‘ Il fatto che nel corso di ogni trattamento di nevrosi si instauri una traslazione affettuosa o ostile, improntata a grossolana sessualità, traslazione che né il medico né il paziente desiderano o sollecitano, mi è sempre apparso come la prova più inconfutabile che le forze motrici della nevrosi derivano dalla vita sessuale’. Così scriveva Freud, che conosceva la difficile gestione dell’amore transferale.
Il 14 e 15 Giugno le assise della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi approfondiranno il tema del ‘transfert’. O meglio, della sua messa a punto. Sarà un’ occasione per dibattere su alcune questioni alquanto attuali. Come si attualizza questo strumento essenziale nel funzionamento del dispositivo analitico? Cosa è cambiato dal tempo di Freud sino a oggi?
Parliamo di un meccanismo finissimo e non sempre attuabile, che nasce , si struttura e si sviluppa in condizioni precise. Soggetto, anche quando ben installato, a scossoni letali se l'analista non sa seguire in maniera scrupolosa alcune linee indicative basilari.
Il transfert dunque come punto di lavoro e messa in discussione personale quotidiana, costante.
Domenico Cosenza, il presidente della Scuola, scrive nei documenti preparatori : Il tema riguarda uno dei concetti fondamentali della psicoanalisi, il transfert , senza la cui funzione non può dirsi a rigore che si abbia a che fare, nell'incontro con la parola di chi si rivolge ad uno psicoanalista, con la pratica inventata da Freud
Il transfert come pianta da interno che può si germinare anche al di fuori delle quattro mura dello studio, ma non senza alcune rigide indicazioni, pena lo scivolamento in qualcosa di altro, di diverso. Di amicale, sussiegoso, imitativo. Pseduo terapeutico.
Qualcosa che torna dentro lo studio, e li funziona.
Un movimento che chiama, ogni giorno di più, le parti 'molli' di un analista, che lo obbligano ad un lavoro costante e a volte violento su se stessi. In un tempo di assiomi e formule, gestire il transfert richiede incertezza. Necessita di una messa in discussione costante. Una messa a punto che porta dire, ad ogni fine giornata: ' avrò sbagliato qualcosa?', avrò usato le parole giuste, uniche, per quella e solo quella persona? Ho toccato il limite dell'angoscia che ognuno può sopportare? Ho risposto con violenza al paziente violento?
Ho dato fiato al mio narcisismo quando l'analizzante raccontava i suoi sogni erotici? E con quell'altro, quello che milita in quel partito che io combatto, cosa ho messo in campo? Il mio lavoro o le mie sporchissime questioni personali?’ Esercizi basilari di pratica personale, quel duro prezzo da pagare per esercitare il mestiere, come diceva Lacan. Il transfert non può non essere stato influenzato dall'avvento del tempo liquido. La figura stessa dell'analista non può non essere mutata. La scommessa oggi è questa: o si è in grado di prendere atto del depauperamento generalizzato causato dalla crisi economica, che confligge con la società del godimento senza limite del quale forse troppo spesso abbiamo decantato l'avvento, o non si comprendono le mutate condizioni che pongono le basi per lo sviluppo del transfert. Nei documenti preparatori leggiamo infatti che ‘La seconda sessione del Convegno riguarderà precisamente il problema dell'istallazione del transfert nella clinica contemporanea, e cercherà di mettere in evidenza le difficoltà specifiche che l'analista incontra in questo campo di esperienza, dove il rifiuto del sapere inconscio si presenta in forma radicale, come una barriera di godimento che chiude lo spazio della domanda del soggetto, costituendo una vera e propria frontiera per la pratica freudiana’. Un tempo cambiato, nel quale per occupare la posizione di analista, per incarnare quel ruolo di zona morta nella quale qualcosa può riprendere a vivere, oggi si deve andare controcorrente. Il transfert è suscitato oggi sempre più dal sapere somministrato e festivaliero, saturante e dispensato. Nonchè dall’industria farmacologica. Le persone che richiedono soluzioni pret a porter al farmaco, sono egualmente predisposte a cercarlo nell'analisi quando essa si pone come disciplina pronto uso e consumo. In questo tempo di evanescenza delle regole e avvento del capriccio, quando non della perversione, la posizione rigida e rigorosa dell'analista, la sola che può permettere al transfert di funzionare, è sfavorita da questo periodo dominato dalla chimica. Come preservarne il funzionamento, sapendo tracciare dei confini che distinguano lo studio dell’analista da un luogo confidenziale? Come far funzionare il meccanismo transferale in un periodo nel quale, lo dimostra la politica, la deresponsabilizzazione di massa ha creato una ricerca incessante di guru da seguire? Partecipate al convegno. Sarà un momento nel quale ricordare le parole di Lacan quando dice :’ Com'è derisoria la voracità con cui certuni che sentono quello che insegno ormai da tanti anni già si avventano sulle mie formule per farne degli articoletti, dei quali chi legge non pensa altro se non che si adornano delle mie penne, e tutto ciò solo per vantarsi di avere scritto un articolo che sta in piedi. Non c'è niente di più contrario a quello che si tratterebbe di ottenere da costoro, vale a dire che conseguissero la giusta situazione in cui sono spogli, o meglio 'sguarniti', situazione che è propria dell'analista in quanto egli è un uomo tra gli altri, che deve sapere che non è né sapere né coscienza, ma dipendente dal desiderio dell'Altro così come della sua parola.’
Il luogo di analisi non è il bell' abitino griffato, ruffiano e ' a la page', da mettere per vantarsi in ambienti radical chic ( come 'froidiana', l'insopportabile protagonista del libro 'Aristodem' che ha fatto dello shopping analitico al sua ragione di vita). Ecco, balle. Nulla di tutto questo. La messa in funzione del meccanismo transferale ha come conseguenza un carotaggio nei propri giacimenti di carbone, il che rende l'esperienza analitica una delle cose più dure, marchianti e spossanti che si possano immaginare. Tanto che in tv non si dovrebbe dire ' venghino siori venghino!', quanto piuttosto ' attenti, pensateci bene. Mille e mille volte!’
A sua volta il transfert suscita elementi contratransferali, gestire i quali è la vera cifra del lavoro sanguinoso che l’analista deve fare su se stesso. Scrive ancora Cosenza : il transfert analitico come modalità dell'amore è infatti un punto di ancoraggio fondamentale per l'analista. Ciò a condizione di non confondere la dimensione immaginaria del transfert in cui egli viene investito nella sua persona inevitabilmente come oggetto di passione, con la dimensione simbolica di esso, che mette in relazione l'analizzante con la propria questione inconscia al di là della relazione speculare con la persona dell'analista.
Perché è la tensione che il transfert e il contro transfert suscitano che a volte deve essere gestita. Dentro. Quando arrivano i sassi e le frattaglie. Quando i golem dormienti dentro all'analizzante si risvegliano, e ti sfasciano lo studio. Quando gli amor fasulli cedono il passo a bordate d'odio improvvise. Bordate che non sono mai riferite a te, nella posizione di analista, ma a qualcuno che in quel posto era da tempo. “I fenomeni psichici si presentano per essere intesi da quell’Altro che è li, anche se non lo si sa” [1] scrive Lacan a proposito del transfert. Se l’analista ‘ha preso quel posto, tanto peggio per lui. Ha nondimeno la responsabilità che pertiene al posto che ha accettato di occupare.
Insomma, restare li. Senza esserci.
Fare funzionare il transfert, oggi. Questa la scommessa
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