L'articolo de 'La Lettura' dell’8 febbraio del Corriere della Sera sul filosofo tedesco Martin Heidegger relativamente al contenuto dei QUADERNI, riporta il pensiero del filosofo tedesco contenuto nei diari, in cui vi é conferma del l'adesione ideologica al nazismo e una affermazione forte riguardo allo sterminio degli ebrei, ritenuto da questo (Heidegger) come un autoannientamento degli ebrei stessi. Heidegger, oppositore della metafisica, sostenitore di una 'nuova grecità' antecedente a Platone, ritiene che la modernità sia ben rappresentata dalla mancanza di radici, di vincoli e senso dello Stato (mia riflessione).
Ora, premettendo di non essere antisemita, postulando in essere la differenza che intercorre tra cultura ebraica e cultura sionista, da socialista senza deriva ideologica conducente a elaborazione autonoma di idee, affermo che non si può ritenere che Heidegger avesse odio e disprezzo verso gli ebrei. In primo luogo, i QUADERNI, vengono interpretati e non spiegati. In secondo luogo sarebbe opportuno – d'accordo con quanto afferma Vattimo – valutare Heidegger all'interno del sistema filosofico da lui enunciato. In tal modo, criticando aspramente la modernità, quale miglior esempio di un popolo che non ha radici, non ha Stato (fino al 1948) e che assume – embrionalmente – la cultura del paese 'ospitante', esaltando (nel caso del sionismo oggi) la propria origine? Ovviamente – si tiene a ribadirlo – quanto scritto dall’intellettuale rimane.
Si è scritto in precedenza dell’importanza di valutare l’autore, in questo caso il filosofo tedesco, all’interno del ‘suo’Tempo. Andando a ritroso nella storia si hanno molti esempi di travisamenti di testi o di assunzioni di questi come moventi ideologici di totalitarismi: sovviene il testo “GERMANIA” dell’autore latino Tacito. Interessante la lettura critica fatta dal filologo e studioso di Storia Christopher B. Krebs, capace di mettere in luce le aporie concettuali presenti nelle intepretazioni. Riporto di seguito quanto scrive lo studioso.
"[…] sebbene gli interpreti dei testi corrano il rischio di rendersi ridicoli quando stabiliscono legami troppo stretti tra la vita di uno scrittore e un suo testo (se alcuni poeti avessero bevuto tutto il vino e amato tutte le donne su cui hanno scritto versi, non avrebbero avuto tempo per la loro poesia), é fuori discussione che la vita sotto il regno di Domiziano aveva formato Tacito come scrittore".
OGNIQUALVOLTA SI INTRAPRENDE L'ANALISI CRITICA – SIA DI UNO SCRITTO CHE DELLA BIOGRAFIA DI UN INDIVIDUO/SCRITTORE/INTELLETTUALE O SEMPLICE VIANDANTE, LE INTERPRETAZIONI CHE VENGONO ELABORATE DELINEANO UN PUNTO DI VISTA AVULSO DAL FINE STESSO FORGIATO NELL'IDEA/COMPORTAMENTO DI CHI HA PARTORITO L'OPERA – INTESA COME ESPRESSIONE DELLA PERSONALITÀ. L'OGGETTO/SOGGETTO OSSERVATO PRETENDE UNA CRITICA VERTENTE SU FATTI E NON COSTRUZIONI ILLUSORIE (DELL'INTERPRETE). AL PARI DEL FILOLOGO, LO PSICOLOGO, L'ANALISTA GUARDANO AI FATTI DELL'INDIVIDUO, AVENDO COME FINE L'EQUILIBRIO DEL SOGGETTO OSSERVATO. PER GIUNGERE A QUESTA META, É NECESSARIO CHE LA PRATICA PSICOLOGICA SIA COME L'ARCHEOLOGIA: PEZZO DOPO PEZZO SI RICOSTRUISCE IL MOSAICO; IL MOSAICO DEL PAZIENTE, NON IL MOSAICO FILTRATO DALL'IDEOLOGIA DI CHI INTERPRETA I FATTI.
SI ARRIVA A QUANTO SCRIVE KREBS – ILLUSTRE FILOLOGO NONCHÉ STORICO – RELATIVAMENTE ALLA 'GERMANIA' DELLO STORIOGRAFO LATINO TACITO: MEZZO STRUMENTALE NON LETTO METAFORICAMENTE COME MANIFESTO DEL DEGRADO. CIÒ CHE É STATO (SCRITTO), NON SAREBBE SE TACITO NON FOSSE STATO TACITO.
CONCLUDO QUESTA RIFLESSIONE CON LE RIGHE A CHIUSURA DEL CAPOVERSO DA ME UTILIZZATO PER UN'ANALISI CRITICA: "Se fosse nato alla fine del regno di Domiziano, acquisendo la sua consapevolezza politica durante i primi anni del 'migliore tra gli imperatori', Traiano, e fosse poi vissuto felicemente durante gli anni del saggio Marco Aurelio (l'ultimo dei cinque buoni imperatori, che morì nel 181), egli sarebbe comunque potuto diventare uno scrittore, ma molto diverso – forse neppure uno storico. Tacito, lo storico, presuppone Domiziano, il tiranno. I suoi attacchi contro i senatori asserviti devono essere sorti dal suo orgoglio".
(KREBS, CHRISTOPHER B., UN LIBRO MOLTO PERICOLOSO. LA GERMANIA DI TACITO.., PAG 30, 2012, ANCONA, il lavoro editoriale). Ritengo importante questo breve estratto del filologo Krebs; importante non soltanto in relazione alla Storia, bensì ad ogni strumentalizzazione di testi cui deriva una ideologia. Ciò vale per ogni ambito del sapere. Proiettandosi nuovamente nella Germania Heideggeriana, quanto accaduto con la Germania di Tacito, preso dai nazisti come libro di culto cui dare ampio spazio perché testo alla base dell’ideologia pan germanica, ovvero l’indebita assunzione, anche per l’opera postuma del tedesco ci si avventura tra il mare proiettivo. I QUADERNI del filosofo di Meßkirch vengono interpretati e non letti da chi li ha scritti; ci si sofferma molto su quesiti a cui lo stesso Heidegger non ha voluto dare risposta, ponendosi in un certo qual modo ambiguamente, lasciando spazio a ‘teorie’ di varia natura ideologica, poggianti non sull’analisi mera e semplice del testo, facente parte della vita del filosofo, bensì della vita detta e non detta dell’uomo, cui si giunge ad una sentenza di condanna – comprensibile per ll silenzio ma non per il pensiero filosofico- che lo ha messo da parte .
Quanto detto su Heidegger risente sempre dell'idea – e dell'ideologia – di colui che 'analizza' il testo. Si interpreta l'intenzione.
Quando l’individuo pretende di poter leggere nell’intenzione non dichiarata la pretesa di un giudizio che non poggia su basi aventi radici negli agiti di colui che è ’oggetto’ di riflessione (in realtà la riflessione non è sull’Altro, bensì su sé medesimo), quanto viene scritto e quanto viene dibattuto risente di una volontà decostruttiva nei confronti dell’uomo che – a mio avviso – ha mantenuto la linea assunta nella sua vita accademica, ovvero il rispetto delle regole: rispettare le regole per Heidegger significa Essere – nel Mondo: realizzarsi come progetto.
Quale progettualità è connaturata all’uomo? L’entrare in relazione con altri individui. Ciò accade all’interno di un determinato contesto storico e in una determinata epoca storica.
La manipolazione postuma dei testi di grandi intellettuali e/o l’interpretazione arbitraria degli stessi alla pubblicazione di scritti inediti, è genesi di infiniti duelli proiettivi: lo si è fatto con Nietzsche, lo si fa con Martin Heidegger, oggi come ieri.
Chi ha pensato di discutere dell'antisemitismo di Marx? Chi ha rintracciato una forma di protonazismo in Hegel, convinto assertore del pangermanesimo e della grandezza del Reich, nonché della supremazia della razza ariana? Si fare obiezione dicendo che gli studiosi solerti hanno attentamente posto in rilievo l’aspetto di cui si va scrivendo nei suddetti filosofi.
A mio avviso è ancora più necessario argomentare intorno al tema della coerenza, prendendo in prestito un breve passo dell’ultimo romanzo dell’autore Amos Oz: "Quella sera il vecchio aveva discusso a lungo al telefono con uno dei suoi soliti interlocutori: sosteneva, contrariamente all'altro, che la coerenza non é necessariamente una virtù di cui andar fieri, certo che no, ma l'incoerenza é fuor di dubbio riprovevole"(AMOS OZ, GIUDA, PAG 83, FELTRINELLI, 2014, MILANO). Calandosi nella realtà storica e nel vissuto privato dell’uomo Heidegger – a mio avviso – si può rintracciare il duplice aspetto della sua personalità: da un lato l’esaltazione di una progettualità che ha la massima realizzazione nella vita autentica, garantita dall’agire nella consapevolezza della morte, intesa come motore stesso di crescita; dall’altro l’esaltazione di una grandezza del popolo tedesco che si compie attraverso l’affermazione del Terzo Reich. Si giustificherebbe in questo modo l’ambiguità del filosofo, capace di non prendere posizione perché sintesi di due opposti conciliati attraverso una sorta di esilio ‘volontario’ impostato su un silenzio/assenso. D’altronde ogni esperienza di contatto con la propria Ombra, comporta la messa in dubbio di quel che si è mostrato a sé stessi – visto confermato dagli altri – fino a quel punto. È assolutamente davanti agli occhi di tutti quanto scritto da Heidegger riguardo agli ebrei; nel contempo è altresì evidente che le interpretazioni poggiano su altrettanta pregiudiziale ideologica. Non si sta assolutamente affermando che il filosofo tedesco non sia stato nazista. Si pone in dubbio quanto da lui stesso non detto. La coerenza di Heidegger risiede nella ambiguità, oggetto di discussione e grande motore di crescita, come insegnano importanti analisti, anche se nel quotidiano comporta l’allontana,ento da ciò che il collettivo ritiene essere valido e giusto. In un’ epoca come quella che viviamo vi è la necessità di avere il capro espiatorio cui riversare le proprie insicurezze. Ovviamente ilcapo espiatorio si presta ad essere messo al rogo. La capacità d’essere ambigui è maturità psicologica favorente la messa in gioco del proprio valore individuale. Heidegger decidendo di pubblicare i Quaderni ha voluto ancora suscitare intorno alla sua figura e alla sua filosofia confusione.L’Ombra genera confusione: in chi la scopre e parte di un Tutto che gli appartiene, sia in coloro che assistono alla sconvolgente verità del Doppio. Gli intellettuali mostrano limiti: voler rendere ogni trattazione oggettiva, non ricordando che il presunto 'oggettivo' è opera del Soggetto.
ESISTO AGENDO NEL MONDO.
LIBERE ASSOCIAZIONI SUL 'DASEIN' HEIDEGGERIANO.
Esistere significa essere possibile, poter progettare le proprie azioni. L'Uomo É possibilità: agisco essendo consapevole di quanto trasformando Me stesso, opero una valutazione della realtà; la realtà stessa è strumento utile inserito nel progetto totale assumente forma dal soggetto; niente lascia considerare l'Uomo come 'oggetto': costui è attore protagonista. Ogni cosa é nel suo Essere utilizzata.
Vivere, esistere è Essere – Nel – Mondo.
Quando ho conoscenza di me – della mia essenza, null'altro che possibilità -, consapevolezza del senso del mio essere progetto, soltanto allora potrò agire nel mondo e realizzare il progetto medesimo.
L'essenza dell'esistenza é la possibilità. La vita é possibilità e in quanto tale non vi è ragione di porsi interrogativi sulla propria origine o su chi governa il creato. Ogni uomo è aperto a conoscere il mondo. Conoscendo il mondo, opera la realizzazione di sé stesso.
L'uomo agisce quando é cosciente di quel che é, ovvero é consapevole di Essere – Nel – Mondo. Nel contempo Essere – Nel – Mondo – non significa rappresentazione di una monade avulsa dal mondo stesso. Significa relazione con altre individualità, poiché esistere é disposizione verso l'Altro – Me e Diverso da Me – al pari di quanto l'Altro esiste relazionandosi con altri individui.
Avendo cura del mondo, ho cura degli Altri: questa è relazione tra individui, che conduce – da un lato – alla libertà – dall'altro – agli errori consistenti in false percezioni del proprio essere.
La libertà é una esistenza che permette di coesistere.
Concludo quanto scritto in questo articolo con due citazioni chiare nella loro complessità, perché non è detto che ciò che sia complesso non è coglibile:"Se la profezia è mistica, l'esegesi è umana. Talmente umana che l'intrusione mistica può diventare decisamente sgradita (…) Siamo sicuri che il lettore è curioso di sapere che cosa siano i dialoghi degli 'alberi di palma'. Lo siamo anche noi, e siamo in buona compagnia, perché anche Rashi, il grande commentatore, era interdetto di fronte di fronte al passo, ma altri interpreti ci rendono noto che andando sotto due palme chine una verso l'altra, se la giornata non é troppo ventosa, si ha modo di captare qualcosa che i due alberi comunicano l'un l'altro. Allora, in fondo, il mondo intero è un testo"(AMOS OZ, FANIA OZ-SALZBERGER, GLI EBREI E LE PAROLE, alle radici dell'identità ebraica, PG 30-31, FELTRINELLI, MILANO, 2012).
E ancora "[…] il significato di un testo é mediato dai suoi lettori. È la loro sensibilità linguistica, la loro familiarità con la tradizione letteraria , la conoscenza degli aspetti politici e culturali del momento – in breve, la loro abilità e acribia nell'ascoltare quello che un testo ha da dire – che determina il significato del testo stesso. Quello che é vero per i pari di Tacito, é dieci volte più vero per i lettori fuori dal suo orizzonte"(CHRISTOPHER B. KREBS, UN LIBRO MOLTO PERICOLOSO, LA 'GERMANIA' DI TACITO DALL'IMPERO ROMANO AL TERZO REICH).
Dinanzi a ciò che si ha difficoltà a comprendere è lecito sospendere il giudizio, per non essere preda dello stesso demone di colui che viene accusato. Hanna Arendt viene in soccorso a ricordarci che il male è principalmente in ciò che si mostra come del tutto ordinario e scontato nonché banale.
0 commenti