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UN’ESPERIENZA PSICOTERAPICA AMBULATORIALE CON ADOLESCENTI E GENITORI: ALCUNE CONSIDERAZIONI SU UNA METODOLOGIA OPERATIVA

8 Ott 12

Di

di Ferrigno G., Marcenaro M., Penati S., Fizzotti C., Natta W., Tombesi F., Fornaro G., Senini M., Bergamino G., Gabrielli F.
Dipartimento di Neuroscienze, Oftalmolgia e Genetica – Sezione Psichiatria – Università di Genova

 

 

E' sempre più frequente oggigiorno che adolescenti, di tutte le estrazioni socioeconomiche, richiedano un aiuto psicologico di fronte a problemi e difficoltà della propria vita emotiva.

Il periodo adolescenziale, così come viene descritto da diversi autori, si presenta come complesso nelle sue differenti e a volte contraddittorie manifestazioni.

L'adolescente si trova davanti ad alcuni importanti compiti evolutivi dettati sia dalla trasformazione fisica sia da quella psichica: in un corpo che ora può metterle in atto, esplodono spinte pulsionali libidiche ed aggressive più intense che inevitabilmente generano angoscia. La maturazione sessuale, l'allargamento degli interessi personali e sociali e la problematica dell'identità e del concetto di sé rappresenteranno quindi i compiti specifici dell'età adolescenziale.

Alcuni adolescenti, infatti, di fronte ai cambiamenti legati al rapporto con il proprio corpo in crescita, alla relazione con i coetanei e con i genitori vanno incontro a ciò che Laufer definisce breakdown evolutivo, "una spaccatura tra il corpo fisicamente maturo ed il sentirsi passivi di fronte alle esigenze che dal corpo provengono, una frattura nel processo di integrazione dell'immagine del corpo fisicamente maturo rispetto alla rappresentazione che si ha di sé" (1975).

L'adolescente però acquisisce anche nuove potenzialità cognitive, a cominciare dalla capacità di riflettere sui propri pensieri, di immergersi in una nuova dimensione temporale attraverso cui ha accesso al presente, al passato ed al futuro. Deve al contempo tollerare il dubbio, la solitudine, la tristezza e l'angoscia che da tutto ciò scaturiscono. L'operazione, in tutta la sua ambivalenza emotiva, di separazione dai genitori, le delusioni rispetto a se stessi ed alle proprie ambizioni, la dolorosa rinuncia alle onnipotenti fantasie della bisessualità infantile con progressiva presa di coscienza dell'identità sessuale costituiscono elementi inevitabili del percorso adolescenziale, che ha nella capacità di elaborazione del lutto il suo elemento centrale.

Se quindi si possono riconoscere dei sentimenti depressivi che appartengono allo sviluppo normale dell'adolescente, è però fondamentale saper riconoscere quelli che si configurano come veri quadri psicopatologici. L'umore depresso dell'adolescente non affetto da depressione è intermittente, fluttuante e altamente sensibile a modificazioni della situazione ambientale. L'adolescente depresso invece non è sempre in grado di esprimere verbalmente il proprio malessere, è spesso ed in maniera persistente irritato, arrabbiato, lamentoso o cronicamente preoccupato per la sua salute fisica, appare annoiato, nervoso, oppositivo nei confronti degli adulti (soprattutto i genitori), spesso ha un calo del rendimento scolastico (Ferrigno-Marcenaro 2005) e tale sintomatologia non risente specificamente di cambiamenti del contesto sociorelazionale. Il criterio che permette di distinguere percorsi di sviluppo normali da percorsi di sviluppo patologici non è pertanto solo quello fenomenologico/comportamentale, bensì anche e soprattutto quello temporale di transitorietà/persistenza.

L'adolescenza è un periodo di transizione nel corso del quale possono manifestarsi (e richiedere un intervento adeguato) specifici disturbi che non necessariamente corrispondono a rigide strutture patologiche.

Jeammet (2002) descrive il funzionamento psichico fisiologico specifico dell'adolescenza come caratterizzato dalla presenza di un antagonismo tra relazione oggettuale ed autorità e dalla difficoltà nel trovare la giusta distanza nelle relazioni oggettuali: "Per essere sé, bisogna nutrirsi degli altri e al tempo stesso, differenziarsi dagli altri".

Nell'adolescenza, infatti, il superamento della dipendenza dagli oggetti esterni costituisce una delle parti più complicate e dolorose del lavoro di elaborazione psichica. D'altra parte, la dipendenza dagli oggetti esterni rimanda inevitabilmente alla problematica della separazione: "affinché la separazione sia tollerabile, deve esistere uno scarto tra l'oggetto ed il soggetto con la permanenza nel soggetto di un riferimento interno che è in rapporto sufficiente con l'oggetto da cui esso si separa senza confondersi con lui" (Jeammet 2002).

Anche i comportamenti trasgressivi presenti in adolescenza non sempre rappresentano le manifestazioni di un disagio e possono essere espressione di un mancato riconoscimento da parte degli adulti delle esigenze di sviluppo. La crescente ambivalenza per la mancata autonomia si può esprimere sovente con esplosioni comportamentali, che possono trovare il loro primo alimento nella spinta a crescere, a mettersi alla prova, tenuto conto tra l'altro che il rapporto con le regole educative e sociali rappresenta un nodo conflittuale importante. "Nell'analisi del comportamento adolescenziale in generale, e trasgressivo in particolare, diventa fondamentale distinguere i comportamenti non patologici, riconducibili al periodo specifico dell'adolescenza, da quelli devianti che hanno spesso origine in periodi evolutivi precedenti". (Madeddu 2005)

 

AMBULATORIO ADOLESCENTI

Presso il Dipartimento di Scienze Psichiatriche dell'Università di Genova, funziona da circa 11 anni un ambulatorio rivolto ai giovani di età compresa tra i 14 e i 21 anni, con orario pomeridiano dalle ore 14 alle 19. Tale orario è stato scelto per non interferire con la normale attività scolastica dei ragazzi.

Il servizio è gratuito e questo può da una parte favorire la decisione di alcuni adolescenti di rivolgersi allo stesso in maniera autonoma, fornendo già di per sé una possibilità di emancipazione rispetto ai genitori.

I pazienti che sono afferiti al nostro ambulatorio sono stati inviati dai medici dell'Ospedale in cui è inserita la Clinica Psichiatrica, dai medici di famiglia, dal pediatra, dal Consultorio, dal Distretto Sociale, dal Servizio di Salute Mentale, dal Tribunale dei Minori, dal Pronto Soccorso e sempre più frequentemente si rivolgono per autoinvio. In caso di rifiuto dei ragazzi di farsi seguire, vengono presi temporaneamente in carico i genitori; qualora l'adolescente decida di accettare l'intervento in secondo tempo, verrà allora affidato ad un altro medico. Tra la richiesta di visita e l'appuntamento il tempo che intercorre è tra i tre giorni e la settimana: la tempestività della risposta rappresenta una fase fondamentale dell'intervento, in quanto i ragazzi sofferenti e le loro famiglie non hanno la capacità di tollerare lunghe attese. L'accesso ai nostri ambulatori prevede la richiesta del medico di famiglia o del pediatra, questo per favorirne il coinvolgimento e promuovere lo sviluppo del lavoro di rete.

Le motivazioni che hanno portato i ragazzi o i genitori a rivolgersi al nostro ambulatorio sono sicuramente molteplici e variegate, ma noi abbiamo identificato una serie di problematiche che vengono presentate con maggiore frequenza al primo colloquio di consultazione: insuccessi e difficoltà scolastiche con lamentele circa le proprie capacità attentive, di concentrazione e di rendimento sino a un quadro di fobia scolastica, cattivo rapporto con la propria immagine corporea e con il cibo, timori ipocondriaci, delusioni affettive e sentimentali vissute come irrimediabili, rapporti altamente conflittuali con i genitori e le altre figure di riferimento, sentimenti di inadeguatezza nel contesto dei coetanei, difficoltà nelle relazioni con l'altro sesso, problematiche d'identità sessuale, difficoltà nella gestione delle cariche aggressive, rimuginazioni ossessive di fronte a necessità decisionali, sentimenti di noia o confusione che invadono lo spazio emotivo del ragazzo, generici pensieri di morte e perdita d'interesse nella vita (vedi tabella 1).

TABELLA 1 – Problematiche portate alla consultazione (le parole dei ragazzi)

  • Conflittualità accese con i genitori ("Non mi capiscono mai")
  • Difficoltà a concentrarsi
  • Grande stanchezza con impossibilità ad andare a scuola
  • Antipatie ricambiate con gli insegnanti
  • Delusione con l'amico del cuore per un tradimento
  • Paura di avere un corpo non sano per vari malesseri fisici
  • Rapporti turbolenti o di legame soffocante coi fidanzati
  • Frequenti "incazzature"
  • "Andare in paranoia" di fronte a decisioni importanti
  • Vedersi brutti (cattivo rapporto col proprio corpo)
  • Non riuscire ad alzarsi la mattina annoiandosi tutto il giorno
  • Sentirsi un fallito pensando di aver deluso le aspettative delle persone care
  • Sentirsi confuso senza capire perché
  • Non riuscire a trovare le parole per spiegarsi

 

Dopo aver ricevuto la segnalazione e la richiesta di visita, se il paziente ha meno di 18 anni viene svolto il colloquio di consultazione con il ragazzo e poi con i genitori e il figlio assieme. I pazienti maggiorenni vengono generalmente visti da soli e il contatto coi familiari avviene in un secondo tempo qualora sia necessario. In questo contesto, vogliamo sottolineare l'importanza dell'accoglienza telefonica e della chiarezza delle indicazioni comunicate: il servizio di segreteria dell'ambulatorio è attivo tutte le mattine, dalle 8 alle 14. L'infermiera raccoglie la telefonata, generalmente del genitore, prende nota dell'età del ragazzo, delle motivazioni della richiesta di aiuto e richiede un recapito telefonico, assicurando una risposta e una conferma di appuntamento in tempi brevi. Dopo aver contattato il medico responsabile della prima consultazione che fissa un appuntamento, l'infermiera comunica ai familiari la sede e le modalità della visita.

La durata della prima consultazione è di un'ora e trenta minuti. La consultazione viene sempre effettuata dal medico con più esperienza e viene da subito stabilito il passaggio ad un altro curante, lasciando spazio però alla possibilità di rivalutare il progetto di trattamento nell'eventualità di un incontro "non buono" col nuovo terapeuta. Già durante la fase di consultazione, viene chiarita al ragazzo e ai suoi genitori la modalità operativa (contratto chiaro e definito, figli e genitori, spazi concordati ma separati). Tutti i successivi colloqui con il ragazzo hanno una durata fissa e prestabilita di 35 minuti, con la frequenza di un colloquio alla settimana.

Ai medici con più esperienza spettano anche tutti gli incontri coi genitori, ossia dopo i primi tre colloqui col ragazzo, dopo sei colloqui col ragazzo e prima delle vacanze estive e natalizie. I colloqui prestabiliti sin dall'inizio con la famiglia riducono il livello di confusione ed evitano interferenze, mantenendo spazi di maggior differenziazione e favorendo la capacità di tollerare l'esistenza di ambiti di privatezza sia nei figli che nei genitori.

Dopo i primi tre colloqui e l'incontro coi genitori, si propongono al ragazzo sei ulteriori colloqui. Ogni sei colloqui massimo, viene periodicamente rivalutata col ragazzo la sua motivazione a proseguire la terapia e riconcordato il contratto .


Un numero limitato di colloqui, che può essere sempre rimesso in discussione, dà al ragazzo la sensazione di non essere intrappolato in una minacciosa relazione di dipendenza, né di essere invaso dall'altro o di diventarne tributario, ma piuttosto di controllare la situazione, favorendo allo stesso tempo la responsabilizzazione progressiva rispetto alla terapia che può essere rivalutata e ribadita di volta in volta: anche se il contatto è previsto come breve, l'impatto emotivo è molto intenso. La terapia si propone quindi di promuovere un processo di autoriflessione e di investigazione, consentendo la possibilità di un confronto e di una chiarificazione all'interno di una cornice di contenimento, spazio di espressione e riflessione che coinvolge la coppia adolescente-curante. Il terapeuta aiuta il ragazzo a mettere in relazione stati d'animo e comportamenti, a collegare eventi passati con fatti recenti e preoccupazioni per il futuro (Copley 1993), proponendo prospettive nuove di interpretazione degli eventi e ricercando col ragazzo soluzioni più adattive.

L'ambulatorio segue la chiusura delle scuole, rispetto alle pause estive e festive; ciò può consentire alla maggior parte degli adolescenti di "sperimentarsi" nelle loro capacità di contenimento dei conflitti, in "libertà" anche da vincoli terapeutici.

L'adolescente sente molto il problema dei vincoli e della libertà.

"C'è un tempo in cui l'adolescente, solo con se stesso o al più confortato dalla presenza dei pari, vive un'esperienza nascosta…questa esperienza ha un forte valore iniziatico, porta l'adolescente a vivere una trasformazione che lo restituirà alla società degli adulti, adulto anch'esso" (Badoni 1997).

Stare con gli adolescenti comporta un continuo lavoro di assestamento delle distanze non solo emotive, ma anche fisiche. Il setting, nel lavoro con l'adolescente, non sarà anarchico, ma dovrà essere sicuramente flessibile. E' abbastanza naturale che la regola del contratto analitico sia quindi particolarmente esposta a rimaneggiamenti adolescenziali.

Le interruzioni, i salti di seduta, possono essere o una necessaria esperienza di sé o una rinuncia. C'è sempre il rischio che l'adolescente non faccia ritorno, pur stando male, ma la società (i curanti compresi) "deve essere capace di tollerare un margine di incertezza, un periodo in cui la legge viene sospesa e l'eccezione tende a diventare la regola" (Badoni 1997).

La prima consultazione e i colloqui a seguire sono anche colloqui di valutazione diagnostica al fine di differenziare una crisi adolescenziale da segnali di stress anomalo o da una strutturazione patologica più grave. Oltre alle categorie dei sintomi (metodologia valutativa e descrittiva DSM), al centro delle nostre attenzioni è l'intero funzionamento mentale e l'interferenza del sintomo nella vita del ragazzo e quanto più o meno gravemente questo comprometta le sua capacità cognitive e relazionali. Vengono rivolte al ragazzo, con un metodo interattivo-attivo, domande relative a tutti gli aspetti della sua vita (rapporto coi genitori, con la scuola, con gli amici e con il proprio corpo). La valutazione diagnostica è quindi un momento importante, già terapeutico, un incontro a cui può seguire un rifiuto (conseguente alla delusione) oppure desiderio timoroso di mettersi in gioco. E' quindi indispensabile creare le condizioni in cui tale progetto terapeutico possa essere portato avanti, riducendo per quanto possibile il rischio di un'interruzione prematura del trattamento o, al peggio, il suo mancato inizio. Con gli adolescenti il formarsi e il mantenimento dell'alleanza terapeutica sono gli obbiettivi principali. "La consultazione, quindi, rappresenta un momento fondamentale della terapia, utile in sé e non solo come premessa per un eventuale futuro beneficio; perché ciò avvenga, è importante che si concluda con un messaggio forte che sia, per il paziente, comprensibile, tollerabile e accettabile, ma, allo stesso tempo, mobilizzante. Possiamo definire il momento della consultazione come momento terapeutico sia quando questa produce un senso di sollievo, sia quando induce curiosità o anche turbamento" (Schwarz 1997). Nel rapporto interpersonale tra il terapeuta e il ragazzo, sono importanti la mimica, gli sguardi, i movimenti, l'atteggiamento complessivo di entrambi, per il grande valore che la comunicazione extraverbale ha per gli adolescenti. Il trasfert non viene generalmente interpretato ma utilizzato: "La comprensione di ciò che avviene nel transfert può essere usata per chiarire il rapporto che il paziente ha con gli eventi della sua vita" (Copley 1993).

I genitori dei ragazzi che soffrono sono anch'essi estremamente sofferenti e come i loro figli chiedono in tempi brevi, quasi magicamente, la risoluzione dei problemi. Sono genitori "in azione" come i ragazzi, sommersi dall'angoscia, impossibilitati a pensare dall'urgenza di porre un rimedio immediato al disagio del loro figlio. Chiedono al terapeuta di dar loro consigli, di "essere di parte", di prendere una posizione. Allora diventa importante, anche per la costruzione dell'alleanza terapeutica con l'adolescente e per evitare interferenze familiari, la creazione di uno spazio di ascolto, comprensione e riflessione su comportamenti ed emozioni rivolto anche ai genitori: il terapeuta cerca di aiutarli a differenziare fra atteggiamenti trasgressivi di ribellione, espressione di crescita ed emancipazione del ragazzo, da quelli espressione di un reale disagio. Poiché generalmente si sentono "feriti", inadeguati e colpevoli per aver fallito nella loro funzione genitoriale, il colloquio può interrompere la loro angoscia e determinare una pausa in cui possono essere aiutati a pensare su quanto sta accadendo nella loro relazione coi figli. In questo contesto emotivo è importante offrire loro un contenimento ed attenuare l'atmosfera di colpa: "…non siamo qui per cercare colpevoli, ma per provare a capire cosa sta accadendo". Di fronte alle aspettative di guarigione magica che i genitori di un ragazzo sofferente riporranno nel terapeuta, è importante anticipare loro che potrà occorrere del tempo per vedere dei miglioramenti e che anzi alcuni ragazzi dopo alcuni incontri, per il coinvolgimento nella relazione di cura, potrebbero temporaneamente peggiorare, per utilizzare poi in un secondo tempo modalità relazionali meno conflittuali.

Spesso si vede già nel corso dei primi colloqui con i genitori quanto all'interno della famiglia non ci siano spazi definiti di differenziazione fra i membri, quanto i genitori siano portatori di desideri non realizzati ed esportati sui figli (evidentissimo nelle fobie scolastiche), quanto non tollerino che i figli sperimentino la minima sofferenza psicologica, in certe quantità fisiologica alla vita, e soprattutto quanto la rappresentazione interna della propria famiglia pesi sulle scelte e sulle problematiche relazionali attuali con i propri figli: " …vede dottoressa, ho avuto genitori rigidissimi che non mi davano scampo e libertà, per questo sono così permissiva e fiduciosa con mia figlia…e lei mi ha tradito…". Si tratta di genitori ansiosi, incerti, confusi su quanto appartiene a loro e ai loro figli, incapaci di differenziare: "Lei è come me", mentre il giovane rivendica la sua "differenza".

Il terapeuta cerca di valorizzare la funzione genitoriale, sostenendo gli aspetti positivi nella relazione di coppia genitore-figlio, contenendo, per quanto possibile gli elementi negativi, evidenziando il controllo reciproco sadomasochistico, discutendo soprattutto dei cambiamenti di prospettiva e dei sintomi presentati dai ragazzi in terapia, del loro significato regressivo o emancipativo.

Il gruppo di lavoro è anche un gruppo di formazione. E' composto da due medici strutturati e nove specializzandi. I componenti dell'equipe lavorano a tempo parziale con i pazienti adolescenti, occupandosi anche del trattamento di pazienti adulti. Laufer (1990) sostiene che lavorare sia con pazienti adulti che adolescenti e bambini riduca certi rischi connessi ad un lavoro eccessivo e continuo con gli adolescenti, quali "la richiesta inconscia di essere idealizzato dall'adolescente, il servire attraverso la vita sessuale dell'adolescente una della proprie difficoltà nevrotiche, la necessità di essere un genitore perfetto o il salvatore con denigrazione dei genitori dell'adolescente". Nelle riunioni periodiche settimanali a cui partecipano tutti i medici impegnati nella cura, viene discussa la prima consultazione con il ragazzo e la famiglia, viene deciso chi prenderà in carico il paziente, in base anche alla disponibilità di tempo, alle problematiche espresse dal ragazzo e alla sua richiesta di essere seguito da un terapeuta maschio o femmina. Vengono garantite dai medici strutturati supervisioni individuali per i casi più complessi e comunque lo specializzando sa che in qualsiasi momento per una preoccupazione emergente (per esempio, il timore che il paziente possa farsi del male) può richiedere l'intervento dei medici più esperti. Vi è anche un gruppo di supervisione (condotto dal medico responsabile) ogni due settimane a cui tutti i componenti dell'equipe devono partecipare. E' un gruppo importante di confronto: gli operatori riuniti nello spazio di supervisione vengono in contatto con l'esperienza controtransferale che risuona amplificata nel gruppo e trova il suo significato anche nella storia del paziente e della sua famiglia.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La metodologia operativa, che ha tenuto conto del timore conflittuale della dipendenza, problematica tipica dell'adolescenza, ha permesso ai ragazzi seguiti in ambulatorio di sviluppare una buona adesione al trattamento psicoterapico, permettendo loro di appropriarsi volta per volta di uno spazio attivo di responsabilizzazione rispetto alla prosecuzione della terapia, anche nei trattamenti a medio e lungo termine.

Su 150 pazienti, età media 16 anni, il 71% ha portato a termine il progetto concordato con i curanti, con una durata media del trattamento di un anno. Nella maggior parte dei pazienti, si è avuto un miglioramento della sintomatologia iniziale (osservato sulla base di specifici indici di miglioramento, vedi tabella 2) che aveva determinato la richiesta di aiuto del ragazzo e/o della famiglia.

 

TABELLA 2 — Indici di miglioramento

  • Aumento dell'iniziativa
  • Riduzione della sensazione di confusione
  • Rapporto meno conflittuale con i genitori e gli adulti (in particolare gli insegnanti
  • Ripresa o miglioramento dell'attività scolastica
  • Miglioramento delle relazioni interpersonali con i coetanei (compagni di scuola e amici)
  • Maggior accettazione del proprio corpo

 

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1 commento

  1. admin

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    Grazie per ciò che farete, grazie dell’attenzione.

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