Mi capitò dunque di osservare poco prima dello scoppio della crisi e a cavallo di essa un’improvvisa impennata di proposte di agenzie di credito, prestito, di intermediari finanziari di ogni genere pronti a offrire cifre anche non piccole a chiunque le richiedesse (più o meno come il mercato immobiliare negli USA); così come mi capitò di osservare subito dopo l’inizio della crisi lo spuntare come funghi dei compro-oro in ogni angolo di strada; oppure ancora l’improvvisa invasione di sale bingo, poi di videopoker, poi di sale gioco con slot-machine. Anche da semplice osservatore finale domandarsi il cui prodest di fenomeni come questo è operazione alquanto istruttiva.
Con l’avvento e soprattutto la diffusione capillare del web nella nostra vita negli ultimissimi anni tale osservazione si può benissimo spostare su questo territorio che diventa specchio della realtà economica e sociale. Ciò che avviene nel mercato finanziario, accade anche sul web, non c’è dubbio. Anche solo osservando i macro fenomeni della comunicazione e delle mode dell’informazione è possibile narrare una storia con una propria coerenza economica interna piuttosto precisa.
A tal proposito sono mesi che circola in me un’inquietante domanda sul perché, da un certo punto in poi, forse un anno, forse più, abbastanza in contemporanea, alcuni importanti siti come corriere.it per citare uno dei più visitati, ma numerosi altri, hanno cominciato a diffondere con una certa regolarità video di inedita e reale violenza. Omicidi, violenze, disastri, immagini di morte, distruzione, riprese da telecamere di sorveglianza, da videoamatori, reporter estemporanei. Nello stesso momento anche Facebook, come naturale, ha viralmente diffuso le stesse immagini, se possibile con minori vincoli e più rapido accesso.
Con le ultime tragiche vicende di guerra questa tendenza già in corso da prima ha preso l’abbrivio attraverso innumerevoli testimonianze foto-video che cavalcando la fittizia motivazione della necessaria informazione circa gli orrori della guerra in corso, ha spazzato via ogni residuale resistenza alla cautela.
Contemporaneamente, accanto alle solite gesta tenerissime di gattini, cagnolini, tramonti, fiorellini, succulenti pietanze, candid camera, divertenti motteggi, foto di selfie e piedi sulle spiagge, tipici di Facebook, e con una surreale alternanza, si assiste, con accesso libero a tutti senza vincoli e cautele, a visioni raccapriccianti di cuccioli di cani, cavalli, gatti bruciati, squartati, seviziati, bambini col cranio aperto, fila di morti orrendamente trucidati e mutilati, video recenti e datati di esecuzioni pubbliche, decapitazioni e così via. Tutto ciò comincia circa un annetto fa ed esplode dopo la guerra a Gaza.
Ora, questi materiali foto-video erano naturalmente presenti anche prima di un anno fa (relativi a precedenti orrori), ma non solo non era facile incontrarli, ma neanche rintracciarli. Ciò che vistosamente è cambiato, e soprattutto cambiato nello stesso momento, è la quantità e l’accessibilità di tali orrori.
Perché, mi sono chiesto, ad un certo punto l’infosfera come se posseduta da un medesimo intento oppure come organizzata da una medesima regìa, viene travolta da questo flusso di orrore contemporaneo? Pur dribblando opportunamente ogni ipotesi complottista e considerando questo come un fenomeno spontaneo e non guidato, come leggerlo psico-socialmente, secondo quali sequenzialità causali, motivazionali, finalistiche?
La prima associazione che mi è comparsa in mente è stata quella dell’aggressività del marketing più speculativo e amorale che prova a svendere la propria merce finanziaria spazzatura al cliente-pollo in difficoltà (il caso delle agenzie di prestiti), o che prova a ripulire gli enormi capitali illeciti delle economie mafiose e para-mafiose (come nel caso dei compro-oro o delle sale slot e bingo). Eh già, questo spiegherebbe molti degli stessi fenomeni che accadono anche sul web e nell’informazione web, ma non tutti: il web non segue le stesse regole.
Non è immediatamente comprensibile ad esempio cosa sponsorizzerebbe l’orrore, cosa aiuterebbe a vendere, come modificherebbe l’atteggiamento percettivo e cognitivo del consumatore di immagini e informazioni tal da consentire la necessaria manipolazione commerciale.
Forse qualche solone del marketing ha scoperto che l’industria del porno sta andando verso una crisi e sta cercando altre strade creative per iperstimolare il consumatore, per schockarlo, per scuoterlo, per rapire la sua intorpidita attenzione?
Forse le insospettabili testate nazionali che hanno dato la stura a questo fenomeno hanno capito che centinaia di migliaia di click (e pubblicità a seguire) sui loro ignobili snuff movies, valevano bene il chiudere un occhio, ma anche due, su qualunque residuale scrupolo etico?
O forse ancora, qualche gigante della neuroeconomia ha scoperto l’ennesimo tranello nel quale far cadere il nostro cervello affinché si disinneschino le funzioni corticali?
Non so, mi astengo da un giudizio definitivo, continuo a sorvolare la questione con il mio cui prodest acceso e vigile
Sul web però, come detto, ci sono altre regole, riguardo la comunicazione e il marketing, e lo stiamo ancora scoprendo via via che lo frequentiamo e ne comprendiamo i meccanismi. Il recente e discusso esperimento di psicologia sociale condotto proprio su Facebook conferma (più che dimostrare) che esiste una qualche forma specifica di contagio emotivo rilevabile sui grandi numeri e legato alla manipolazione di infinitesime variabili come la prevalenza di certe parole su altre. In altre parole, gli utenti di Facebook in una loro non indifferente percentuale, si comportano come quei sistemi sciamanti dove le singole unità dello sciame trasmettono automaticamente, come in un arco riflesso, ai propri vicini lo stato emotivo senza elaborarlo.
Per usare una metafora etologica del contagio, immaginate i banchi di sardine o certi stormi di uccelli che creano nuvole cangianti in funzione di alcune variabili ambientali (minacce o altro), o per usare una metafora antropologica, pensiamo ai noti fenomeni della hola allo stadio, oppure l’applauso, o la risata delle laff-box della tv spazzatura, o anche del panico della folla durante un incendio in un cinema. Parliamo di stati emotivi primari che si attivano più o meno in maniera automatica, precorticale.
Ed ecco quindi che posso direttamente testimoniare di tante (troppe) care persone, pacifiche, amorevoli e socialmente impegnate, miei contatti su Facebook, che si trasformano irriflessivamente e in un microsecondo in passive casse di risonanze di qualunque obbrobrio e oscenità gli venga sottoposto. Il tutto ammantato dalle buone intenzioni di diffondere pedagogicamente l’informazione necessaria a mobilitare le coscienze e a fermare proprio quell’orrore che loro stessi stanno diffondendo. Una paradossalità che somiglia molto ad una trappola.
–
0 commenti