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EDIPO, FAMIGLIA, OGGI

4 Giu 22

Di marcoguidi73
"È proprio scoprendo i fatti edipici nell’analisi delle nevrosi che Freud ha messo il concetto di complesso. Il complesso di Edipo, esposto più volte nella sua opera, dato il gran numero di relazioni psichiche che interessa, s’impone qui sia al nostro studio, in quanto definisce più particolarmente le relazioni psichiche nella famiglia umana, sia alla nostra critica,dal momento che Freud fornisce questo elemento psicologico per la forma specifica della famiglia umana e vi subordina tutte le variazioni sociali della famiglia.
(J. Lacan, I complessi familiari, in Altri Scritti, Einaudi Torino, 1996, Pag. 45).

In questo brano, Lacan, mette in luce come il complesso edipico faccia da inquadramento a tutte le variazioni sociali della famiglia e dunque anche alle sue ultime forme ovvero a quelle allargate o alla famiglia derivata da unioni civili. Fare da quadro significa per la psicoanalisi mettere in evidenza il regolo necessario per avere un punto di riferimento clinico nel distinguere e interrogare ciò che è normale da ciò che è patologico nel soggetto che si struttura all’interno dell’Altro familiare. A proposito di questa differenza Freud considera la nevrosi come la patologia normativa dell’essere umano caratterizzata dal conflitto interno al soggetto tra le istanze dell’apparato psichico (Es, Io, Super-Io) che creano dolore e sofferenza all’individuo. Il complesso edipico è la struttura che regola e inquadra la conflittualità tra i membri della famiglia e stabilisce il confine tra la normalità patologica della condotta tra i membri della famiglia e le caratteristiche di una patologia sintomatica di tipo nevrotico, psicotico o perverso. Pertanto il complesso edipico va pensato alla luce dei fatti e degli accadimenti psichici e dei comportamenti che si svolgono nella vita quotidiana di una famiglia. Inoltre il complesso edipico è la norma che regolamenta l’inconscio presente in tutti gli accadimenti della vita familiare intesa come luogo dove si mostra e si forma e si ripete la rimozione che costituisce la pietra angolare della nevrosi del soggetto che è al centro di questi accadimenti. Ciò che accade nel soggetto va inteso come il risultato, visibile nei comportamenti, dei tre complessi che strutturano la famiglia sia in senso verticale cioè nelle relazioni tra genitori e figli o, detto altrimenti, nella genesi evolutiva del bambino, sia in senso orizzontale nelle dinamiche affettive tra fratelli: a queste due direzioni corrispondono rispettivamente il complesso di svezzamento come prototipo e indice della separazione dalle cure materne e il complesso dell’intruso come indice della presenza dell’invidia e della gelosia nei confronti di un terzo rispetto alla relazione madre bambino, mentre il complesso edipico le riunisce entrambi nelle due direzioni aggiungendo all’incrocio del loro incontro (la struttura del soggetto) la novità dell’operazione di divisione del soggetto operazione che è un altro modo di definire il complesso edipico ovvero il complesso di castrazione che introduce nella logica familiare la figura e la funzione paterna ovvero la dimensione della Legge che sostituisce la Legge materna caratterizzata dalla sostanza invasiva e intrusiva pulsionale senza regole di contenimento. Il soggetto inaugura la sua divisione attraverso il sintomo che è un compromesso in cui viene mantenuto sia il discorso dell’Altro, ovvero dei significanti che lo rappresentano, e lo alienano nella scena familiare, sia la ripetizione del godimento del soggetto la cui verità apre al sapere sulla pulsione e sul fantasma come luogo dove l’oggetto reale definisce le caratteristiche dell’attaccamento affettivo presente nel tipo di sintomo (isterico, ossessivo, fobico, perverso o più radicalmente psicotico). Detto in altri termini questo compromesso fa dell’Amore il sintomo per eccellenza che si mantiene nel luogo familiare anche in forme eccessive e abnormi. Il luogo familiare è anche il luogo dove si aggiunge un elemento determinante, il fallo come significante della mancanza che fa da spartiacque per il costituirsi del quadro patologico e per distinguerlo dal quadro ritenuto normale, fondato sul lato immaginario-idealistico che nella storia della famiglia ci dice “come dovrebbe essere” una famiglia senza falla: la storia invece ci dice che la famiglia si costruisce a partire da una legge culturale e sociale già presente all’atto della sua costituzione che serve a questo inquadramento giuridico e costituisce una sorta di principio di realtà su cui sbatte il principio di piacere di ogni componente famigliare. Concepire il principio di realtà in tale modo significa partite dal concetto teorico-universale inteso come norma giuridica al quale guardare per rettificare ogni comportamento che eccede e trasgredisce tale normatività.

Inoltre in questo modo non si considera la storia di Edipo, come storia particolare che riguarda il soggetto e che è aderente a ciò che effettivamente l’essere umano è in base alle sue componenti interne comandate dalla natura e dalla struttura pulsionale. In questa direzione la famiglia ha permesso alla psicoanalisi di ridefinire il principio di realtà in quanto fantasma (principio di realtà) che fa da schermo per orientare e limitare il principio di piacere di ogni soggetto familiare (madre-padre-figlio): la famiglia nella pratica psicoanalitica risulta essere, oltre che la somma dei suoi complessi, anche l’incrocio dei fantasmi di ogni soggetto famigliare e pertanto luogo di principi di piacere differenti che dinamicizza la vita della stessa famiglia fino all’incomunicabilità.

L’attività pulsionale è la tendenza che si mette in moto dalla naturale ed indispensabile frequentazione di corpi legati da un legame affettivo tra madre-figlio-padre. È dunque dalla interdizione (Legge) alla tendenza pulsionale originaria detta incesto tra genitori e figli, ma anche tra fratelli e sorelle, che si costruisce un nucleo familiare di base normale, nel senso che è la base che non ammette eccezioni, ma la caratteristica di questa normalità direi strutturale è quella di essere patologica perché nevrotica nel senso della rimozione.

La proibizione dell’incesto è dunque la norma sul quale si edifica il complesso edipico perché, se da un lato la normalità in quanto norma porta all’ubbidienza di questa proibizione, dall’altro questa legge ci dice anche della patologia ovvero della sofferenza normale (che riguarda la difficoltà per l’uomo a normare il male) necessaria a mantenere inalterata la trasgressione a questa legge edipica. La trasgressione non è di per sé ineliminabile nella struttura del soggetto incarnato nelle vesti di figure individuali che formano i legami affettivi familiari, nel senso che è possibile trasgredire la legge della interdizione, d’altronde nella storia accade ed è accaduto, ma ciò non rende meno strutturale l’interdizione stessa, perché in ogni caso una trasgressione di questo genere lascerà sempre un segno nella famiglia indelebile per gli effetti psicologi che potrà avere sulle future generazioni. Da questo punto di vista allora il complesso edipico, che come abbiamo visto coincide con il complesso di castrazione, contiene già nella sua storia l’interdizione del terzo (il padre) alla relazione affettiva tra madre e figlio. Dunque l’essere umano è patologico strutturalmente e questo è normale, mentre la normalità è una interpretazione culturale e sociale che riguarda la consuetudine e la quantificazione numerica di una abitudine che in un secondo tempo il diritto ha riconosciuto come norma.

In questo quadro tracciato dal complesso edipico e fissato da Freud, vi sono comprese quindi tutte le varianti possibili dei legami familiari e delle corrispondenti costruzioni e modelli di famiglia che attraversano la storia dalla fine dell’800 fino ad oggi comprese le patologie che vi si formano. Ma esiste un punto di rottura e di modificazione che si può riassumere con Lacan come crisi della figura paterna nella cultura e nella società e dunque anche nella famiglia ci sono stati cambiamenti che hanno provocato delle nuove forme di disagio e tra queste la più significativa è quella della cancellazione o denegazione della castrazione che ha prodotto nella famiglia delle conseguenze differenti rispetto alla normalità nevrotica che fa perdere la conflittualità tra le istanze psichiche del soggetto. Questa cancellazione della castrazione e la conseguente decadenza della figura paterna ha avuto un effetto paradossale perché ha trasformato ciò che è naturalmente patologico – in senso nevrotico – nel soggetto umano, in normalità dettata sia dall’equivoco tra ciò che è giuridico e ciò che invece è psichico, sia dall’equivoco tra ciò che è ruolo e funzione e tra ciò che è strutturale nel soggetto e ciò che invece si presenta come fenomeno transitorio e mutevole. In questo equivoco derivato dalla decadenza della funzione paterna è accaduto che la famiglia in qualunque forma si presenti, si fa portatrice di quella peste che la funzione del padre ha sempre arginato, che ha a che fare con il paradigma dell’incesto inteso come base e variante per le nuove patologie legate alla difficoltà della separarsi dall’Altro materno e dall’attaccamento ai legami affettivi di dipendenza e pertanto dall’attaccamento all’oggetto d’amore primario ovvero la madre.

La funzione del Nome del Padre si distingue dai ruoli familiari della triade madre-figlio-padre, perché mette in luce all’interno della struttura famigliare, la presenza di un quarto termine che appartiene alla metafora paterna ovvero il significante fallico che introduce nel soggetto l’importanza assolutamente fondamentale della mancanza d’oggetto per comprendere la natura della patologia del soggetto e della relativa patologia dell’Altro familiare, in quanto la presenza o l’assenza di questa mancanza nella vita del soggetto, indica come il complesso di castrazione sia nevrotico, psicotico o perverso.

 

La famiglia moderna si trova ad essere la portatrice della causa della evanescenza della figura del Nome del Padre e al tempo stesso è il risultato della evanescenza della funzione paterna, evanescenza che corrisponde alla contaminazione del male pestilenziale nel quadro della storia di Edipo. In questa storia il punto di evanescenza della funzione paterna coincide con tutto ciò che è condensato nella rappresentazione del ruolo che svolge nel Mito Edipo come re di Tebe.

 

Vediamo quali sono gli elementi di questa condensazione:

1) il potere regale che rappresenta tutto ciò che di marcio e corrotto è presente nel viaggio di Edipo verso il potere e verso il matrimonio con Giocasta, sua madre. Questo viaggio ha due direzioni: la prima va dall’infanzia all’età adulta e corrisponde al tentativo di sottrarsi di Edipo al suo destino predetto dall’oracolo, ignorando invece che lo stava compiendo pienamente. La seconda direzione va dall’Edipo re a ritroso nel ricordare l’inizio del suo viaggio verso Tebe. Ricordare e capire che l’uccidere Laio ha corrisposto all’uccisione del Padre Laio mentre lo sposare la Regina ha corrisposto a sposare la madre: era necessario una conferma dalla stessa Giocasta. Si realizza, così, l’incesto che l’inconscio (il destino come discorso dell’Altro) voleva per Edipo. Edipo sa di questa predestinazione dell’Oracolo ma è preso nell’equivoco, dato dalla sua origine e per fraintendimento tra genitori biologici e adottivi, realizza il volere degli Dei. Per Lacan l’inconscio gode di un reale traumatico, parla in modo spesso criptico, produce, lavora ma non sa niente e dunque tocca a Edipo, come soggetto, sapere e andare alla ricerca della verità e ci va solo quando come Re si sente in qualche modo responsabile della peste come gli fa intendere Tiresia: in sostanza toccherà a lui sapere la verità sulla sua origine e sulla conclusione del suo viaggio nelle braccia di sua madre.

2) Edipo si trova ad affrontare una situazione delicata in quanto ha il compito di fronteggiare nella città l’epidemia della peste e rispetto a questa epidemia il re deve prendere una posizione consapevole e vedere in faccia la verità che ha causato la peste indicatagli dal profeta Tiresia, il cieco. Intanto la peste miete vittime e l’incertezza di Edipo allunga l’agonia e il contagio della peste nella città. Edipo è angosciato perché ora che comincia a sapere intravede qualcosa di terribile per lui. La verità dell’inconscio è connessa al sintomo che il soggetto si trova a fronteggiare e a dare così quel sapere all’inconscio che non sa e Edipo lo può fare in quanto soggetto che sceglie rispondendo alla verità che gli rivela le sue origini e il suo viaggio a ritroso di avvicinamento alla città di Tebe. A partire da questo suo viaggio a ritroso (viaggio analitico) aumentano le resistenze soggettive sul sapere l’origine della peste fino all’incontro con Giocata-regina e madre.

3) Il momento cruciale è dunque la scelta di Edipo, di un Edipo angosciato. Questo elemento condensa e giustifica la modificazione operata da Lacan sul complesso edipico del bambino nell’inconscio del soggetto, infatti il complesso edipico svela e rivela il momento apicale più alto della sessualità infantile quando il bambino esercita fallicamente la sua sessualità verso l’oggetto d’amore che corrisponde nel mito all’incesto con la madre complice del matrimonio con suo figlio e dunque corrisponde alla massima potenza narcisistica per aver realizzato la sua fantasia inconscia perversa con il suo oggetto d’amore (fantasma perverso).

4) Lacan parla di complesso di castrazione per indicare il complesso edipico sul versante di un padre (Edipo nel mito) che scoperta la verità su ciò di cui lui stesso è causa per la città della peste, decide nell’angoscia, di castrarsi e si acceca dopo aver gettato in un sol colpo tutto quello che aveva costruito e conquistato.

5) La castrazione edipica implica dunque un padre reale che uscito dal mito di Edipo compie un atto simbolico e castra il bambino nel suo desiderio per la madre, cioè ridimensiona la sessualità e il desiderio del soggetto per farlo accedere al divieto e alla rimozione dunque ad una dimensione che scongiuri la peste ovvero il dilagare sociale del male per contaminazione.

6) La crisi moderna della istanza paterna mette in gioco invece la cancellazione perversa della stessa castrazione esercitata simbolicamente, in un primo momento, dal padre reale ma che in un secondo tempo, la madre sconfessa con la complicità dello stesso bambino: in questo modo la complicità tra madre e figlio annulla l’intervento paterno insieme alla Legge che rappresenta.

7) La conseguenza della cancellazione rettifica la tragedia classica e dunque abolisce in un sol colpo la storicizzazione paterna della cultura edipica: è come se Edipo avesse deciso di non accecarsi e dunque avesse rifiutato tutto la verità che è emersa dalla sua storia personale. È necessario tenere sempre in considerazione nella storia dell’uomo, la funzione positiva che svolge il tragico e il mito greco, rispetto alla cultura e all’ideologia delle rappresentazioni presenti nella civiltà cristiana che fa del masochismo morale una teologia che giustifica il sacrificio personale in nome dell’Altro. Le conseguenze della mancata castrazione implica aver fatto una scelta di tipo perverso da parte del soggetto che ha dato così prova di fedeltà alla propria madre ma contemporaneamente ha contribuito ad alimentare la peste ed il suo contagio sociale. Edipo continua a vedere e dunque a mostrare ciò che esso non dice, pertanto la sua parola si allinea a ciò che mostra ovvero una parola vuota di qualsiasi riferimento alla verità soggettiva e ad una coincidenza con la specularità trionfante dell’Io narcisista.

8) La scelta di Edipo di non auto-castrarsi delegittima o per lo meno normalizza nella storia contemporanea il legame simbiotico con la madre, delegittima la funzione del Nome del Padre parificando i due ruoli genitoriali confondendo così il ruolo dei genitori reali (tutto ciò che fa la madre lo può fare anche il padre nella gestione dei figli) con la funzione simbolica del Nome del Padre in quanto questa funzione può essere esercitata dal soggetto indipendentemente cioè dalla identità di genere- presente nei due genitori attenendosi alle norme del Padre simbolico che sono trascendenti rispetto al singolo individuo ma strutturali nel corpo del soggetto, sono presenti cioè nella cultura e nel discorso sociale, utili a costruire una famiglia e una società regolamentata secondo la funzione della ragione – ragione utile a contrastare le tendenze malefiche pulsionali dell’essere umano – e non secondo abitudini e comportamenti fenomenici variabili nella storia sociale.

 

Ebbene con la evaporazione della funzione paterna, la società contemporanea è dominata dalla sostanza materna – che ha sostituito il concetto di funzione del Nome del Padre – che per espansione ha invaso di liquido le relazioni, i comportamenti e le abitudini dell’uomo, rendendo così tutto molle e privo di senso il contemporaneo, come se il miele non fosse più contenuto nel suo vasetto e scappasse da tutte le parti senza controllo e tutto ciò che tocca e inonda viene in modo eccessivo dolcificato, e reso viscido e profumato.

Ne risulta una società liquida senza punti di riferimento stabili o verità certe; ne consegue il finto trionfo democratico delle opinioni e delle identità: non si tratta nella democrazia di rispettare tutte le opinioni in quanto hanno la stessa dignità, ma si tratta di rispettare e soprattutto riconoscere la verità implicita in quelle opinioni che si distinguono dalle altre per profondità verticale e differenza. Nella società liquida e nella famiglia liquida invece circola tra adulti e ragazzi, tra genitori e figli un intenso profumo di miele che non risparmia nessuno e si posa sugli oggetti di consumo rendendoli dei feticci allettanti per essere consumati e incorporati e che contribuiscono in questo modo a uguagliare tutti i valori oggettuali in relazione al feticcio denaro.

9) Dunque ne consegue che la famiglia non può espellere la sua edipicità anche nel caso in cui trionfi la modalità perversa del soggetto di stare al mondo, perché la perversione è uno dei modi, ancora edipici, in cui il soggetto infans, risponde all’origine della sua vita, (infanzia) all’Altro genitoriale fino all’espandersi, di questa risposta perversa, nei meccanismi sociali.

Nella società contemporanea, abbiamo un altra conseguenza cruciale della evaporazione del Nome del Padre, ovvero abbiamo la negazione della pubertà – e la esaltazione del concetto di adolescenza. La pubertà ci permette di tenere di conto del risveglio pulsionale e quindi di tutto ciò che passa dal godimento del corpo cioè dalla sessualità che implica il fantasma e il desiderio del soggetto, piuttosto che tenere di conto esclusivamente del lato cognitivo e comportamentale, regolato dall’immaginario e dunque dalla istanza dell’Io nonché dalla batteria degli Ideali che reggono le ideologie fondate su comportamenti associativi o su modelli da imitare cari alla classe adolescenziale. Insomma l’attenzione terapeutica e sociale verte sulla classe adolescenziale piuttosto che sull’ascolto del singolo adolescente: la funzione del Nome del Padre ha tra le sue regole proprio la valorizzazione dell’ascolto del soggetto piuttosto che l’osservazione del suo comportamento o la valutazione cognitiva delle sue capacità di singolo adolescente.

10) Lacan parla di complessi famigliari e dunque la famiglia da sempre si riduce ad essere la somma dei suoi complessi (complesso di svezzamento, complesso di intrusione, complesso di castrazione). Nella famiglia contemporanea si aggiunge il complesso edipico caratterizzato dalla mancata castrazione del soggetto che après-coup mette in luce come il complesso di svezzamento abbia preso una evoluzione perversa a causa del dominio della sostanza materna che si espande oltre il cibo e oltre la funzione reale del seno che è il significante di riferimento (S1), per simbolizzare, come la sua perdita è colmata con la presenza massiccia di oggetti derivati dalla sostanza materna (miele) che ha la capacità di trasformare gli oggetti che sfiora, in feticci allettanti. In questo senso si può dire che ciò che accade di anomalo o eccessivo nella società attuale accade all’origine della famiglia contemporanea dove il padre reale non è più il rappresentante della funzione simbolica del Nome del Padre, mentre la funzione della madre è quella di rendere il ruolo del padre allineato al ruolo materno con la conseguenza di rafforzare la sua presenza nella società proprio con la complicità involontaria del padre reale: in definitiva si mantiene nella società la funzione della sostanza materna che, tra le alte cose, ha il compito di allineare il ruolo della madre a quello del padre sostenendo la ideologizzazione della loro parità nei diritti e nei doveri familiari. In tal modo viene eliminato il concetto di funzione del Nome del Padre e di fatto eliminando il concetto scientifico di struttura simbolica importante per la società per distinguere la verità oggettiva, che caratterizza la struttura simbolica del soggetto, dal concetto di fenomeno immaginario che ha la caratteristica di essere arbitrario, liquido e variabile in relazione ai gusti che cambiano, a seconda delle mode imposte dalla società, dai social media e dalle variazioni comportamentali dei due genitori. Ed ecco perché con il dominio di questo meccanismo famigliare, cioè della denegazione della castrazione e della complicità del padre reale, si può parlare nella clinica dei legami sociali attuali, di perversione sociale dei comportamenti del soggetto contemporaneo piuttosto che parlare di psicosi del soggetto, o tutt’al più si può parlare di effetti psicotici sul soggetto senza per questo essere in presenza di una vera e propria psicosi strutturale.

11) In ultimo vorrei sottolineare alcune notazioni che Lacan propone nei Complessi famigliari circa la figura e la funzione del Padre e le conseguenze sociali e famigliari della sua evaporazione: “Eppure un gran numero di effetti psicologici ci sembra evidenziare un declino sociale dell’imago paterna” (J. Lacan, “I complessi famigliari nella formazione dell’individuo”, in Altri scritti, Einaudi, Torino, 2013, pag. 60).

Questo gran numero di effetti psicologici si notano direttamente nella pratica clinica in relazione alla confusione e al disorientamento dell’adulto e dunque alla sua crisi di identità rispetto ai suoi compiti genitoriali, ma anche dal posto che l’adulto oggi occupa all’interno del legami sociali esistenti. E la crisi dell’imago paterna corrisponde alla scomparsa del Complesso edipico dalla cultura contemporanea: un pilastro organizzatore della soggettività è venuto a mancare senza essere stato sostituito da niente di significativo di pari valore se si considera di pari valore in senso però negativo la portata di senso della sostanza materna che ha mielificato e sta mielificando tutte le differenze umane. Questo vuoto simbolico ha permesso alla sostanza materna di dilagare dovunque ingenerando quel gran numero di effetti psicologici di cui parla Lacan e quello più significativo dal lato della personalità del soggetto riguarda la sua costrizione allo sforzo per ottenere in qualche odo la libertà affettiva primaria (dal materno): “Il soggetto sarà dunque condannato a ripetere all’infinito lo sforzo del distacco dalla madre” (Ivi, pag. 81). Lacan sottolinea che questa ripetizione costante produce nel soggetto contemporaneo il godimento (pulsione di morte) a non volersene staccare del tutto, ingenerando così gli effetti perversi tipici della vita contemporanea: si ingenera così il pensare che non ci sia via di uscita a questa condanna pertanto il soggetto si arrende a drogarsi e intossicarsi del miele di questa sostanza materna.

Vorrei concludere con una precisa e puntuale descrizione della figura del padre e della sua personalità, che Lacan ci fornisce in questo brano: “La nostra esperienza ci porta a indicarne la determinazione principale nella personalità del padre, sempre carente per qualche verso, assente, umiliata, divisa o posticcia. In conformità con la nostra concezione di Edipo è questa carenza a esaurire lo slancio istintivo e a tarare la dialettica della sublimazione. Impotenza e utopia, piazzate davanti alla culla del nevrotico, sinistre come matrigne, imprigionano la sua ambizione, sia che egli soffochi in sé stesso le creazioni che il mondo in cui arriva si aspetta, sia che misconosca il proprio movimento nell’oggetto che propone alla rivolta.” ( Op.cit., pag 61)

Vorrei sottolineare come le sinistre matrigne (impotenza e utopia) piazzate davanti alla culla del nevrotico sono caratterizzate dall’essere portatrici di eredità pregresse di un mondo famigliare ancora nevrotico (i complessi sono del 1938) pertanto l’infans di allora è figlio di genitori nevrotici che mettono in gioco le qualità peggiori della nevrosi appunto, l’impotenza e l’utopia, in cui il bambino annaspa senza affogare ma si gonfia di bolle in cui rifugiarsi coltivando l’idea illusoria che ciò che si vuole ottenere passa dall’esercizio del potere fallico e non c’è altra strada. Insomma sono state gettate le basi future di questa generazione di adulti che dopo trent’anni (1968) ha fatto salire l’immaginario al potere e dopo altri trent’anni (1998), alle soglie del 2000 ha gettato le basi del XXI secolo, quelle del capitalismo maturo (Discorso del Capitalista) fondato sulla sostanza materna, sul potere sociale del feticcio dove l’Impotenza e l’Utopia nevrotiche si sono trasformate in potenza assoluta narcisistica dell’ “Io posso fare tutto” e l’utopia è diventata un presente senza passato e senza futuro all’insegna della “cultura delle tre I”: informatica, inglese e impresa. E la sinistra previsione di Lacan sulla famiglia del 1938 si è avverata.

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