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The dreamers di Bernardo Bertolucci

3 Ott 12

Di danielamattolini24

Langlois presidente della Cinemateque Francaise viene licenziato, inizia la protesta, il sessantotto francese. Scorrono sullo schermo i grandi del cinema, di quel grande cinema che, riprendendo Bertolucci, "è francese": Léaud, Truffaut, Godard, lo stesso Langlois e tutti gli altri dei Cahiers. Sono immagini distanti, le sento parte della storia, di un tempo che non ho vissuto; sono invasa dalla nostalgia per quel fermento creativo, per quella turbolenza di emozioni, speranze, ideali, pensieri, ora così sedata.

Ma ecco Theo, Isabelle e Matthew; è con loro che inizio a sentirmi parte di quel mondo e mi lascio trasportare dalla cinepresa, macchina del tempo, cullata dal bianco e nero delle citazioni filmiche (Fuller, Mamoulian, Hawks, Ray…).

Dopo una breve conoscenza facilitata dalla passione per il cinema i gemelli invitano il giovane Californiano nel loro appartamento parigino per sognare e condividere, chiusi in casa, fantasie, speranze, conoscenza e arte. Ambiente chiuso, interni dai colori lividi, Parigi: è inevitabile tornare con la mente a "Ultimo tango a Parigi", ma nient’altro lo richiama. Non c’è nulla di quella passione distruttiva e mortifera; l’appartamento diviene fantastico scenario ad un esperienza di crescita o forse di nascita, incubatrice, membrana che filtra fino alla saturazione e all’esplosione, rappresentazione metaforica delle profonde interrelazioni tra "mondo interno" e "mondo esterno"; la lotta continua tra eros e thanatos di "Ultimo tango a Parigi" è sostituita dall’entusiasmo e dalla voglia di vivere dei protagonisti.

Dopo la cena in compagnia dei genitori che esplicita l’incomunicabilità generazionale e introduce il tema della funzione dell’arte (fine a se stessa, spazio di evasione o strumento di protesta), Theo, Isa e Matthew rimangono soli a parlare di cinema, politica, a scoprire e sperimentare la sessualità e direi la propria identità.

Il corpo scoperto, messo a nudo, confrontato diviene espressione di una realtà che costringe a fare il lutto della bisessualità, dell’illusione del tutto, del narcisismo infantile il cui crollo, la rappresentazione della complementarietà dei sessi nella coppia di gemelli eterosessuali sembrava poter arginare. Matthew appare come catalizzatore di un’esperienza di crescita e separazione, del crollo di quell’illusione mantenuta fino ad allora grazie ad un’ambivalenza quasi incestuosa.

Si assiste, nel corso del film, ad una progressiva apertura verso l’altro, ad una soggettività più integrata, dove il corpo ritrovato, bonificato dai fantasmi persecutori, non è più elemento inqiuetante, ma gioia condivisibile. Gli indovinelli con penitenza che accompagnano, come in una sorta di iniziazione, rito arcaico e primitivo la prima volta di Isa e Matthew, lasciano spazio ad un genuino desiderio dell’altro. È la storia dell’adolescenza, del problema dell’identità non solo sessuale e della ricerca della propria soggettività.

I genitori rientrano prima del previsto; Isa, Theo e Matthew dormono nudi l’uno accanto all’altro. La mattina Isa trova un assegno firmato dai genitori; capisce che sono stati lì; sembra esplicitarsi allora il confronto diretto tra la propria soggettività ed il mondo dell’illusione narcisistica infantile, ormai tradito e irrimediabilmente perduto. Per un attimo solo la morte sembra poter restituire quell’illusione. Un sasso, lanciato dalla folla dei manifestanti richiama alla vita:

"…così doveva essere: così doveva scoprire la verità, senza perdere di vista la vita. La vita viva, complessa, enigmatica". (Musil)

Theo, Isabelle e Matthew corrono in strada e si uniscono alla protesta.

Lancio di molotov, carica della polizia…non mi sembrano più così distanti quelle immagini, sento l’odore dei lacrimogeni, sono le strade di Genova. Del ‘68 non ho ricordi e i racconti di chi l’ha vissuto sono pochi; pochi ne parlano quasi intimoriti dai propri sogni, soffocati in un’atmosfera paludosa e anestetizzata. Bertolucci lo ha finalmente raccontato, in modo delicato, con l’orgoglio di chi lo ha intensamente vissuto come una lenta e continua rivoluzione delle coscienze e di chi si sente ancora oggi coinvolto.

"Dunque, anima, và ignuda nella vita e non temere… (perché)..molto c’è da trovare, e di grande, e molto vi è oltre.." (Holderlin).

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