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Gli psico-strafalcioni della dottoressa Wallice – Web Therapy

19 Gen 14

A cura di Rolando Ciofi

Tratto da Luisa Piroddi



Tranne poche eccezioni (I Soprano, In Treatment) le serie TV non hanno mai dato un’immagine particolarmente fedele della figura degli psicologi.

Se tutto va bene sono ritratti come professionisti seri e compassati che, sfornando un’interpretazione al minuto, risolvono i casi più complessi in massimo due sedute, se non si limitano altrimenti a comparire come macchiette bizzarre con turbe molto più serie di quelle dei loro pazienti.

La dottoressa Fiona Wallice, protagonista della serie TV Web Therapy, appartiene a questa seconda categoria, e per comprendere che non sia esattamente un emblema della deontologia professionale, non serve in effetti uno psicologo

Giudizi sommari, insulti e tentativi di seduzione verso i pazienti sono talmente espliciti, che nemmeno il più fervente antifreudiano potrebbe mai prenderli sul serio o pensare si tratti di situazioni verosimili. Agli improbabili e divertenti aspetti di fanta-psicologia, la serie affianca però molti altri elementi che sono, invece, vicini al modo di lavorare in terapia, rischiando quindi di creare un po’ di confusione nello spettatore.

 
La Web Therapy… esiste!
La Web Therapy non è un’invenzione della serie, ma esiste ed è applicata da molti colleghi, anche in Italia, con il nome di E-Therapy o terapia online. Nel nostro paese, solo di recente l’Ordine degli Psicologi ha emesso delle linee guida su questo tipo di consulenze, e ogni terapeuta si regola di conseguenza, cercando di conciliare il proprio approccio con i limiti e le risorse della rete. Quella delle consulenze online è comunque di solito utilizzata solo come modalità d’incontro con il paziente per i primi colloqui o come un supporto alle tradizionali tecniche di lavoro. A differenza delle sedute da 3 minuti tenute dalla dottoressa Wallice, il tempo a disposizione è in genere lo stesso degli incontri canonici (45-50 minuti circa), a variare è, invece, di norma il costo, spesso inferiore rispetto a un colloquio tenuto in studio.
 
Amici mai
Già da Richard, il primo paziente di Fiona, capiamo che la dottoressa ha la pericolosa abitudine di avere in cura amici ed ex colleghi di lavoro. Una pratica inopportuna, non solo perché vietata dal codice deontologico (art. 28), ma perché la conoscenza pregressa o una relazione affettiva tra psicologo e paziente inficia completamente il processo terapeutico, rendendolo inutile se non addirittura controproducente.
 
La riservatezza: questa sconosciuta
Con molta disinvoltura, la dottoressa rivela a Gina, la receptionist della Lachman Brothers – la società finanziaria dove ha lavorato prima di dedicarsi alla terapia online – l’identità di uno dei suoi pazienti. Una grave violazione della riservatezza e del segreto professionale, di cui Fiona sembra non curarsi, temendo anzi che la rivelazione possa nuocere all’inconsapevole segretaria.

Noiosa sarà lei
La dottoressa Wallice giustifica la scelta di operare con sedute di soli 3 minuti per ovviare al noioso problema dei pazienti che tendono a divagare con sogni, sentimenti e ricordi di esperienze passate, rimproverando per tale motivo Jerome, colpevole di ammorbarla con “inutili e noiose chiacchiere”. Ciò che annoia la nostra dottoressa è in realtà la vera e preziosa materia prima di ogni lavoro clinico, e se lei si annoia forse è bene che torni a occuparsi di finanza. Talvolta può capitare, in effetti, che i pazienti riempiano lo spazio della seduta parlando di futilità e perdendosi in dettagli superficiali sulla propria vita, evitando così di concentrarsi sul cuore più doloroso dei propri problemi, si tratta però di una modalità difensiva, che non va rimproverata, ma compresa e affrontata nel corso della terapia. Se quindi il paziente si perde davvero in inutili chiacchiere, la responsabilità è del terapeuta non del paziente.
 
L’etica del tradimento
Sempre il povero Jerome si rende colpevole, secondo la dottoressa Wallice, di un’altra grandissima violazione: chiedere un consulto a un altro specialista senza interpellarla. L’esigenza del paziente di rivolgersi a un altro professionista nel corso del trattamento è lecita, e andrebbe semmai letta nell’ambito della relazione terapeutica per comprenderne le motivazioni sottese, ma certamente non contravviene a nessuna regola etica. Nel caso specifico di Fiona Wallice rivolgersi a un altro specialista diventa poi un’esigenza non solo lecita, ma obbligata.
 
Se avete quindi l’impressione che il vostro terapeuta somigli un po’ troppo alla dottoressa Wallice: 1. Scappate e 2. Fate sempre riferimento al sito dell’Ordine Nazionale per dare un’occhiata al Codice Deontologico o controllare che sia regolarmente iscritto all’Albo.

 

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1 commento

  1. simonetta.putti

    Articolo efficace e utile…
    Articolo efficace e utile… utilissimi i riferimenti delle ultime due righe, che consentono a pazienti e colleghi la verifica delle credenziali..!

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