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Considerazioni sulla psicoanalisi. Intervista a Marco Nicastro

23 Lug 17

Di marco.nicastro
Intervista a Marco Nicastro a partire dal suo ultimo libro, Il carattere della psicoanalisi (Psiconline edizioni, 2017)
 
 

 
1. Qual è l'argomento trattato nel volume?
 
Il libro tratta, a partire da diversi testi di Freud sulla tecnica psicoanalitica, come si siano venuti a configurare alcuni specifici elementi della psicoanalisi intesa come cura, e il legame che questi hanno avuto con la personalità di Freud (da cui, nel titolo, la parola “carattere”). Vengono affrontati anche specifici problemi nella cura dei pazienti legati, a mio avviso proprio a questi elementi del setting ideati da Freud.
 
2. Qual è l'obiettivo di questa ricerca?
 
L’obiettivo è appunto quello di evidenziare alcuni limiti concreti del trattamento psicoanalitico, che non sono semplicemente legati a concezioni teoriche erronee di Freud, quanto ad alcune specifiche caratteristiche del suo modo di essere, del suo carattere, anche se col tempo, per l’intransigenza del padre della psicoanalisi, sono diventati dei dogmi imprescindibili della cura psicoanalitica.

 
3. Come è strutturato il volume?
 
Il libro è strutturato secondo l’ordine cronologico dei testi di Freud da me presi in esame: dai resoconti sui primi casi clinici alle lezioni sulla psicoanalisi del periodo centrale della sua teorizzazione, fino agli ultimi bellissimi lavori (in particolare “Analisi terminabile e interminabile”). Il testo è corredato da una serie corposa di note necessarie per alcuni approfondimenti di quanto esposto.
 
4. Quali relazioni potrebbero esserci fra le caratteristiche del metodo psicoanalitico e le personali convinzioni/preferenze di Freud che hanno poi caratterizzato quel tipo di terapia?
 
Per questa domanda rimando direttamente al testo, in quanto si tratta del tema centrale del libro. Posso qui dire, solo per fare un esempio, che la preferenza di Freud per il lettino era legata alla sua difficoltà a mantenere un contatto visivo prolungato coi pazienti, e quindi a difficoltà specifiche dello stesso che non erano proprie, ad esempio, di altri suoi colleghi.
 
5. Nella tecnica freudiana quanto c'è di attuale e accettabile per un terapeuta contemporaneo?
 
La cosa fondamentale della tecnica freudiana, a mio avviso, è l’importanza che si dà al monitoraggio continuo della relazione terapeuta-paziente e a cosa il terapeuta può fare e non può fare in questa relazione, in particolare relativamente ai concetti di distanza da mantenere dal paziente e di astinenza dai propri desideri consapevoli o inconsci. Anche il concetto di partecipazione empatica e controtransferale ai vissuti del paziente, e il valore terapeutico e conoscitivo di questo fenomeno, è un altro aspetto decisivo e valido tuttora.
 
6. Su cosa ha concentrato maggiormente la sua attenzione nello studio che ha condotto e che poi ha proposto nel volume?
 
Mi sono focalizzato proprio su un’analisi, il più possibile accurata, di vari testi di Freud sulla tecnica, affinché emergessero contraddizioni e punti oscuri in termini di elaborazione della teoria, oltre che alcuni suoi specifici pregiudizi e predisposizioni caratteriali che hanno poi influenzato l’elaborazione della stessa teoria e l'attuazione concreta della cura. Ho poi messo in luce come lo stesso Freud, nella parte finale della sua teorizzazione ma non solo in questa, si fosse accorto di alcuni limiti e problemi connessi al trattamento così come era stato ideato, ma non ebbe il tempo ovviamente per approfondirli e affrontarli, né forse il coraggio di modificarli, probabilmente perché ciò avrebbe determinato una messa in discussione di alcuni principi su cui era stata fondata l’impalcatura teorica e tecnica della psicoanalisi stessa. Si tratta di un atteggiamento conservatore, al di là dell'evidenza e dei riscontri della clinica, non dissimile del resto da quelli che riguardano e hanno riguardato altre istituzioni, discipline, teorie e tradizioni culturali della storia dell’uomo.
 
7. Quali sono le sue considerazioni personali sul metodo psicoanalitico?
 
Il metodo psicoanalitico è a mio avviso ancora oggi uno strumento valido per la cura del disagio psichico, anzi, uno dei più attenti alla specificità delle singole persone, mai racchiudibile in una categoria diagnostica chiara e semplificata né in percorsi di cura rigidamente codificati e standardizzati. Il potere curativo di un trattamento così rispettoso della soggettività del singolo è enorme, anche se richiede tempi un po’ più lunghi di quelli in cui dicono di poter curare le psicoterapie più strutturate e “attive”.
La mia analisi critica, esposta nel libro, parte in verità da un profondo amore e legame con la teoria psicoanalitica, dei cui autori continuo a leggere e rileggere testi importanti e sulla base della quale mi sono formato e opero tuttora nella mia pratica professionale quotidiana. Tuttavia sono al contempo convinto che ci siano non pochi aspetti di debolezza sia della teoria che della tecnica tradizionali di Freud, e non pochi punti oscuri inerenti anche allo specifico funzionamento delle istituzioni psicoanalitiche derivate da quelle.
Di tali questioni, spesso poco trattate nei percorsi di studio tradizionali, credo che gli psicologi e gli psicoterapeuti di orientamento psicoanalitico ma anche di altri orientamenti debbano saperne assolutamente di più, per non cadere in facili idealizzazioni di una certa tradizione teorica e soprattutto per poter iniziare a distinguere ciò che può ritenersi fondamentale nella tecnica psicoanalitica da ciò che non lo è affatto.

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