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Il dolore del transfert

23 Nov 13

A cura di Rolando Ciofi

transfert

Sul tema del transfert moltissimo si è scritto e moltissimo si continuerà a farlo:

Senza alcuna pretesa di carattere scientifico culturale voglio oggi riportare un breve quesito, giunto alla redazione che qualche anno fa dirigevo e la relativa risposta a cura dell'amica e collega Anna Barracco: 

A mio modo di vedere, nella loro disarmante ed essenziale semplicità, sia la domanda che la risposta mettono molto bene in luce il tipo di problematica che il professionista si trova ad affrontare ed il paziente a vivere.

Di seguito il quesito:

"Da diverso tempo seguo una psicoterapia con un terapeuta che da subito mi ha suscitato una serie di vissuti emotivi molto intensi e totalizzanti. Da qualche tempo trovo insostenibile che le emozioni, i momenti di condivisione, il mio aprirmi in modo fiducioso… tutti aspetti che mi hanno fornito un sostegno importantissimo e che ho sempre vissuto con naturalezza, siano per l'altra persona "solo" momenti che rientrano nei doveri professionali.

Questo è un pensiero che in questo momento, oltre a farmi soffrire molto, sta provocando un disinvestimento nei confronti del lavoro di analisi e dubbi sul fatto che il terapeuta mi possa guarire. Non so davvero come superare questo ostacolo."

Risposta
"Gent.ma Silvana, purtroppo questo "ostacolo" si chiama transfert, ed è il cardine della cura. Fin dai primi studi sulla "terapia della parola", Freud aveva evidenziato nel transfert immaginario , cioè nell'insieme dei sentimenti positivi e negativi che si riversano sulla persona del terapeuta, la fonte, ma anche il limite, e comunque lo strumento principale, attraverso cui si attuano i cambiamenti. Nei momenti di difficoltà, quando il lavoro comincia a toccare i nuclei più profondi e le strutture che costituiscono la personalità, il transfert si infuoca, e questo non è altro che una resistenza al cambiamento.

Esiste un legame molto forte fra amore e sapere: il desiderio di scoprire il mondo, l'attitudine ad apprendere e a collocarsi nella collettività umana, implica la conquista di un minimo di interesse per il sapere, e questo interesse per il conoscere viene strappato, in realtà, da una parte di interesse puramente affettivo (o erotico) che è più antico, e che nel bambino si rivolge alle figure significative. Dunque nel lavoro terapeutico, l'apparire di un transfert particolarmente intenso, indica la riaccensione di difese regressive: l'amore si rimette al posto del desiderio di sapere, e dunque ha una funzione conservativa, di difesa nei confronti del cambiamento.

Capisco che in questo momento forse, per Lei, tutti questi discorsi appaiono ostici e forse inutili. Il sentimento che si produce, infatti, è profondamente autentico ed in tutto e per tutto vissuto e percepito come un amore. Tuttavia Lei certamente saprà che l'astinenza è un presupposto fondamentale per un terapeuta: senza il divieto assoluto di agire l'amore di transfert, non ci sarebbe percorso possibile. Pertanto, penso che l'unica strada possa essere quella di trovare il coraggio di esplicitare questi pensieri al Suo terapeuta. Mettere in parole questi vissuti è il primo passo per trasformare il sentimento in un contenuto simbolico di scambio, che come tale, può essere trattato all'interno della relazione terapeutica, allo stesso modo di qualsiasi altro contenuto (un sogno, un pensiero inconfessabile, una fantasia). Nella misura in cui questo Le sarà possibile, vedrà che potrà superare questo momento di scacco, e andare oltre.

Le faccio moltissimi, sinceri auguri"

Lettura suggerita

Studi critici su l'amore di transfert

Sinossi: Terzo volume della collana di testi curati dall'International Psychoanalytical Association, che presenta uno degli scritti classici di Freud e alcuni saggi critici dei più importanti autori contemporanei. Gli studi su L'amore di transfert sono di: Friedrich Wilhelm Eickhoff, Robert Wallerstein, Roy Schafer, Max Hernandez, Betty Joseph, Merton Max Gill, Fidias Cesio, Jorge Canestri, Takeo Doi e Daniel Stern.

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