Ero circondato da eterosessuali in un quartiere borghese (o come dico io sterile) della città di Napoli, e così mi riversavo nello studio, nella masturbazione e nell’astrazione di amicizie (sterili), sentendomi spesso in colpa, ma soprattutto un alieno. Per l’esattezza il mio mito era il Dott. Spock e non vi dico quanto esulti oggi a sapere che l’attore che lo interpreta nel reboot è proprio omosessuale.
Il mio profondo senso di alterità nei confronti dell’universo eterosessuale peggiorò quando vidi in televisione “La cage aux folles” con U. Tognazzi, perché non credevo di essere effeminato, ma appunto un noioso borghese, al massimo radical-chic, per gusti musicali e teatrali, mentre un film che vidi contemporaneamente, Rambo con S.Stallone, mi destava decisamente un maggior interesse sessuale. Con queste ansie, che sedavo con la cultura e la masturbazione, iniziai gli studi medici come persona, termine neutro e sterile ancora usato da tutti i gay che si nascondono.
Nessuno dei miei colleghi o amici (neanche le donne più sensibili) mi hanno mai dato la possibilità di vedere il mondo da un altro punto di vista. Alcuni di loro mi hanno detto dopo decenni di avere capito prima che io fossi gay. L’unico stimolo alla liberazione sessuale arrivò durante la mia festa dei 18 anni, con un preservativo regalato da tutti i miei nuovi colleghi di Medicina, senza nessuna ulteriore indicazione d’uso né alcun riferimento al genere con cui usarlo.
Durante gli studi medici decisi di darmi una data, quella della laurea, dopo la quale, se non avessi trovato per caso una soluzione alla mia solitudine avrei finalmente cercato attivamente qualcuno come me. Avvenne per caso, durante un giro del Maggio dei Monumenti, che scoprii proprio a pochi giorni della laurea (luglio 93), la sede di Arcigay e ci andai subito dopo, come promesso, lasciandomi andare e piangendo con un simpatico ciccione molto sensibile.
Iniziai subito a dichiararmi gay nella vita, prima ancora che in famiglia, dove velocemente lo dissi a mia sorella, sperando in una cascata di pettegolezzi, che non avvenne, per cui dovetti dirlo ad uno ad uno. Solo mia nonna lo capì da sola, quando vedendomi aggredire verbalmente mio zio, suo figlio, su temi del tutto diversi, mi prese da parte prima di riposarsi e mi chiese con calma e lucidità se quel nipote medico, il primo laureato della sua famiglia, fosse un “uomo”.
L’accoglienza alla scuola di specializzazione in Psichiatria, proprio dove mi aspettavo qualcosa di simile al calore trovato ad Arcigay, fu assolutamente terribile. La maggior parte dei miei colleghi negò che io lo avessi detto o che questo avesse importanza, ma fui in parte escluso dai percorsi di inserimento lavorativo e di studio, invero soprattutto per le mie idee liberali di tipo Basagliano, per le quali sono ancora ostracizzato. Sul “diario di bordo” dove tutti lasciavano pensieri sciolti in un esperimento di inconscio collettivo precedente gli attuali sistemi di social-network, dopo pochi giorni dall’inizio dei corsi comparve la scritta.
MANLIO CONVERTI = CODICE 285.3
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