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RECENSIONE A “LA REGOLAZIONE DEL TERAPEUTA”

20 Giu 22

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Il mestiere di psicoterapeuta è un mestiere impegnativo e anche faticoso non soltanto mentalmente, come questo originale libro intende mostrare. Con il sottotitolo Interventi somatici per gestire il controtransfert gli autori affrontano le situazioni di rischio che il terapeuta – giovane o esperto – può incontrare nel corso della sua attività professionale, sia nel pubblico, sia nel privato.

Partendo dal presupposto dell’esistenza di una completa e corretta formazione di base – elemento, a dire la verità, che non può essere dato per acquisito, considerato che diverse scuole di psicoterapia non richiedono al partecipante di seguire un percorso terapeutico individuale – l’attenzione punta soprattutto sulle situazioni di coinvolgimento emotivo intenso, quelle situazioni che sono specificatamente innescate dal resoconto di esperienze traumatiche subìte dal paziente.

Il testo si presenta come un supporto pratico, ricco di spunti e articolato con oltre cento esercizi che il terapeuta può fare al fine di prevenire, o limitare, l’esposizione a condizioni psicologicamente e fisicamente stressanti, in specie se esse si collegano a vissuti non elaborati del terapeuta stesso.

 



 

 

Gli undici capitoli si aprono con una sintetica riflessione sulla relazione terapeutica per poi passare al tema della regolazione post-traumatica (capitolo scritto da Vittoria Ardino), richiamando il contributo di Pierre Janet e il concetto di psicologia bipersonale, al fine di chiarire quali sono gli obiettivi del paziente e del terapeuta nel contesto della psicotraumatologia; tra questi, ridurre l’emergere del trauma nei ricordi (e il caos mentale che ne deriva), e operare sulle varie forme di dissociazione.

Il terzo capitolo – dal titolo Le difficoltà del terapeuta – affronta quella che è la situazione di molti colleghi che operano nei servizi: “ambienti di lavoro sempre più stressanti, moltissimi casi su cui lavorare e diminuzione delle risorse, cinismo e negatività da parte dei colleghi, poca soddisfazione lavorativa e, per alcuni, il rischio di essere aggrediti fisicamente dai pazienti” (p. 29). Da questo capitolo in avanti il testo propone una gran quantità di esercizi, iniziando con il far riflettere sui segnali di allarme che possono essere percepiti e sulle aree soggettive vissute come critiche, con l’invito a tratteggiare i pazienti difficili, cioè quelli che mettono a dura prova la stabilità mentale del terapeuta e il setting nel suo complesso.

Come sto in questo momento. Cosa noto nel corpo? Di cosa ho bisogno? Gli esercizi proposti, in questo libro, hanno l’obiettivo di aiutare il terapeuta a rispondere a queste domande” (p. 39): esercizi basati sull’auto-osservazione e sull’ascolto di se stessi, praticabili nel corso delle sedute in modo discreto, e basati su quella capacità di essere presenti di cui parla ampiamente lo psichiatra statunitense Daniel J. Siegel (di cui sono stati tradotti in italiano numerosi lavori).

Ciò che è qui definita regolazione del terapeuta è considerata sia nelle sedute vis-à-vis, sia nel setting online, assegnando rilevanza alla questione della distanza paziente-terapeuta e alla percezione dei confini della terapia.

Particolarmente interessante appare il capitolo sesto dedicato alla Compassion Fatigue, un’emozione che il terapeuta può vivere con una certa facilità (anche se molti, probabilmente, la vivono o l’hanno vissuta senza assegnare ad essa questo termine, e senza conoscerne i lineamenti). Tra i segnali di questa situazione non piacevole vi sono l’irritabilità, la rabbia, la tendenza ad evitare i pazienti, la difficoltà nel prendere decisioni e, insieme, l’esagerato sentimento delle responsabilità professionali. A questi segnali si possono accompagnare depressione, sviluppo di dipendenze e, in generale, una ridotta capacità di provare empatia.

Non meno grave appaiono le conseguenze della cosiddetta traumatizzazione vicaria (settimo capitolo), quella condizione che si sviluppa quando il terapeuta, in certo senso, assume su di sé il dolore del trauma vissuto dal paziente.

Gli eventuali effetti cumulativi di eventi come questi ultimi due appena richiamati possono incidere notevolmente sulla stabilità emotiva e sulla salute psicofisica del terapeuta ed ecco emergere la possibilità di utilizzare esercizi come quello che chiede di notare le sensazioni che si provano e ciò che si manifesta nel corpo quando ci si trova di fronte a pazienti che pongono difficoltà quali: il paziente che pone molte domande, quello che risponde sempre “Si, ma…”, il paziente seduttivo e provocante, il paziente ipercritico, e così via.

Esempi di esercizi che sono consigliati (alcuni dei quali da poter fare anche insieme al paziente) sono i seguenti: allineare la colonna vertebrale, percepire l’appoggio allo schienale della poltrona, sentire i piedi ben piantati, cercare di cedere alla gravità al fine di diminuire la tensione sulle spalle, e così via.

Il penultimo capitolo tratta delle emozioni non integrate nelle manifestazioni contro-transferali, segnalandone i trigger e concentrandosi soprattutto sulla rabbia e sulla vergogna.

Il testo si chiude con il capitolo undicesimo Promuovere la resilienza in cui trovano spazio quattordici esercizi preceduti da una breve introduzione sul concetto di resilienza.

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