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Le favole non servono a spiegare ai bambini che i draghi esistono.
Questo i bambini lo sanno benissimo da soli.
Le favole servono a spiegare ai bambini che i draghi possono essere sconfitti.
Gilbert Keith Chesterton
Questo i bambini lo sanno benissimo da soli.
Le favole servono a spiegare ai bambini che i draghi possono essere sconfitti.
Gilbert Keith Chesterton
Che cosa sono le favole?
Viaggi nel tempo, incontri improbabili, fughe (im)possibili. Entri in un mondo abitato da ranocchi e principesse, Dio e uomini, sogni e bisogni, amore e indifferenza, memoria e smemoratezza, e ne esci con doni intangibili – eppure ossimoricamente concreti – come la (ri)scoperta di verità perdute o dimenticate (ah, la rimozione che soffoca il nostro fanciullino…).
E a che servono le favole?
A cercare una verità, forse; o a trovare un tratto comune ancestrale, chissà; o a catalogare vizi e virtù, magari; o a perlustrare sogni sognati o solo immaginati, perché no. Possono insegnarci ad essere adulti e ad affrontare coscientemente/eticamente la vita, oppure ci mostrano come tornare bambini e a osservare l’esistenza da una prospettiva altra, magica, irrazionalmente perfetta. Perché nella realtà ogni tessera ha il suo posto, ogni azione ha una conseguenza, ma nelle fiabe la magia può sbaragliare le carte e rimettere in gioco l’impossibile.
Ma dove sono le favole?
Intorno a noi, dentro di noi. Ne siamo autori e personaggi, ora vittime, ora eroi, ora ignavi, ora crudeli, ora miti (nei due sensi possibili). Talora ne cogliamo il senso riconoscendoci in esse, talaltra una morale ci guida alla loro comprensione. Ci capita di attraversare il passato per afferrare il presente, di percorrere luoghi lontani per delimitare il posto in cui siamo, di frugare nelle vite altrui per disegnare la nostra.
Può accadere che le favole vengano loro a cercarci. Sognando, ad occhi aperti o chiusi, ascoltando una sinfonia, assistendo a un’opera teatrale, a un film… e leggendo, soprattutto leggendo, la via più breve e magica di fuga.
Ecco, Iris, il piccolo libro di favole di Francesco Bollorino, ci invita al viaggio: 29 magiche tappe di un itinerario fantastico, fuori e dentro di noi, creature smarrite, per ritrovare la strada, qualunque sia, ovunque essa ci conduca. Partiamo?
Aglaja
Viaggi nel tempo, incontri improbabili, fughe (im)possibili. Entri in un mondo abitato da ranocchi e principesse, Dio e uomini, sogni e bisogni, amore e indifferenza, memoria e smemoratezza, e ne esci con doni intangibili – eppure ossimoricamente concreti – come la (ri)scoperta di verità perdute o dimenticate (ah, la rimozione che soffoca il nostro fanciullino…).
E a che servono le favole?
A cercare una verità, forse; o a trovare un tratto comune ancestrale, chissà; o a catalogare vizi e virtù, magari; o a perlustrare sogni sognati o solo immaginati, perché no. Possono insegnarci ad essere adulti e ad affrontare coscientemente/eticamente la vita, oppure ci mostrano come tornare bambini e a osservare l’esistenza da una prospettiva altra, magica, irrazionalmente perfetta. Perché nella realtà ogni tessera ha il suo posto, ogni azione ha una conseguenza, ma nelle fiabe la magia può sbaragliare le carte e rimettere in gioco l’impossibile.
Ma dove sono le favole?
Intorno a noi, dentro di noi. Ne siamo autori e personaggi, ora vittime, ora eroi, ora ignavi, ora crudeli, ora miti (nei due sensi possibili). Talora ne cogliamo il senso riconoscendoci in esse, talaltra una morale ci guida alla loro comprensione. Ci capita di attraversare il passato per afferrare il presente, di percorrere luoghi lontani per delimitare il posto in cui siamo, di frugare nelle vite altrui per disegnare la nostra.
Può accadere che le favole vengano loro a cercarci. Sognando, ad occhi aperti o chiusi, ascoltando una sinfonia, assistendo a un’opera teatrale, a un film… e leggendo, soprattutto leggendo, la via più breve e magica di fuga.
Ecco, Iris, il piccolo libro di favole di Francesco Bollorino, ci invita al viaggio: 29 magiche tappe di un itinerario fantastico, fuori e dentro di noi, creature smarrite, per ritrovare la strada, qualunque sia, ovunque essa ci conduca. Partiamo?
Aglaja
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