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Prefazione alla nuova traduzione di TOTEM E TABU’ per Psychiatry on line Italia

26 Lug 21

Di Antonello Schiacchitano
NDR Antonello Sciacchitano ha tradotto appositamente per Psychiatry on line Italia di cui è storico collaboratore "TOTEM E TABÙ Alcune concordanze tra vita psichica dei selvaggi e dei nevrotici (1912-13) di Sigmund Freud".
Riportiamo di seguito i link verso le quattro parti del saggio già pubblicate sulla rivista:
Capitolo I 
La fobia deIl’incesto
Capitolo II Il tabù e l’ambivalenza dei moti affettivi
Capitolo III Animismo, magia e onnipotenza dei pensieri 

Capitolo IV Il ritorno infantile del totemismo

La fobia dell’incesto, o un sintomo individuale alla radice del collettivo

 

Il valore di questa traduzione di Totem e tabù non sta nell’aver corretto alcuni malitesi della traduzione ufficiale, taluni buffi come “tutti i quadrupedi maschi” invece di “tutti i mammiferi”, per non dire delle interpolazioni o delle perifrasi per evitare di tradurre Männchen con “stallone”, riferito al padre primordiale, ma nel proporre una nuova versione del neologismo freudiano Inzestscheu, usato da Freud già nel primo dei quattro saggi che compongono il libro.

Val la pena dirne due parole, perché l’innovazione va al cuore della teoria analitica e ciò basta a giustificarla, forse a interessare gli psicanalisti. La traduzione ufficiale italiana di Inzestscheu con “orrore dell’incesto” ha più di novant’anni. Il termine “orrore” compare nella prima traduzione italiana di Edoardo Weiss di Totem e tabù (1930, Laterza, Bari); poi passa all’inglese horror della Standard Edition di Strachey (vol. XII, 1955), nel senso di “ribrezzo”, “raccapriccio”, e infine ricorre nelle Opere di Sigmund Freud, curate da Musatti (vol. VII, Boringhieri, Torino 1975). “Orrore” annulla il significato letterale di “timore” e “timidezza” proprio di Scheu. Forse il medico Weiss forzò la traduzione per rinforzare la nozione di causa psichica dell’interdizione dell’incesto. Un pregiudizio medicale, che si può in tutta tranquillità mollare.

Contro l’autorevolezza delle fonti citate, ho superato la concezione medica di Weiss; avendo discusso del problema con l’amico Claus-Dieter Rath, psicanalista a Berlino, oggi propongo con cognizione di causa la traduzione di Inzestscheu con “fobia dell’incesto”, retro-traducibile Inzestphobie, simmetrico a Inzestneigung, “tendenza all’incesto”, termine già usato da Freud, addirittura al plurale, in una nota del 1914 al V capitolo della Traumdeutung. Se nella vita psichica vi sono tendenze all’incesto, ragionevolmente non c’è molto orrore. Per il film fanta horror sull’incesto si può passare più tardi. Il film freudiano mette i scena solo la paura del padre per l’eventuale incesto, spostata di regola su animali nelle frequenti zoofobie (v. Il ritorno del totemismo nei bambini), equivalenti alla fobia dell’incesto. Il totemismo, con l’interdizione di uccidere l’animale, allora, è una fobia collettiva connessa all’incesto.

Non è stato un lampo a ciel sereno, però. Dietro c’è la mia lunga ruminazione teorica intorno alla nozione di collettivo. Che in Freud manca o peggio, come si legge nel quarto saggio di questa serie, si riduce a Massenpsychologie, “psicologia di massa, in cui i processi psichici si compiono come nella vita psichica individuale” (Totem e tabù, IV). Da qui fino a Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921) e oltre, l’elaborazione teorica di Freud sul concetto di collettivo, si svolge all’insegna dell’isomorfismo tra psicologia individuale e collettiva. Il Ritorno infantile del totemismo si basa sull’equazione primitivo = bambino, fondamento ideologico di tale isomorfismo. Il corollario è che il collettivo non ha autonomia rispetto all’individuale, da cui dipende.

Diciamo che in Freud non c’è epos, ma solo sprazzi di tragedia dell’eroe, difronte al coro dei fratelli che lo compiangono. Freud coniuga psicologia a storia, intesa però nel senso ristretto di evoluzione individuale della singola persona in analisi, la cosiddetta clinica. La biologia delle popolazioni non rientra nella Denkweise freudiana, nel modus cogitandi di Freud. Tale assenza dominò la sua incomprensione di Darwin, giunta alla falsa citazione dell’Urhorde darwiniana. Horde, nel senso di gruppo di uomini patrilineare locale, ricorre una sola volta in The Descent of Man di Darwin, che preferiva parlare di small communities. Del resto il tema dell’Incest non era nelle corde di Darwin, che non lo usò mai. Urhorde veicola la nozione, molto più ristretta di Horde, di massa identificata allo stallone (Männchen), un concetto di scarsa plausibilità biologica, non offrendo vantaggi selettivi nella lotta per la sopravvivenza della specie. Se mai si sono date orde freudiane nell’evoluzione dei Sapiens, hanno avuto vita breve: non sopravvivendo a sé stesse, non hanno lasciato documenti fossili. Freud lo sapeva; perché non ne tenne conto? La mia congettura è che, cercando conferme alle proprie teorie, evitasse con cura le confutazioni: una debolezza della scienza antica, prevalentemente storica, a sua volta formata da congetture che si confermano ma non si confutano. La grande importanza da Freud attribuita alle resistenze in analisi va attribuita al tentativo di confutarne le premesse teoriche: il complesso d’edipo e la castrazione.

Vedremo subito una possibile conferma darwiniana alla fobia dell’incesto, sfuggita non solo a Freud ma perfino a Lévi-Strauss,1 per motivi diversi che qui non tratto. Prima, però, segnalo un tratto “patologico” dell’epistemologia freudiana della conferma: la ricerca della conferma perfetta. Il dato matematico da tener presente è che in qualunque sistema simbolico su tre casi quasi due conferme sono casuali. Freud sembra saperlo, ma non avendo nozioni di calcolo delle probabilità pretende la conferma perfetta. Mira a was vortrefflich stimmt, a ciò che si adatta perfettamente alla dottrina; cerca die volle Übereinstimmung, la piena concordanza. Per lui le concordanze sono sempre “significative”, bedeutsam, e “di grande valore”, wertvolle. Perciò le ricerca attivamente, tipicamente tra primitivi, bambini e nevrotici. Ma non si accontenta di una concordanza qualunque; pretende quella “per eccellenza” e lo dice con il termine della filosofia greca kat’exochén.2 Crede che una conferma confermi tanto più, quindi sia tanto più “scientifica”, quanto più coincide nei dettagli con l’ipotesi da confermare. 0, 2, 4, 6, 8 è una conferma perfetta della successione dei pari in ogni particolare, migliore di 0, 3, 4, 6, 8; ma anche la conferma perfetta non esclude che l’ultima prova dia un numero dispari. Il perfetto adattamento dell’Edipo a molti casi clinici – come l’esperienza clinica conferma – non dimostra che sia universale. Il “particulare” di Francesco Guicciardini non garantisce l’universale.

Della concordanza Freud fa addirittura un criterio diagnostico della nevrosi: la concordanza dei pensieri vale per il nevrotico più della concordanza dei fatti. La concordanza è il principale criterio di verità del delirio paranoico. Non è del tutto irragionevole supporre che l’importanza epistemologica attribuita da Freud alle concordanze derivasse dalla sua pratica con le psiconevrosi. Oggi le concordanze tra codici costituiscono la regola nelle transazioni informatiche sul Web. Non da ieri si chiede al medico di certificare la concordanza tra lo stato clinico del malato e il quadro astratto della malattia. Del resto lo stesso Freud pose il principio dell’identità di percezione nel funzionamento dell’inconscio.

Dicevo della conferma darwiniana al fatto dell’incesto. L’antropologia di Freud si basava sul lavoro di Frazer, un antropologo da tavolino, che non lavorò mai sul campo. Né Frazer né Freud seppero “spiegare” la proibizione dell’incesto. Entrambi contestavano a Westermarck l’inesistenza della pulsione all’incesto, basata sul dato di fatto dell’indifferenza sessuale nei matrimoni tra individui che hanno convissuto nell’infanzia. Entrambi si basavano su due argomenti che credevano biologici. Primo, il divieto dell’incesto non può basarsi sulla conoscenza dei danni degli incroci endogamici, una pratica comune degli allevatori per migliore le razze e selezionare caratteri favorevoli. Secondo, il divieto dell’incesto non può vietare quel che già non esiste. Ovvio, no?

No. Ai pensatori predarwiniani, e anche post, sfuggì che il divieto dell’incesto offre un notevole vantaggio collettivo dal punto di vista evolutivo. Il sintomo individuale della fobia era destinato a diventare un fattore positivo di sviluppo collettivo. La fobia dell’incesto produce, infatti, un vantaggio generale, non specificamente legato a particolari caratteri biologici. Vietare l’incesto è vantaggioso, a livello di specie, perché garantisce la conservazione, per non dire l’aumento, della variabilità genetica, che è il motore della biodiversità, promuovendo l’evoluzione di specie sempre meglio adattate alla variabilità ambientale. Perciò è opportuno e vantaggioso per l’evoluzione, che una società tuteli con dispositivi legali ciò che conserva e incrementa la variabilità genetica.

Se, poi, esiste un divieto dell’incesto, codificato per legge o per uso, lo psicanalista dovrà considerare la conseguenza soggettiva: l’insorgenza di un desiderio artificiale, per nulla biologico, il desiderio della madre interdetta, che Lacan chiama desiderio dell’altro, effetto collaterale del processo che porta a un gradino superiore di civiltà. Insomma, Lacan vide giusto. La correzione lacaniana a Freud e Frazer è fondamentale: c’è il desiderio perché prima c’è la legge, che lo istituisce vietando di soddisfarlo, non viceversa, cioè non c’è prima il desiderio, che poi la legge vieta. La performance lacaniana è notevole, se si pensa che neppure Lacan aveva familiarità con la nozione di variabilità.

In Freud, in ciò decisamente pre- se non anti-darwiniano, non esistono considerazioni di variabilità. La parola Variabel non ricorre nei suoi scritti. Che rimangono statici, nonostante l’accento posto sulla cosiddetta psicodinamica. Allora, invece di ciò che aumenta la deviazione dalla media, Freud va alla ricerca di ciò che è veramente medio, anzi unico. Lo testimonia l’insistenza di Freud nella ricerca del fenomeno originale, l’unica e sola causa di tutti i fenomeni successivi, il cosiddetto Ur della Urhorde, capitanata da un Urvater, il padre primordiale, che ha dalla sua la causa primordiale, la Ursache, letteralmente “la cosa originaria”. È un tratto “scientifico” dell’antica scienza aristotelica, che fa risalire il vero sapere alla conoscenza della causa prima, lo scire per causas, un criterio epistemico giunto a Freud per la via tortuosa della medicina ippocratica. Oggi, “individuare un momento specifico come ‘origine’ di un ‘popolo’ è una cosa tanto arbitraria e semplicistica da essere assurda”.3 Freud è esplicito; cerca l’origine unica (ein einziger Ursprung) del fenomeno religioso. Con una battuta diciamo che con l’Edipo Freud cercava il Big Bang della civiltà. Si può tranquillamente dimenticare come fissazione coatta.

Insomma, la dottrina freudiana, che coniuga la dimensione individuale psicologica a quella collettiva storica, ha il gran merito di valorizzare la funzione civile della paternità, ma manca dell’anello di congiunzione biologico tra l’individuale e il collettivo. Non esiste in Freud il concetto di popolazione, declinato normalmente al plurale, popolazioni, tenuto conto delle reciproche interazioni tra gli individui che la compongono. Dell’approccio interattivo non c’è traccia in Freud, se si esclude l’interazione provvisoria che portò i fratelli al mitico parricidio. Il lemma Interaktion, come Variabel, non ricorre in Freud.

Tanto meno nel freudismo si parla di interazioni “astratte” tra teorie di secondo livello, come l’interazione tra algebra e geometria, che ha portato all’algebra geometrica, o l’interazione tra topologia e logica, che ha convalidato le logiche basate sul forcing. Segnalo in proposito un risultato dell’interazione teorica tra logica e topologia: la logica intuizionista a più valori di verità, che ha potenziali interessi per formalizzare la nozione psicanalitica di costruzione di oggetti teorici potenzialmente infiniti, cioè finiti ad ogni stadio, ma sviluppabili in modo illimitato. Nell’intuizionismo le aporie segnalate da Freud in Analisi finita e infinita si riducono.

Oggi il freudiano autentico dovrebbe preoccuparsi di colmare queste lacune; il vero ritorno a Freud, tanto caro a Lacan, potrebbe essere un ritorno a Freud con Darwin, per esempio, valorizzando in positivo la “fobia dell’incesto” alla radice dei fenomeni studiati in questa serie di saggi, come cinghia di trasmissione tra l’individuale e il collettivo: il totemismo, riguardante la funzione paterna, e il tabù dell’incesto, riguardante la funzione materna. Non sono funzioni astratte; abitano nei collettivi, dove prendono forma.

A ciò aggiungo un dato genetico concreto: in Homo sapiens esistono almeno 200 geni assenti in altre specie di Homo. 200 non è un gran numero, a confronto con il totale di geni (circa 21.000 geni che codificano proteine), ma forse tra quei 200 c’è anche il gene della psicanalisi, quello della fobia dell’incesto, che ha favorito il “grande balzo in avanti” dei Sapiens, come lo chiamano i paleontologi. Di certo tra quei 200 c’è il gene “gitarellaro” della scoperta, che ha portato Homo sapiens a scoprire e colonizzare l’intero pianeta in poche migliaia di anni (meno di 50), uscendo dalla ristrettezza della famiglia in cui era nato, 300.000 anni fa in un angolo dell’Africa occidentale. Lo chiamerei il gene della fobia dell’incesto, meno freudianamente il “gene di Ulisse”, alla Alighieri, un autore che Freud non citò mai come Galilei e Mendel.

Chiudo questa prefazione con una considerazione più accademica. I quattro saggi presentati in questo libro sono un notevole esempio di “scienza umana”, condotta all’insegna della “comprensione” (Verständnis), a differenza della “spiegazione” (Erklärung), cui si dedicano le scienze naturali. Freud pretende “comprendere” le vicende umane primordiali all’interno di uno schematismo prestabilito, l’edipismo; la premessa è un principio esplicativo trascendentale: il principio di ragion sufficiente, che ad ogni effetto attribuisce una causa, come è tipico della scienza aristotelica, scire per causas. Gli apriori della scienza antica sono ultimamente indistinguibili da articoli di fede religiosi. Non dimentichiamo che la religione è stata la prima forma di conoscenza, avallata dai preti, che avevano bisogno di certezze astronomiche per i calendari dei loro riti. In effetti, l’Edipo e la castrazione sono per Freud gli Schiboleth della psicanalisi, veicoli di una moderna religione senza dio.4 Tutto il complesso di saggi in Totem e tabù si dedica a ridurre dio al padre morto, anzi ucciso.

Le scienze moderne, invece, non partono da certezze apriori. Intendono la spiegazione scientifica come modello della realtà, che scompongono in componenti elementari, tra cui presuppongono delle interazioni, per contatto o a distanza in un campo di forze. In un insieme di molecole di un gas, gli urti determinano le posizioni e velocità di ogni molecola. È l’ipotesi deterministica della fisica classica. Se i risultati del modello concordano con i dati empirici, il modello si mantiene, se no si cestina e se ne formula un altro.

Sì, perché all’interno di questa epistemologia meccanicista non si definisce un unico modello, come l’edipico, ma una classe di modelli equivalenti. Nella meccanica galileiana si passa da un modello all’equivalente applicando un moto inerziale al sistema delle coordinate. L’equivalenza meccanica si traduce in un fatto algebrico, cioè di scrittura: in due sistemi di riferimento equivalenti le leggi del moto si scrivono allo stesso modo. Insomma, la scienza freudiana è unica e categorica, la galileiana conosce l’uno a meno di isomorfismi. Y’a d’l’Un, farfugliava l’ultimo Lacan, giunto alla soglia di certe aperture teoriche, rimaste al di là della portata del suo logocentrismo dei significanti, di origine umanistica.

L’operato di Freud non passa al vaglio del criterio meccanico delle interazioni, cioè di certe simmetrie. Il freudismo rientra in un’altra epistemologia, oggi obsoleta, che va accettata per quel che è: una speculazione aprioristica, da accettare così come si presenta: il tentativo di far combaciare la psicologia collettiva con la storia l’individuale clinica. I freudiani ortodossi non hanno altre alternative di ricerca diverse dalla concordanza. Gli altri approcci scientifici restano a disposizione di noi freudiani non ortodossi, che preferiscono la fobia dell’incesto all’orrore.

Da ultimo, non mi resta che giustificare il titolo di questa prefazione. Lo faccio riferendomi al capolavoro “strutturalista” di Lévi-Strauss, Le strutture elementari della parentela (1947). Il divieto dell’incesto rappresenta il passaggio dal soggetto individuale al collettivo, la transizione dalla natura biologica alla cultura sociale. Il divieto di rapporto sessuale con certi individui designati, tipicamente i cugini paralleli, insieme alla prescrizione del matrimonio tra cugini incrociati, da Freud ignorata, rappresenta l’innesto della dimensione sociale sulla realtà biologica individuale, superandola. Forse hanno ragione i lacaniani ortodossi a criticare la critica di Lévi-Strauss a Freud. L’antropologo non dà peso alla funzione paterna che interdice la madre, come allo psicanalista sfugge la natura collettiva dell’attività sessuale. Insomma, non si fa sesso da soli, e questo non vale solo per la masturbazione. La parola “scambio”, Austausch, compare solo una volta in tutto il libro Totem e tabù, in riferimento al commercio dei totem tra tribù. Freud non parla di scambio delle donne, che è il fatto primordiale di ogni civiltà. (Non degli uomini, precisa Lévi-Strauss5.) Lo psicanalista dovrebbe meditare le parole che Lévi-Strauss scrive alla fine del IV capitolo del suo trattato: “Il contenuto della proibizione [dell’incesto] non si esaurisce nel fatto della proibizione: quest’ultima viene stabilita solo per garantire e fondare, direttamente o indirettamente, immediatamente o mediatamente, uno scambio. Come e perché è appunto quel che ora bisogna mostrare”6 e che Freud non ha mai mostrato. Non poteva mostrarlo data la sua concezione statica di massa, formata da individui identificati al loro Führer, ma poco interattivi tra loro: identici ma non scambiabili.

 

1 Ancora nel 1947 Le strutture elementari della parentela testimoniano che la cultura francese non aveva recepito il messaggio scientifico di Darwin, mai citato da Lévi-Strauss. Sciovinismi culturali francesi che arrivano fino a Foucault. C’è da chiedersi se sia meglio scotomizzare Darwin o fraintenderlo. Di Freud Lévi Strauss cita il II e il IV saggio di Totem e tabù. Nel capitolo IX del testo citato afferma: “Le proibizioni matrimoniali non hanno alcun fondamento biologico”. Ciò non toglie che abbiano profondi effetti biologici.

2 L’uso del filosofema “per eccellenza” dimostra che il modo di ragionare di Freud, la sua Denkweise, fu una filosofia delle essenze, non una scienza moderna.

3 J. Raff, Viaggio verso le Americhe, “Le scienze”, 635, 2021, 42.

4 S. Freud, “Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie” (1905, Tre saggi sulla teoria sessuale) in Sigmund Freud gesammelte Werke, vol. V, p. 128n (d’ora in poi SFGW).

5 C. Lévi-Strauss, Le strutture elementari della parentela (1947), trad. A.M. Cirese e L. Serafini, Feltrinelli, Milano 2021, p. 177.

6 Ivi, p. 99.

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