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BLADE RUNNER 2049: dove abita la nostra memoria?

9 Ott 17

Di FRANCESCO BOLLORINO
Può un sequel essere superiore all’originale?
Accade raramente ma accade: era successo per il “Padrino Parte Seconda” ed è successo, credo, anche per questo BLADE RUNNER 2049 che se da un lato riprende le atmosfere del capolavoro di Ridley Scott, dall’altro sviluppa e amplifica gli interrogativi metafisici che il primo film proponeva.
Denis Villeneuve riesce a creare un continuum, una storia strettamente correlata al primo capitolo e soprattutto messa in scena riprendendo alcuni degli stilemi estetici che hanno fatto la fortuna (meritata) del film di Scott, primo fra tutti lo straordinario uso della luce “a sottrazione” (usando, cioè, moltissima luce per le scene per poi “sottrarla” attraverso l’uso di barriere fisiche che più che filtrarla ma scompongono in fasci potenti) e le cadenze dolorose del noir di classe pur immerso nella realtà di un postmoderno post-apocalittico.
Non vi starò a raccontare la storia delle vicissitudini chandleriane del cacciatore di Androidi K impersonato benissimo da un ottimo Ryan Goslin né vi parlerò del Deckard di Harrison Ford chiave di volta e un po’ Deus ex machina della storia, non mi soffermerò sul nuovo creatore di androidi Wallace che ha preso il posto del defunto Tyrrel.

Mi limito a dire che la storia ben congeniata arriva dopo 35 anni dalla prima e il tempo e la cinematografia (penso al magnifico “Her” per fare un esempio, a cui il film è debitore dell’idea anche se sviluppata in maniera originale con forse la sequenza d’amore più struggente che mi è dato di ricordare) non sono passati invano per sviluppare i temi di fondo che credo siano la vera forza immaginifica di quest’opera che dico subito mi è davvero piaciuta tanto.
Io credo che più che un film sull’intelligenza artificiale e sulla umanizzazione degli androidi BLADE RUNNER 2049 sia un film sulla memoria, che, come dice Minkowski, costruisce il nostro passato e da un senso alla nostra vita.
Tutto nel film ruota attorno a questo tema: il “grande blackout” evocato nel film che ha distrutto le memorie di massa dei computer e con essi buona parte delle tracce “digitali” dei nostri ricordi (tematica  oltremodo attuale se pensiamo alle raccolte di foto e emozioni che affidiamo alla buona qualità dei sistemi elettrici, ridondanti si spera, che alimentano i server di Facebook) azzerando la tecnologia di rete;  le tracce mnesiche impiantate nei cervelli dei replicanti per dare loro una dimensione altrimenti non umana (ma cosa saremmo noi senza il ricordo anche doloroso della nostra esistenza?); il vero e falso ricordo che in qualche maniera indirizza una esistenza intera condizionandola sia essa umana o sintetica; il bisogno di avere un futuro da ricordare appunto per potersi sentire vivi, provando nostalgia.
Questi temi profondi vengono messi in scena da Villeneuve in maniera sontuosa e rendono l’opera piacere per l’occhio e nutrimento per la mente per cui senza fare spoiler mi limito a dire che si tratta di un film da non perdere assolutamente.
Highly recommended!!!
“Do Androids Dream of Electric Sheep?” Si chiedeva Phil Dick nel titolo del romanzo da cui fu tratto il primo Blade Runner, ora sappiamo da suo sequel che: Yes they do….

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4 Commenti

  1. admin

    Quanto avrà pagato la Peugeot
    Quanto avrà pagato la Peugeot per far comparire il suo marchio sul display dell’auto di K?

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    • giovanni_luppi

      Buonasera Francesco ed utenti
      Buonasera Francesco ed utenti tutti.. mi viene in mente, a guisa di citazione, sul tema della memoria e sulle memorie umane, un film del 2004, con protagonista il grande Robin Williams, dal titolo ” The Final Cut” , se non erro. Sicuramente il ‘ nuovo’ Blade entrerá , quando disponibile, nella mia modesta videoteca. Buon proseguio. G. Luppi.

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  2. manlio.converti

    La pioggia lava i peccati, la
    La pioggia lava i peccati, la neve restituisce o rappresenta l’innocenza.

    Le scene lunghe e gli spazi dilatati e vuoti rappresentano un nuovo universo in BR49, dove i personaggi si perdono nel tempo e nello spazio. La disperazione collettiva e claustrofobica pure.

    La bellezza prevale, narcisista, e il desiderio di andare nei profondi avelli non viene esaudito. Le folle restano emarginate a fare tapezzeria. Le scene sono dialoghi a due voci. Nessuno intralcia gli spazi aerei o il cammino dell’eroe, neanche il deus ex machina.

    Il femminile prevale, nella sua rigida bellezza hollywodiana, moltiplicando gli archetipi di maternità come volontà di accoglienza, sensuale e protettiva. Anche Athena – Luv, vendicatrice sadica, vi corrisponde, ma perde la sua profondità possibile immediatamente, rinunciando al conflitto interiore come un semplice script di 0 e di 1.

    Laio rinuncia troppo presto alla paternità due volte ed Edipo diventa uomo negando la sentenza di Tiresia. Insensato vaticinio e disperata ricerca di una fertilità e di un predestinato, in un film sterile dove anche l’ironia compare solo una volta ad umiliare la bellezza della diversità.

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  3. admin

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