Percorso: Home 9 Epistemologia e storia 9 In nome del Padre, ma anche della Madre.

In nome del Padre, ma anche della Madre.

23 Mar 21

Di Sergio-Mellina
.. L'anno che sta arrivando tra un anno passerà

Io mi sto preparando, è questa la novità

Lucio Dalla. L'anno che verrà

 

La storia sembra correre in fretta, ma forse così non è. “Cammina soltanto, Eccellenza” disse il Capo di Stato maggiore Helmuth von Moltke (il Vecchio) a Otto von Bismark, il Cancelliere (di ferro) prussiano, che lo sollecitava verso l’ufficio telegrafico per il famoso “Dispaccio di Ems”. Un pasticcio inverosimile nella litigiosissima e permalosa “mitteleuropa” del luglio 1870, che cercava il “casus belli” per la guerra Franco-Prussiana. È passato più di un secolo e mezzo da quelle vicende europee, ma sono trascorsi appena tre mesi che in USA sono accadute cose incredibili. Vale la pena cercare di riassumerle a caldo per evitare almeno che la storia si ripeta sotto forma di farsa, come teorizzava Karl Marx. Ma in pratica – a nostro modesto avviso – non lo è mai, quand’anche si dovesse registrare un solo morto!

 

Un fatto storico senza precedenti si è verificato per la prima volta – il 6 gennaio 2021 – nella storia dell’America di Cristoforo Colombo. La stessa America già “scoperta 5 secoli prima” da Bjarni Herjólfsson, l’esploratore norreno che veniva dai fiordi. Il mondo intero ha potuto vedere “il brutto della diretta”: l’assalto di benestanti rivoltosi con armi automatiche spianate a Capitol Hill, il Tempio delle Camere degli Stati Uniti d’America, Parlamento e Senato. Alcuni erano mascherati ma non era carnevale. Non erano “sanculotti” parigini, nè “lazzari” napoletani, perchè si è poi accertato che molti erano giunti comodamente in aereo, con volo prenotato, o privato. Esecrabile e squallida vicenda, ma comunque un fatto. Senza precedenti, s’è detto. Un accadimento storico, con 5 morti ammazzati, un numero di feriti imprecisato, e molti arrestati. Interrogata proprio il 21 marzo in proposito, la Speaker della Camera dei rappresentanti USA, Nancy Pelosi, ospite della Tv italiana, ha preferito affrettare il discorso, evidentemente imbarazzata, malgrado la primavera e l’ottimismo per quanto Biden abbia ripreso a fare la faccia feroce con gli antichi nemici e lusingare i vecchi amici “liberati” 76 anni fa.

 

L’Epifania di una inquietante “Befana”, si diceva, è apparsa il 6 gennaio 2021 al “Campidoglio” americano. Un finto sciamano di origini italiane – tale Jake Angeli, che mangia solo “bio” – con le corna in testa che facevano colore, ma tanta confusione tra Nativi Sioux e Vikinghi Norreni, gettava urla terribili senza spaventare nessuno. Facevano paura, invece, quelli con le armi spianate che cercavano la predetta Nancy Pelosi e Mike Pence, Vice di Trump, per ucciderli. Giravano stanza per stanza, con gli appunti in mano, prova evidente di un sopralluogo nei giorni precedenti. Chi li aveva guidati nel cuore della “democrazia americana”? Chi erano stati i furbi e sediziosi “traditori della patria”? Istruiti, pagati, inquadrati, come, quando e da chi? La loro cupezza e determinazione, quelli si che facevano paura! Colpiva, di quei seguaci trumpiani, l’esclusivo interesse a terrorizzare e distruggere, ma soprattutto impressionava quella falange reazionaria che avanzava a testuggine per sovvertire, travolgere, sfasciare «la Legge e l’Ordine» (Law and Order), che in campagna elettorale e altrove, ad ogni pie’ sospinto, avevano strombazzato di voler difendere! Sia pure a fatica la storiaccia è rientrata, quando finalmente qualcuno, risvegliandosi dal torpore, ha chiamato la guardia nazionale, la famosa “NG”. Una forza militare di riservisti di ciascuno Stato Federato – per esser chiari – e di 54 organizzazioni separate afferenti dai territori di Guam, Columbia, Isole Vergini, Porto Rico. La rivolta si esauriva, in apparenza, dopo 48 ore. I parlamentari evacuati in fretta e furia dalla “sicurezza” (?!) potevano rientrare nei “luoghi sacri” e riprendere la loro funzione di eletti dal popolo. Sancire il numero definitivo dei vincitori e vinti della contesa elettorale USA 2020, immune da furti e brogli, cioè legittima. Visti da lontano, specie dall’Europa, sempre incredula verso le cose eclatanti che succedono nel “Nuovo Mondo” oltre Oceano, classificandole nella categoria bizzarra delle “americanate”, abbiamo tutti tirato un bel sospiro di sollievo. Avevamo visto in mondovisione (finalmente e purtroppo) il volto bianco e cattivo dell’America profonda, negazionista, incolta. Quella coi sinistri cappucci del “KKK”, le croci date alle fiamme, i linciaggi razzisti, ma il freno a mano aveva funzionato! Poteva andare peggio! Questo la Pelosi non lo ha detto ma l’America ribolle e Trump, dopo aver evitato lo stato di accusa, (l’impeachment) fa sentire la sua voce minacciosa e minacciante, almeno una volta al mese. Per minacciare tutto e tutti, ripetendo – anche se gli hanno spento quasi tutti i social – sempre la stessa menzogna. Che gli hanno rubato (a lui e agli Americani) una presidenza legittima e in ogni caso può contare su 73.126.487, di voti suoi personali. Per nulla irrilevanti rispetto ai 78.764.266 dei ladri usurpatori.

 

La prima volta? Negli Stati Uniti d’America, fatti analoghi, pare proprio di si. Non si erano mai verificati, ma nella storia moderna, altrove, esistono precedenti, e anche molto istruttivi che forse è opportuno richiamare per sommi capi e ragionarci un po’ sopra. Meno frettolosamente di quanto non si faccia oggigiorno ai tempi del Covid-19, per di più in piena festinazione di “tweet”, “face”, “instagram”, che durano quanto i fuochi d’artificio. Non si vorrebbe, però, esagerare, tanto grande appare lo squilibrio comparativo. Alle persone un po’ antiche – come chi scrive – vengono subito in mente le rivolte/sedizioni/rivoluzioni classiche, talune anche vissute, prima di essere studiate sui libri di storia. Tra l’altro, chi, come lo scrivente, si è messo in questo difficile cimento di tentar di capire cosa sia successo in America nel passaggio dal 45° al 46° presidente USA, ha già il suo bel daffare. Infatti, appartiene alla categoria di quegli anziani che ormai sono precipitati in mezzo alla bagarre della “grande guerra dei vaccini”. In teoria, dovrebbe trovarsi, per età, nella fascia meglio piazzata per giungere alla cosiddetta “immunità di gregge”, cioè quella protetta per prima col vaccino anti-covid 19. Invece le dinamiche mondiali della grande speculazione commerciale (e quelle europee in particolare), che si scatenano in occasione di tutte le pandemie, sono in piena attività. I soliti “big” della farmacologia mondiale accelerano o rallentano ad arte le spedizioni per vendere il prodotto al migliore offerente. S’è visto però di recente che non esitano a spargere “fake news” per spaventare, lucrare, dominare.

 

Tornando ai precedenti storici di rivolte-sedizioni-rivoluzioni che hanno avuto un seguito e che vanno tenuti d’occhio, perché non si sa mai da dove principia il grande incendio, potremmo cominciare con quel 10 agosto 1792, quando la marea di sanculotti parigini in armi assaltava il “palais des Tuileries”, dove il re di Francia, Luigi XVI, viveva con la famiglia. Nessuno avrebbe mai immaginato il seguito, quando alle otto del mattino una folla di venticinquemila insorti del Faubourg Saint Marcel e del Faubourg Saint Antoine, si riversava nelle sale del palazzo, linciando seicento guardie svizzere e trucidando duecento nobili. I reali furono portati nella “Prigione del Tempio”, l’ex monastero dei Templari del XII secolo, adibito a carcere per la circostanza. Chi l’avrebbe mai pensato che l’assalto al Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo, nella notte tra il 7 e l’8 novembre 1917 (23 e 24 ottobre, “calendario Giuliano”) avrebbe avuto le conseguenze che tutti conoscono. Pochi, invece, ricordano che quell’assalto a una delle 10 fastose residenze degli zar, l’imponente edificio affacciato sul lungo-Neva (oggi sede di parte del Museo dell’Hermitage), fu un po’ il “dagherrotipo” di una sorta di regolamento interno del “centro-sinistra”, tanto per non far torto alla “izquierda” della nostra storia patria. Dal Congresso di Livorno (21 gennaio 1921) alla Bolognina (12 novembre 1989), tacendo del presente lettiano, per pudore. Nicola II, l’ultimo dei Romanov (abdicante e forse il meno colpevole della dinastia giunta al capolinea), era stato deposto con l’intera famiglia otto mesi prima, nel febbraio del 1917, anche per le ultime (giuste) defezioni del fronte occidentale, le carestie, la fame del popolo, il latifondo, “Le anime morte”.

 

Facile, col senno di poi, immaginare le conseguenze della sinistra «notte dei cristalli», la «Reichskristallnacht», il «Novemberpogrom». Un criminale “pogrom” ideologico, razzista antiebraico, per l’appunto spietatamente programmato nella notte tra il 9 e 10 novembre 1938 in Germania, Austria, Cecoslovacchia. Forse la deriva dell’umanità principia da quest’ordine, questi atti, conseguenti all’esecuzione del credo nazi-fascista. Il passaggio all’atto di una follia collettiva ispirata dalla ideologia di morte di un assunto sbagliato, una convinzione non scientifica, un sentire ignorante, un parlare stupido: la presunta “supremazia” di una presunta “razza ariana” rispetto alle presunte altre razze umane. Chi scrive ha ancora nelle orecchie Sergio Piro, quando motteggiava quelli delle “razze”, affermando che dell’umanità, al massimo, si possono prendere in considerazione due tipologie “europidi” e “congoidi”, tenendo presente l’equatore: sopra e sotto. La disposizione concepita e voluta da Adolf Hitler, fu impartita da Joseph Goebbels al capo della «Gestapo» Heinrich Müller e al capo della «Sicherheitspolizei» (la polizia di sicurezza) Reinhard Heydrich. Furono dati ordini precisi affinché la normale polizia si astenesse dall’intervenire come pure i vigili del fuoco, se non nel caso di proprietà dei non ebrei. Il fatto veramente incredibile è che l’operazione fu eseguita ciecamente, come «Führerprinzip», cioè, volontà del capo supremo. Obbedirono tutti senza esitazione. Ufficiali del Partito Nazista, membri delle “SA”, le «Sturmabteilungen», le famigerate “Truppe d'assalto”, la «Hitler-Jugend» la Gioventù hitleriana. Tutti per caso ipnotizzati da un grande sciamano chiamato Adolfo? Si ignora se mangiasse solo “bio”, ma di certo aveva i baffetti e lo sguardo esaltato.

Non era il solo, nè il primo in Europa, Hitler. Il nostro Benito Mussolini, da Predappio, era stato il suo maestro e lo aveva precorso, come socialista e come nazionalista. Poi, ossessionato dall’idea di essere scavalcato sulla scala della ferocia, dal “caporale austriaco” – ineguagliabile «esprit mal tourné» – si era già esibito a Trieste. Una domenica nerissima, quel 18 settembre 1938. Piazza dell’Unità d’Italia gremita come un uovo e vociante forsennata. Usci un bieco discorso antiebraico dalla ridicola gesticolazione dove spiccava una minacciosa punta di baionetta: «L’ebraismo mondiale è stato, durante sedici anni, malgrado la nostra politica, un nemico irreconciliabile del Fascismo». Sarebbe seguito a tamburo battente in questa gara di follia collettiva – 17 novembre 1938 – «il Regio decreto sui Provvedimenti per la difesa della razza italiana», firmato anche da Vittorio Emanuele III Re d’Italia, Imperatore d'Etiopia, e Re d'Albania.

 

Ricordare serve. Ti orienti, ti regoli, perchè si parte sempre con pochi cattivi, tanto per dare l’esempio… Poi diventa una valanga … di cose, oggetti, sangue, brandelli di carne, ossa, esseri umani, bestie, aria di morte, infine silenzio di cimitero. Non c’è niente di peggio che l’oblio. L’indifferenza. Restare insensibili è terribile. Abituarsi alla ferocia è abdicare al genere umano. Può succedere come nella fiaba dei Grimm … i topi del Pifferaio di Hamelin nella Bassa Baviera lo seguono fino all’annegamento nel fiume storditi dalla monotonia del camminare all’unisono. Senza andare lontano basta pensare a Collodi. Lucignolo che aspetta il mellifluo “Omino di Burro” [01] dalla vocina convincente, viene raggiunto nottetempo da Pinocchio. Hanno deciso di andare nel “Paese dei Balocchi”. Il carro ha le ruote fasciate per non far rumore. È trainato da ventiquattro ciuchini, che invece d’esser ferrati, indossano stivali bianchi perchè – nella favola – sono stati bambini somari, ossia vittime dell’abbandono scolastico. Possiamo comprendere come sia facile arricciare il naso sulla citazione di favole e racconti fantastici per bambini a fronte di tragedie enormi dell’umanità come la seconda guerra mondiale, i forni crematori, lo sterminio in nome di una ideologia folle e completamente indimostrata. Nondimeno, dalle narrazioni elementari che si tramandano nel tempo, nasce la saggezza popolare. Non vogliamo scomodare lo «Schema sulla morfologia della fiaba» (1928) di Vladimir Propp, il semiologo e antropologo russo di origini tedesche, nato a San Pietroburgo, peraltro criticato da Lévi-Strauss, che ne apprezzava il valore storico-simbolico, ma semplicemente richiamarlo. E neppure più di un cenno, al «Circolo linguistico di Praga» (1926), sulla funzione del linguaggio, del gruppo di emigrati russi (Roman Jakobson, Nikolaj Trubeckoj, Sergej Karcevski), che si erano riuniti attorno al ceco Vilem Mathesius, ispirati dal ginevrino Ferdinand de Saussure. Ma rammentare che gli anni immediatamente successivi al crollo degli imperi centrali e all’esito immediato della prima guerra mondiale, fu un periodo di grande fermento e grande opportunità, anche per avventurieri, criminali e revanscisti di ogni risma. Ricordare semplicemente che i modelli di pensiero di una determinata epoca storica – specie se in frantumi per grandi turbamenti – hanno radici profonde e pifferai eterni sempre in agguato. Essi si annidano nelle parti più oscure e nelle zone più impensabili dell’umanità, pronti a imboccare – tragicamente – i loro “strumenti magici”, per la musica giusta.

 

Chi scrive, ricorda lucidamente. Nel 1938, aveva 6 anni. In prima e seconda elementare gli facevano riempire interi quaderni di aste e ripetere alla noia le tabelline. Se non si era stupidi, qualcosa si poteva intuire. Specialmente stando attenti alle notizie che rompevano la “routine”. Un giorno il padre, tornando a casa dall’ufficio, prese la madre in disparte e le disse che erano venuti – da Roma – funzionari del Ministero per “spiegare” che “gli ebrei” si potevano “scoprire” anche da una “diversità anatomica” del lobulo delle orecchie [02]. Una specie di “marchio” di fabbrica “non ariana” (?!). Se non fossero stati ben separati dal processo mastoideo e penduli dalla scissura intertragica bisognava avere dei sospetti e denunciare alle autorità preposte. Anche la delazione, dunque? Sapeva appena leggere e scrivere, non ancora far di conto, lo scrivente (nè gli sarebbe mai riuscito senza la calcolatrice), nondimeno aveva ben presente la massima: «Chi fa la spia / non è figlio di Maria / non è figlio di Gesù / quando muore va laggiù!». Dai “Figli della Lupa”, al “Sabato Fascista”, gli avevano detto di prestare attenzione al cognome dei compagni – “per scoprire il giudeo” – Se portano il nome di una città … anche piccola eh? – Pontremoli? – Eeeuh!! Bravissimo il lupetto! Il particolare dei lobuli, però, gli era rimasto impresso nella mente e la prima cosa che aveva fatto, preparando gli esami di Anatomia all’epoca di Vincenzo Virno (17/07/1953) fu quella di studiare attentamente il padiglione auricolare. Tra l’altro, vent’anni dopo (10 luglio 1973), il dettaglio anatomico – sotto forma di notizia macabra – sarebbe stato sulla bocca di tutti, perchè al giovane quindicenne Paul Getty junior sarebbe stato mozzato un orecchio per sollecitare un riscatto miliardario al nonno ricco sfondato di petrodollari [03]. La piaga criminale dei comuni banditi da strada a quell’epoca era l’anonima sequestri che rapiva le persone a scopo di estorsione. Si contendevano il primato i Sardi del “Supramonte” e i Calabresi dell’ “Aspromonte”.

 

Quanto alla letteratura, la prima (e fortunatamente unica) pubblicazione scritta del disegno criminoso hitleriano, ha un titolo: «Mein Kampf» (La mia battaglia). Presentato come fatto personale – la “sua battaglia” – ha interessato il mondo intero, causato poco meno di 70 milioni di morti e provocato una frattura insanabile nell’umanità [04]. Il saggio venne pubblicato nel 1925 ma l’epoca in cui venne concepito, pensato e scritto come progetto necrofilo che possa far sorgere l’idea di un «Olocausto», in quanto genocidio degli ebrei, risale al biennio precedente. In seguito al fallito tentativo di colpo di Stato del 9 novembre 1923, che va sotto il nome di «Putch di Monaco», riferito anche dalla stampa come «Bürgerbräu-Putsch», cioè "Putsch della birreria", Hitler fu tratto in arresto e rinchiuso nel carcere di Landsberg am Lech. Si può far risalire a quella data e a quella cattività la lievitazione in una mente patologica come la sua, totalmente impermeabile a sentimenti d’amore e stracolma di odio profondo verso ogni cosa estranea al suo possesso, al suo dominio e al pieno controllo psico-fisico, della sua volontà, l’incipit del più grande orrore dell’umanità contemporanea. Bastano poche righe – a conclusione del primo capitolo – per fiutare lo spirito di morte (il «Geist des Todes»), il basso profilo e l’asfittico pensiero dell’autore, provvisto, però, delle mutande di ricambio. «Con una valigia piena di vestiti e biancheria sono andato a Vienna pieno di determinazione. Speravo di evitare il mio destino, come fece mio padre cinquant’anni prima. Volevo diventare qualcosa – ma non un impiegato». Furono dettate a un ambiguo e storico compagno di cella, poi suo vice («Reichsleiter»), Rudolf Hesse. Uno strano aviatore che il 10 maggio 1941 si paracadutò in Scozia nei pressi del castello del duca di Hamilton, per ragioni mai chiarite e preso per pazzo. Similia cum similibus! L’antidoto – faceto ma in agrodolce – alla pericolosa ottusità della letteratura nazifascista del fatale ventennio, il «Mein Kampf» in particolare, l’ho trovato in un libro di un autore sardo molto speciale, Emilio Lussu che ha scritto “Marcia su Roma e dintorni”. L’ho scovato rovistando tra le vicende del sanguinoso macello della “Grande Guerra”. Il primo, dei due terribili conflitti del “secolo breve”. Mi aveva interessato per ragioni strettamente personali. In quel contesto si conobbero i miei genitori e se la prima guerra mondiale non ci fosse stata io non sarei nato. La scoperta dello scritto autobiografico di Un anno sull'Altipiano [05], era avvenuto fin da ragazzo perchè mi concerneva. Lussu – che aveva militato nella leggendaria “Brigata Sassari” – descriveva la sua esperienza di guerra condotta da comandanti insensibili e crudeli, che si ostinavano a impartire ordini sbagliati. Quel libro di memorie mi servì moltissimo perchè mi raccontava una vicenda di cui mio padre Ernesto non aveva mai voluto parlarcene pur essendo scrittore raffinato. L’aveva evidentemente rimosso, al contrario di mia madre, nativa della Val di Brenta, che conobbe il grande amore della sua vita, unitamente al suo profugato, in un’altra valle, quella del Calore Irpino a Benevento.

 

Ernesto, il padre dello scrivente – ostinatamente silenzioso in proposito – aveva ricevuto il suo battesimo del fuoco proprio ad Asiago a partire dal 15 maggio 1916 e proprio con la Brigata Sassari”. in occasione della «Strafexpedition» austriaca, la “spedizione punitiva” per gli Italiani comandata dal generale Franz Conrad von Hötzendor, già tristemente noto agli italiani per aver diretto la feroce repressione contro gli scioperi triestini del 1902. Solo di recente chi scrive ha scoperto che il padre Ernesto, aveva celato la sua tremenda esperienza bellica nella battaglia degli Altipiani al confine tra Veneto e Trentino, dentro un racconto del suo libro “Fascino del Sud” [06], che riporta anche come preziosa testimonianza storica di uno dei protagonisti.

 

«Un ricordo della prima guerra mondiale ci ha riconfermato in questo convincimento. Si era nelle retrovie dell’altopiano di asiago e si combatteva una furiosa battaglia. Il nemico si era fortificato nelle opposte trincee e i morti erano tanti. I feriti della Brigata Sassari comandata dal sardo generale Sanna, affluivano con le barelle e quelli più leggeri si portavano a piedi ai posti di medicazione. Un soldato della Brigata se ne tornava solo soletto, comprimendosi una ferita al braccio senza fiatare. Lo fermammo e gli chiedemmo dove fosse stato ferito – in combattimento con i «Kaisejeger» – rispose tranquillo, come se la morte fosse un fatto di ordinaria amministrazione. – A un certo momento – aggiunse – avendo io puntato il fucile su un «Kajserjeger», questi mi accennò di non sparare, che si sarebbe arreso; senonché mi sparava subito a bruciapelo. Però so bene dove è, e non appena sarò tornato, mi vendicherò. Disse ciò con decisione calcolata e senza millanteria, come se avesse un conto privato da regolare. Capimmo allora in carattere di questa gente, che sa affrontare da sola i pericoli, cosciente di sè. L’episodio – uno dei tanti – ci fece rammentare quello evocato dal D’Annunzio a gloria dei combattenti della guerra di Tripoli nella «Canzone della Diana».

«Pietro Ari laggiù tra sacco e sacco

spia l’Oasi, con l’occhio a mira certa,

tranquillo masticando il suo tabacco».

«Non guarda il cielo Pietro Ari. Guarda

tra sacco e sacco. Pelle non scarseggia.

Sceglie, tira, non falla. È testa sarda».

«Non si volta, non grida nè motteggia.

Mira e tira … » [07]

 

Di Emilio Lussu, si diceva, il saggio più ironico che si possa leggere contro il “Mein Kampf”, è “Marcia su Roma e dintorni”. Anzi, l’antiossiurico più efficace che si possa somministrare per far staccare lo scolice dagli intestini nazi-fascisti, di quel verme solitario chiamato “antisemitismo”.

Personaggio leggendario e complesso, dapprima interventista – decorato con due medaglie d’argento – poi antimilitarista, politico esemplare, Emilio Lussu, fondò il Partito “sardo d’Azione”. Antifascista militante, fu picchiato dagli squadristi, poi confinato a Lipari da dove fuggì rocambolescamente con Carlo Rosselli e Fausto Nitti. Egli racconta alla sua maniera il decennio postbellico (1919-1929) di cui è stato testimone – protagonista e vittima allo stesso tempo – mentre si cura una tubercolosi cavitaria in Svizzera agli inizi degli anni Trenta.. Si tratta di ventidue capitoli stringati, densi però di dettagli, come le coloriture di contorno, infiocchettate di figure camaleontiche, macchiette popolari, manovre politiche ambigue a double-face, agitazioni di piazza, che farebbero pensare ad una carnevalata. Nessuno li prende sul serio, questi manganellatori con l’oliodiricino. Lussu invece – con fine acume politico – ricostruisce il dato fondamentale della presa di potere di Mussolini: la sottovalutazione. Giornalisti, deputati professori universitari, sindacalisti voltagabbana, persino questori, sono dipinti nella loro quasi inconsapevole connivenza e nel loro opaco spessore morale. Da questo quadro lussuano si evince chiaramente come all’inizio quasi tutti avessero pensato che la marcia sulla capitale fosse solo una semplice e colorita messa in scena, per poi ricredersi totalmente. Infatti – al contrario di ogni previsione – la “Marcia su Roma” si tramuta in un vero e proprio colpo di Stato. La prima cosa che viene in mente è la tenia, il “verme solitario”. La nera impresa fascista del 1922, vale a dire la “Marcia su Roma”, come la racconta il caustico libro di Lussu lascia proprio immaginare che i “legionari” di Mussolini che partono, è come se avessero tutti inghiottito la «scolice» (la testa a ventosa con uncini) del parassita del maiale che si riproduce nell’intestino umano. La pericolosa differenza consiste nel fatto che quella “testa-verminosa” genera tenie ideologiche della cosiddetta “superiorità” della sedicente “razza ariana”. Anche questo libro viene pubblicato all’estero. È pensato e scritto per un pubblico europeo (quello italiano è troppo condizionato e distratto) francese, inglese, tedesco, spagnolo e portoghese. Esce solamente nel 1933 a Parigi una prima edizione italiana per le edizioni "Critica". in Francia nel 1931. Già nella prefazione l'autore afferma: "Poiché questo libro può suscitare critiche nel campo italiano, io mi sono preoccupato di non inserirvi un solo episodio che non possa essere documentato”.

 

Saranno vere tutte le annunciate buone intenzioni USA? Terra di chi? Storia di quale crogiuolo di popoli? Senza scordarsi i nativi di un territorio sconfinato, nella pancia del “Nuovo Mondo”. Donald Trump, il “bagatto”, la “matta”, l’instabile camuffato da magnate, l’esecrabile tycoon televisivo che Nancy Pelosi, non ha neppure nominato, nell’ospitata da Fazio, è vivo e vegeto, ma è molto più pericolosa l’America che rimpinza il sacco di rifiuti dove giacciono quei 47 milioni e passa di voti, che lo giustificano. Più passa il tempo e più ci si domanda come abbia potuto essere stato eletto per i primi 4 anni. Con le connivenze di chi, è stato possibile consentire a un tizio senz’altre qualità che quelle di fare il bastian contrario verso gli interessi non suoi? Di mandare suoi accoliti facinorosi a girare con fiamme libere (e senza canarini, regola base di miniera) dentro interni molto pericolosi dove avrebbe potuto nascondersi una miscela esplosiva, inodore, incolore, insapore, come il grande nemico dei minatori, il «grisou». Biden il 47° presidente USA, inciampa sulla scaletta dell’aereo per la troppa fatica di aver vaccinato oltre 100 milioni di americani (anche i trumpiani), di aver approntato un piano di 1.900 miliardi di dollari per un welfare come non s’era mai visto nell’ultimo mezzo secolo e per la eccessiva foga di aggredire Russi e Cinesi. non tutti i segnali sono rassicuranti. Pochi giorni fa ad Atlanta c’è stata una strage – la prima dell’era Biden -tanto per rilanciare la faccenda della libera vendita delle armi da fuoco, ma anche da guerra. Un giovanotto bianco di 21 anni ha ucciso 8 operatrici asiatiche col fucile. Come fosse autorizzato ad andare a caccia per strada nei centri massaggi tra la contea di Cherokee, e i sobborghi della periferia di Atlanta. Francamente siamo perplessi, qui in Europa, malgrado non si stia affatto bene per moltissimi motivi. Nel frattempo, tanto per dare una mano, non sarebbe utile cominciare ad analizzare le cause politiche sul fatto che l’«American dream» e il «melting pot» siano divenuti un tragico calderone di separatezze da incubo , Signora Pelosi?

 

Lungi dall’intenzione di chi scrive, mancare di riguardo ai generali trascorsi, senza un cenno di commiato furtivo. Tanto più che le loro gesta giacciono nell’arco dei tre secoli che ci separano dall’oggi. D’accordo generale Moltke “Il vecchio” – il tempo cammina come dite voi – ma sono i protagonisti del tempo e della storia che corrono, stanno fermi o sbagliano timing e strada. A Moltke “Il giovane” – vostro nipote – andò male, perchè non indovinò nulla ne “La prima battaglia della Marna” Fronte Occidentale (settembre 1914), eppoi era anche malato. Spesso, però, le riletture della storia aiutano ma anche la Costituzione … «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa della libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».

 

Note

01. Il conduttore del carro, mentre galoppa felpatamente verso il paese dei Balocchi, canticchia sottovoce: "Tutti la notte dormono / e io non dormo mai…". Figura squallida, equivoca, scivolosa come la liscivia, è tratteggiata dall’autore con una potenza espressiva che provoca immediata repulsione. «Un omino più largo che lungo, tenero e untuoso come una palla di burro, con un visino di melarosa, una bocchina che rideva sempre e una voce sottile e carezzevole, come quella d'un gatto che si raccomanda al buon cuore della padrona di casa». Se ne coglie anche tutta l’implicita minaccia. Il personaggio è diabolico, perverso, persino sadico se si pensa che per punire i suoi somari gli stacca pezzi di orecchie a morsi. No! Non bastano solo condotte di evitamento. Occorre avvertire tutti del pericolo che circola liberamente arruolando persone ingenue.

02. Il lobulo o lobo dell'orecchio è una plica cutanea, priva di scheletro cartilagineo, che si trova nella parte inferiore del padiglione auricolare, al di sotto del trago, dell'antitrago e della coda dell'elice.. Il lobo auricolare è l'estremità inferiore della padiglione auricolare. Conosciuto anche come lobo dell'orecchio, il lobo auricolare è una delle poche porzioni non cartilaginee del padiglione auricolare: esso, infatti, è costituito da tessuto adiposo. Normalmente pende sotto l'incisura intertragica (la depressione del padiglione auricolare che separa il trago dall'antitrago) davanti al processo mastoideo, separandosene, ma potrebbe anche aderirvi. Che da Roma avessero mandato funzionari dal “Ministero” per raccomandare simili osservazioni sulla razza ariana ed ebraica mi sembra inverosimile, ma io posso aver inteso fischi per fiaschi.

03. Per restare al tema dell’orecchio, le cosche ‘ndranghetiste calabresi il 10 luglio 1973 alle tre del mattino a Roma in Piazza Farnese rapirono il giovane sedicenne John Paul Getty III nipote di una dinastia americana di petromiliardari e chiesero 17 milioni di dollari. Il nonno rifiutò di pagare. Dopo tre mesi i sequestratori ruppero gl’indugi e recapitarono ai familiari una ciocca di capelli e l’orecchio destro della vittima incartati ne “Il Messaggero”, quotidiano romano, per sollecitare il pagamento.

04. L’abiezione più vergognosa consiste nel fatto di aver eliminato circa sei milioni di ebrei, non potendosi documentare esattamente il numero delle vittime dell'Olocausto. In nessun luogo al mondo è mai esistita alcuna lista ufficiale di ebrei trucidati. Si sa per certo che in alcuni luoghi i carnefici hanno cercato di cancellare le tracce distruggendo i resti delle salme. Sappiamo anche che furono aggiunti “rom” e “sinti” come “piaga degli zingari, popolo inferiore”, disabili fisici e mentali come “difettate e inutili bocche da sfamare” e ancora, avversari politici, “Testimoni di Geova”, omosessuali come persone “asociali”. Bieca schedatura per futile ossessività dell’ordine, che accomunò centinaia di migliaia di “diversi” (dai “nazisti”) imprigionate e uccise nei campi di concentramento. Questo genocidio sistematico con grande cinismo e altrettanta approssimazione fu definito “Soluzione finale alla questione ebraica in Europa”.

05. Il manoscritto – per ragioni più che evidenti – fu compilato nel 1936. Apparve per la prima volta in Francia nel 1938 (Parigi, Le lettere italiane) e, in Italia, da Einaudi, nel 1945. Il testo, in tutta la sua crudezza, è tuttora una delle massime opere della nostra letteratura sulla Prima Guerra Mondiale. L'Altipiano è quello di Asiago, l'anno di cui si narra va dal giugno 1916 al luglio 1917. Dodici mesi di assalti sanguinosi portati dissennatamente e senza sosta contro trincee inespugnabili. Un suicidio in divisa da combattimento, programmato ciecamente, ordinato asetticamente, reiterato quotidianamente da lontano come una partita a scacchi giocata altrove. Un cumulo di morti e feriti accatastati per battaglie inutili, assurde, volute da comandanti vanitosi, ebbri di retorica patriottarda. Episodi tragici anche grotteschi, con i quali la narrazione bellica dell’anno trascorso combattendo sull’Altipiano si trascina raccontato con una cruda realtà di "ozio e sangue", di "fango e cognac". Racconto essenziale, asciutto, spesso ironico. Emilio Lussu, sostiene una dura requisitoria contro l'orrore della guerra, quella guerra in particolare. Alieno da toni polemici si limita a descrivere semplicemente con autenticità i pensieri e i sentimenti dei soldati, i loro drammi personali. Enuncia gli errori degli strateghi, le loro crudeltà e soprattutto l’ottusità che li avrebbe condotti inevitabilmente alla disfatta di Caporetto.

06. Ernesto Mellina. Fascino del Sud. Signorelli, Roma, 1958.

07. Ibidem, pp. 216-218.

08. Costituzione della Repubblica italiana – Art. 11

 

 

 

 

 

Loading

Autore

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Caffè & Psichiatria

Ogni mattina alle 8 e 30, in collaborazione con la Società Italiana di Psichiatria in diretta sul Canale Tematico YouTube di Psychiatry on line Italia