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“Pensieri per liberarsi dal troppo amore” di Lia Inama, edizioni Erickson (Trento)

11 Feb 13

A cura di FRANCESCO BOLLORINO

Le lettrici ed i lettori che seguono la nostra rubrica, ricorderanno il nome di Lia Inama.

Il lato debole se ne e’ gia’ occupato nel marzo 2003 in occasione dell’uscita del primo libro di Lia sull’argomento, "Liberarsi dal troppo amore", libro che raccoglieva l’interessante ed innovativa esperienza — per il nostro Paese — di un gruppo di auto-mutuo-aiuto per donne cadute nella triste rete della cosiddetta ‘dipendenza affettiva’.

Ricordiamo brevemente la storia del gruppo. Nato nel 1995 (e quindi prossimo a festeggiare il suo primo decennale) su iniziativa di Lia Inama, esperta di counseling, formatrice e consulente per le risorse umane da diversi anni (inamarsi@virgilio.it ehttp://www.inamarsi.it) , il gruppo e’ stato ed e’ un luogo aperto, di incontro e scambio tra donne di diversa provenienza, eta’ ed estrazione socio-culturale, accomunate dal fatto di vivere relazioni sentimentali non solo insoddisfacenti e dolorose, ma caratterizzate da quell tipo di compulsivita’, di bisogno impellente e di progressiva deriva personale che le ha fatte rientrare nella definizione di ‘amare troppo’ (come si ricordera’, titolo felicemente inaugurato dalla Norwood nell’89 con ‘Donne che amano troppo’).

Amori, dunque, che si collocano alla stregua di patologie, che presentano caratteristiche e stili — classicamente ripetuti ad ogni nuovo incontro come in un copione fisso — tanto da poter rientrare all’interno della definzione di dipendenze, alla pari dell’alcool, delle droghe, del gioco d’azzardo, del cibo, e via dicendo.

L’esperienza dei gruppi e’ stata per la sua conduttrice (o meglio, facilitatrice) cosi’ soddisfacente sotto il profilo professionale ed umano da aver condotto, dopo il primo libro, all’organizzazione del primo Convegno Nazionale sulle Dipendenze Affettive che si e’ tenuto a Trento nel novembre 2003 e che ha visto la partecipazione di circa seicento persone (in collaborazione con l’associazione A.M.A, a cui si possono richiedere gli atti del convegno).

Ora, con l’uscita di "Pensieri…." Il discorso iniziato e portato avanti dal lavoro del gruppo, prosegue e si arricchisce di un nuovo intento, potremmo dire di una nuova ambizione : quella di dare corpo e voce, attraverso l’atto di per se’ terapeutico dello scrivere, ai pensieri parassiti e molesti che girano a vuoto nella mente della donna che ama troppo.

Ho nuovamente incontrato Lia Inama per porle alcune domande, mantenendo cosi’ il filone di intervista del precendente articolo ma anche, credo, nel rispetto dello stile specificatamente interattivo del lavoro di Lia che scrive un libro non come atto conclusivo di un pensiero, ma come atto di inizio di uno scambio con I lettori che avviene prevalentemente attraverso e-mails e sms, utilizzando il libro come una sorta di base di lancio della conversazione.

  • D: "Eccoci di nuovo qui, Lia, dopo quasi due anni. Che cosa ti proponevi scrivendo questo libro in effetti un po’ particolare, fatto piu di pensieri fissati come su un block notes che di un testo vero e proprio?"
  • R: " E’ sempre un piacere parlare con te, Rossella. Credo che tu abbia colto il cuore della questione, in effetti quello che vorrei riuscire a trasmettere e’ l’invito a raccontarsi, a scrivere di se’, all’autonarrazione. Il gruppo si e’ rivelato importante e in qualche caso ha davvero consentito dei cambiamenti perche’ si e’ posto come cornice e come specchio che, attraverso le narrazioni delle partecipanti, ha fatto circolare nuove idée e una diversa immagine di se’ delle donne coinvolte in una relazione distruttiva di dipendenza. Il problema sono I pensieri, I pensieri parassiti, sbagliati, che intasano la nostra mente quando siamo schiacciate in una relazione di questo tipo, e ci impediscono di vedere I cambiamenti o di metterli in atto"
  • D: "….pensieri, ad esempio?"
  • R: " di non andare bene, di essere sbagliate, idee rimuginative sul proprio basso valore, sul fatto che una non ce la fara’ mai da sola, e cose di questo genere: Cosi’ come il gruppo diventa terapeutico, o potenzialmente terapeutico, in quanto fa da specchio di un’immagine di se’ e dell’altro piu’ realistica e percio’ meno catastrofica, penso che scrivere I propri pensieri e condividerli possa permettere un primo passo per cambiarli. Bisogna riuscire a vedersi cambiate, e la donna che e’ incastrata in una relazione di questo tipo non ci riesce, I suoi pensieri ronzano a vuoto nella mente e non le consentono di vedersi in altri modi. Occorre correggere I pensieri…."
  • D: "…si’, e’ molto chiaro, e sono d’accordo sul valore autoterapico, o almeno emancipativo della narrazione di se’. Mi pare che, a questo scopo, le donne possono inviare I loro penseri al tuo sito, cosi’ che ne e’ nato una specie di forum…"
  • R: " esattamente, e mi sta molto a cuore questo aspetto del problema. Si puo’ scrivere un pensiero, o fare un qualunque tipo di commento entrando alla pagina http://www.inamarsi.it.pensieri . In effetti, ne e’ nato una specie di forum spontaneo, di cui sono molto contenta. Pensa che il primo a scrivermi un sms all’uscita del libro e’ stato un ragazzo…"
  • D: "E’ interessante, anche come le nuove tecniche di comunicazione rendano possible tutto questo. Progetti futuri?"
  • R: " Un altro convegno nazionale, visto il buon esito del primo. E’ importante, a mio avviso, che si parli del problema, e che ci si riferisca anche alle fonti che esistono nel nostro Paese…non c’e’ solo la Norwood! In tutta Italia sono nati o stanno nascendo gruppi di auto-mutuo-aiuto sulle dipendenze affettive, a Trento e’ nato un gruppo misto di uomini e donne, anche se gli uomini sono sempre pochi…ma e’ un inizio. Non c’e’ bisogno di cercare sempre fonti straniere, trascurando I nostri contributi."
  • D: " perfettamente d’accordo, e’ la classica esterofilia italiana che ci fa poco valorizzare quello che abbiamo. Tu vivi e lavori in una Regione, il Trentino, tra l’alro particolarmente ricca di iniziative…vogliamo parlare anche della radio?"
  • R: "..Si’. Tutti I martedi’, a partire dalle 10.15, tengo ormai da tempo una rubrica su RTT (http://www.rttlaradio.it) dal titolo ‘Tra cuore e ragione’ a cui come sai tengo molto, a cui hai preso parte anche tu in due occasioni e che rappresenta, cosi come il tuo Lato Debole credo, un momento di presentazione di libri, iniziative, interviste, piccoli approfondimenti su questo nostro tema cosi delicato, le relazioni affettive in questo momento storico"
  • D: " in questo momento storico, dici…che impressione hai?"
  • R: " di grandi cambiamenti, a cui molti uomini e donne fanno fatica ad adattarsi e abituarsi. Sembra di dire una cosa scontata, ma l’emancipazione femminile deve andare di pari passo con un percorso anche maschile, anche gli uomini devono in qualche modo lavorare su di se’, altrimenti si vedono oggi coppie sbilanciate in senso opposto a quello tradizionale, cioe’ dove e’ la donna ad avere raggiunto I milgiori traguardi personali e a volte professionali, e questo puo’ scatenare nell’uomo un grave senso di frustrazione ed insicurezza. E’ una generalizzazione e quindi necessariamente un po’ semplificata, ma il problema esiste"
  • D: " Da un punto di vista appunto piu sociologico che di psicologia individuale, se dovessimo tracciare un profilo, diciamo, delle donne che si sono rivolte all’aiuto del gruppo per problemi di dipendenza affettiva, cosa potresti dire al riguardo?"
  • R: " Non e’ un tipo di indagine che ho ancora fatto, ma giustamente tu mi solleciti in questo senso e senz’altro andra’ fatta. Mediamente, posso dire che l’eta’ si colloca tra I 35 e 40, 45 ma con punte di ragazze giovani e donne piu’ anziane. Un fenomeno che si sta verificando e’ l’abbassamento dell’eta’, arrivano ragazze sempre piu’ giovani, e bisognerebbe riflettere su questo. Sono tutte donne che lavorano e che hanno l’indipendenza economica, dato questo che puo’ sorprendere, vale a dire che non restano legate al loro compagno per motivi economici. Lo stato civile e’ vario: molte le separate, le nubili che pero’ convivono, forse un po’ meno le situazioni coniugali e la presenza di figli. Quanto alla provenienza culturale e allo stato sociale, direi che il piu’ rappresentato e’ il ceto medio, non si presentano le situazioni estreme ne’ in basso ne’ in alto, cioe’ mancano I due vertici della piramide, forse perche’ donne casalinghe, o troppo povere e deculturate non riescono neanche a fare un primo passo che le portera’ all’emancipazione, vivono in un sommerso che nessuno vede, cosi’ gli stati sociali piu’ alti dispongono di mezzi e risorse gia’ loro propri. Certamente, un rilievo statistico di questi dati dopo diversi anni va fatto, potrebbe dirci qualcosa di interessante".

Salutiamo dunque Lia Inama con questo duplice intento Favorire la narrazione di se’ da parte di chiunque, ma in particolare da parte delle persone, piu’ spesso donne, imbrigliate in una relazione diventata droga e afflitte da scarsa autostima e dall’idea di non essere di alcun valore se l’uomo che amano non le vuole (quando l’altro diventa il nostro luogo identitario, e’ lui a confermarci della nostra stessa identita’, siamo in serio pericolo…..). Dall’altro, ci proponiamo di raccogliere le nostre riflessioni, e quelle che eventualmente ci verranno anche attraverso questa rubrica, per rispondere a nuovi quesiti: perche’ sono sempre piu’ giovani le donne che cadono in questa rete? E’ un dato reale o e’ aumentata la visibilita’ di questi problemi? Che dire di tutti I casi sommersi, di persone che non osano neanche fare il primo passo per aiutarsi? Perche’ nonostante il femminismo, l’emancipazione straordinaria delle donne negli ultimi decenni, perche’ c’e’ ancora bisogno di un rinforzo identitario, quale puo’ essere un gruppo, perche’ il femmile fa cosi’ fatica a uscire dal copione di Madame Bovary?

"…Rodolphe intravide in quell’amore altri godimenti da assaporare.Giudico’ fuori luogo ogni pudore. Tratto’ l’amante senza il minimo riguardo. La ridusse alla piu’ assoluta docilita’, alla piu’ convinta corruzione. Emma aveva per lui un attaccamento idiota, ribollente d’ammirazione, ne ricavava una gran vollutta’, una beatitudine paralizzante: la sua anima si sprofondava in quell’ebbrezza, vi s’annegava, vi s’annullava come il dice di Clarence nella botte di Malvia"

(Flaubert, ‘Madame Bovary’).

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