Gli abbiamo chiesto di approfondire i temi collegati con la crisi economica greca e con il recente referendum oggetto di un suo corsivo per la rivista a cui rinviamo i lettori.
Domanda: Come vivi la crisi profonda del tuo paese?
RISPOSTA: Con grande apprensione. Sono preso tra due fuochi: da una parte per il paese in cui ho le mie radici si profila una catastrofe storica e dall'altra temo che questo segnerà l'inizio della fine dell'Europa unita. Con tutti i suoi limiti, ha garantito decenni di pace e di scambi molto proficui e intensi
D: E’ una crisi che viene da lontano una crisi della politica e della sua capacità di governare gli eventi per il bene comune
R: Direi che subiamo l'assenza della politica, della sua eclissi. Viviamo in un mondo governato da grandi circuiti finanziari, entità non definibili in modo chiaro e stabile, che seguono logiche puramente quantitative. La politica è in gran parte assoggettata, ha perso la sua autonomia.
La falsificazione dei conti in Grecia è stata condotta in porto con l'assistenza tecnica della Goldman e Sachs ed era cosa conosciuta nel campo della finanza. La ignoravano i popoli europei e, primo di tutti, il popolo greco. La cosa sarebbe forse riuscita se l'esplosione della bolla finanziaria, di cui faceva parte, non fosse esplosa.
La falsificazione di conti è stata necessaria perché la Grecia si era indebitata per spese di difesa faraoniche e per le Olimpiadi. Gran parte dei soldi spesi (l'eccesso di spesa) è finito nei circuiti della corruzione (e ben noto che delle imprese tedesche, soprattutto, hanno corrotto diversi politici greci) e nelle mani di gruppi di interessi economici greci e stranieri. Il popolo non ha avuto nulla ma si è indebitato fino al collo a sua insaputa.
Il resto è storia conosciuta: la Grecia è stata interdetta come stato sovrano e la sua politica economica è stata decisa punto per punto dalla Troica con risultati mortali. La politica di austerità, applicata in forma ben più severa che negli altri paesi europei, secondo una logica evidentemente punitiva (taglio di tutti i salari e delle pensioni al 50%, fortissimi aumenti delle tariffe pubbliche e delle tasse sulla casa), ha fatto perdere la Grecia il 25% della sua ricchezza e ha paralizzato la sua economia. La disoccupazione giovanile è al 50% e quella generale al 25%. La corruzione ovviamente imperversa e questo ricade ulteriormente sulle spalle dei lavoratori vessati.
Il FMI ha sbagliato clamorosamente previsioni, i suoi stessi esperti hanno ammonito tre anni fa la sua direzione che la politica seguita era sbagliata, senza essere ascoltati. La Merkel, ossessionata dalle reazioni degli elettori tedeschi, ha persistito nell'austerità contro ogni evidenza, e oggi è severamente criticata perfino dal Financial Times.
Il debito greco (cresciuto in modo esponenziale) ha raggiunto ormai livelli insostenibili e, in tutto questo, la maggior parte delle risorse prestate (a tassi alti) è finita nelle banche tedesche. Un'evoluzione assurda coperta con la menzogna e le leggende metropolitane.
D: Da psicoanalista come leggi la situazione che si è venuta a creare?
R: È sempre più evidente che l'austerità, nel suo dogma attuale, non è una politica finanziaria ma una perversione della relazione con l'altro.
Quando viene meno il rispetto dovuto all'altro, alla sua differenza, al suo modo di essere e alle difficoltà in cui può trovarsi, ciò significa che non è più percepito come oggetto di desiderio, all'interno di una relazione di scambio, ma viene trattato come oggetto da sfruttare. Il lutto diventa impossibile perché l'assenza di desiderio e di compassione, vissuta come prova di rigore e di forza, nega la perdita, considera il senso di mancanza come debolezza.
La percezione dell'altro come nemico da cui difendersi, l'elemento paranoico che indubbiamente abita la percezione che Schaeuble ha del suo ruolo di custode del giusto, non nasce tanto per paura dell'oggetto bistrattato, del suo odio, ma per intrinseca esigenza di proiettare sull'altro e combatterla la propria parte desiderante. La depressione (mancanza di desiderio) paranoica (difesa dal proprio desiderio) è un problema formidabile perché rappresenta la forma più inossidabile della perversione della cura di sé, ancor prima che di quella dell'altro.
Il padre di Schreber (il dogma dell'austerità), che nella mia ultima rubrica ho associato a Schaeuble, è la depressione paranoica che si diffonde nella nostra vita. Schreber rappresenta, invece, la paranoia come difesa disperata da un oggetto mortifero che abita il mondo interno. Se volessimo essere più precisi, diremmo che il potere mortifero abita soprattutto la madre di Schreber (la femminilità alienata), che il padre non è che la figura attiva della sua propagazione. Ma questo ci porterebbe lontano.
Sia come sia se il principio Schreber/ Schaeuble (non mi riferisco all'uomo) vincerà, il rischio di cadere in un mondo paranoico è molto alto.
D: Può la psicoanalisi aiutarci a capire?
R: La psicoanalisi può aiutarci a ritrovare il senso di mancanza, a ritrovare il desiderio, la passione, a ritrovare il legame dell'affinità con la differenza. È lo strumento più efficace per opporsi al dominio dell'elemento quantitativo, alla tendenza ossessiva di scaricare le tensioni piuttosto che usarle in modo da promuovere il coinvolgimento profondo.
La realtà nella quale rischiamo di andare a sbattere è l'oggettività pura dell'esperienza, la ricerca costante della stabilità che preclude ogni trasformazione, la prevalenza del principio osseo sul tessuto vivo. Sono conflitti che vengono da lontano. Nel conflitto tra i governanti tedeschi e il popolo greco pesa anche l'assunzione tedesca del mondo classico, nel diciannovesimo secolo, come principio geometrico di perfezione. Come ha scritto Marino Niola, in un suo esemplare articolo pubblicato su Repubblica il 5 Luglio, i neoclassicisti tedeschi si sono appropriati del passato in modo ideale, impedendogli di vivere e dissociandolo dai luoghi reali e dalle persone in carne e ossa in cui si rifletteva. Nei confronti dei greci, della loro fisicità e dimensione tragica, isterica che tuttora alloggia in loro (i luoghi hanno una loro influenza nel tenere vivo il passato), direi che una certa elite tedesca, quella più legata all'uso degli stereotipi di una cultura comunque immensa, ha un senso di imbarazzo. I greci sono un suo rimosso che si ostina a non far tornare.
C'è poi il dolore tedesco per l'umiliazione subita dopo la prima guerra mondiale. E, cosa meno scontata da sostenere, ma il rischio vale la candela, il dolore sordo per essere stati abbandonati nel senso di colpa dopo lo sterminio, la cui responsabilità (nel senso antico, tragico dei gravissimi errori preterintenzionali che l'hanno determinato) avrebbe dovuto essere sostenuta dall'intera Europa.
Quando i governanti tedeschi, a cui includo Gabriel e Schultz, disertori della grande socialdemocrazia tedesca, danno lezioni ai greci perché non pagano i loro debiti (con ampia accoglienza ecolalica nel nostro paese) , si ricorderanno che il loro paese è sopravvissuto grazie al taglio del 50% del suo debito nel 1953, sarà una grande giorno per l'Europa. C'è una bella foto dell'allora primo ministro greco che firma la rinuncia greca alla metà del debito dovuto. Il 50% restato non è stato mai rimborsato, se la Germania lo pagasse ora il problema greco sarebbe in gran parte risolto. In occasione dell'unificazione della Germania (grande giorno) un primo ministro greco ci ha rinunciato per solidarietà nei confronti dei tedeschi. Senza, tuttavia, un accordo legalmente valido.
Si capirà perché i greci sono arrabbiati.
La memoria corta è un disastro.
D: Che speranze abbiamo per un reale cambiamento?
R: L'ha detto il Papa ma è stato silenziato. Come ha detto Habermas (bella figura della ragion etica), Draghi è l'unico ad aver mostrato, tra mille condizionamenti e difficoltà, un vero spirito europeo. Ma si sembra piuttosto solo.
D: Hai definito il voto di domenica come impotente spiegaci per finire cosa intendi.
R: Il voto dei greci è impotente contro lo strapotere degli avversari. Da sé non risolve niente. Non decidono i greci. Ne sa qualcosa Varoufakis, di cui è stata ottenuta la testa come capro espiatorio. Non risolutivo, il voto ha una dimensione tragica perché implica l'assunzione di una responsabilità per conto di sé e dell'avversario. Solo la tensione tra la speranza e la morte nel mondo interno degli spettatori (gli europei) può avere un effetto trasformativo. Più impotente è il gesto di apertura alla vita più forte è il suo effetto catartico.
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