«Art. 580-bis. – (Istigazione a pratiche alimentari idonee a provocare l'anoressia, la bulimia o altri disturbi del comportamento alimentare). – Chiunque, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, istiga esplicitamente a pratiche di restrizione alimentare prolungata, idonee a provocare l'anoressia, la bulimia o altri disturbi del comportamento alimentare, o ne agevola l'esecuzione, è punito con la reclusione fino ad un anno e con una sanzione pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000.
Se il reato di cui al primo comma è commesso nei confronti di una persona minore di anni quattordici o di una persona priva della capacità di intendere e di volere, si applica la pena della reclusione fino a due anni e di una sanzione pecuniaria da euro 20.000 a euro 100.000».
Con questa aggiunta al codice penale i legislatori intenderebbero contrastare i numerosi siti “pro-ana” e “pro-mia” che aprono e chiudono copiosamente, per lo più gestiti da altre anoressiche e bulimiche che organizzano piccole sub-culture antagonistiche su base psicopatologica e che inneggiano e promuovono comportamenti coerenti con il loro disturbo.
Qualcuno penserà: lodevole preoccupazione, finalmente si legifera su tematiche di salute psicologica, finalmente lo Stato si accorge dell’enorme problema del disagio psichico ed interviene.
Macché, solo fumo negli occhi, pura e semplice fuffa reazionaria. Nessun accesso al mentale da parte delle istituzioni e nessuna visione complessiva e organica del rapporto tra psicopatologia e codici sociali.
Innumerevoli i possibili commenti ad una iniziativa del genere. Basterebbe solo scegliere il vertice di analisi.
Se ad esempio scegliessi un vertice di valutazione puramente tecnico, dovrei constatare che un approccio esclusivamente proibizionistico teso a punire penalmente persone malate che incitano altre persone malate ad esserlo, è una pura sciocchezza. Non mi soffermo più di tanto su questo vertice di analisi, tanto è stupido e inopportuno tale approccio, altri, come Massimo Giuliani, lo possono fare molto meglio di me. Dico solo che se fossi un’anoressica una proibizione del genere mi ingaggerebbe moltissimo, aggiungerebbe un pizzico di adrenalina in più alla mia piccola patologica rivolta.
Da un punto di vista giuridico non riesco a comprendere per quale strana traiettoria del pensiero umano si sia deciso di scegliere, tra le innumerevoli psicopatologie con potenziale esito suicidario o para-suicidario, proprio l’anoressia e i disordini alimentari. La risposta che mi do è la seguente: i nostri legislatori non hanno alcuna idea del quadro complessivo del disagio psicologico della società in cui vivono e sparano a casaccio una cartuccia a salve nel cielo. Sprecandola pure.
Ma il vertice di analisi che personalmente trovo di gran lunga più interessante è quello che definirei “biopolitico”. Per biopolitica s’intende l’attività e l’interesse della politica sulla vita dei cittadini, la sua qualità e i suoi parametri, in tutte le sue forme, comprese nascita, morte, riproduzione, demografia, malattia, salute. Compresa quindi la salute psicologica.
Insomma questo 580-bis che entra a gamba tesa e senza criterio alcuno nel complessissimo campo della psicopatologia come un elefante in una cristalleria è un evidente esempio di intervento dello Stato sulla salute, sulla qualità di vita dei cittadini con un cipiglio biopolitico che appare assolutamente ipocrita e reazionario.
La domanda “biopolitica” riguarda essenzialmente i criteri utilizzati dal legislatore, e dalla cultura di cui egli è portavoce, per intervenire su un aspetto della vita e della salute (in questo caso psicologica) dei cittadini, anziché su altri. Ma per provare a rispondere a questa complicata domanda devo comprendere alcuni passaggi.
Intanto, se lo scopo del legislatore vorrebbe essere quello di intervenire, seppure con modalità inadeguate e punitive, su una psicopatologia che è anche una patologia sociale, qualcuno allora deve spiegarmi per quale motivo l’istigazione al comportamento alimentare inadeguato e potenzialmente suicidario sia da preferire, ad esempio, alla ben più numerosa rovina che corrisponde alla psicopatologia ludopatica (si stimano 2 milioni di ludopatici) – anche qui il rischio suicidario è alto – di cui lo Stato stesso è principale promotore e istigatore assieme alle varie mafie con le quali co-gestisce l’affare.
E qualcuno deve anche spiegarmi per quale motivo lo Stato si attiva su un gruppo di psicopatologie che interessa lo 0,27% della popolazione contro il 4,17% delle depressione, il 1,43% di droga, 1,4% di disturbi ansiosi, 0,84% di schizofrenia, 0,66% di bipolari, 0,4% di alcolisti (stime 2010, solo per citare le psicopatologie ad impatto sociale che precedono di gran lunga l’anoressia).
Naturalmente non c’è una risposta logica a queste mie semplici domande, ma solo la demagogia ignorante e populista che non solo non riesce a valutare e prevedere l’intreccio economico-sociale e l’impatto del disagio psicologico sulla vita di tutti, compreso sul PIL, ma non riesce a prevedere nemmeno la totale inutilità di un provvedimento proibizionistico su questioni che esulano del tutto dall’ambito penale.
Per tornare quindi alla domanda “biopolitica” formulata qui sopra, l’anoressia e i disturbi alimentari sono stati preferiti come oggetto dell’intervento legislativo per qualche ragione che non è ancora del tutto esplicitata, ma che non appare desumibile né da una logica, né da una razionalità amministrativa, né da una effettiva e predominante emergenza sociale. E quindi si deve presumere che il legislatore abbia seguito una ratio di altra natura, probabilmente politica, demagogica oppure ancora emotiva o morale.
In tal senso si deve perciò supporre che l’anoressica, a differenza del depresso cronico o del ludopatico, crei agli occhi dei legislatori un qualche maggiore scandalo sociale o morale o emotivo di cui non sono chiari i contorni, ma tale da giustificare per la prima volta (che a me consti) una proposta di legge con risvolti penali riguardante una psicopatologia.
Il ludopatico, l’ansioso e il depresso pur essendo figli della contemporaneità ed in questo fratelli ben più numerosi delle anoressiche, non ispirano la politica ad occuparsi di loro pur essendo calcolato l’enorme impatto sociale del loro malessere in paesi dove esiste tradizionalmente una economia sanitaria come la Gran Bretagna. Sarà che spendono molti soldi in farmaci e slot machine e che contribuiscono al PIL?!
Un discorso a parte, e pure piuttosto corposo, varrebbe il concetto stesso di “istigazione” che è il precedente giuridico al quale ci si ispira nella formulazione della legge. Qui sarò necessariamente sintetico.
I siti pro-ana istigano ai comportamenti anoressici, ed è indubbio. Ma se applicassimo lo stesso principio con rigore, dovrebbero andare in galera tutte le case di moda che accettano solo le modelle con taglie 38-40, le scuole di danza classica dove le bambine gareggiano sulla magrezza, tutte le palestre dove s’affollano bigoressici e anoressiche in cerca della forma perfetta, e a cascata potremmo estendere i potenziali delinquenti alle riviste femminili che scrivono di diete a rullo continuo e così via.
Lo stesso principio di istigazione lo potremmo così applicare ad ogni psicopatologia a forte componente socio-culturale (quasi tutte) e quindi, come detto prima, non solo lo Stato è criminale quando legalizza il gioco d’azzardo in ogni sua forma, ma anche l’insegnante che umilia un ragazzo con un brutto voto e lo induce al suicidio; oppure il datore di lavoro che licenzia un dipendente che cade in depressione; il sindaco del paese che non prevede un piano urbanistico a misura d’uomo per i propri cittadini; i genitori che litigano e poi si separano e i cui figli s’intristiscono; il capo di stato che induce al consumismo più sfrenato come forma surrogata di felicità e come sostituzione del legame sociale… e via dicendo.
I nessi tra forme psicopatologiche e codici sociali sono perciò infiniti e su tutto è possibile rintracciare una catena “istigante”. Un legislatore che sceglie di selezionare su questa infinita trama di istigazioni, solo quella che lui coi suoi paraocchi è in grado di vedere nell’illusione che un codice penale punitivo aiuti ad affrontare in qualche modo il problema, è come minimo qualcuno che si è fatto consigliare male.
Cari legislatori, chiudete i siti pro-ana senza problema e senza bisogno di alcuna nuova legge, ma non occupatevi di un campo di cui non avete alcuna competenza. Non costringeteci a fare come con i pacchetti di sigarette, scrivendoci, noi, sopra l’ipocrita scritta:
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Non sono solito farmi
Non sono solito farmi trasportare dalla marea qualunquista, quella che sostiene sempre e comunque che le priorità sono ben altre. Questo no, anche perché in tal modo non si fa che alimentare quel luogo comune secondo il quale le priorità di una nazione passano sempre e soltanto per le scelte di tipo macroeconomico. No. Questo no. Hanno affossato così anche la meritoria legge che concedeva il cognome della madre (‘ sono altre le priorità per il paese’!).
Ma la legge, mai come in questo caso, serve semplicemente a dare il senso che la politica batte un colpo, svegliata dalla sua proverbiale letargia, sfiorando, o cercando di voler dare l’idea che ci sta quantomeno provando, problemi quotidiani.Qualcuno ha voluto segnalare la consapevolezza di avere a che fare con un disturbo grave, diffuso, che interessa il legame sociale e non può essere relegato all’ambito medico – psicoterapeutico. Come ben sa chi fa il mestiere mio.
Detto questo, la legge non funzionerà, evidentemente, come tutte le leggi che si propongano di limitare il godimento. Non avrà effetto alcuno, come non lo hanno avuto le leggi che proibivano l’uso delle droghe, o che hanno cercato di limitare l’alcool, o il gioco d’azzardo.
A monte di questa considerazione si tenga presente un fatto dirimente: a differenza delle situazioni appena citate, nelle quali gli oggetti per farsi male (droga, alcolici, slot machines, sigarette etc ) sono venduti da qualcuno che è evidentemente interessato a trarre lucro da queste forme di dipendenza, nel caso dei dca gli sproni a dimagrire, che sono le parole d’ordine per entrare nei gruppi pro ana (contro i quali la legge sembra aver dichiarato guerra ) non hanno un retro pensiero economico. Non vogliono guadagnare denaro, bensi’ diffondere un verbo di godimento illimitato, come sacerdotesse di una religione per adepti puri e asceti. Mi si dirà, come nel caso della pedofilia, questi siti vanno chiusi, dunque ben venga la serrata ex lege. Vero, verissimo. Anche se mi risulta difficile pensare che si potrà adire a vie legali contro persone che, in grande maggioranza dei casi, sono adolescenti che, con i moderni‘social network’, possono in un pomeriggio raggiungere centinaia di amici e amiche. Le case di moda, mi si dirà, allora quelle? Quelli possono essere considerati ‘istigatori’a comportamento alimentare scorrette?
Al netto della constatazione clinica, ormai da tutti accettata, che l’assioma modella magra = epidemia di anoressia è una bufala sempliciotta ( il modo di evidenziarsi all’Altro rinsecchendosi è il punto dipartenza, l’esprimerlo attraverso il canale codificato ed accettato della bellezza magra è un elemento successivo), dicevo, le grandi case di moda hanno continuato imperterrite a far sfilare modelle emaciate e clamorosamente ammalate infischiandosene delle mille ed una campagne contro i dca. Vogliamo parlare delle scuole di danza, o di alcuni Ordini religiosi? O del mio compagno di allenamenti maratonetici?
Temo che una legge promulgata sicuramente con buone intenzioni, ma con evidente carenza di occhio clinico, da persone certamente sensibili al tema, diventerà quello striscione patinato ed opaco dietro al quale marciare, da sbandierare ogni qual volta la recrudescenza di questa patologia sbuchi dai notiziari, a causa della morte di questa o quella persona famosa, riportando l’anoressia nel gran calderone delle sigle e sottosigle,modalità contemporanea di valutare, assemblare e pertanto svuotare di senso e valore la sofferenza individuale. Quando siamo all’epidemia, questa si tratta come elemento a sè stante, come fosse un orda di cavallette che si sposta di regione in regione, e va trattata come una categoria indistinta. L’opposto dell’anoressia la quale è, per l’appunto, la quintessenza dell’una per una.Spero non diventi una litania, un alabarda da sguainare in occasione di feste,raduni, raccolta firme, e ogni altro modo che una società appiattita sul grido e sulla categoria usa per nascondere la sua indolente incapacità a porsi all’ascolto del singolo. Maurizio M
Grazie Maurizio, a mio parere
Grazie Maurizio, a mio parere la situazione è più grave di quanto tu descrivi. Di buone intenzioni è lastricata la strada per l’inferno ed io credo che non abbiamo bisogno delle pie dame di san vincenzo che s’inteneriscono per le povere ragazze anoressiche.
Il vero limite di questa proposta di legge non è solo di non essersi avvalsi di un parere clinico, ma è quello di non avere alcuna visione sistemica sulla salute psicologica e di essere una loffa negli spazi intersiderali, se mi consenti la aulica metafora. Un pensiero scotomizzato sulla salute mentale che ne indica in sostanza l’inefficacia. Un pensiero per di più semplicistico, irrazionale dal momento che la ratio politica che ne è sottesa è più pericolosa dei problemi che la legge vorrebbe risolvere.
Ratio che arriva più o meno così: se vuoi autodistruggerti la legge italiana ti consente di farlo in tutti i modi che desideri, anzi ti da una mano e qualcosa di più di una spintarella, ma non ammalandoti di anoressia e istigando a questa modalità di autodistruzione. Come se lo Stato decidesse i metodi legali o illegali per il suicidio. Ecco perché tiro in ballo la biopolitica. E’ un modo di occuparsi della vita che indica una visione ipocrita e parziale del disagio.