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CLOZAPINA, EVIDENZE, PREGIUDIZI ED EFFICACIA

2 Mar 21

Di Pasquale-Paribello, Mirko-Manchia, Bernardo-Carpiniello

BACKGROUND

La medicina basata sull’evidenza impone agli operatori del settore l’analisi di una notevole mole di dati, spesso difficilmente interpretabili1. Nella quotidianità delle scelte terapeutiche, gli operatori sanitari dipendono da Autorita’ regolatrici (EMA, AIFA, FDC etc.) ma anche compagnie farmaceutiche, per l’accesso alle informazioni pertinenti in tempi relativamente brevi. I professionisti delegati al trattamento delle patologie psichiatriche, psicopatologie dell’eta’ dello sviluppo, le tossicodipendenze associate a patologie psichiatriche, e disturbi cronici del comportamento sovrapposti a patologie forensi, ritardo mentale o esperienze traumatiche, sono quindi continuamente chiamati a rispondere a quesiti particolarmente ardui e per i quali non necessariamente esistono risposte univoche. Navigando a vista in questo calderone, a volte tumultuoso di informazioni, gli operatori fanno spesso scelte cliniche coscienti, ma altre volte apparentemente meno razionali. In questo contesto i pregiudizi (o bias, nella letteratura anglosassone) rappresentano una potenziale fonte di decisioni inaccurate nel settore sanitario.

La prevalenza della schizofrenia risulta sufficientemente uniforme a livello internazionale e stimata tra il 0,3% e il 0,7% nei paesi industrializzati2. Il livello di disabilità associato è particolarmente elevato e si stima che mediamente comporti una perdita di anni di vita potenziali di 18,7 anni per gli uomini e di 16,3 anni per le donne3. Si stima inoltre che in Italia la metà degli individui affetti dipenda da una pensione di invalidità4. Il trattamento della schizofrenia assorbe in media una quota variabile della spesa sanitaria nazionale compresa tra il 1,5% ed il 3%5, costi che nel nostro paese sono stati stimati come pari a 2,7 miliardi di € e di cui solo la metà sono costi diretti6. La schizofrenia resistente al trattamento rappresenterebbe un sottogruppo di malattia verosimilmente eterogeneo, variamente definito in letteratura ma che si assocerebbe ad un incremento di impiego di risorse e di costi di 3-11 volte superiore rispetto al resto degli individui affetti7. Da qui la necessità di promuovere l’impiego di strategie che permettano di ottimizzare le risorse esistenti per ottenere una gestione più efficace per questa complessa famiglia di disturbi. Nel trattamento della schizofrenia e di altri disturbi psicotici la scelta di un particolare antipsicotico è solo parzialmente legata alla sua efficacia clinica. Nell’ambito della psicofarmacologia clinica, il bias cognitivo è stato considerato un fattore per spiegare almeno parzialmente, il ritardo nella prescrizione della clozapina per forme di schizofrenia resistenti al trattamento1.

In effetti, al di là della clozapina nessun’altra opzione si discosta in maniera consistente dalle altre nel trattamento della schizofrenia8. Spesso gli operatori tendono a selezionare la prescrizione maggiormente rassicurante in base a profilo degli effetti collaterali, e con cui l’operatore ha maggiore dimestichezza, e dunque raramente basata su evidenze scientifiche. In questo contesto non dovrebbe sorprendere come nonostante il sempre crescente quantitativo di evidenze a supporto dell’efficacia e sicurezza della clozapina nella pratica clinica9,10, il suo uso rimanga limitato11. A più di 30 anni dalla pubblicazione dell’articolo che ne ha descritto il superiore profilo di efficacia nel trattamento delle forme di schizofrenia resistenti al trattamento, rispetto alle altre opzioni disponibili12, si stima che il ritardo nella sua prescrizione per tale indicazione possa essere compreso tra le 5 mesi e 5 anni13. Questo dato ha grande rilevanza, visto l’impatto sostanziale sia clinico che socio-economico della schizofrenia, specialmente quando resistente al trattamento.

Evidenze di efficacia

Oltre alla nota efficacia nelle forme gravi di schizofrenia resistenti agli altri trattamenti, numerose evidenze suggeriscono che la clozapina possa risultare maggiormente efficace in:

  • Individui affetti da schizofrenia con elevati livelli di aggressività14,15,16,17;
     

  • Nel ridurre la mortalità in individui affetti da schizofrenia, in confronto con tutti gli altri antipsicotici 18,19,20,21, 22;
     

  • Nella gestione della mania trattamento-resistente23;
     

  • Nella psicosi legata alla malattia di Parkinson24 .

 

Alcune linee di evidenza suggeriscono inoltre come la clozapina possa avere maggiore efficacia anche come prima linea di trattamento farmacologico della schizofrenia in termini di miglioramento di scale psicometriche quali la Brief Psychiatric Rating Scale (BPRS), o la Positive and Negative Syndrome Scale (PANSS), specialmente rispetto al risperidone9. Particolarmente significativa è la succitata riduzione della mortalità22, compresa la componente legata a malattie cardiovascolari: tale elemento sottolinea ulteriormente il suo profilo di sicurezza. Altra criticità notevole è poi rappresentata dall’aderenza ai trattamenti, problematica comune ai più diversi ambiti25,26. In considerazione delle caratteristiche dei disturbi più gravi di nostra pertinenza, dove la scarsa consapevolezza di malattia rappresenta una caratteristica assai frequente, i livelli di aderenza alla terapia sono notoriamente limitati27. In un ampio studio pragmatico della durata di 18 mesi, dove la persistenza del trattamento è stata fissata quale outcome e considerando l’interruzione intempestiva dell’assunzione quale indice di inefficacia, la clozapina ha ancora una volta dimostrato la sua superiorità rispetto agli altri farmaci testati28. In tale contesto, fra le diverse opzioni disponibili, il dosaggio plasmatico della clozapina risulta più diffusamente disponibile rispetto ad altri antipsicotici. Questa opportunità offre maggiori garanzie in termini di titolazione e di monitoraggio rispetto ad altre molecole appartenenti alla medesima categoria e ugualmente disponibili per via orale. Il costo della molecola è peraltro ben più limitato rispetto ad altre opzioni, e risulta compreso tra 22 a 29€ per una confezione di 28 compresse da 100 mg29. Il tutto è poi associato alla notevole comodità legata alla disponibilità di una formulazione di compresse da 25 mg, utile per una sua più agevole titolazione. Sempre in termini di costi, una metanalisi relativa ad una coorte di 109341 soggetti ha evidenziato come l’uso di clozapina sia associato ad una significativa riduzione delle ospedalizzazioni. Tale dato è ancora più significativo in considerazione del fatto che tale farmaco sia tipicamente impiegato come ultima risorsa e nei soggetti caratterizzati dalle forme di maggiore gravità30. Pertanto, a fronte di un costo relativamente più contenuto rispetto ad altre opzioni disponibili, sarebbe al contempo possibile ottenere ulteriori risparmi in termini di risorse umane ed economiche.

Agranulocitosi e monitoraggio mensile

Pur essendo stati descritti casi di agranulocitosi ad esordio tardivo31,32,33, il rischio dopo il primo anno di trattamento sarebbe notevolmente inferiore e in utenti ben informati potrebbe giustificare un allentamento del monitoraggio mensile34. In linea con tali evidenze, durante l’epidemia di COVID-19 è stato suggerito di osservare una cadenza trimestrale per il monitoraggio della conta neutrofilica35, modifica che in quest’ottica potrebbe apportare dei vantaggi aggiuntivi a fronte di un profilo di rischio limitato34. Una recente modifica dei limiti prescrittivi imposti sulla soglia minima dei neutrofili ha poi permesso in numerosi paesi di estendere il suo impiego anche fra individui portatori di neutropenia etnica benigna, senza un apparente incremento di outcomes negativi36. Il rischio di sviluppare neutropenia è generalmente stimato come pari a 1-2%, con un picco identificato nelle prime 18 settimane e con una notevole riduzione a 12 mesi37. La presenza in letteratura di numerosi casi di rechallenge in seguito ad eventi avversi gravi, compresa la pregressa agranulocitosi38, sottolinea ulteriormente il valore e il complessivo profilo di sicurezza della molecola esaminata. In una meta-analisi del 2018 che ha incluso circa 450000 soggetti trattati con clozapina durante 3 decadi, gli autori concludono come il monitoraggio ematologico a cadenza mensile non sia giustificabile dopo i primi 12 mesi di trattamento in relazione al rischio osservato39. Un fattore cruciale nel limitare il ricorso alla clozapina può essere rappresentato da pattern prescrittivi da parte degli operatori e da paure legate al suo impiego40. La necessità di ricorrere ad un monitoraggio frequente della conta neutrofilica potrebbe rappresentare un elemento capace di scoraggiare una certa quota di soggetti potenzialmente candidati al trattamento. Diversi dati a livello internazionale suggeriscono come i prescrittori tendano maggiormente a ricorrere ad alternative dotate di minori evidenze o come semplicemente si rifiutino di prescriverla41,42. In un sondaggio telefonico, fra 100 psichiatri contattati il 64% ha riportato di preferire la polifarmacia con antipsicotici alternativi alla clozapina ed il 66% ha affermato di essere convinto che l’utenza trattata si senta maggiormente soddisfatta dal trattamento con agenti diversi dalla clozapina43. Tuttavia, un sondaggio condotto su 570 soggetti trattati con clozapina ha evidenziato come l’87% abbia riconosciuto come i vantaggi della clozapina superino gli svantaggi e come l’88% abbia espresso la preferenza di continuare ad assumere tale agente44.

Riduzione della mortalità

Un outcome pragmatico particolarmente significativo oltre a quello delle ospedalizzazioni, può essere rappresentato dalla mortalità. Il succitato effetto in termini di riduzione della suicidalità, è stato primariamente descritto nel trattamento della schizofrenia trattamento-resistente45, ma evidenze successive ne hanno corroborato la potenziale efficacia anche nel disturbo bipolare46,47. In questo contesto, uno degli studi più ampiamente citati è rappresentato dallo studio InterSePT, risultante nell’approvazione della clozapina da parte della Food and Drug Administration per la prevenzione dei suicidi nella schizofrenia. Nell’InterSePT l’efficacia della clozapina è stata comparata a quella dell’olanzapina su 980 soggetti considerati ad alto rischio di suicidio e seguiti per i successivi 24 mesi, riportando una maggiore efficacia rispetto al controllo48. Allo stesso modo, studi naturalistici hanno ugualmente evidenziato una riduzione complessiva del 36% nel rischio di assumere condotte auto-lesive rispetto ad altri antipsicotici, con una riduzione della mortalità da suicidio o da altre cause innaturali stimata come compresa tra il 66 e l’80%49. Un altro elemento fonte di criticità può essere rappresentato dal rischio percepito legato ad un potenziale prolungamento del QTc. Nonostante un grande interesse verso il calcolo del QTc stesso da parte dei prescrittori di psicotropi, è raro trovare l’impiego di psicotropi quale unico fattore di rischio nei casi di torsione di punta documentati in letteratura8,50. La presenza di tachicardia può portare ad una sovrastima del QTc a seconda della formula impiegata per calcolarlo51. Mettendo da parte ipotetiche criticità, su 3662 pazienti esterni sottoposti a terapia con clozapina ed identificati tramite il registro nazionale danese, non è stato messo in evidenza un rischio cardiologico maggiore con la clozapina rispetto ad altri antipsicotici52. La clozapina può frequentemente essere associata ad una tachicardia sinusale che non presenta alcun significato clinico, ma che a cause di tali stime inappropriate può comunque portare erroneamente a compiere variazioni nel regime terapeutico con potenziali conseguenze negative49.

 

Potenziali vantaggi

Potenziali svantaggi

Maggiori possibilità di titolazione e monitoraggio aderenza data dal controllo dei livelli plasmatici

Assenza di una formulazione depot

Migliore profilo di efficacia

Necessità di monitoraggio ematologico

Evidenze suggestive per una riduzione della mortalità da tutte le cause

Vittima di cattiva pubblicità tra gli operatori

Costo limitato

Percepita come “ultima spiaggia”

Disponibilità di compresse prontamente divisibili

Assenza di una formulazione orosolubile o di una soluzione orale (utili in caso di “cheeking” e/o per preferenze dell’utente)

Evidenze suggestive per maggiore persistenza di terapia rispetto ad altre opzioni

Materiale informativo desueto e fuorviante

Follow-up maggiormente accurato e ravvicinato

Necessità di prescrizione sotto piano terapeutico e opposizione alla prescrizione da parte dei colleghi

 

Possibili prospettive per il futuro

In uno dei numerosi aforismi attribuiti a Mark Twain, quest’ultimo aveva descritto il processo dell’apprendimento come un continuo “disimparare nozioni precedentemente acquisite”. Questo tipo di concetto è quantomai importante nell’ambito medico, diventato sempre più dinamico grazie al rapido sviluppo e diffusione di una notevole quantità di letteratura scientifica. Sarebbe quindi bene iniziare a disimparare alcune nozioni erronee circa questo farmaco. Sarebbe inoltre ragionevole attendersi da parte dell’AIFA un aggiornamento delle indicazioni per la clozapina, con l’estensione al disturbo schizoaffettivo, al disturbo bipolare, nonché l’aggiunta di una specifica indicazione per la prevenzione di condotte suicidarie persistenti. Fra i vari fattori che possono generare o mantenere un certo livello di sfiducia verso la molecola in oggetto, le antiquate raccomandazioni presenti sul foglietto illustrativo possono avere un ruolo sin troppo sottovalutato. Ad esempio, nonostante sia ormai acclarato come la trombocitopenia non debba essere considerato come potenziale fattore determinate l’interruzione del trattamento (assieme a numerose altre avvertenze dello stesso tenore)53, purtroppo continua ad essere riportato come una riduzione della conta piastrinica al di sotto delle 50000 unità debba suggerire tale opportunità54. Allo stesso modo, è ormai risaputo come la clozapina possa essere raramente associata a neutropenia, ma non a leucocitopenia. Nonostante ciò, il foglietto illustrativo continua ad indicare tale raccomandazione, per quanto sia ugualmente assolutamente priva di fondamento49. Una maggiore attenzione circa la corretta somministrazione del consenso informato potrebbe essere di grande utilità per tutti gli operatori coinvolti, diventando un importante strumento psicoeducazionale, data la frequente osservazione di una scarsa capacità di percepire il proprio bisogno di salute e di timori irrazionali da parte di familiari ed utenti circa l’impiego di questo farmaco salvavita. Come osservato in altre sezioni di questo articolo, lo stesso monitoraggio mensile previsto dalle attuali indicazioni può rappresentare un limite alla prescrizione del farmaco, ma senza chiari vantaggi. Potrebbe essere ragionevole recepire evidenze ormai consolidate nella letteratura del settore, unanimi nel suggerire un profilo di rischio di agranulocitosi assolutamente limitato dopo i primi 18 mesi di trattamento53,35,39. In questo modo sarebbe possibile allentare il monitoraggio ed allargare quindi il suo impiego ad un più ampio gruppo di utenti. Oltre alle modifiche al monitoraggio con emocromo, è inoltre auspicabile che queste siano associate all’adozione di ulteriori iniziative di comprovata efficacia a livello internazionale, atte a favorire un più ampio impiego della clozapina stessa49. Fra queste, lo sviluppo di programmi utili a fornire ai prescrittori informazioni circa le modalità di introduzione e gestione della terapia con clozapina in tempo reale ha dimostrato in diversi contesti di essere efficace nell’incrementare l’aderenza alle linee guida di pratica clinica40,55,56, pertanto tale modello meriterebbe di essere sperimentato anche all’interno delle nostre reti assistenziali. L’incremento del peso corporeo e le potenziali ricadute negative sul metabolismo legate alla clozapina sono indubbiamente presenti, ma non necessariamente rappresentano un fenomeno isolato alla sola clozapina8: a prescindere dalla terapia farmacologica assunta, il trattamento delle eventuali co-morbilità di salute medica generale dovrebbe essere accurato e puntuale, ricercando quando necessario il consulto specialistico per permettere la prosecuzione della terapia49,57. Tuttavia, in considerazione della ineguagliata efficacia e del complessivo profilo di sicurezza, le condizioni che realmente meritano un’eventuale discontinuazione della terapia con clozapina sono limitate e in un prossimo futuro si spera che possano essere ristrette ulteriormente. In conclusione, parafrasando quanto enunciato in maniera eloquente da Cohen, “il più grave effetto avverso della clozapina è la paura del prescrittore”40.

Si ringrazia per la preziosa collaborazione il Dr. Gianni Faedda, Mood Disorders Center, New York

 

 

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