Gli antropologi sono concordi sul ritenere i nostri anni una fase di passaggio epocale fra la modernità e ciò che diventerà la società occidentale (o quale sarà la nuova società dominante) fra 50 anni. Questo lasso di tempo è stato etichettato come postmodernità e lo splendore dei supplizi potrebbe essere considerato antropologicamente una breve sintesi zippata di essa.
Ispirandosi al volume Sorvegliare e punire di Michel Focault, lo scrittore-attore Riccardo Spagnulo e la regista-attrice Licia Lanera hanno imbastito un ensamble teatrale minimalista e sincopato di indubbio fascino intellettuale, mentre sul piano scenico e coreografico c'è da aspettarsi margini di miglioramenti da questa giovane e talentuosa coppia artistica. A breve verranno assegnati i premi Ubu 2013 e non sorprende che siano in lista per un riconoscimento.
Quanto ai supplizi, pubblici con finalità deterrenti ed educative fino alla rivoluzione francese, l'opera delle Fibre Parallele ne propone quattro ritratti d'ambiente: c’è la coppietta in crisi, un giocatore compulsivo di videopoker, la convivenza forzata di una badante straniera con un vecchio un po’ razzista un po’ infame e ci sono due operai che rapiscono un vegano per sfogare l’insoddisfazione di una vita che non ha più senso. La postmodernità è proposta all'osservatore attento in modo velato: la coppia vive insieme senza una propria mitopoiesi in un vortice di duologhi riconcilianti solo
dalla gola; un giovane vive in ricercata solitudine fluttuando senza futuro dalla necrofilia al gambling; il razzismo geriatrico diventa nuovo seme di violenza; infine i nuovi precari senza più la scansione fordiana della giornata si appagano solo “sparando sulla croce rossa”.
Il lavoro riesce a scomodare lo spettatore senza farlo muovere dalla poltrona, innescandogli un processo di confronto e feedback fra il proprio vissuto e quello esternato dai protagonisti sul palco: al di là di una prolissità verbale migliorabile la scrittura riesce a toccare l'accoppiato, il giocatore, l'intollerante e il violento in ognuno. E' il vivere che comporta un supplizio. Essere membri di una società inequivocabilmente interconnessa fa tornare in mente l'inferno sartriano, ma dove li c'è una passività eterna obbligata qui al contrario si assiste ad un fluttuante cambio di ruoli tanto che il boia diventa a sua volta vittima, i vessati scoprono la violenza senza redenzione, aggiungendo all'oppressione una certa grettezza d'animo.
La piccola umanità non ha più nevrosi ma “semplici” percorsi di adattamento, cosi al posto dell'azione-reazione si è passati all'azione più azione, i cui effetti non portano all'annichilazione (concetto caro al pensiero moderno) bensì all'aumento della complessità del sistema, con riduzione drammatica delle possibilità di trovare una exit stategy.
Come un account spammato da cui è impossibile cancellarsi: costretti a subire tutto. E' la postmodernità. E' il supplizio globale di tanti pesci in un acquario molto piccolo. Illuminante una volta smaltito il retrogusto angosciante.
Lo splendore dei supplizi di Licia Lanera e Riccardo Spagnulo
Regia Licia Lanera e Riccardo Spagnulo
Produzione Fibre Parallele, Festival delle Colline Torinesi
con il contributo di Regione Puglia
e con il sostegno di Nuovo Teatro Abeliano
spettacolo promosso da Teatri del Tempo Presente progetto interregionale di promozione dello spettacolo dal vivo a cura di MiBAC – Direzione Generale per lo spettacolo dal vivo
www.fibreparallele.it
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