di MSac (Matteo Sacchi), ilgiornale.it, 9 ottobre 2013
Venticinque aprile 1933. Lo psicanalista italiano Edoardo Weiss si reca nello studio di Freud a Vienna, Berggasse 19. Accompagna il drammaturgo Giovacchino Forzano e sua figlia Concetta. Vuole chiedere un consulto al maestro austriaco, non riesce a curare adeguatamente Concetta. Nell’occasione però Forzano regala al padre della psicoanalisi una delle sue opere scritte in collaborazione con Mussolini, di cui era intimo amico.
Lo studioso ricambia, invia a Mussolini una copia con dedica del suoWarum Krieg? (Perché la guerra?). Il fatto che il testo fosse in tedesco non creava problema, Mussolini lo leggeva bene. La dedica? Piuttosto impegnativa: «A Benito Mussolini coi rispettosi saluti di un vecchio che nel detentore del potere riconosce l’eroe della civiltà». Questa dedica ha fatto discutere gli storici. Ora dopo aver esaminato il testo originale e svariate prove documentali sul tema interviene Roberto Zapperi con il suo Freud e Mussolini. La psicoanalisi in Italia durante il regime fascista (Franco Angeli, pagg. 140, euro 18). Secondo lui la dedica non indicava ammirazione incondizionata. L’Italia poteva apparire a un ebreo austriaco come uno dei pochi baluardi contro l’espansione nazista che culminò nell’Anschluss, e Mussolini almeno in parte poteva passare per custode della classicità amata da Freud. Insomma la captatio benevolentiae era una carta da giocare. Questo non salvò però la psicologia dalla messa al bando in Italia.
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/quando-freud-chiamava-duce-eroe-civilt-dediche-imbarazzanti-956800.html
DA DOVE VENGONO I SOGNI? E FAGIOLI TORNA IN CLASSIFICA Settimo anno, il nuovo volume edito da L’asino d’oro sui corsi universitari, seguiti da migliaia di persone, dello psichiatra dell’analisi collettiva, esce in libreria e scala la classifica di vendite
di Redazione, rainews24.rai.it, 10 ottobre 2013
Intervista (Vedi il video qui sotto)
Da dove vengono i sogni? Omero diceva che vengono dagli dei. Il pensiero greco aveva definito l’irrazionale, animalità. Il pensiero senza coscienza è, invece, caratteristica della specie umana. Nascita e primo anno di vita hanno un pensiero che emerge dalla realtà biologica. In Settimo anno Fagioli traccia la storia del pensiero umano, la cui nascita, sostiene, avviene come immagine e non come parola. La nascita – dice lo psichiatra dell’Analisi collettiva – è capacità di immaginare. La genialità del pensiero nuovo che fa le scoperte scientifiche e l’arte, sono dovute all’irrazionale e non alla ragione come sostiene il millenario logos occidentale. In realtà, sono gli animali ad essere molto razionali, ragionano in maniera perfetta. Vitalità e pulsione, che fanno la fantasia di sparizione, sono i cardini del pensiero nuovo indispensabili per fare psicoterapia. Occuparsi del funzionamento della mente umana impone la ricerca di un nuovo metodo e una nuova identità in psichiatria. Se si vuole capire qualcosa – afferma – bisogna leggere Shakespeare e Sofocle. E non è vero che le scoperte scientifiche sono razionali. Lo sosteneva anche Rita Levi Montalcini, spesso sono fantasie e intuizioni che poi trovano modo di essere confermate dalla verifica. Fagioli cita Semmelweis, ma anche Kurosawa e Antonioni, rivendicando la creatività del linguaggio delle immagini, al contrario della psicoanalisi di Freud, per il quale si può soltanto riportare alla coscienza ciò che un tempo fu cosciente e poi fu dimenticato.
http://rainews.it/it/news.php?newsid=182422
YES, WE LA CAN
di Stefano Bartezzaghi, repubblica.it, 11 ottobre 2013
Il titolo del testo in cui Lacan cita Aristofane (appena tradotto da Einaudi, negli Altri scritti) è «Lituraterra»; gioco di parole su Littérature. Sulla stessa parola aveva giocato anche Raymond Queneau, che coniò Erutaréttil, una letteratura a rovescio che prende a somigliare a un drago sputafuoco.
Il legame fra psicoanalisi e gioco con le parole sarebbe argomento da tesi di dottorato. Qui conviene attenersi a una visione puramente empirica del problema. Il numero del Venerdì uscito il 20 settembre riportava una bella intervista a Michele Santoro che fra le altre cose diceva, orgoglioso: «Questo genere di contenitore televisivo l’abbiamo inventato noi. Noi siamo il prototipo, il marchio autentico». In redazione hanno deciso di trarre il titolo di tutto il servizio da questa frase, e il titolo è stato: «Il marchio sono io». Attenta lettrice ed enigmista, Sandra Muzzolini ha subito fiutato l’anagramma, perfetto e perfettamente inconsapevole, che ci stava sotto: «Michele Santoro = son il telemarchio».
http://www.repubblica.it/rubriche/lessicoenuvole/2013/10/11/news/yes_we_la_can-68331183/
COME TI RIDUCO IL PROF
di Giuseppe Debenedetti, left.it, 12 ottobre 2013
All’inizio del suo intervento Recalcati critica nettamente il modello tecnologico-cognitivista, secondo cui la scuola efficiente è una fabbrica di addestrati ai quiz che, in quanto tali, dovrebbero essere facilmente assorbiti dal mercato del lavoro. Un altro bersaglio polemico delle sue riflessioni è l’ossessione della pedagogia contemporanea per la valutazione oggettiva, l’araba fenice attraverso la quale sono stati liquidati con stupefacente superficialità secoli di teorie di scienze dell’educazione e prassi didattiche. Posti di fronte alla deriva tecnologica del “sapere senza vita”, gli insegnanti, secondo Recalcati, non devono cedere alla tentazione di portare in classe “la vita senza sapere”, sostituendosi ai genitori degli alunni con uno psicologismo d’accatto.
Ma chi opera nelle scuole non vede il rischio di uno scivolamento nella confusione dei ruoli. Gli insegnanti sanno bene che le prediche sulla volontà, la concentrazione e le capacità non servono a niente e rispondono alla propria funzione consapevoli del fatto che, come scriveva Pennac in Diario di scuola (2007), «il mal di grammatica si cura con la grammatica, gli errori di ortografia con l’esercizio di ortografia, la paura di leggere con la lettura (…) qui e ora, durante quest’ora di lezione». Invece sembra che il modello proposto da Recalcati implichi una rinuncia alla propria competenza. Nel Simposio, ricorda lo psicanalista, Socrate si sottrae alla richiesta di Agatone di ‘riempirlo’ della sua sapienza (e qui non è irrilevante rammentare che l’éros paidikós, l’amore per i ragazzi, ammetteva la pederastia con finalità pedagogiche), affinché il suo allievo si metta in movimento, alla ricerca di conoscenza. Però questo gesto, conclude Recalcati, comporta lo “svuotamento” del maestro, una rinuncia al ruolo e al sapere al tempo stesso. Nell’altro intervento il filosofo Rovatti, pur condividendo le premesse dello psicanalista, osserva che la proposta di quest’ultimo rischia di rendere opaca la relazione didattica, che è inscindibile dall’amore per il sapere. Il tratto comune alle due riflessioni sta nell’allusione all’impossibilità della relazione didattica. Secondo Recalcati, perché l’insegnante deve “svuotarsi” del sapere, per Rovatti, invece, perché l’insegnamento non può che essere libero, senza regole, ma proprio per questa imprevedibilità la relazione didattica – e, in ultima analisi, fare scuola – sarebbe impossibile. Non è forse anche questa una resa al trionfo del modello tecnologico-cognitivista?
http://www.left.it/2013/10/16/ti-riduco-il-prof/13012/
TRA CRISTO E LACAN. Il linguaggio del papa mescola teologia e psicoanalisi? Forse. Comunque c'è di mezzo il gesuita De Certau
di Riccardo Debenedetti, Il Foglio, 12 ottobre 2013
Vai al link qui sotto:
http://www.centroculturaledimilano.it/wp-content/uploads/2013/05/R.-De-Benedetti-Il-Foglio-Tra-Cristo-e-Lacan.pdf
LA PSICOLOGIA DELLA RELIGIONE NON E' ROBA DA PRETI
Intervista con il prof. Mario Aletti che lunedì aprire un convegno dedicato al tema
di Fabrizio Mastrofini, vaticaninsider.lastampa.it, 12 ottobre 2013
Si intitola «La psicologia della religione: ambiti di ricerca e prospettive di applicazione» ed è la giornata di studio che si tiene lunedì 14 all’Università Cattolica di Milano. L’appuntamento è organizzato dalla Società Italiana di Psicologia della Religione (Sipr), animata da Mario Aletti, psicoanalista, docente proprio alla Università Cattolica. Il prof. Aletti ha accettato di rispondere ad alcune domande perVaticaninsider.
La psicologia della religione non sembra molto frequentata in Italia. Eppure essendo un paese cattolico ci si aspetterebbe un’ampia diffusione di studi e ricerche
In Italia lo studio psicologico della religione è poco frequentato negli ambienti accademici; un interesse appena maggiore si riscontra tra gli psicologi professionisti, specie psicoterapeuti e psicoanalisti. Diversamente da quanto riscontrabile in ambito nordeuropeo e americano, in Italia non ci sono cattedre, e gli insegnamenti di psicologia della religione sono poco numerosi e proposti come opzionali. Le cause sono molteplici, ma fondamentalmente derivate da un passato di reciproche diffidenze tra istituzione ecclesiale e ambienti della psicologia accademica. Se in certi ambienti ecclesiali (ormai solo i più integralisti e retrivi, ma ancora influenti), si teme che la psicologia (e la psicoanalisi, soprattutto) tenda a ridurre la religiosità a prodotto di dinamismi psichici o neurologici, dall’altra parte, nella peggiore “vulgata” accademica, si irride alla psicologia della religione come “roba da preti”, o si teme che la religione voglia utilizzare la psicologia in funzione apologetica, quasi ad a coglierne una prova in più dell’esistenze di Dio. Mentre la psicologia della religione, disciplina empirica come ogni altra “psicologia di…” ha una sua chiara fondazione epistemologica che la tiene lontano sia da riduzionismi psicologistici, sia da argomentazioni pseudo-apologetiche. Interessata non alla religione, ma al vissuto psichico delle a persona religiosa, ha un costante riferimento all’”esclusione metodologica del Trascendente”, sia come oggetto di studio, sia come criterio esplicativo di fenomeni psichici, secondo l’eredità che già nel 1902 gli affidò uno dei suoi padri fondatori, Theodore Flournoy. Personalmente, lo vado ripetendo da almeno quarant’anni e lo vedo facilmente riconosciuto, anche negli ambienti accademici. Se dunque la psicologia della religione non ha dignità e spazio adeguato nelle Università, sia statali che cattoliche, di certo i motivi sono extra-teoretici ed extra-scientifici. La giornata di studio che si terrà alla Cattolica di Milano il 14 ottobre si propone proprio come superamento di questo isolamento della psicologia della religione, evidenziandone l’ambito epistemologico, lo stato attuale della ricerca e le nuove prospettive di studio, le intersezioni con le altre discipline psicologiche e quelle pedagogiche, le opportunità di impiego in ambito professionale
Non sarebbe più esatto parlare di psicologia ‘degli atteggiamenti religiosi’? Qual è la sua opinione?
In effetti, l’espressione sintetica psicologia della religione può essere fraintesa e richiede una precisazione. La psicologia ha per oggetto proprio la psiche, manifestazione della persona. Propriamente, studia non la religione, ma il credente. O, meglio ancora, l’uomo e il suo atteggiamento verso la religione, quale che esso sia, tanto nel senso dell’adesione di fede, quanto nel senso del rifiuto ateo. Conseguentemente, la psicologia della religione è anche psicologia dell’ateismo, perché anche l’ateismo suppone emozioni e vissuti e percorsi psichici verso una qualche rappresentazione mentale del Dio di cui nega l’esistenza. E, come già sosteneva il Pastore e psicoanalista Oskar Pfister in una lettera a Freud del 9 febbraio 1929,: “L’incredulità è semplicemente una fede negativa”. La psicologia opera una rilettura critica dei fenomeni, dei processi e delle motivazioni, consce ed inconsce dei fatti religiosi, mirando a mostrarne le potenzialità, le ambivalenze, le criticità per la personalità al livello intrapsichico, cioè del singolo soggetto e, a livello interpsichico, cioè tra gli individui e tra i gruppi. La religione è capace, da una parte, di dare risposte salvifiche alla ricerca di significato dell’esistenza a malati terminali e, d’altra parte, fornisce pretesti a fondamentalisti disposti a sacrificare la vita propria ed altrui in suicidi-eccidi. Lo psicologo è interpellato da questi fenomeni che studia sia in prospettiva psicodinamica che in prospettiva psicosociale.
Quali sono a suo avviso gli ambiti di ricerca concreta di questa disciplina?
L’interesse della psicologia per la religione nasce intorno ad una questione fondamentale: Quando l’uomo dice Dio, che cosa veramente dice? Per esempio quando dice “Dio Padre”, chi e che cosa parla, in quel linguaggio, in quella parola, in quella metafora religiosa? La domanda si articola e si specifica su tutti gli aspetti della vita religiosa. Come e attraverso quali percorsi si costituisce l’identità religiosa e come si rapporta con il pluralismo religioso e/o il fondamentalismo, quale il rapporto e/o le differenze tra religione e spiritualità tra religiosità individuale e religione istituzionale. Quali le motivazioni della rinnovata rilevanza, anche sociale e politica della religiosità. O per esempio, la questione delle sette e del lavaggio del cervello, di cui il Parlamento italiano si sta occupando in maniera assolutamente superficiale, consultando rappresentanti del “movimenti anti-sette” e ignorando invece i risultati della letteratura scientifica internazionale ed anche quella dei, pochi, ricercatori italiani. Nel campo più specifico della religione istituzionale (in Italia prevalentemente, ma non solo quella cattolica) interessanti ambiti di ricerca sono: gli atteggiamenti verso la preghiera individuale, la dimensione comunitaria dell’espressione della fede, il rito e la liturgia, la questione delle apparizioni, delle visioni e dei miracoli, le esperienze mistiche. Studi interessanti sul linguaggio della comunicazione religiosa e sui diversi linguaggi utilizzati all’interno della Chiesa; quello delle encicliche, quello della teologia accademica, quello della predicazione, quello della catechesi ai piccoli. Emergente è l’interesse per la comunicazione religiosa attraverso il linguaggio e le modalità comunicative dei mass-media e dei social network. E sempre maggior attenzione, nelle indagini scientifiche e nella prassi formativa, viene posta alla formazione umana di sacerdoti e religiosi, comprendendo la questione dell’integrazione affettiva del clero e la prevenzione degli eventuali abusi sessuali.
Alcuni studi (pochi nel complesso) e soprattutto la quotidianità, evidenziano la difficoltà nel vivere insieme per i gruppi (parrocchiali, vita consacrata…). Una maggiore consapevolezza della dimensione psicologica aiuterebbe? E perchè non la si promuove?
E’ vero che, all’interno della stessa religione cattolica, laddove tutti i fedeli dovrebbero riconoscersi nello stesso Vangelo di Cristo, si verificano molte fratture, divisioni, lotte, contrapposizioni e proselitismi. Lo stesso fenomeno si verifica all’interno delle religioni del Libro, che tutte si richiamano allo stesso Padre e allo stesso Testo Sacro. Le lotte tra i fedeli di diversa appartenenza sono più forti di quelle verso l’esterno (Gli “infedeli” non son quelli senza religione, ma quelli che hanno una religione diversa). Si verifica quel fenomeno che Freud indicava come “il narcisismo delle piccole differenze”: il bisogno di rinforzare un’identità debole per contrapposizione, magari cercata nelle cose minime. La consapevolezza psicologica che la “nostra” verità è il punto di arrivo, sempre parziale e ipotetico, di un nostro lungo percorso (e non è un “dato” ovvio per tutti) aiuterebbe a riconoscere la “verità”, o almeno la buona fede di chi ha fatto altri percorsi, con altrettanta onesta e impegno. Qui è la fonte del vero pluralismo. Non nella contrapposizione delle posizioni raggiunte, ma nel riconoscimento della molteplicità dei percorsi possibili. Gli studi sul fondamentalismo religioso, concordano nel ritenere che questo atteggiamento sia da riferire più a tratti di personalità, che al contenuto e alla struttura del credo religioso. Non le religioni sono fondamentaliste, ma le persone che vi aderiscono (proprio forse per i loro bisogni di identificazione). Lo stesso processo vale pone per quei gruppi cattolici ritenuti più integralisti, richiusi nell’in-group e contrappositivi rispetto all’out-group. Spesso, a rinforzare queste chiusure contribuisce l’atteggiamento di un leader, di una leadership, o di una struttura organizzativa autoritaria e normante.
http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/psicoloia-religione-28560/
VIVERE CON DIGNITÀ
di Sarantis Thanopulos, ilmanifesto.it, 12 ottobre 2013
http://www.ilmanifesto.it/area-abbonati/ricerca/nocache/1/manip2n1/20131012/manip2pg/14/manip2pz/347093/manip2r1/thanopulos/
VALENTINO NON PARLA DI SIMONCELLI
di Roberto Goisis, La Gazzetta dello Sport, 12 ottobre 2013
Sinceramente non so quale testa sia necessaria per poter andare a 300 km/h su un circuito, tirare ogni staccata al limite, piegarsi fin quasi a baciare l’asfalto. È fin troppo banale parlare di un po’ di follia. Credo, al contrario, che sia necessario essere lucidi e razionali. Lì non si scherza!
Premetto che non conosco la testa di Valentino. Conosco la sua faccia e sono “invecchiato” seguendo le sue imprese. Ammirato dalla sua forza, divertito dalle sue gags, triste per le sue sconfitte. Devo anche ammettere che sono piuttosto prudente e non uso quasi più la moto.
In questi giorni il motomondiale fa tappa a Sepang. Credo che nessuno possa dimenticare quello che è successo due anni fa, la morte di Simoncelli. Per questo mi ha colpito sentire la conferenza stampa di Rossi, suo grandissimo amico, coinvolto nell’incidente, nella quale ha parlato solo dei bellissimi ricordi che lo legano a questo circuito…
Come spiegarsi questa affermazione? Mi permetto solo di fare delle ipotesi, più utili al guidatore della domenica che al pilota. Per superare un trauma e un lutto ogni essere umano deve compiere un processo di “elaborazione”. Tale percorso necessita di tempo, spesso avviene autonomamente, qualche volta richiede un aiuto esterno competente e affettivo. In questo modo nella nostra mente non restano tracce irrisolte e noi possiamo mantenere un contatto “sufficientemente sereno” con l’evento del quale potremo anche parlare, ricordandolo.
Un’altra modalità di superamento del trauma, in questo caso solo apparente, può essere quella di non parlarne più, attraverso l’utilizzo di meccanismi di negazione (“se non ne parlo, non è mai successo”) o addirittura controfobici (“non è mai successo nulla, anzi questo è il posto più bello del mondo”). Aspetti forse anche comprensibilmente funzionali ad una sorta di auto incitamento. Necessario per riappropriarsi di una immagine di sé stessi caratterizzata da forza e coraggio (“per me non è cambiato nulla”).
Chissà se nei primi giri qualche pensiero si muoverà nella testa del pilota.
Perché talvolta le emozioni più intime rimangono nella nostra sfera privata…
Buona gara Valentino!
http://www.spiweb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3960&catid=538&Itemid=353
LA PSICANALISI È UNA PSICOTERAPIA COME TANTE ALTRE? FRA SCIENZA E UMANESIMO
Gli studi di Freud, i romanzi di Schnitzler, i dipinti di Klimt, possono essere capiti come vie diverse di un’unica impresa: svelare i livelli celati della realtà a partire dalla convinzione che la mente abbia ampie zone di inconscio indagabili con l’autoanalisi
di Danilo Di Diodoro, corriere.it, 13 ottobre 2013
http://archiviostorico.corriere.it/2013/ottobre/13/psicanalisi_una_psicoterapia_come_tante_co_0_20131013_f22836a2-33cb-11e3-99ef-468a7ffa99ff.shtml
FRA SCIENZA E UMANESIMO
La funzione. Un’arena di discussione sulla tensione tra libertà dell’individuo e regole necessarie
di Danilo Di Diodoro, corriere.it, 13 ottobre 2013
CHE COSA NASCONDE QUELLA DEDICA DI FREUD A MUSSOLINI
di Dino Messina, lanostrastoria.corriere.it, 13 ottobre 2013
Attorno a questo episodio Roberto Zapperi ha costruito l’interessante saggio “Freud e Mussolini – La psicoanalisi in Italia durante il regime fascista” (Franco Angeli, pagine 140, € 18) che è la migliore risposta alle accuse contro Freud mosse da Michel Onfray nel suo “Le crépuscule d’un idole”. Freud, a differenza di quel che scrive il biografo francese, non ebbe mai simpatie verso il. Allora perché una dedica così altisonante verso il capo di un regime che lo considerava alla stregua di un sovversivo tanto che dal 1930 pendeva una sorta di mandato di cattura contro di lui?
Freud negli anni precedenti aveva visitato molte volte Roma ed era un appassionato di archeologia. Ma il vero motivo dell’elogio sta nelle speranze che il grande viennese riponeva nella politica di Mussolini verso l’Austria. L’Italia fascista era considerata un baluardo contro l’annessione da parte della Germania, che poi avvenne nel 1938. Quel che temeva più di ogni altra cosa Freud era l’antisemitismo dei nazisti. E negli anni precedenti al terrore e all’esilio prendeva in considerazione con realismo ogni pur debole alternativa.
http://lanostrastoria.corriere.it/2013/10/13/che-cosa-nasconde-quella-dedica-di-freud-a-mussolini
Intervista a Massimo Fagioli, 16 gennaio 2013
Altri scritti di Lacan. Servizio e intervista realizzati da Loredana Dursi, uniroma.tv e pubblicato su Youtube, 8 ottobre 2013
Presentato presso la Libreria Feltrinelli di Viale Libia la traduzione italiana degli Altri Scritti di Jacques Lacan. Durante l’incontro, organizzato dalla Biblioteca del Campo freudiano, il professor Felice Cimatti ha analizzato l’opera tradotta da Antonio Di Ciaccia che prende le mosse dalla raccolta di scritti del grande pensatore francese effettuata da Jacques Alain Miller.
Intervista ad Antonio Di CiacciaTradurre Freud: Renata Colorni
Da Pane quotidiano, condotta da Concita De Gregorio, Rai Tre, 11 ottobre 2013
Pane quotidiano incontra una “signora” dell’editoria italiana, Renata Colorni, che ha portato in Italia i testi di Freud e Thomas Mann.
(Fonte: http://rassegnaflp.wordpress.com)
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