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Stalking, Dalle Molestie Alla Violenza

6 Feb 13

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Venerdì 4 Aprile 2008, presso il Palazzo Doria Spinola, si è svolto il convegno sul fenomeno delle molestie assillanti, organizzato da AIED Genova con il patrocinio dell’Assessorato alle Pari Opportunità della Provincia di Genova.

L’evento è stato dedicato al ricordo della Professoressa Alessandra Berti.

 

Non è raro che in seguito alla rottura di rapporti interpersonali (nella maggior parte dei casi relazioni sentimentali) si manifestino comportamenti e atteggiamenti intrusivi che, qualora reiterati, configurano il quadro dello stalking. Le molestie assillanti, che colpiscono una notevole quota di popolazione, sono ampiamente differenziate da caso a caso, ma causano sempre un grave disagio nelle vittime (più spesso donne), che talvolta sono costrette a drastiche modificazioni nelle proprie abitudini di vita, giungendo in alcuni casi addirittura a cambiare residenza o luogo di lavoro. Negli ultimi tempi la cronaca ha riportato casi in cui le molestie sono sfociate in comportamenti violenti, fino all’omicidio. Molto spesso il problema delle molestie viene affrontato dalla vittima come un fatto privato, richiedendo eventualmente aiuto a familiari o amici e tralasciando le vie "istituzionali". Al momento, peraltro, la legge prevede scarsi strumenti di tutela delle vittime di stalking.

Donatella Alfonso, giornalista di "La Repubblica" e moderatore del convegno, introduce i lavori ricordando fatti di cronaca (Voltri) in cui molestie assillanti sono sfociate in delitto e descrive lo stalking come una forma di vessazione che, anche quando priva di conseguenze così drammatiche, porta la vittima a una forte sensazione di disagio, di progressiva perdita di libertà e sicurezza.

 

Mercedes Bo, presidente della sezione genovese dell’AIED, dopo aver ringraziato i partecipanti e la Provincia, ricorda la Professoressa Alessandra Berti, che per lungo tempo ha collaborato con l’AIED.

 

Marina Dondero, Assessore alle Pari Opportunità della Provincia di Genova, ricorda un convegno sulla violenza organizzato dalla Provincia di Genova nel 2005 in cui, in concomitanza con le celebrazioni dell’8 Marzo, si cominciò a parlare di stalking: in quella occasione Alessandra Berti fece un primo excursus su questa tematica. Da allora si costituì la lega provinciale contro la violenza.

La crescita del fenomeno dello stalking nel nostro territorio si inserisce in un più generale aumento dei casi di violenza, in particolare contro le donne. Da ciò si deduce l’importanza di indagini che forniscano strumenti di analisi e che consentano di formulare risposte al problema. In questo senso la Provincia sta lavorando all’istituzione di un centro anti-violenza in cui i temi dello stalking troveranno spazio. La scarsità di informazioni circa il fenomeno dello stalking è infatti tra le cause principali del basso numero di denunce. Nel nostro paese inoltre manca una normativa legislativa in materia (stava per essere varata prima che cadesse il governo): il nuovo Parlamento dovrà necessariamente occuparsi di questi aspetti.

 

Dopo questa introduzione la parola passa al Prof. Romolo Rossi con l’intervento dal titolo: "Camminavano nel buio: Stalking e dintorni "

"In quanto psichiatra e psicoanalista non parlerei volentieri in questo consesso su questo argomento dal momento che, per natura, sono contrario alla individuazione e alla strutturazione di definizioni e di concezioni nosologiche che riguardano le perversioni sessuali. Queste sono infatti entità psichiatrico-forensi e criminologiche, ma mai psichiatriche né, tanto meno, psicoanalitiche.

Per parlare di questo argomento è quindi necessario rivederne le radici. Il concetto di stalking è nato da poco, ma dietro c’è un vecchio grande concetto psichiatrico: la sessualità è polimorfa. Non esiste norma sessuale e chiunque voglia stabilirla deve fare ricorso ad una convenzione. In realtà, la sessualità è un’entità polimorfa che consiste nella capacità di una persona di inserire nella vita sessuale tutti gli elementi arcaici, primitivi, perversi, deviati e devianti, che esistono dall’origine della sessualità e che vengono fatti convivere all’interno della relazione con l’elemento fondamentale della "convenienza" fra chi opera nella sessualità. La convenienza evidentemente esclude la criminologia.

Per capire la sessualità facciamo riferimento a una metafora freudiana. Gli abitanti di un paese olandese avevano una magnifica cavalla che vinceva tutti i concorsi, ma aveva un unico difetto: costava troppo perché mangiava troppa avena. Gli abitanti pensarono allora di levarle un filo d’avena oggi e uno domani per abituarla a poco a poco a mangiare di meno, ma la cavalla finì per morire di fame. La sessualità è la stessa cosa: se le levate un po’ di oralità perché l’oralità non va bene, un po’ di analità perché l’analità non va bene, un po’ di voyeurismo, un po’ di esibizionismo… a forza di levare vi troverete con niente in mano. Ci troviamo allora di fronte al problema dell’evoluzione pulsionale; esiste in tutti noi un magma pulsionale originario: nel bambino non si distingue bene tra magma orale, anale e pulsionale incamerativo. La sessualità si specializza nella genitalità molto più tardi, non prima della comparsa della specializzazione degli organi sessuali. Noi siamo tutti disposti a dire che la vera essenza della sessualità (della bisessualità) consiste nel fatto che la mascolinità è penetrativa e la femminilità è ricettiva, ma badate che penetrativo si riferisce al rapporto pene-vagina molto dopo, quando si specializzano gli organi sessuali, perché nelle prime età della vita penetrativo è il capezzolo e ricettiva è la bocca. Esiste quindi un magma originario, una sessualità antica che contiene tutti questi elementi che fanno del bambino un perverso polimorfo che ha tutte le possibilità di piacere. Naturalmente la sessualità adulta è una cosa diversa e comporta la capacità di renderci conto che esistono dei tributi da pagare al vivere civile e delle rinunce da fare alla relazione emotiva, che comportano una profonda modificazione: non ci stupiremo nel vedere come la sessualità è costituita da una sorta di multiforme realtà fatta da una moltitudine di elementi, fino a che poi non decidiamo per qualche motivo di estrarne uno, definendolo ora perversione, ora delitto… a questo punto noi creiamo una struttura criminologica, psichiatrico – forense.

Bisogna ricordare che esiste una legge fondamentale che è l’aggressività originaria, connessa al magma pulsionale istintuale; l’aggressività della pulsione originaria è inevitabile: esiste un solo modo nel campo orale per amare l’oggetto — esiste un solo modo per amare la bistecca: distruggerla — ma nel campo genitale la sessualità si defonde dall’aggressività e allora l’interesse è mantenere il più possibile l’oggetto amato, e l’oggetto amato ha l’interesse di farsi mantenere il più possibile: l’aggressività si defonde, anzi si fonde con tutto il resto e viene fuori questo concetto che Musatti definì amabile violenza. Quando l’istinto regredisce e si passa dall’istinto evoluto all’istinto primario, l’aggressività si defonde ed esce fuori per conto suo. Ed ecco perché in amore si dice "tu sei mia", "io ti amo", "tu devi star dietro a me" che poi diventa "tu sei mia, esclusivamente mia e solo mia": la sessualità è così regredita, avviene la perdita della capacità di sharing (condivisione).

Dietro l’aggressività c’è L’origine du monde. Questo quadro ci dice qual è la nostra origine, ma anche che l’uomo ha un problema nella sua vita, quello delle perdite: tutta la vita dell'uomo è una perdita e la sessualità è un grande tentativo di ricondurre al ricongiungimento con l’oggetto della perdita preliminare, che avviene alla nascita. Ma dopo vi è il divezzamento, l’asilo, e così via: una serie di perdite successive vengono in gioco nella vita fino alla perdita finale, rappresentata dalla morte. L’amore è la ricerca in qualche modo disperata di ritornare all’unità originaria. L’intuizione platonica fu grandiosa: Platone nel Simposio dice che l’amore è dovuto al fatto che l’individuo è una metà che cerca l’altra metà per ovviare a questa perdita arcaica. A questo punto il fatto che una persona abbandoni un’altra che poi gli va dietro comincia ad assumere un significato un po’ diverso…

La sessualità è legata alla depressione: sessualità e depressione sono della stessa stoffa. Noi tutti sappiamo che la depressione nasce spesso da una delusione amorosa, che è la riedizione di una perdita antica. E dunque la sessualità è legata al bisogno di recupero di ciò che si è perduto. Thomas Stern Eliot scrive:

 

La fine di tutto il nostro esplorare

Sarà ritornare dove siamo partiti

E vedere il posto per la prima volta

 

E la radice della felicità dell’amore consiste proprio in questo ritorno, e per questo l’intuizione platonica è grandiosa: egli ha intuito cose che noi abbiamo scoperto con fatica attraverso la clinica. Platone diceva che l’uomo (Eros) è figlio di Pòros (il genio, la capacità di trovare, la bellezza) e di Penìa ( (l’ignoranza, la povertà, la bruttura). Ma perché Pòros si accoppia con Penìa? Perché è ubriaco. Nasce così l’uomo, che ha il ricordo dell’antica posizione ed è continuamente alla ricerca di qualcosa a cui arrivare.

 

In amore le cose possono essere complicate dalla dimensione narcisistica. Narciso ama se stesso fino al punto che, specchiandosi in una pozza d’acqua, finisce per affogarvi. Narcisismo è la situazione in cui la libido viene diretta verso se stesso e non verso l’altro; il narcisismo è normale: tutti noi abbiamo una parte di libido diretta verso noi stessi. Non è possibile che la nostra libido sia sempre rivolta verso l’oggetto (anche se sarebbe molto bello per la nostra pretesa moralistica); nell’amore c’è l’amore oggettuale ("come sto bene con quella persona"), ma anche l’amore narcisistico ("che bella figura che io faccio quando mi vedono con questa persona"). All’origine c’è la terribile offesa originaria, primaria, che determina una ferita, una lesione narcisistica che diventa poi insanabile e così si va avanti tutta la vita a rimuginare, a recriminare contro l’offesa terribile subita, che in genere sono cattiverie subite nell’origine della vita. E in questa offesa terribile l’uomo è alla ricerca continua di un risarcimento: per questo W. H. Auden ha scritto una poesia che si intitola September 1, 1939. Auden si trovava in una taverna anglicana quando ricevette la notizia dello scoppio della seconda guerra mondiale, e in tre versi scrisse cose che non dicono libri di storia:

 

I and the public know
What all schoolchildren learn,
Those to whom evil is done
Do evil in return.

 

Io e il pubblico sappiamo

Quello che tutti i bambini di scuola conoscono,

Gli uomini a cui viene fatto del male

Fanno del male a loro volta.

 

Vedete che all’origine questa ferita narcisistica crea un bisogno di esclusività e viene così fuori un Io invadente.

Abbiamo dunque l’angoscia di perdita (L’Origine du Monde), i bisogni di dipendenza (espressi da Baudelaire) e le angosce intrusive (tendenza a intrudere per poter avere in mano, per non perdere, per non avere questa insopportabile lesione originaria).

 

Facciamo ora una piccola digressione linguistica: la parola Stalking deriva da To Stalk, che vuol dire camminare in modo particolare, con circospezione, da cui deriva pedinare. Lo stalking è legato al bisogno di contatto visivo, e il bisogno di contatto visivo o sensoriale è tipico del bambino. Fino a 3-4 anni (epoca in cui si forma la coscienza dell’Io) il bambino ha costantemente bisogno di un riferimento sensoriale. L’importanza rivestita da questo contatto e questa relazione visiva nell’evoluzione biologica è grande; perduto il contatto visivo nasce il dramma. Il cane è un buon esempio di quello che siamo tutti noi: sempre lì col naso per aria a trovare quello che ci rassicuri di questa angoscia individuale. Quindi lo stalking è dentro la norma.

 

Lo stalking è stato inventato da De Clérambault, che ha descritto il quadro clinico del Délire des érotomanes. Mc Ewan ha scritto un romanzo sullo stalking ma alla fine ha attinto da De Clérambault, il quale descrisse il primo caso di stalking: si trattava di una nobildonna francese che si era innamorata del principe di Galles e aveva messo una tenda fuori da Buckingham Palace nella quale viveva con la convinzione che lui la amasse, creando problemi grossissimi sia alla polizia francese che inglese. Un tempo c’era una diversa situazione sociale rispetto ad adesso, in cui c’è una proletarizzazione diffusa, e i casi di stalking avevano spesso per protagonisti persone di servizio, ad esempio la fantesca che si innamorava del duca nel grande palazzo e lo tormentava, nella convinzione che egli la amasse. Poi c’è stato l’innamoramento per il professore di scuola, etc., ma sempre con la stessa struttura del delirio di De Clérambault.

Naturalmente all’interno di questo fenomeno c’è l’elemento della parafilia sadica.

Esiste anche il controstalking, e ne troviamo un esempio nell’Elettra di Euripide, nella figura del contadino che sposa la protagonista e che riconosce di poter solo essere devoto alla moglie: abbiamo un esempio straordinario di devozione totale, un controstalking, un riconoscimento di questo bisogno immenso di questo personaggio. Anche nella vita reale ci sono esempi di controstalking.

Credo di aver fatto vedere la complessità di quello di cui stiamo parlando. Di aver fatto lo sforzo di uscire da istanze esclusivamente di condanna, dal momento che dietro al fenomeno dello stalking c’è una realtà umana complessa e tragica".

È adesso la volta della Dott.ssa Camilla Maberino con l’intervento dal titolo: "Rilievo sul fenomeno dello Stalking nella città di Genova"

Camilla Maberino, Psichiatra presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Genova, dopo aver ringraziato il Professor Rossi, che ha consentito con le sue riflessioni di affrontare il complesso universo dello stalking, presenta i dati di un rilievo epidemiologico effettuato nella città di Genova. La ricerca, ideata dalla Professoressa Alessandra Berti, ha avuto la finalità di inquadrare dal punto di vista dimensionale, oltre che di comprendere il fenomeno dello stalking.

Stalking è un termine mutuato dal linguaggio venatorio che significa "pedinare", "braccare", e indica una serie di comunicazioni indesiderate che generano paura nella vittima che le subisce. Si parla di stalking quando le molestie hanno una durata stabilita convenzionalmente di almeno un mese.

L’indagine è stata svolta tramite l’elaborazione e la distribuzione di un questionario che permettesse di descrivere puntualmente gli aspetti del fenomeno nei suoi tre componenti principali: molestie, molestatori, vittime.

Su un totale di 1020 questionari distribuiti, sono stati evidenziati 370 casi di stalking.

Le molestie hanno avuto una durata prevalente fino ad un massimo di un anno (raramente oltre i sei anni). Il mezzo più usato per molestare è risultato essere il telefono, seguito dagli approcci fisici (cosa che sottolinea la pericolosità del fenomeno per la sua possibile evoluzione in comportamenti violenti). Sono stati descritti anche pedinamenti, nonché invio di lettere e regali inattesi.

Le vittime sono prevalentemente donne, con un età compresa tra i 20 e i 40 anni; non è stata evidenziata una categoria entro cui comprenderle, se non la professione, più frequentemente inscrivibile nell’ambito delle cosiddette helping professions.

Non è emerso un identikit del molestatore, che viene generalmente descritto dalla vittima come una persona bisognosa di aiuto, depressa e gelosa: raramente viene percepito come violento e aggressivo. Non sembra inoltre esservi un preciso quadro psicopatologico sotteso: molto spesso ci troviamo nell’ambito della normalità. Vengono invece evidenziate dalle vittime alcune caratteristiche di personalità.

Per quanto riguarda la relazione esistente tra vittima e molestatore, nella maggior parte dei casi il molestatore è sconosciuto alla vittima; tuttavia sommando i casi in cui i molestatori sono ex-coniugi, ex-fidanzati e soggetti che hanno vissuto una relazione intima con la vittima, si raggiunge il 42%, dato che evidenzia l’importanza di una precedente relazione fra vittima e molestatore.

I sintomi lamentati dalle vittime appartengono allo spettro dei disturbi ansioso-depressivi (paura, rabbia, stato di allarme): è raro che si sviluppi un vero e proprio disturbo psichico. È possibile riscontrare invece modificazioni della personalità indotte dai comportamenti assillanti reiterati, nonché, con una certa frequenza, modificazioni delle abitudini di vita, vere e proprie strategie di evitamento quali ad esempio cambiamento del numero di telefono e in certi casi anche della residenza.

Colpisce che solo 29 soggetti abbiano chiesto aiuto per la situazione creatasi a specialisti quali psicologi e psichiatri oppure al medico di famiglia. La maggior parte infatti si è rivolta a familiari o amici. Solo in pochi sono passati al contrattacco, anche con procedimenti legali (15%): di questi la metà è rimasta tuttavia senza esito, a dimostrazione della carenza legislativa in materia di stalking, che, unita alla percezione che le vittime hanno di fatto privato, da affrontare con mezzi propri, rende difficile mettere in atto un intervento efficace.

 

Il convegno prosegue con l’intervento "Criminologia e Stalking" del Prof. Alfredo Verde, psicologo presso il Dipartimento di Criminologia dell’Università di Genova. Questo intervento rappresenta un elemento di connessione tra gli aspetti psichiatrici, psicoanalitici ed epidemiologici affrontati dai relatori che lo hanno preceduto, e quelli giuridici, trattati in seguito.

Egli ricorda innanzitutto che la criminologia ha come obiettivo la conoscenza dei fenomeni criminosi, anche al fine di consentirne la prevenzione.

Nella criminologia confluiscono diverse scienze e convivono istanze da un lato repressive e dall’altro terapeutiche, che riflettono l’ambivalenza sociale nei confronti degli autori di reato.

Per quanto riguarda lo stalking, sicuramente non si tratta di un fenomeno nuovo: si può ipotizzare che attualmente sia in atto una diminuzione della tolleranza nei confronti di questi comportamenti che in realtà sono sempre esistiti e la cui criminalizzazione è iniziata negli anni ’90 negli USA, a partire da casi di persone famose (come ad esempio la cantante Madonna), vittime di molestie assillanti.

Secondo i dati riportati in una casistica inglese nell’anno 2000 circa l’8% delle donne e il 6% degli uomini hanno avuto dei molestatori; inoltre, nell’arco della vita, il 19% delle donne e il 12% degli uomini sono stati vittime di stalking. I casi gravi sfociati in violenze raramente sono stati messi in atto da sconosciuti e solo un terzo delle vittime ha fatto denuncia alla polizia.

Dati americani raccolti due anni prima rispetto alla casistica inglese, mostrano percentuali simili, riscontrando però un minor numero di casi di stalking verso soggetti maschi, nonché minori prevalenze lifetime.

Tali rilevazioni epidemiologiche mettono in luce la notevole diffusione di questo tipo di comportamenti.

Muller, Pathé, Purcell e Stuart hanno individuato 5 categorie di stalker (stalker-type):
– Lo stalker rifiutato
– Lo stalker in cerca d’intimità
– Il corteggiatore inadeguato
– Lo stalker rancoroso
– Lo stalker predatore

Il fatto che l’interesse per le problematiche dello stalking sia nato attorno agli anni ’90 indica dunque che la società solo recentemente ha criminalizzato questo genere di comportamenti: si viene così a creare una nuova figura di eroe negativo, una sorta di capro espiatorio collettivo. I media forniscono però un’immagine dello stalker, che non corrisponde alla realtà: esso viene infatti descritto come uno sconosciuto, maschio, psicopatico e violento. Si è visto invece come lo stalking si annidi spesso tra i conoscenti: stalker è, frequentemente, colui che è stato rifiutato.

Lo stalking dunque è sempre esistito ed anche in letteratura antica possiamo ritrovarne diversi esempi: basti pensare alla poesia ellenistica, all’idillio Il Ciclope di Teocrito, che contiene tutti gli elementi che ritroviamo nello stalking.

Infine il professor Verde dopo aver descritto un caso clinico relativo a un giovane paziente, ribadisce il concetto che la criminologia deve aiutare colui che commette reato.

Per concludere, propone di utilizzare la perizia psichiatrica nei casi bagatellari (l’unica tipologia di reato con cui ad oggi possiamo colpire gli stalkers) per valutare l’eventuale presenza di gravi disturbi psichiatrici sottesi (ad esempio disturbi deliranti o gravi disturbi di personalità) e ricorda l’importanza di una presa in carico condivisa, anche in contesti di connessione tra pubblico e privato, da parte delle diverse strutture e figure terapeutiche, domandandosi inoltre se possa essere utile l’introduzione di un nuovo tipo di reato e sottolineando l’importanza, in molti casi, dell’utilizzo di strategie di mediazione penale in luogo della risposta penale: la letteratura riporta infatti diversi casi in cui lo stalker, se adeguatamente affrontato sul piano della mediazione, interrompe le molestie assillanti.

Un’altra possibilità è quella di utilizzare la messa alla prova (probation), già utilizzata con i minori.

 

Anna Canepa: "Stalking e Processo"

Anna Canepa, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova, fornisce con la sua relazione una visione normativa del problema. Non è in atto, a suo avviso, una criminalizzazione del fenomeno stalking, quanto piuttosto una maggiore consapevolezza del problema e un’aspirazione alla tutela.

Al momento le autorità giudiziarie, a cui peraltro le vittime di stalking faticosamente si rivolgono, devono confrontarsi con una realtà estremamente dura e frustrante poiché la mancanza di strumenti legislativi adeguati in materia non consente di perseguire penalmente i soggetti che mettono in atto questo tipo di molestie.

Vi è quindi la necessità d’introdurre una nuova figura di reato che non è da intendersi come un’ulteriore criminalizzazione, bensì semplicemente come uno strumento che consenta all’autorità giudiziaria di prendere provvedimenti adeguati. L’articolo 612 bis, se fosse stato approvato, avrebbe introdotto una nuova tipologia di reato, la molestia reiterata e gli atti persecutori, e avrebbe consentito l’adozione di una misura cautelare per rispondere all’esigenza di fermare i soggetti che mettono in atto molestie assillanti e dare fiducia alle vittime che si rivolgono in primo luogo alle forze di polizia e conseguentemente all’autorità giudiziaria.

Questi strumenti consentirebbero oltretutto di agire prima che l’atto vessatorio si trasformi in un vero e proprio atto criminale, permettendo così un’azione preventiva.

In questo momento gli strumenti legali a disposizione dell’autorità giudiziaria si limitano ai reati bagatellari, che non consentono l’adozione di alcuna misura cautelare.

In questo tipo di reati le vittime si avvicinano con difficoltà alle forze di polizia in primo luogo per una scarsa fiducia in quello che successivamente può accadere.

Al momento i reati previsti sono ingiurie, molestie e minacce. Il reato più grave non consente l’adozione di nessuna anche minima misura cautelare, come ad esempio il divieto di dimora per le persone conviventi.

Il disegno di legge 2169 si occupava di tutti i reati inerenti la violenza sulle donne e sulle persone più deboli. Il 90% dei comportamenti violenti (comprese le violenze sessuali) non viene denunciato. In particolare per quanto riguarda le violenze sessuali negli anni ‘93-‘95 sono stati denunciati all’autorità giudiziarie 531 casi, mentre i dati ISTAT riportano 185000 violenze effettivamente accadute. Purtroppo il suddetto disegno di legge è andato incontro a un percorso accidentato e nel Novembre di quest’anno è stato approvato dalla commissione Giustizia della Camera che, con l’articolo 612 bis, introduceva una nuova specie di reato, gli "atti persecutori". Per l’autorità giudiziaria e per le forze di polizia è estremamente importante non tanto una sostanziale modifica del codice penale quanto l’introduzione di due norme di procedura estremamente rilevanti. Al di là della diffida, introdotta dall’articolo 612 ter, un altro punto importante era quello previsto dall’articolo 384 bis del Codice di Procedura Penale che introduceva il divieto provvisorio di avvicinamento, strumento essenziale per consentire al Pubblico Ministero, qualora avesse ritenuto imminente un pericolo per l’incolumità della vittima, di applicare in urgenza tutta una serie di misure, come ad esempio il divieto di avvicinamento, di telefonare, di mandare SMS, di avvicinare parenti e nuovi compagni. Quindi questo strumento estremamente importante rappresentato dall’articolo 384 bis è venuto meno con la caduta del governo.

Al problema degli strumenti processuali estremamente limitati si aggiunge il problema della mancata percezione sociale del fenomeno, legata anche a un pregiudizio culturale che deve essere assolutamente superato. Spesso la vittima si vergogna di dover apertamente denunciare ciò che sta subendo, per la paura di ritorsioni, di essere isolata e anche per paura dello stesso processo, spesso vissuto come un’ulteriore violenza.

Il problema più grosso è la difficoltà di inversione del fenomeno: più di due milioni di donne hanno subito attività di molestie. Il fenomeno è da studiare da tutti i punti di vista e in particolare criminologico ed epidemiologico, al fine di comprenderne le cause e soprattutto per sperimentare strategie di prevenzione. La repressione è davvero l’ultima ratio e serve poco a contenere i fenomeni. Inoltre vi è la necessità di sostenere in tutti i modi possibili le vittime. Serve quindi un lavoro molto grande culturale e politico, che deve andare ben oltre la repressione: si tratta di un’emergenza sociale che come tale deve essere affrontata, in primo luogo risolvendo il problema normativo attualmente sospeso.

 

Angela Burlando: "Il ruolo delle Forze dell’Ordine"

Angela Burlando, già Vicequestore, ricorda che molto spesso il fatto che nei primi momenti che seguono una separazione vengano messi in atto comportamenti persecutori è considerato quasi normale e accettato dalla persona che ha preso la decisione di interrompere la relazione. Il primo intervento della polizia è quasi sempre quello di conciliazione, e in prima battuta lo stalker sembra capire, ma entro un breve tempo generalmente ricominciano le molestie.

I 3 reati per cui in genere si procede sono ingiurie, molestie e più raramente percosse. Ma spesso ci sono comportamenti che, pur non costituendo reato, sono causa di grande ansia e disagio nella vittima, come ad esempio gli appostamenti presso le zone di residenza o lavoro.

La stessa denuncia, inviata all’autorità giudiziaria, deve essere messa a fuoco per tempo, perché troppo spesso le forze di polizia vengono a prendere atto di questo problema quando ormai esistono già parecchie denunce che sembravano rimandare esclusivamente all’ambito dei reati bagatellari.

Occorre quindi da un lato mettere in atto un intervento di sensibilizzazione delle forze dell’ordine stesse per l’individuazione precoce di queste problematiche, dall’altro vi è la necessità di una legge, e in particolare del disegno di legge che stava per essere approvato, al fine di consentire un intervento immediato.

È necessario inoltre sensibilizzare le stesse vittime che nelle fasi iniziali delle molestie spesso non mettono bene a fuoco il rischio che corrono e arrivano solo in un secondo momento ad una analisi più approfondita della situazione.

 

Andrea Prestia – Isabella D’Orta

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