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PRESENTAZIONE VOLUME “CENTO IMPERFETTI MONDI”

10 Mag 22

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Ho lavorato con Franca Pezzoni per almeno vent’anni, non fianco a fianco, ma molto vicino, io in un reparto psichiatrico ospedaliero e lei in una Salute Mentale, vuol dire che lei mi affidava i pazienti acuti ed io li riaffidavo a lei non appena dimessi, e questo gioco è sempre avvenuto con chiara fiducia reciproca. Ho sempre stimato la profonda capacità professionale e umana di Franca,  poi ho scoperto che era amante della letteratura latina, poi ho scoperto Giacinto Buscaglia, presentatomi da lei. E’ difficile immaginare una coppia di scrittori più affiatata: hanno scritto diversi romanzi, ma non insieme ma un capitolo per uno. Come questo sia possibile resta per me un mistero, secondo me sono collegati telepaticamente. Anche in questa raccolta di racconti brevi troverete pezzi scritti da uno  o l’altro, variamente mescolati: provate a capire chi è l’autore di un singolo pezzo. E’ difficilissimo, eppure è impossibile scrivere con lo stesso stile. Conoscendoli, io uso un trucco: Franca che, come me, lavorava nel centro di Genova, usa ambientazioni prettamente urbane, Giacinto invece ha lavorato in un comune più piccolo quindi se il racconto ha fughe in campagna, allora è suo. Almeno è più probabile. Ma anche questo metodo non funziona e i miei errori di attribuzione sono facilissimi. Forse alla base di questa capacità simbiotica c’è la stessa passione per il mestiere, la stessa attenzione al paziente, la stessa umanità. 


 Questi racconti superano il limite più frequente che si incontra nello scrivere di persone con una sofferenza mentale. Spesso chi scrive lo fa per dimostrare o supportare una teoria. Facilmente chi scrive di psichiatria, che ne sia consapevole o no, ha una visione del mondo fortemente filtrata, limitata, da una teoria, quale che essa sia. Le teorie in psichiatria sono inevitabili perché servono a rassicurare, consolare, ma in narrativa le teorie non servono, anzi sono zavorra: si scrive di casi clinici, non di persone.  In questi racconti si sente invece il piacere di raccontare  la vita di personaggi  in vicende senza un finale obbligato, ma imprevedibili nel loro svolgersi. Colti dalla penna nel loro essere nel mondo. Solo così la scrittura, la narrativa, non più suddita della clinica , ha, come suo compito, qualcosa di imprevedibile, inaspettato, da dire.  

Questo miracolo, a mio giudizio, è ben evidenziato in due pezzi. Uno è la descrizione di una visita domiciliare in cui due operatori, davanti alla porta chiusa del paziente, ascoltano i suoi rumori e i suoi spostamenti, e su questa base discettano a lungo su cosa stia combinando e su quali siano le sue condizioni mentali, quando ad un tratto … ma non posso anticipare la sorpresa. L’altro pezzo narra dell’accompagnamento di un paziente in una Comunità Terapeutica fuori porta e racconta il suo epico scontro con un tabaccaio incontrato per strada. Puro piacere di scrivere e di leggere. E’ con invidia che confesso che farei carte false per averli scritti io quei due pezzi; potessi, pagherei per comprarli e dirli miei, ma Franca e Giacinto sono incorruttibili. 

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