Condivido completamente le osservazioni di Lauro Galzigna, che mi danno l’occasione di aggiungere alcune cose a quanto ho scritto nell’articolo in questione. Riguardo la complessità strutturale e funzionale del sistema nervoso e delle sue strutture di supporto, è chiaro che nessuna descrizione, per quanto aggiornata e accurata, può allo stato presente ritenersi conclusiva. Ma il problema non è questo.
Il problema è stato posto chiaramente da William James più di cento anni fa: come si spiega il carattere unitario e globalmente coerente dell’attività mentale? James giunse la punto di mettere in dubbio il determinismo delle leggi fisiche, ciò che al suo tempo suonava ancora come una bestemmia, e aveva perfettamente ragione. Henry Stapp ritiene di aver trovato la risposta nella meccanica quantistica: lo stato fisico del cervello a un certo istante non è la collezione dei microstati delle parti del cervello ma l’onda interfenomenica quantistica che, a dispetto della causalità spaziotemporale, correla tra loro sincronicamente tutti gli stati locali della materia e veicola la probabilità delle transizioni di fase globali del cervello. In altri termini, la realizzazione fenomenica del mondo sarebbe pilotata e determinata dalla riduzione dei pacchetti d’onda quantistici che costituiscono gli stati fisici del cervello. Il fatto è che nell’universo di cervelli ne esistono tanti e, se le cose andassero come dice Stapp, si ricadrebbe nella solita tesi solipsista: che ognuno determina lo stato fenomenico del suo proprio mondo compresi gli stati mentali di tutti gli altri esseri coscienti dell’universo.
Di fatto questa è l’unica visione concessa dalla meccanica quantistica dei sistemi finiti e coincide sostanzialmente con quella proposta da von Neumann nel 1931. Ma la meccanica quantistica dei sistemi infiniti, fondata dallo stesso von Neumann tra il 1936 e il 1946, fa giustizia di questo tipo di interpretazioni perché introduce una nuova dimensione nella rappresentazione del mondo fisico: l’emergenza fenomenica del mondo macroscopico come processo termodinamico-informazionale. La vera "mente" rivelatrice della sostanza interfenomenica del mondo fisico è la catena causale, ma non deterministica, degli eventi di condensazione bosonica e rottura spontanea delle simmetrie causate dall’espansione termodinamica del cosmo macroscopico, indipendentemente dall’esistenza di esseri viventi. È sul terreno dei processi termodinamici non in equilibrio che si trova la risposta. Da questo punto di vista Ilya Prigogine ha ragione.
Dove Prigogine ha torto è nel trascurare, se non ignorare, che i processi informazionali che generano la complessità del vivente non sono quelli descritti nella termodinamica dei sistemi non in equilibrio, di cui è il massimo sostenitore e propugnatore, ma nei processi algoritmici basati sulla formazione dei linguaggi a elementi strutturali discreti. I sistemi termodinamici di Prigogine sono volatili e incapaci di raggiungere livelli di organizzazione paragonabili a quelli che si riscontrano nel vivente.
La questione che allora si pone è questa: è la teoria dei processi algoritmici in grado di spiegare l’emergenza della coscienza? In linea di principio sì: sulla base delle teorie degli algoritmi autoreferenziali di Gödel e degli automi capaci di autoriprodursi di von Neumann. Queste modelli sono in grado di dire molto circa le condizioni strutturali e funzionali che permettono la generazione di un processo informazionale capace di interpretare sé stesso. Solo un processo capace di "interpretazione universale", nel senso della teoria degli algoritmi, è in grado di essere autoreferenziale. Un sistema di questo tipo è automaticamente dotato di "aureola", nel senso così efficacemente espresso da Lauro Galzigna. Luce, suoni e azioni fisiche sul mondo esterno veicolano informazione connettendo in un processo informazionale universale tutte le cose esistenti. Per un interprete universale particolare, i segnali fisici sono equivalenti a fibre nervose che trasmettono e ricevono informazioni; in questo modo, esso stesso diventa centro integrante di un processo informazionale che si estende enormemente al di fuori del suo organismo fisico. Questo processo globale comprende altri interpreti universali. Tutte le cose visibili, udibili e trasformabili che esistono in natura costituiscono per ogni interprete universale una sorta di gigantesca memoria esterna che alimenta la sua attività di interpretazione universale.
Non nascondo però di avvertire un problema residuo, che non mi sembra ancora ben risolto in questa visione delle cose. Passando dalla dimensione degli interfenomeni quantistici a quella dei processi algoritmici sembra essersi persa di vista la relazione tra entropia termodinamica e incertezza informazionale e il ruolo giocato da queste nell’emergenza soggettiva dei processi informazionali autoreferenziali.
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