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Recensione NYMPHOMANIAC 2 di Roberta Viglino

28 Apr 14

Di Redazione Psychiatry On Line Italia

Bisogna vedere la prima e la seconda parte di Nymphomaniac per comprendere pienamente l’opera di Lars von Trier, in quanto Nymphomaniac 2 permette di decifrare la storia di Joe, protagonista del film, entrando pienamente nella dinamica dei suoi vissuti.
In questa seconda parte, infatti, si compie il viaggio e il percorso narrativo della ninfomane Joe nella stanza di Seligman che nella prima parte l’ha accolta, dopo averla trovata ferita e tumefatta in volto.
Dal trailer del film, allo spettatore questa seconda parte potrebbe sembrare più cruda e violenta. Il film infatti è vietato ai minori di diciott’anni, si pensa per le immagini. Non è così, quando poi ci si dedica alla visione completa. Tuttavia è rispettabile e apprezzabile che il film sia vietato ai minori, per il tema trattato che richiede attenzione, discrezione e capacità di entrare con profondità nelle scene.
In questa parte, infatti, la telecamera non si ferma più su Joe ventenne e in ricerca, ma su Joe matura e consapevole della sua ninfomania.
Il dialogo nella camera tra Joe e Seligman è più sciolto, maggiormente libero da censure, perché la donna si sente finalmente accolta, non giudicata e libera di raccontarsi in uno spazio narrativo protetto, lontano da pregiudizi e dalla vita che ha fino a quel momento vissuto. Riesce persino a raccontargli della sua prima esperienza sessuale, da bambina, in preda a un orgasmo spontaneo che viene confuso con una crisi epilettica. Lo spettatore si domanda davvero se quello si sia trattato di un vero e proprio orgasmo, di una crisi epilettica o di una forma di psicosi non gestita. Seligman non giudica, ma ascolta gli stati d’animo di Joe e l’aiuta a comprendere. Nel suo parlare saggio e nel suo costante mostrare attenzione alla protagonista, appare già nella prima parte, come un angelo che ha preso con sé la donna per lenire le sue ferite. Questa dimensione angelica si rafforza ancora di più in questa parte di Nymphomaniac in cui egli dichiara la sua vita asessuale, senza pulsione alcuna.
Chiave centrale dell’inizio del film infatti è la confessione della vita asessuale senza piacere né verso uomini né verso donne da parte di Seligman. Joe, irritata, non comprende il poco coinvolgimento dell’uomo, l’empatia che non comporta piacere, fino a quando non intuisce proprio questo suo vissuto che lo differenzia nettamente e, al tempo stesso, accomuna nell’incapacità di godere. Il vissuto di Seligman è asettico e senza connotazione sessuale, per Joe realtà impossibile, perché, come dichiara lei stessa, nessuno è libero dalla sua sessualità, tranne da bambino. Seligman la corregge, riferendosi ai principi della psicoanalisi che sostengono che il bambino è la possibilità sessuale più esplosiva e che le perversioni coabitano in lui. Diventa chiaro, così, a chi ha potuto vedere la prima parte di Nymphomaniac che la perversione di Joe viene da un rapporto (incestuoso?) non risolto e idealizzato con il padre. Ripercorrendo le immagini della prima parte del film, infatti, il padre compare in alcuni momenti salienti: fuori dalla porta, mentre lei fa la rana in bagno alla scoperta della sua sessualità; quando la spia, mentre lei nel suo studio medico sfoglia le pagine sulla genitalità femminile; nel bosco (simbolo dell’inconscio e del ginepraio di pulsioni umane?), mentre insieme osservano e studiano gli alberi in cerca dell’albero che li rappresenta (non è un caso che nella seconda parte del film il padre si identifica con una grande quercia) e, infine, sul letto di morte, dove Joe scatena tutta la sua disperazione.
La seconda parte dell’opera di Von Trier si concentra però su un altro rapporto genitoriale. La storia, infatti, riprende nella casa di Joe e Jerome che, insieme nei tentativi di relazioni sessuali non riusciti perché scevri di piacere per lei, hanno un figlio che chiamano Marcel. È interessante che Lars von Trier metta subito in evidenza nella narrazione che Joe sceglie un parto cesareo, nella speranza di tornare nella condizione di provare piacere. La maternità è una minaccia per il piacere della donna? Qui vengono messe a tema, anche se di passaggio, molte questioni poste dalla psicoanalisi. Joe si priva fin da subito della relazione materna, scegliendo una nascita per il bambino innaturale e sofferta, tanto che anche lei ricorda i rumori dei ferri chirurgici. Non c’è relazione fin dall’inizio tra Joe e Marcel, che viene trattato come un oggetto di cui ci si deve prendere scomodamente cura. Non c’è odio, non c’è rifiuto da parte di Joe, perché quel sentimento implicherebbe già una forma di relazione e la necessità di affrontare i rapporti non risolti in precedenza con la madre e con il padre, ma c’è distacco e insieme paura verso un essere umano che lei stessa riconosce essere piccolo e indifeso.
La relazione di indifferenza verso Marcel si proietta anche nei confronti di Jerome con cui non riesce a provare più alcun tipo di trasporto, tanto che lui stesso, riconoscendola come una leonessa che non riesce a sfamare la propria fame le dà la possibilità di incontrarsi con altri uomini.
Joe accetta e va in cerca di altri uomini. In questa parte del film lo spettatore si potrebbe domandare se l’amore e l’affetto provato da Jerome, invece che un’affermazione di impotenza, non potevano diventare occasione di riempimento del vuoto di Joe che non è esclusivamente fisico.
Jerome, però, come lei, non sa stare nella relazione e preferisce che la donna vada in cerca di amanti.
Così il regista, in modo magistrale, mette in scena Joe con la macchina ferma perché ha staccato le candelette, in cerca di uomini che la vogliano portare a letto. Joe è circondata da uomini che cercano di risolvere il problema elettrico della sua macchina, ma che non riescono a risolvere il suo problema sessuale. È un’immagine significativa che indica che il godimento non è risolvibile come una questione di meccanica o di elettronica. Ormai però quello è un approccio che non l’appaga più.
Così, la scena successiva è quella famosa, che compare anche nel trailer, in cui Joe cerca di avere un rapporto sessuale con un uomo africano. Dopo averli contattati tramite un traduttore, si trova così con due uomini africani in una stanza da letto. È interessante che qui Joe non avrà alcun tipo di rapporto, perché i due uomini con i genitali in erezione discutono sulle regole e sulle modalità per darsi reciprocamente piacere. Joe racconta a Seligman che questi due uomini sono fratelli e che discutevano tra di loro già prima di entrare in camera. Sembra che il rapporto affettivo domini sulla soddisfazione del desiderio e dell’appagamento.
Joe, così, va in cerca di nuove soluzioni.
Von Trier sposta l’attenzione in una sala d’attesa spoglia, dove sono presenti altre donne, eleganti e dall’aspetto borghese. Nessuna parla, si percepisce che stanno attendendo qualcuno. Sembra la sala d’aspetto di un ambulatorio, di uno studio medico o, per chi ha esperienza di analisi, ricorda molto una sala d’attesa di uno psicoanalista lacaniano. Compare un giovane uomo, di bell’aspetto, serio, quasi professionale. Joe colloquia con lui che esprime disinteresse nei suoi confronti. “Non mi interessa”, risponde alla richiesta della donna di sottoporsi a quello che fa nel suo studio. Anche in questo caso la rievocazione al tema del desiderio lacaniano sembra un sottofondo. Lei però rimane lì e attende.
Inizia così la relazione, se in questo modo si può definire, tra Joe e K, in cui la protagonista si sottomette a vergate, flagellazioni, fustigazioni e colpi sul sedere e sui genitali. La violenza sembra la cura. Disperata per un piacere non più provato, va in cerca del dolore. Quest’immagine viene parallelamente sviluppata da Seligman che distingue tra la religione d’oriente, della gioia, e la religione d’occidente, della sofferenza e della croce. Sessualità e religione, le due forze della vita di cui nessun essere umano può fare a meno, hanno in comune queste due connotazioni: gioia e dolore. Non è un caso che fin dall’antichità e così anche nella letteratura psicanalitica eros e thanatos vadano a braccetto. Seligman si è rifugiato, pur non credendo, nella religione  e nella morale, che lo libera dal piacere, Joe, invece, è avvinghiata alla sua sessualità che non le dà pace, ma che è anche fonte di ricerca continua di piacere e sperimentazione e, non da ultimo, di frustrante senso di vuoto.
È tra i dolori che Joe rinuncia definitivamente al compagno e al figlio a cui pagherà, in modo anonimo, in segno di discolpa, un tributo economico. La dipendenza sessuale rende impossibile a Joe una vita familiare e soprattutto l’esperienza della maternità che la fa confrontare con l’istanza di protezione e cura a cui lei non sa assolvere.
Nello studio di K, Joe sperimenta il dolore, ma anche qui viene fuori la sua indole ninfomane e il suo desiderio di essere riempita, tanto che l’esperienza sadomaso si conclude con la punizione delle 40 frustate di K che rievocano, non a caso, le 39 frustate ricevute dal Cristo.
Joe continua a vivere la sua perversione che la denigra a tal punto che la responsabile del suo ufficio, preoccupata per lei, le impone di sottoporsi a una psicoterapia per liberarsi dalla dipendenza.
È interessante il confronto con le altre donne affette da dipendenza sessuale e disperate dalla loro patologia da cui Joe si mostrerà diversa. In questo tempo, Joe elimina gli oggetti che le evocano la pulsione sessuale come il telefono e tutte quelle cose che per forma ricordano il genitale maschile, copre finestre e specchi per non vedersi. Sembra in una camera iperbarica. Rimane solo lei sdraiata sul letto con l’erbario su cui da piccola attaccava le foglie raccolte con il padre. È significativo che rimanga solo questo quaderno di foglie da lei scritto con cui accenna una forma di rapporto masturbatorio, indice della relazione non risolta con il padre-quercia. Riesce tuttavia a astenersi da rapporti sessuali per tre settimane, si sente quasi guarita, decide di raccontarsi alle altre donne del gruppo d’aiuto, quando ha in visione la sua immagine bambina e decide di rimanere fedele a se stessa e alla sua perversione che, via via, mal gestita e portata, si trasforma in rabbia, fino a incendiare auto e cambiare lavoro.
È a questo punto della storia, infatti, che Joe si presta a lavorare per L, un uomo che nella malavita si occupa di estorsione di denaro. Anche in questo caso, Joe si trova in uno studio davanti a un uomo che apparentemente sembra un promotore, una persona interessata a farla emergere, in realtà è un criminale che le suggerisce di usare le sue pulsioni sessuali per lavorare e recuperare crediti. Inizia così a estorcere denaro con una forma di violenza subdola, ovvero, estorcendo, prima del denaro, i segreti pulsionali di uomini apparentemente per bene e, come dice lei, nel racconto a Seligman, senza macchia.
Lei sa che nessuno è senza macchia ed è capace di mettere a disagio o in ridicolo ogni uomo, facendolo arrivare a patteggiare ai fini della ritorsione e della restituzione del debito.
L si complimenta con Joe, invitandola però, data l’età ormai matura, a trovarsi una giovane a cui trasmettere la sua tecnica. Joe, a malincuore, accetta la proposta di L e incontra P, una ragazza senza genitori e abituata alla vita di strada. P ha un orecchio deforme e vive sola, ha bisogno dell’affetto di Joe che, forse, per la prima volta, sperimenta anche il senso di maternità, almeno all’inizio. Insegna a P come relazionarsi con gli uomini, agitando le loro pulsioni e non usando violenza. In cambio si donano affetto. Tutto funziona fino a quando L affida a Joe di estorcere denaro a Jerome. Joe non riesce, ancora innamorata e coinvolta, e lascia il lavoro a P che però non riesce a ottenere il denaro tutto in una volta, ma decide di riscuotere il debito a rate. Questo comporta la nascita di una relazione tra Jerome e la giovane L che, al sesto e ultimo appuntamento, non rientra a casa da Joe.
Joe, allora, prende la pistola che aveva ritirato a L per evitare che usasse violenza sui clienti, e va in cerca di Jerome e L. Ha letto nei romanzi come si usa una pistola, l’ha osservato nei film, ma per un atto del subconscio, nel momento di sparare a Jerome, non toglie la sicura e così non spara alcun colpo. In compenso, picchiata e presa a schiaffi, cade e terra e si trova costretta ad assistere allo stesso rapporto a cui era stata sottoposta da ragazzina. Jerome infatti dà anche a L tre colpi davanti e cinque dietro, in modo da svezzarla definitivamente. Il tirocinio è compiuto, tanto che L, in segno di potere acquisito, urina su  Joe distesa e ferita. Jerome e L vanno via, mentre Joe esausta, con tono ineditamente impotente, sconfitta dalla sua stessa ninfomania, invoca il suo ex amante di riempirla tutta.
È a questo punto che Seligman la trova e, come un angelo, la porta a casa sua.
Ed è a questo punto che Joe può raccontare in otto capitoli la sua storia, liberandosi, quasi purificandosi, di fronte alla natura angelicata e asessuale di Seligman. Si libera dalle ferite. Riconosce di aver cercato più dei tramonti e ricorda che la psicoterapeuta le aveva detto che l’unica soluzione per liberarsi dalla ninfomania è rinunciare alla sessualità. Riconosce che, sebbene impossibile, è l’unica via per lei per sopravvivere. Così decide che userà tutte le sue forze e le sue risorse interiori per ostacolare la sua pulsione. È stanca e domanda a Seligman, che definisce suo nuovo e unico amico, di lasciarla dormire. Lui la lascia, dichiarando l’intento di attenzione perché nulla la disturbi.
Pochi minuti e l’inquadratura è sul pene di Seligman che cerca di penetrarla mentre lei è rilassata e addormentata. La scena scompare, rimane la rabbia di Joe, la frase di Seligman: “Tu che hai scopato con tantissimi uomini…”, allo spettatore non è dato di vedere più nulla, se non sentire un colpo di pistola, una lampo dei pantaloni che si chiude e dei passi che scendono le scale.
Il cerchio del film si chiude. Forse la figura angelicata che prova il desiderio di un rapporto è la liberazione definitiva per Joe che in questo modo, dopo essersi identificata con un alberello storto in cima a una collina rocciosa, riesce a liberarsi anche dell’immagine angelica del padre-quercia.
I temi che emergono nel film sono numerosi, sicuramente la lotta tra morale e pulsione sessuale è dominante. La sessualità sembra vincere, con perversioni e trasgressioni, sui tentativi di ordine e sul bisogno di mettere regole. Nessuno si salva, nemmeno gli angeli. Ciò che salva è lo sguardo di Joe che, consapevole della propria perversione, finisce di essere compassionevole verso le manie e pulsioni altrui. L’unica mancanza di compassione è verso l’angelico Seligman che viola la fiducia che lei aveva riposto e, se vogliamo usare un’espressione psicoanalitica, viola il rapporto di transfert e la possibilità di Joe di liberarsi una volta per tutte dal dramma della sua ninfomania.

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