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Robin Williams, la comicità e la tragedia

13 Ago 14

A cura di matteo.balestrieri

La morte tragicamente cercata da Robin Williams colpisce tutti quelli che lo conoscevano attraverso le sue innumerevoli rappresentazioni sullo schermo. Generalmente lo si ricorda per i suoi ruoli brillanti e volitivi, per chi ha una certa età a partire da “Mork & Mindy” degli anni ’70, poi evoluti in personaggi come il professor Keating de “L’attimo fuggente”, lo studente “Patch Adams”, la tata “Mrs. Doubtfire”, il conduttore di talk-show de “L’uomo dell’anno” e tanti altri. Peraltro il giorno in cui è morto avevo appena postato su questo sito una critica al film “One hour photo” (http://www.psychiatryonline.it/node/5134), in cui Robin Wiliams interpreta un eroe al contrario, triste e isolato, traumatizzato da esperienze infantili e incapace di adeguarsi alla realtà se non attraverso la sua rigida idealizzazione. Mi aveva colpito in questo film la capacità di Robin Williams di dar corpo a un personaggio tragico con la stessa bravura con cui aveva rappresentato personaggi comici e brillanti. E’ evidente come la sua morte imponga una riflessione sull’intreccio tra la comicità e la tragicità, sia a livello dell’uomo Robin Williams, che a livello generale della razza umana. Riprendendo una frase del “suo” professor Keating “Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione”. Per trasposizione, la vicenda umana di Robin Williams ci può dire qualcosa sull’avventura della razza umana su questa terra.


  Non si può dire che il cammino personale di Robin Williams sia stato lineare e felice. Ad uno psichiatra non può evidentemente sfuggire una potenziale diagnosi nell’ambito dello spettro bipolare, unita – come spesso accade – ad una doppia diagnosi, ricordando le più lontane esperienze con la cocaina e le certificate recenti dipendenze alcoliche degli ultimi anni. Da par suo, Robin ci aveva anche scherzato su dicendo “La cocaina è il modo che usa Dio per dire che tu stai facendo troppi soldi”. Ricordiamo anche che Robin Williams era vicino a John Belushi quando è morto di overdose, condividendone le esperienze (assieme a Jack Nicholson e Robert De Niro). Altra sua frase significativa: “Se riesci a ricordare gli anni Sessanta vuol dire che non li hai vissuti veramente”. Tre matrimoni, forse la norma per un attore americano, ma non un grande segno di serena stabilità personale, aggiungono qualcosa al ritratto, che è completato comunque da un impegno sociale, sempre segno di sensibilità personale e di comunanza con la sofferenza.
  Se guardiamo ai personaggi di Robin Williams definiti come comici, cogliamo allora la tragicità sottostante. Peter Pan, Mrs. Doubtfire, Patch Adams, il deejay di “Good Morning, Vietnam” sono divertenti perché rompono con la realtà e immettono il registro del comico all’interno della tragedia. Umberto Eco negli anni ’80 diceva che sia la tragedia che la commedia rompono con le regole di vita, ma mentre la tragedia ha un valore universale e riesce a spiegare i motivi dello scarto dalla regola senza peraltro eliminarla, la comicità ha un significato particolare (può essere intesa solo da chi condivide una certa visione e una certa cultura) e non deve spiegare alcunchè, dando le regole per presupposte (Umberto Eco, Il comico e la regola (1981) su http://www.golemindispensabile.it). In altri termini, la tragedia giustifica la violazione della regola (in termini di destino, passione o altro) e ne spiega i risvolti senza metterla in discussione, anche se personalmente possiamo non condividere quella regola. Anche la comicità nasce da una frattura della regola, che può derivare dal mettere insieme due concetti distanti tra loro in una maniera inaspettata o dal guardare a un concetto da una prospettiva inusuale e imprevista. La differenza è che la comicità deve avere un processo di esposizione rapido, per impedire un’assuefazione all’idea espressa o l’innesco di un filtro cognitivo che razionalizza il concetto. Non ci devono perciò essere spiegazioni: la torta in faccia fa ridere perché si dà per presupposto che la torta sia fatta per essere mangiata; una barzelletta non fa più ridere quando deve essere spiegata, semmai fa ridere il fatto di doverla spiegare, proprio perché s’infrange la regola che dice che le barzellette non vanno spiegate.
  Se è così, allora i confini fra tragedia e comicità sono piuttosto sfumati. Sotto lo pseudonimo di Jean Paul, lo scrittore tedesco Johan Paul Friedrich Richter ha distinto nell’Ottocento due tipi di comicità: quella più semplice che si limita a ridere sulle situazioni, e quella che lui definisce come romantica, data dalla mescolanza di allegria e dolore, che nasce dalla capacità di comprendere una situazione e, soprattutto, di provarne pietà (vedi: http://www.treccani.it/enciclopedia alla voce “comicità e umorismo”). Il concetto di comicità romantica ha il pregio di non fare distinzioni rigide, mettendo in luce i rapidi passaggi e le commistioni tra serio ed allegro, tra il comico e il tragico.
  Come si crea allora la comicità e che caratteristiche deve avere il comico? In un mio recente post Gli attor-comici sono un po’ matti? Uno studio scientifico cerca di rispondere” avevo recensito un articolo pubblicato sul British Journal of Psychiatry, che a sua volta si interessava alle caratteristiche psichiche degli attor-comici (http://www.psychiatryonline.it/node/5012). I risultati di quest’articolo indicavano come gli attori in generale presentano tratti di personalità molto più accentuati rispetto alla gente comune, tuttavia mentre tutti gli attori (comici e non) possiedono importanti doti di estroversione (cioè, di apertura all’esterno) e di impulsività, i soli attor-comici possiedono anche rilevanti tratti di introversione (cioè di chiusura all’esterno). In altri termini l’attore comico è quello che possiede al massimo grado caratteristiche di tragicità.
  E, in effetti, Robin Williams ha interpretato anche grandi personaggi tragici: oltre al già citato Sy di “One hour photo”, si possono ricordare lo scrittore omicida del thriller “Insomnia”, il ragazzo precocemente invecchiato di “Jack”, il barbone Henry de “La leggenda del re pescatore”, ed altri ancora. Lui stesso ha detto Trovo strana quest'abitudine della stampa americana – che è anche degli Studios – di classificare gli attori per categorie a seconda del loro valore commerciale. Mi fa venire in mente il mercato degli schiavi: "Quanto vale questo schiavo? Lavatelo e portatelo nella mia tenda!". Essere classificato come attore comico evidentemente non gli stava affatto bene, anche se lo diceva in modo comico.
  Perché quindi Robin Williams è ricordato soprattutto come un comico? Forse perché è più facile interpretare personaggi tragici, mentre sono pochi quelli che riescono a colpire per la loro comicità a partire dal registro drammatico. Tra gli attori italiani capaci di altissime interpretazioni tragicomiche rimarranno ad esempio per sempre nella memoria Ugo Tognazzi, Alberto Sordi e Vittorio Gassman. E allora dobbiamo solo dire grazie a Robin Williams per tutto quello che ci ha dato sullo schermo, avendo compassione per la sua tragica dipartita. Il suo Peter Pan in “Hook-Capitan Uncino” aveva detto “Io avevo paura perché non volevo crescere … perché tutti quelli che crescono primo o poi devono morire … e così scappai”. Alla fine, anche lui è riuscito a scappare via.

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2 Commenti

  1. viruviru

    Ho vissuto Robin Williams non
    Ho vissuto Robin Williams non come attore comico che potesse assomigliare al nostro Tognazzi o a Gassman.La sua apparente comicità,dopo una risata ti portava subito a pensare al significato nascosto delle parole. Le battute erano un veicolo per portarti ad un pensiero non immediato ma.da un’”angolazione diversa”.E guardavo il suo viso, occhi così trasparenti che la tristezza non poteva non essere letta.Al di la’ di questa sua sintomatologia bipolare gli era stata diagnosticata una malattia degenerativa..
    Chi sa vivere ogni giorno come un tempo che ti avvicina ad una tua sempre minor coordinazione e ad una minor indipendenza?.Solo orizzonti oscuri affollano la tua mente. E tu hai deciso di essere tu a decidere.
    Ciao grande uomo.
    Mariella Beduschi

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  2. viruviru

    Ho vissuto Robin Williams non
    Ho vissuto Robin Williams non come attore comico che potesse assomigliare al nostro Tognazzi o a Gassman.La sua apparente comicità,dopo una risata ti portava subito a pensare al significato nascosto delle parole. Le battute erano un veicolo per portarti ad un pensiero non immediato ma.da un’”angolazione diversa”.E guardavo il suo viso, occhi così trasparenti che la tristezza non poteva non essere letta.Al di la’ di questa sua sintomatologia bipolare gli era stata diagnosticata una malattia neurodegenerativa.Ogni giorno vivi un tempo in cui non hai piu’ La padronanza del tuo corpo. Solo orizzonti oscuri affollano la tua mente.E ha scelto di essere lui a decdere. Posso non essere d’ accordo con il suicidio ma lo penso come un grande attore e un gran .uomo.
    Mariella Beduschi

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