato può essere redatto solo da un medico e non da un infermiere. L'assunzione del farmaco in altra sede dello stesso servizio, invece, può avvenire considerando valida la prescrizione fatta dal medico inviante che può anche essere un piano terapeutico che verrà attuato dall’infermiere (per esempio: il medico scrive che il paziente ridurrà il dosaggio di 5/cinque mg alla settimana e l'infermiere procede alla variazione salvo che rilevi la necessità di nuova valutazione medica). In questo caso il passaggio di informazioni può anche avvenire tra un infermiere e l'altro, così come ci si passa la consegna, con la formula: "in base alla prescrizione effettuata dal dottor (nome) in data (data) il signor (generalità) assume (farmaco e posologia) con affidamento (modalità). Chiede di potere assumere la terapia presso la nostra sede di (sede) nei giorni ( date)." La prassi di trasferire i pazienti da un SERT all’altro mediante fax deve tenere conto del diritto alla riservatezza oltre che della possibilità di errori di invio. La maggior parte dei fax disponibili nelle ASL italiane non sono criptabili e, in più, date le differenze di orario tra i vari servizi, spesso, al momento dell’arrivo, non è presente il personale sanitario a cui sono destinati. In questi casi, dati sensibili riguardanti i cittadini potrebbero addirittura divenire noti al personale addetto alle pulizie. Non c’è inoltre modo per escludere che i fax risultino illeggibili o che si verifichi un incidente come quello in cui, per esempio, è incorsa il 7 agosto del 2004 la Questura di Siena (e con lei l’Italia) che, per cause non note, inviò involontariamente via fax ai giornali il piano di sicurezza per la visita del primo ministro inglese. Il fax, quindi, non andrebbe utilizzato per comunicazioni che contengono dati sensibili
Procedure per il pagamento delle prestazioni a cittadini di altre regioni
Al momento in cui scriviamo (dicembre 2007) non ci risulta alcun accordo interregionale per eventuali compensazioni economiche dovute per pazienti trasferiti da una regione all’altra. Supponiamo ciò sia dovuto al fatto che le prestazioni relative alle tossicodipendenze fanno tuttora riferimento al T.U. 309/90. Il citato articolo 120 prevede il diritto di "chiunque" faccia uso non terapeutico di sostanze "stupefacenti o psicotrope", indipendentemente da ogni requisito di residenza, cittadinanza o iscrizione al sistema sanitario, e anche senza essere identificato, a chiedere accertamenti e trattamenti per le tossicodipendenze. A riprova di ciò il trattamento con farmaci sostitutivi viene garantito persino a stranieri irregolari la cui presenza sul territorio nazionale è tuttora un illecito penale. Pertanto, a tutt’oggi, non appare giustificata la richiesta di alcune regioni di ricevere somme da altre per le prestazioni effettuate ai loro cittadini in trasferta mentre appare logico l’eventuale rifiuto dello SMI (cioè del cosiddetto Ser.T. privato) di erogare prestazioni a persone per cui non è garantito il pagamento. Lo SMI, infatti, alla pari, per esempio di un medico di base, pur esercitando un’attività sanitaria e funzione pubblica è pur sempre titolare di un’attività economica privata, che, come tale, deve essere retribuita.
Prescrizone da parte di singoli medici non appartenenti ai Servizi Tossicodipendenze (SERT/SMI)
La prescrizione da parte di singoli medici di sostanze stupefacenti per la terapia degli stati di tossicodipendenza è prevista dall’art. 43 comma 5 del TU 309/90. In nessun punto la legge limita la facoltà di prescrizione ai soli medici di base. Il D. Min Salute 16-11-2007, art 2 comma 3 fa invece riferimento ai medici di medicina generale ma solo per confermare che "resta invariata la procedura di prescrizione". Riteniamo, pertanto, che qualsiasi medico possa prescrivere terapie sostitutive anche se solo i medici di base e quelli operanti nei SERT/SMI possono farlo a carico del Sistema Sanitario Nazionale. Tale prescrizione deve avvenire con il ricettario approvato dal Ministero della Salute per la prescrizione di stupefacenti (art 43, comma 1) ma richiede la predisposizione di un piano terapeutico da parte di "una struttura sanitaria pubblica" (non, quindi, necessariamente, ai SER.T. di cui all’art. 118, vedi oltre) o a "una struttura privata autorizzata ai sensi dell'articolo 116 e specificamente per l'attivita' di diagnosi di cui al comma 2, lettera d), del medesimo articolo" (cioè lo SMI). . L’art. 1 del D. Min Salute 16-11-2007, comma 2 stabilisce che tale piano, "di durata non superiore ai novanta giorni" debba essere redatto "dal servizio di cura"(comma 3) " in due copie entrambe originali".Dall’analisi lessicale riteniamo che il Ministero intenda in realtà prescrivere la redazione di due originali. Tuttavia, visto che un originale non dimostra in alcun modo come sia stato redatto l’altro, sembra prudente non solo compilare il piano terapeutico in due originali ma tenere in cartella, fino alla sua scadenza, una copia fotostatica dell’originale consegnato all’interessato per il medico curante. Ciò al fine di potere, in caso di necessità (per esempio controllo telefonico da parte di altro medico) verificare il testo che è stato effettivamente consegnato, non essendo impossibili né errori di compilazione né alterazioni del documento. La durata di 90 giorni del piano terapeutico farebbe presupporre la possibilità che il paziente, una volta ricevuto tale piano dal "servizio di cura" possa rivolgersi al medico di fiducia per tutte le successive prescrizioni necessarie nel trimestre, come suggerito dall’art. 43 comma 5 del TU 309/90 che prevede come unico requisito per la prescrizione, il rispetto (e quindi la mera esistenza) di un piano terapeutico. Tuttavia l’art 1 comma 3 del citato decreto prevede che "ogni nuova consegna" sia subordinata "all’aggiornamento o modifica del piano terapeutico convalidato con la data e la firma di un medico del servizio di cura". Dato che ad ogni prescrizione corrisponde necessariamente una consegna se ne potrebbe dedurre che ogni prescrizione è subordinata alla "convalida" da parte del"servizio di cura" con ciò di fatto vanificando il dettato legislativo che non pone questi limiti. A questo proposito osserviamo che il DPR 171/93, in seguito a parziale abrogazione con referendum popolare degli art. 2 e 72 del DPR 309/90, prese atto della decadenza della facoltà del Ministero di definire "modalità e limiti" delle terapie sostitutive. Si ritiene pertanto che anche il Decreto Min . Salute 16-11-2007 debba necessariamente essere interpretato in questa luce e che quindi il comma 3 debba essere letto nel senso che la convalida del medico del SER.T. /SMI sia necessaria " ad ogni nuova consegna" solo nel caso di modifica del dosaggio del medicinale nel corso di validità del piano terapeutico. In pratica il medico del SERT può redarre un piano terapeutico anche con dosaggi variabili in base a determinati tempi e condizioni. Il medico di fiducia può prescrivere, secondo quanto predisposto, per 90 giorni senza necessità di ritorno al SERT/SMI. Solo nel caso rilevi la necessità di modificare il piano terapeutico il medico curante invierà il paziente al "servizio di cura". e, solo in questo caso, la nuova consegna dovrà essere subordinata alla modifica del piano terapeutico validata dallo specialista del SERT/SMI . Non c’è dubbio, in ogni caso, che la redazione formale del decreto avrebbe potuto essere resa più chiara e che sarebbe opportuna una circolare chiarificatrice. Ricordiamo, infine, che (a differenza di quanto stabilito dall’art. 9, comma 4 della legge 16-11-2001, n. 405, per la prescrizione di oppiacei a scopo analgesico), la prescrizione di metadone per il trattamento delle tossicodipendenze in regime SSN (Servizio Sanitario Nazionale) rientra nella regola generale del limite di 3 confezioni per ricetta. Il metadone viene ormai commercializzato in numerosi diversi dosaggi ma sempre in confezioni monodose. Quindi, come conferma la nota Ministero della Salute 0003548-P-26-2-2008 DGFDP, il medico di base, benché libero di prescrivere nel corso della stesa visita dosaggi fino a 30giorni di terapia, dovrà farlo compilando ricette con non più di 3 confezioni ciascuna. Secondo la nota di Federfarma del 4-3-2008 prot. UL/AC/4589/124/F7/P se dalla ricetta spedita risultano indicazioni che consentono di stabilire l’indicazione ( codice 014 o indicazione di un SERT) le confezioni eccedenti possono essere addebitate al farmacista.
Trattamenti effettuati da strutture pubbliche diverse dai SERT
Il DM 16-11-2007 fa riferimento rispetto alla titolarità dell’affidamento diretto di terapie sostitutive e della redazione del piano terapeutico al "servizio di cura". Per "servizi di cura" riteniamo si debbano intendere quelli indicati dall’art. 43 comma 5 del DPR 309/90 che fa riferimento a "una struttura sanitaria pubblica" (non, quindi, necessariamente, ai SER.T. di cui all’art. 118) o a "una struttura privata autorizzata ai sensi dell'articolo 116 e specificamente per l'attivita' di diagnosi di cui al comma 2, lettera d), del medesimo articolo" cioè allo SMI. Riteniamo quindi che strutture pubbliche quali ospedali, policlinici universitari, servizi psichiatrici territoriali possano, dal punto di vista strettamente legale, redarre piani terapeutici, fatte salve le prerogative delle Regioni.
Procedure per il trasferimento all’estero e per il trasporto di farmaci stupefacenti all’estero da parte di pazienti
Le normative sugli stupefacenti, sul loro utilizzo terapeutico e sull’importazione variano da paese a paese. In alcuni stati l’introduzione di stupefacenti a qualsiasi titolo può comportare pene gravissime (per esempio la pena capitale). E’ perciò opportuno informare di questo i pazienti che intendono recarsi all’estero e fornire loro le informazioni specifiche disponibili. Queste informazioni possono essere richieste alle ambasciate (non sempre in grado di rispondere) o reperite su specifici siti ( non sempre aggiornati). Segnaliamo al dicembre 2007: "Euromethwork"
( http://www.quest4quality.nl/euromethwork/index.php) e "Tips for Trips" ( http://www.ac-company.org/tips/en/germanen.html ) .. Ricordiamo, in ogni caso, che la legge italiana non dipende in alcun modo dal fatto che il paziente si rechi in altri paesi. Pertanto la prescrizione andrà fatta come previsto dalla nostra normativa, in nulla rilevando dove il paziente si recherà con il farmaco, anche nel caso che decidesse di correre determinati rischi. Per quanto riguarda l’Europa, invece, la totalità degli Stati aderenti all’accordo di Schengen accettano la possibilità di trasporto di stupefacenti a scopo terapeutico. Pertanto sia i pazienti che giungono in Italia sia quelli che lasciano l’Italia con terapie sostitutive devono essere dotati di un certificato redatto su modello fornito dall’autorità sanitaria (per l’Italia approvato con decreto Min . Salute "Norme concernenti la detenzione ed il trasporto di medicinali stupefacenti o psicotropi da parte di cittadini che si recano all’estero e di cittadini in arrivo nel territorio italiano " del 16-11-2007), firmato dal medico prescrittore. Se il trasferimento all’estero supera i 30 giorni, naturalmente, sarà necessario verificare la possibilità di riferire il paziente ad un medico locale con modalità e costi che variano da paese a paese. Per gli stranieri in Italia, invece, rileviamo che l’art. 120 del TU 309/90 estende le prestazioni gratuite del SERT a"chiunque faccia uso non terapeutico di sostanze stupefacenti o psicotrope" senza alcun riferimento e requisiti di cittadinanza. Riteniamo pertanto che per la nostra legislazione chiunque (appunto) abbia diritto alla continuità terapeutica indipendentemente dalla reciprocità.
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